Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 23 Febbraio 2004

Sentenza 06 ottobre 1995, n.375

Corte d’Appello Penale di Trieste. Prima Sezione. Sentenza 6 ottobre 1995, n. 375.

(Del Conte; Gridelli)

pronunciato il 17.7.1995 la seguente

sentenza

nella causa penale contro

1) Marini Graziano, …

2) Bonmarco Antonio Vitale, …

imputati

1) del reato di cui agli artt. 110 c.p. – 11-70 L. 01.06.1939, n. 1089 per avere in concorso tra loro, nella qualità rispettivamente di Direttore (don Graziano Marini) e Presidente (Mons. Antonio Vitale Bonmarco) della Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia, bene di interesse artistico e storico vincolato ai sensi dell’art. 4 L. n. 1089/1939, omesso di dare esecuzione all’ordine del Soprintendente per i Beni Culturali ed Ambientali del F.V.G., emesso in data 7.8.89, di provvedere alla rimozione della baracca di rivendita in oggetto di ricordo installata abusivamente all’ingresso del portico della Basilica di Aquileia.

In Aquileia fino agli inizi di giugno 1991.

2) del reato di cui agli artt. 110-113-41 c.p. – 11-59, I co. L. 1.6.1939, n. 1089 per avere, in concorso o cooperazione, o comunque con condotte causalmente concorrenti colpose tra loro, nelle rispettive qualità indicate al capo che precede, adibito la Basilica di Aquileia ad un uso non compatibile con il suo carattere storico ed artistico, installando sotto il porticato d’ingresso della Basilica di Aquileia, in modo tale da ostruire completamente un fornice del porticato stesso, una baracca in alluminio anodizzato e plastica, in tal modo arrecando nocumento alla Basilica ed a tutto il complesso Basilicale.

In Aquileia fino agli inizi di giugno 1991.

3) del reato di cui agli artt. 110-113-41 c.p. – 18-59, co. Iº L. 1.6.1939, n. 1089 per avere, in concorso o in cooperazione colposa tra loro, o comunque con condotte causalmente concorrenti, nelle rispettive qualità indicate nel capo d’imputazione sub 1), il Bonmarco inoltre quale Vescovo titolare della Arcidiocesi di Gorizia, Ente proprietario della Basilica di Aquileia, installato, o comunque consentito l’installazione della baracca prefabbricata indicata nel capo che precede, senza aver chiesto la preventiva approvazione della competente Sopraintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali del Friuli Venezia Giulia ai sensi dell’art. 18 L. n. 1089/1939.

In Aquileia fino agli inizi di giugno 1991

* * *

Appellanti: Gli imputati avverso la sentenza del Pretore di Cervignano del 23.9.1992 che, visti gli artt. 533 ss c.p.p. li dichiarava colpevoli del reato sub 2), e, con le generiche, li condannava alla pena di quattro mesi di arresto e lire 1.000.000 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Accordava la sospensione condizionale della pena e la non menzione alle condizioni di legge; visti gli artt. 531 c.p.p. e d.P.R. 75/90 dichiarava NDP in relazione ai reati sub 1) e 3), per essere gli stessi estinti a seguito di amnistia.

Conclusioni del P.M.: Confermarsi la sentenza impugnata.

Conclusioni della difesa: Assolversi entrambi con la formula più ampia, in subordine applicarsi l’amnistia per il secondo capo di imputazione.

in fatto e diritto

Marini Graziano e Bonmarco Antonio Vitale – nelle rispettive qualità di direttore e presidente della società per la conservazione della Basilica di Aquileia, il Bon marco inoltre quale Vescovo titolare della Arcidiocesi di Gorizia Ente proprietario della basilica stessa – venivano tratti a giudizio avanti al Pretore di Cervignano del Friuli per rispondere dei reati in rubrica descritti.

In esito alla svolta istruttoria dibattimentale, pacifica la materialità dei fatti di cui trattasi, il Pretore – con sentenza di data 23.9.1992 – rilevata la natura di reati istantanei degli addebiti mossi ai prevenuti ai capi I) e 3) di rubrica dichiarava non doversi procedere in ordine agli stessi per essere i reati estinti per intervenuta amnistia ex d.P.R. 75/90.

Riconosceva per contro i prevenuti responsabili del reato sub 2 di rubrica, escluso dall’ambito di applicabilità del cennato provvedimento di clemenza per il protrarsi della permanenza dello stesso oltre i termini temporali fissati dal cennato d.P.R., li condannava alla pena di mesi 4 di arresto e lire I milione di ammenda ciascuno – previa concessione delle attenuanti generiche – oltreché al pagamento in solido delle spese processuali. Concedeva ad entrambi i benefici di legge.

Avverso tale sentenza proponevano rituale appello gli imputati chiedendo d’andar assolti con ampia formula da tutti gli addebiti loro mossi, per inapplicabilità della normativa richiamata dal capo d’imputazione agli enti ecclesiastici, nell’attuale regime concordatario.

Allegavano altresì gli imputati la non punibiltà della loro condotta ai sensi dell’art. 49 c.p., per inidoneità dell’azione o inesistenza dello “oggetto” essendo all’epoca dei fatti il complesso basilicale interessato ad una serie di lavori che praticamente “nascondevano” alla vista il bene tutelato. Allegavano altresì l’assenza totale del pur chiesto elemento psicologico, requisito essenziale per la punibilità anche in tema di reati contravvenzionali; in subordine chiedevano l’applicazione dell’amnistia ex d.P.R. 75/90 anche al reato di cui al capo 2) di rubrica, da considerarsi di natura istantanea, stante l’assenza di perduranti effetti dannosi o pregiudizievoli al bene tutelato.

Osserva la Corte come il proposto gravame non possa trovare accoglimento e come vada confermata l’impugnata sentenza, con condanna degli appellanti al pagamento in solido delle spese processuali del presente grado del giudizio.

Invero l’invocata disciplina “concordataria” appare del tutto estranea alla fattispecie in esame, né si vede come possano assumere rilievo allegati interessi comuni per la salvaguardia delle opere d’arte in relazione alla condotta posta in concreto in essere dai prevenuti, per accertati ed ammessi fini “di lucro”. Né maggior pregio assume l’ipotesi di reato impossibile ventilata dalla difesa, posto che la precaria presenza di strutture finalizzate a restauri o lavori a tutela del complesso basilicale non appare in alcun modo idonea a privare d’idoneità lesiva del complesso medesimo l’opera posta in essere per usi incompatibili con la destinazione del bene tutelato, né tantomeno può dirsi che la presenza dei lavori stessi abbia inciso sull’esistenza, fisico o giuridica, del bene tutelato nel sento voluto dal citato art. 49 c.p., la cui operatività postula ben altri e diversi presupposti.

Per quanto attiene al chiesto elemento psicologico va rilevato che proprio per la qualifica personale dei prevenuti e per le modalità delle loro condotte appare evidente la loro consapevolezza di agire contra legem, né può richiamarsi la normativa di cui all’art. 47, alla cui applicabilità ostano, fra l’altro, le precise emergenze processuali sullo svolgimento della vicenda che qui interessa.

Non può infine accogliersi la richiesta subordinata d’applicazione dell’amnistia al reato di cui al capo 27 di rubrica, la cui natura di reato permanente non può essere messa in dubbio, pur in presenza di condotte omissive, per il permanere degli effetti dannosi in relazione al bene tutelato, effetti dannosi eliminabili in ogni momento per volontà ed azione dei prevenuti.

P.Q.M.

la Corte d’Appello di Trieste – I sezione penale – visto l’art. 605 c.p.p., conferma la sentenza del Pretore di Udine-Cervignano di data 23.9.1992, appellata da Marini Graziano e Bon marco Antonio Vitale che condanna al pagamento in solido delle spese processuali del presente giudizio.