SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
6 novembre 2018
«Impugnazione – Aiuti di Stato – Decisione che dichiara impossibile il recupero di un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno – Decisione che accerta l’insussistenza di un aiuto di Stato – Ricorsi di annullamento proposti da concorrenti di beneficiari di aiuti di Stato – Ricevibilità – Atto regolamentare che non comporta alcuna misura d’esecuzione – Incidenza diretta – Nozione di “impossibilità assoluta” di recuperare un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno – Nozione di “aiuto di Stato” – Nozioni di “impresa” e di “attività economica”»
Nelle cause riunite da C‑622/16 P a C‑624/16 P,
aventi ad oggetto tre impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 25 novembre 2016,
Scuola Elementare Maria Montessori Srl, con sede a Roma (Italia), rappresentata da E. Gambaro e F. Mazzocchi, avvocati,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Commissione europea, rappresentata da D. Grespan, P. Stancanelli e F. Tomat, in qualità di agenti,
convenuta in primo grado,
Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. De Bellis e S. Fiorentino, avvocati dello Stato,
interveniente in primo grado (C‑622/16 P),
Commissione europea, rappresentata da P. Stancanelli, D. Grespan e F. Tomat, in qualità di agenti,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Scuola Elementare Maria Montessori Srl, con sede a Roma, rappresentata da E. Gambaro e F. Mazzocchi, avvocati,
ricorrente in primo grado,
Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. De Bellis e S. Fiorentino, avvocati dello Stato,
interveniente in primo grado (C‑623/16 P),
e
Commissione europea, rappresentata da P. Stancanelli, D. Grespan e F. Tomat, in qualità di agenti,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Pietro Ferracci, residente a San Cesareo (Italia),
ricorrente in primo grado,
Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. De Bellis e S. Fiorentino, avvocati dello Stato,
interveniente in primo grado (C‑624/16 P),
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, A. Prechal, T. von Danwitz (relatore) e C. Toader, presidenti di sezione, D. Šváby, M. Berger, C.G. Fernlund e C. Vajda, giudici,
avvocato generale: M. Wathelet
cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 febbraio 2018,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 aprile 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con le loro impugnazioni nelle cause C‑622/16 P e C‑623/16 P, la Scuola Elementare Maria Montessori Srl e la Commissione europea chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), con la quale il Tribunale ha respinto in quanto infondato il ricorso presentato dalla Scuola Elementare Maria Montessori e diretto all’annullamento della decisione 2013/284/UE della Commissione, del 19 dicembre 2012, relativa all’aiuto di Stato S.A. 20829 [C 26/2010, ex NN 43/2010 (ex CP 71/2006)] Regime riguardante l’esenzione dall’[imposta comunale sugli immobili] per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici cui l’Italia ha dato esecuzione (GU 2013, L 166, pag. 24; in prosieguo: la «decisione controversa»).
2 Con la sua impugnazione nella causa C‑624/16 P, la Commissione chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale del 15 settembre 2016, Ferracci/Commissione (T‑219/13, EU:T:2016:485), con la quale il Tribunale ha respinto in quanto infondato il ricorso presentato dal sig. Pietro Ferracci e diretto all’annullamento della decisione controversa.
Contesto normativo
3 L’articolo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1), definisce la nozione di «regime di aiuti» come riferita a qualsiasi «atto in base al quale, senza che siano necessarie ulteriori misure di attuazione, possono essere adottate singole misure di aiuto a favore di imprese definite nell’atto in linea generale e astratta e qualsiasi atto in base al quale l’aiuto, che non è legato a uno specifico progetto, può essere concesso a una o più imprese per un periodo di tempo indefinito e/o per un ammontare indefinito».
4 L’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento in parola così recita:
«Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (in seguito denominata “decisione di recupero”). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario».
Fatti all’origine delle controversie
5 Ai fini del presente procedimento, i fatti all’origine delle controversie, quali risultanti dai punti da 1 a 20 delle sentenze del Tribunale del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), e del 15 settembre 2016, Ferracci/Commissione (T‑219/13, EU:T:2016:485) (in prosieguo, congiuntamente: le «sentenze impugnate»), possono essere riassunti nei seguenti termini.
6 Il sig. Ferracci è proprietario di una struttura ricettiva turistico-alberghiera di tipo «Bed & Breakfast», costituita da due camere. La Scuola Elementare Maria Montessori è un istituto di istruzione privato. Nel corso degli anni 2006 e 2007, essi avevano presentato denunce alla Commissione, lamentando che, da una parte, la modifica dell’ambito di applicazione del regime nazionale relativo all’imposta comunale sugli immobili (in prosieguo: l’«ICI») adottata dalla Repubblica italiana e, dall’altra, l’articolo 149, quarto comma, del Testo unico delle imposte sui redditi (in prosieguo: il «TUIR») costituivano aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno.
7 La modifica dell’ambito di applicazione dell’ICI era volta, in sostanza, a stabilire che l’esenzione da tale imposta, di cui beneficiavano, dal 1992, gli enti non commerciali che svolgono, negli immobili in loro possesso, esclusivamente attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, di religione e di culto, doveva intendersi applicabile a dette attività anche «a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse». L’articolo 149, quarto comma, del TUIR esentava, in sostanza, gli enti ecclesiastici riconosciuti agli effetti civili come persone giuridiche e le associazioni sportive dilettantistiche dall’applicazione dei criteri previsti per tutti gli altri enti da tale disposizione al fine di determinare la perdita della qualifica di ente non commerciale.
8 Il 12 ottobre 2010 la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di indagine formale, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, riguardante, da una parte, l’esenzione dall’ICI e, dall’altra, l’articolo 149, quarto comma, del TUIR.
9 Il 15 febbraio 2012 le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione la loro intenzione di adottare una nuova normativa in materia di ICI e hanno annunciato che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’esenzione dall’ICI sarebbe stata sostituita dall’esenzione prevista dal nuovo regime relativo all’imposta municipale unica (in prosieguo: l’«IMU»). Tale normativa è stata adottata in data 19 novembre 2012.
10 Il 19 dicembre 2012 la Commissione ha adottato la decisione controversa, nella quale ha dichiarato, in primo luogo, che l’esenzione concessa, nel regime dell’ICI, agli enti non commerciali che svolgevano, negli immobili in loro possesso, attività specifiche costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno e illecitamente posto in essere dalla Repubblica italiana, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. La Commissione ha, poi, considerato che, alla luce delle specificità del caso in esame, sarebbe risultato assolutamente impossibile per la Repubblica italiana recuperare gli aiuti illegali, ragion per cui la Commissione, nella decisione controversa, non ha ordinato di procedervi. La Commissione ha, infine, dichiarato che né l’articolo 149, quarto comma, del TUIR né l’esenzione prevista dal nuovo regime dell’IMU costituivano aiuti di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.
Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenze impugnate
11 Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2013, il sig. Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori hanno ciascuno proposto un ricorso per l’annullamento della decisione controversa nella parte in cui la Commissione, con la medesima, ha dichiarato che era impossibile per le autorità italiane recuperare gli aiuti considerati illegali e incompatibili con il mercato interno (in prosieguo: la «prima parte della decisione controversa»), che l’articolo 149, quarto comma, del TUIR non costituiva un aiuto di Stato (in prosieguo: la «seconda parte della decisione controversa») e che lo stesso era a dirsi per il nuovo regime dell’IMU (in prosieguo: la «terza parte della decisione controversa»).
12 Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 17 luglio 2013, la Commissione ha sollevato eccezioni di irricevibilità, che, con ordinanze del 29 ottobre 2014, il Tribunale ha riunito al merito.
13 Nelle sentenze impugnate, il Tribunale ha dichiarato i due ricorsi ricevibili ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, considerando che la decisione controversa si configurava come un atto regolamentare che riguardava direttamente il sig. Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori e non comportava misure di esecuzione nei loro confronti. Nel merito, il Tribunale ha respinto entrambi i ricorsi.
Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti in sede di impugnazione
14 Con l’impugnazione presentata nella causa C‑622/16 P, la Scuola Elementare Maria Montessori chiede che la Corte voglia:
– annullare la sentenza del Tribunale del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), e, per l’effetto, annullare la decisione controversa nella parte in cui la Commissione ha ritenuto che non doveva essere disposto il recupero dell’aiuto accordato sotto forma di esenzione dall’ICI nonché nella parte in cui ha reputato che le misure relative all’esenzione dall’IMU non rientrassero nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE;
– in ogni caso, annullare detta sentenza nelle parti relative a quei motivi dell’atto di impugnazione che la Corte riterrà fondati e meritevoli di accoglimento, e
– condannare la Commissione al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.
15 La Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana, chiede che la Corte voglia:
– respingere integralmente l’impugnazione e
– condannare la ricorrente sia alle spese del presente giudizio sia a quelle del giudizio di primo grado.
16 Con le sue impugnazioni nelle cause C‑623/16 P e C‑624/16 P, la Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana, chiede che la Corte voglia:
– annullare le sentenze impugnate nella misura in cui, con le medesime, il Tribunale ha dichiarato ricevibili i ricorsi di primo grado ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE;
– dichiarare i ricorsi di primo grado irricevibili ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda e terza parte di frase, TFUE e, di conseguenza, respingerli integralmente, e
– condannare il sig. Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori alle spese sostenute dalla Commissione tanto nel procedimento dinanzi al Tribunale quanto nell’ambito del presente procedimento.
17 La Scuola Elementare Maria Montessori chiede che la Corte voglia:
– respingere l’impugnazione proposta dalla Commissione nella causa C‑623/16 P e confermare la sentenza del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), nella parte in cui, con tale sentenza, il Tribunale ha dichiarato ricevibile il ricorso che essa aveva proposto contro la decisione controversa, e
– condannare la Commissione alle spese nella presente causa.
18 Con decisione del presidente della Corte dell’11 aprile 2017, le cause da C‑622/16 P e C‑624/16 P sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.
Sulle impugnazioni della Commissione nelle cause C‑623/16 P e C‑624/16 P
19 A sostegno delle sue impugnazioni nelle cause C‑623/16 P e C‑624/16 P, la Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana, deduce un unico motivo, suddiviso in tre capi, con cui lamenta che il Tribunale ha interpretato ed applicato erroneamente ciascuno dei tre requisiti cumulativi di cui all’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.
Sul primo capo
Argomenti delle parti
20 La Commissione sostiene che la qualificazione della decisione controversa come atto regolamentare è viziata da errori di diritto. In primo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente enunciato che qualsiasi atto di portata generale non legislativo è necessariamente un atto regolamentare. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente dedotto la natura regolamentare della decisione controversa dalla portata generale delle misure nazionali oggetto della decisione medesima. In terzo luogo, dal momento che la prima parte della decisione controversa riguarderebbe una cerchia ristretta di persone, il Tribunale, in ogni caso, non avrebbe dovuto ritenere che tutte e tre le parti della decisione controversa avessero portata generale.
21 La Scuola Elementare Maria Montessori contesta tale argomentazione.
Giudizio della Corte
22 In primo luogo, si deve ricordare che il Trattato di Lisbona ha aggiunto all’articolo 263, quarto comma, TFUE una terza parte di frase che ha attenuato i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche o giuridiche. Infatti, tale parte di frase, senza subordinare la ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche o giuridiche al requisito dell’incidenza individuale, apre tale mezzo di ricorso nei confronti degli «atti regolamentari» che non comportino alcuna misura di esecuzione e che riguardino il ricorrente direttamente (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 57).
23 Per quanto riguarda la nozione di «atti regolamentari», la Corte ha già dichiarato che essa ha una portata più limitata rispetto a quella di «atti» utilizzata all’articolo 263, quarto comma, prima e seconda parte di frase, TFUE, e si riferisce agli atti di portata generale con l’esclusione degli atti legislativi (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti da 58 a 61).
24 A tale riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 26 delle sue conclusioni, l’interpretazione sostenuta dalla Commissione secondo la quale esistono atti non legislativi di portata generale, come la decisione controversa, che non rientrerebbero nella nozione di «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, non può essere condivisa. Una simile interpretazione, infatti, non trova alcun fondamento nel tenore letterale, nella genesi o, ancora, nello scopo di tale disposizione.
25 Per quanto riguarda, anzitutto, il tenore letterale della disposizione, essa fa riferimento, in generale, agli «atti regolamentari» e non contiene alcuna indicazione del fatto che tale riferimento riguarderebbe solo taluni tipi o sottocategorie di questi atti.
26 Quanto, poi, alla genesi della medesima disposizione, risulta dai lavori preparatori dell’articolo III‑365, paragrafo 4, del progetto di Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il cui contenuto è riprodotto in termini identici all’articolo 263, quarto comma, TFUE, che l’aggiunta della terza parte di frase di tale disposizione era destinata ad ampliare, nei confronti delle persone fisiche e giuridiche, i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento e che i soli atti di portata generale per cui occorreva mantenere un’impostazione restrittiva erano gli atti legislativi [v., segnatamente, Segretariato della Convenzione europea, Relazione finale del circolo di discussione sul funzionamento della Corte di giustizia, del 25 marzo 2003 (CONV 636/03, punto 22), e nota di trasmissione del Presidium alla Convenzione, del 12 maggio 2003 (CONV 734/03, pag. 20)].
27 Con riferimento, infine, all’obiettivo perseguito dall’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, esso consiste, come risulta dai punti 22, 23 e 26 della presente sentenza, nell’attenuare i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche e giuridiche contro tutti gli atti di portata generale, ad eccezione di quelli che rivestono natura legislativa. Orbene, il fatto di sottrarre all’ambito di applicazione di detta disposizione taluni tipi o sottocategorie di atti non legislativi di portata generale sarebbe in contrasto con tale obiettivo.
28 Di conseguenza, si deve ritenere che la nozione di «atto regolamentare», ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE comprenda tutti gli atti non legislativi di portata generale. Dato che la decisione controversa non costituisce un atto legislativo, è senza commettere errori di diritto che il Tribunale si è limitato, ai fini dell’esame della natura regolamentare delle tre parti di detta decisione, a valutare se tali parti avessero portata generale.
29 A questo proposito, occorre ricordare, in secondo luogo, che, secondo costante giurisprudenza della Corte, un atto ha portata generale se si applica a situazioni determinate obiettivamente e se produce i suoi effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale e astratta (sentenze dell’11 luglio 1968, Zuckerfabrik Watenstedt/Consiglio, 6/68, EU:C:1968:43, pag. 542; del 15 gennaio 2002, Libéros/Commissione, C‑171/00 P, EU:C:2002:17, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 marzo 2011, AJD Tuna, C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
30 L’articolo 1, lettera d), del regolamento n. 659/1999 definisce la nozione di «regime di aiuti» come riferita a qualsiasi «atto in base al quale, senza che siano necessarie ulteriori misure di attuazione, possono essere adottate singole misure di aiuto a favore di imprese definite nell’atto in linea generale e astratta e qualsiasi atto in base al quale l’aiuto, che non è legato a uno specifico progetto, può essere concesso a una o più imprese per un periodo di tempo indefinito e/o per un ammontare indefinito».
31 Per quanto riguarda l’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, la Corte ha ripetutamente dichiarato, nel settore degli aiuti di Stato, che le decisioni della Commissione volte ad autorizzare o vietare un regime nazionale hanno portata generale. Tale portata generale risulta dal fatto che simili decisioni si applicano a situazioni determinate obiettivamente e producono effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in maniera generale e astratta (v., in tal senso, sentenze del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 31; del 17 settembre 2009, Commissione/Koninklijke FrieslandCampina, C‑519/07 P, EU:C:2009:556, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 giugno 2018, Lowell Financial Services/Commissione, C‑219/16 P, non pubblicata, EU:C:2018:508, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
32 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 48 e 49 delle sue conclusioni, tale giurisprudenza è trasponibile all’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE. Infatti, la questione relativa alla portata generale o meno di un atto riguarda una qualità oggettiva del medesimo, che non può variare a seconda delle diverse parti di frase dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Inoltre, un’interpretazione secondo la quale un atto potrebbe allo stesso tempo rivestire portata generale nel contesto dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE ed essere privo di tale portata nel contesto dell’articolo 263, quarto comma, terza parte frase, TFUE contrasterebbe con l’obiettivo perseguito con l’aggiunta di quest’ultima disposizione, che è quello di attenuare i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche o giuridiche.
33 È quindi senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha dichiarato che la seconda e la terza parte della decisione controversa hanno portata generale.
34 Per quanto riguarda, in terzo luogo, la prima parte della decisione controversa, è vero che, secondo costante giurisprudenza della Corte, un ordine di recupero riguarda individualmente i beneficiari del regime di aiuti in questione, poiché essi, dal momento dell’adozione di un simile ordine, sono esposti al rischio che i vantaggi percepiti siano recuperati, e appartengono quindi a una cerchia ristretta (v., in tal senso, sentenze del 19 ottobre 2000, Italia e Sardegna Lines/Commissione, C‑15/98 e C‑105/99, EU:C:2000:570, punti da 33 a 35; del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑298/00 P, EU:C:2004:240, punto 39, e del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 56).
35 Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, da tale giurisprudenza non può evincersi che la prima parte della decisione controversa sia priva portata generale e, pertanto, di carattere regolamentare.
36 Risulta infatti dalla summenzionata giurisprudenza che il fatto che tale parte riguardi individualmente la cerchia ristretta dei beneficiari del regime di aiuti in questione non osta a che detta parte sia ritenuta di portata generale, purché si applichi a situazioni determinate obiettivamente e produca effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale e astratta.
37 Orbene, tali presupposti ricorrono nel caso di specie.
38 Infatti, dato che, con la prima parte della decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che non si dovesse ordinare il recupero degli aiuti concessi ai sensi dell’esenzione dall’ICI, nonostante la loro illegalità e incompatibilità con il mercato interno, tale decisione fa perdurare gli effetti anticoncorrenziali della misura generale e astratta costituita da tale esenzione nei confronti di un numero indeterminato di concorrenti dei beneficiari degli aiuti concessi sulla base di detta misura. Di conseguenza, la suddetta decisione si applica a situazioni determinate obiettivamente e produce effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale e astratta.
39 Ne consegue che correttamente il Tribunale ha ritenuto che la prima parte della decisione controversa avesse portata generale. Il primo capo del motivo unico delle impugnazioni della Commissione deve pertanto essere respinto.
Sul secondo capo
Argomenti delle parti
40 La Commissione sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per aver dedotto l’incidenza diretta nei confronti del sig. Ferracci e della Scuola Elementare Maria Montessori dal solo fatto che costoro avrebbero potenzialmente potuto trovarsi in un rapporto di concorrenza con i beneficiari delle misure nazionali in questione. L’approccio seguito dal Tribunale non sarebbe conforme a quello adottato dalla Corte nelle sentenze del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284), nonché del 17 settembre 2015, Confederazione Cooperative Italiane e a./Anicav e a. (C‑455/13 P, C‑457/13 P e C‑460/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:616). Per provare un’incidenza diretta nei propri confronti, un ricorrente dovrebbe dimostrare che l’atto contestato determina effetti sufficientemente concreti sulla sua situazione.
41 La Scuola Elementare Maria Montessori contesta tale argomentazione.
Giudizio della Corte
42 Secondo costante giurisprudenza della Corte, il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che la misura contestata, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (sentenze del 5 maggio 1998, Glencore Grain/Commissione, C‑404/96 P, EU:C:1998:196, punto 41 e giurisprudenza ivi citata; del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punto 66, nonché ordinanza del 19 luglio 2017, Lysoform Dr. Hans Rosemann e Ecolab Deutschland/ECHA, C‑666/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:569, punto 42).
43 Con riferimento, in particolare, alle norme sugli aiuti di Stato, si deve rilevare che esse hanno per obiettivo di preservare la concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium, C‑393/04 e C‑41/05, EU:C:2006:403, punto 27 e giurisprudenza ivi citata, e del 17 luglio 2008, Essent Netwerk Noord e a., C‑206/06, EU:C:2008:413, punto 60). Pertanto, in tale settore, la circostanza che una decisione della Commissione lasci impregiudicati gli effetti di misure nazionali che, secondo quanto prospettato dal ricorrente in una denuncia presentata a detta istituzione, non erano compatibili con questo obiettivo e lo ponevano in una situazione concorrenziale di svantaggio, permette di concludere che tale decisione incide direttamente sulla sua situazione giuridica, in particolare sul suo diritto, risultante dalle disposizioni del Trattato FUE in materia di aiuti di Stato, a non subire una concorrenza falsata dalle misure nazionali in questione (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 1986, Cofaz e a./Commissione, 169/84, EU:C:1986:42, punto 30).
44 Nel caso di specie, per quanto riguarda il primo dei due criteri menzionati al punto 42 della presente sentenza, il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, al punto 42 della sentenza del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:485), e al punto 45 della sentenza del 15 settembre 2016, Ferracci/Commissione (T‑219/13, EU:T:2016:485), che tale criterio era soddisfatto, in quanto i servizi offerti rispettivamente dal sig. Ferracci e dalla Scuola Elementare Maria Montessori erano simili a quelli offerti dai beneficiari delle misure nazionali esaminate nella decisione controversa e che, pertanto, i primi «potrebbe[ro] trovarsi in un rapporto di concorrenza» con i secondi.
45 Come correttamente sostenuto dalla Commissione, tale motivazione è viziata da un errore di diritto.
46 Sebbene, infatti, non spetti al giudice dell’Unione, in fase di esame della ricevibilità, pronunciarsi in maniera definitiva sui rapporti concorrenziali tra un ricorrente e i beneficiari delle misure nazionali valutate in una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, come la decisione controversa (v., in tal senso, sentenze del 28 gennaio 1986, Cofaz e a./Commissione, 169/84, EU:C:1986:42, punto 28, e del 20 dicembre 2017, Binca Seafoods/Commissione, C‑268/16 P, EU:C:2017:1001, punto 59), l’incidenza diretta nei confronti di un simile ricorrente non può, tuttavia, essere dedotta dalla mera possibilità di un rapporto di concorrenza, come quella prospettata nelle sentenze impugnate.
47 Infatti, dal momento che il requisito relativo all’incidenza diretta richiede che l’atto contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del ricorrente, il giudice dell’Unione è tenuto a verificare se quest’ultimo abbia illustrato in modo pertinente le ragioni per cui la decisione della Commissione può porlo in una situazione di svantaggio concorrenziale e, quindi, produrre effetti sulla sua situazione giuridica.
48 Si deve tuttavia ricordare che, qualora la motivazione di una decisione del Tribunale riveli una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo di quest’ultima appaia fondato per altri motivi di diritto, una tale violazione non è in grado di comportare l’annullamento della decisione, e si deve dunque procedere a una sostituzione della motivazione (sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).
49 Così è nel caso di specie.
50 Infatti, dai ricorsi presentati dal sig. Ferracci e dalla Scuola Elementare Maria Montessori dinanzi al Tribunale risulta che essi sostenevano, supportati da prove e senza essere contraddetti sul punto dalla Commissione, che le loro rispettive aziende erano situate nelle immediate vicinanze di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività simili alle loro e che erano quindi attivi sullo stesso mercato di servizi e sullo stesso mercato geografico. Dal momento che tali enti potevano, a priori, essere ammessi a beneficiare delle misure nazionali esaminate nella decisione controversa, si deve ritenere che il sig. Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori abbiano illustrato in modo pertinente che la decisione controversa poteva porli in una situazione concorrenziale svantaggiosa e che, di conseguenza, detta decisione incideva direttamente sulla loro situazione giuridica, in particolare sul loro diritto a non subire su tale mercato una concorrenza falsata dalle misure in questione.
51 Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, tale conclusione non è rimessa in discussione dalle sentenze del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284), nonché del 17 settembre 2015, Confederazione Cooperative Italiane e a./Anicav e a. (C‑455/13 P, C‑457/13 P e C‑460/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:616). Anche se la Corte ha dichiarato, in tali sentenze, che il mero fatto che disposizioni adottate nell’ambito della politica agricola comune pongano un ricorrente in una situazione concorrenziale svantaggiosa non consente, di per sé, di concludere che queste disposizioni incidano sulla situazione giuridica di tale ricorrente, detta giurisprudenza non può essere applicata a ricorsi proposti da concorrenti di beneficiari di aiuti di Stato.
52 Le cause citate al punto precedente, infatti, non riguardavano le norme relative agli aiuti di Stato, il cui obiettivo è proprio quello di preservare la concorrenza, come ricordato al punto 43 della presente sentenza.
53 Di conseguenza, i ricorsi del sig. Ferracci e della Scuola Elementare Maria Montessori soddisfano il primo dei due criteri indicati al punto 42 della presente sentenza.
54 Con riferimento al secondo di tali criteri, il Tribunale ha dichiarato, al punto 45 della sentenza del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non publicata, EU:T:2016:484), e al punto 48 della sentenza del 15 settembre 2016, Ferracci/Commissione (T‑219/13, EU:T:2016:485), che la decisione controversa, considerata tanto nella sua prima quanto nella sua seconda e terza parte, spiega i suoi effetti giuridici in modo puramente automatico in forza della sola normativa dell’Unione e senza intervento di altre norme intermedie. Orbene, come in sostanza rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, tale affermazione, che non viene contestata dalla Commissione nell’ambito delle presenti impugnazioni, non è viziata da alcun errore di diritto.
55 Ne consegue che correttamente il Tribunale ha ritenuto che il sig. Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori fossero direttamente interessate dalla decisione controversa. Il secondo capo del motivo unico delle impugnazioni della Commissione deve pertanto essere respinto.
Sul terzo capo
Argomenti delle parti
56 La Commissione sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per aver affermato che gli atti nazionali di attuazione delle misure oggetto della decisione controversa non costituiscono misure di esecuzione nei confronti del sig. Ferracci e della Scuola Elementare Maria Montessori. A tale riguardo, il Tribunale avrebbe erroneamente respinto il suo argomento secondo cui essi avrebbero potuto chiedere di beneficiare del trattamento fiscale favorevole riservato ai loro concorrenti e promuovere un’azione dinanzi al giudice nazionale contro il diniego dell’amministrazione, contestando la validità della decisione controversa in questa occasione. L’approccio adottato dal Tribunale non sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte elaborata a partire dalla sentenza del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione (C‑274/12 P, EU:C:2013:852).
57 La Scuola Elementare Maria Montessori contesta tale argomentazione.
Giudizio della Corte
58 Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’espressione «che non comportano alcuna misura di esecuzione», ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, dev’essere interpretata alla luce dell’obiettivo di detta disposizione consistente, come emerge dalla sua genesi, nell’evitare che un singolo sia costretto a violare la legge per poter accedere al giudice. Orbene, qualora un atto regolamentare produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di una persona fisica o giuridica senza richiedere misure di esecuzione, quest’ultima rischierebbe di essere privata di tutela giurisdizionale effettiva se non disponesse di un rimedio dinanzi al giudice dell’Unione al fine di contestare la legittimità di detto atto regolamentare. Infatti, in mancanza di misure di esecuzione, una persona fisica o giuridica, ancorché direttamente interessata dall’atto in questione, non sarebbe in grado di ottenere un controllo giurisdizionale dell’atto se non dopo aver violato le disposizioni dell’atto medesimo facendone valere l’illegittimità nell’ambito dei procedimenti avviati nei suoi confronti dinanzi ai giudici nazionali (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 27, nonché del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).
59 Per contro, quando un atto regolamentare comporta misure di esecuzione, il sindacato giurisdizionale sul rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione è garantito indipendentemente dalla provenienza di dette misure, siano esse misure dell’Unione o misure degli Stati membri. Le persone fisiche o giuridiche che, in considerazione dei requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, non possono impugnare direttamente dinanzi al giudice dell’Unione un atto regolamentare dell’Unione sono protette contro l’applicazione, nei loro confronti, di un atto di tal genere, grazie alla possibilità di impugnare le misure di esecuzione che l’atto medesimo comporta (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 28, nonché del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).
60 Qualora l’attuazione di un tale atto spetti alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione, le persone fisiche o giuridiche possono proporre dinanzi ai giudici dell’Unione un ricorso diretto avverso le misure di attuazione alle condizioni stabilite all’articolo 263, quarto comma, TFUE e dedurre, a sostegno di tale ricorso, l’illegittimità dell’atto di base in questione, ai sensi dell’articolo 277 TFUE. Qualora detta attuazione spetti agli Stati membri, tali persone possono far valere l’invalidità dell’atto di base in questione dinanzi ai giudici nazionali e sollecitare questi ultimi a interpellare la Corte mediante la proposizione di questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 29, nonché del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
61 La Corte ha, peraltro, ripetutamente dichiarato che, per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, occorre fare riferimento alla posizione della persona che invoca il diritto di ricorso a norma dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE. È quindi irrilevante accertare se l’atto di cui trattasi comporti misure di esecuzione nei confronti di altri singoli. Inoltre, nell’ambito di tale valutazione, occorre far esclusivo riferimento all’oggetto del ricorso (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punti 30 e 31; del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punti 50 e 51, e del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punti 38 e 39 e giurisprudenza ivi citata).
62 Nel caso di specie, nella misura in cui i ricorsi proposti dal sig. Ferracci e dalla Scuola Elementare Maria Montessori erano diretti all’annullamento della prima parte della decisione controversa, si deve constatare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, la materializzazione degli effetti giuridici della decisione di non ordinare il recupero degli aiuti considerati illegali e incompatibili con il mercato interno, che è oggetto di detta prima parte, non richiedeva alcuna misura di esecuzione nei loro confronti che potesse essere soggetta a sindacato giurisdizionale dinanzi ai giudici dell’Unione o ai giudici nazionali. Pertanto, il Tribunale ha giustamente concluso che tale parte non comporta alcuna misura di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE nei confronti del sig. Ferracci e della Scuola Elementare Maria Montessori. La Commissione non adduce, del resto, alcun argomento specifico per rimettere in discussione tale conclusione.
63 Per quanto riguarda la seconda e la terza parte della decisione controversa, in cui la Commissione ha ritenuto che l’articolo 149, quarto comma, del TUIR e l’esenzione prevista dal regime dell’IMU non costituissero aiuti di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, si deve osservare che la Corte ha, certamente, dichiarato più volte che, per i beneficiari di un regime di aiuti, le disposizioni nazionali che istituiscono tale regime e gli atti di attuazione di dette disposizioni, come un avviso di accertamento, costituiscono misure di esecuzione che una decisione, la quale dichiari tale regime incompatibile con il mercato interno o lo dichiari compatibile con il mercato a patto che vengano rispettati gli impegni assunti dallo Stato membro interessato, comporta (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punti 35 e 36; del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punti 52 e 53, nonché del 27 febbraio 2014, Stichting Woonlinie e a./Commissione, C‑133/12 P, EU:C:2014:105, punti 39 e 40).
64 Tale giurisprudenza si spiega con il fatto che il beneficiario di un regime di aiuti può, se soddisfa le condizioni previste dal diritto interno per poter beneficiare di detto regime, chiedere alle autorità nazionali di riconoscergli l’aiuto così come sarebbe stato concesso in presenza di una decisione incondizionata che dichiarasse detto regime compatibile con il mercato interno, e impugnare l’atto recante rigetto di tale domanda dinanzi ai giudici nazionali lamentando l’invalidità della decisione della Commissione che dichiara il regime in parola incompatibile con il mercato interno, o compatibile con il medesimo a patto che vengano rispettati gli impegni assunti dallo Stato membro interessato, e ciò al fine di indurre detti giudici a interrogare la Corte sulla validità della suddetta decisione in via pregiudiziale (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punti 36 e 59, e ordinanza del 15 gennaio 2015, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria e Telefónica/Commissione, C‑587/13 P e C‑588/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:18, punti 49 e 65).
65 Tale giurisprudenza non è tuttavia applicabile alla situazione dei concorrenti di beneficiari di una misura nazionale che è stata considerata non costitutiva di un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, quali il sig. Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori. Infatti, la situazione di un concorrente del genere è diversa da quella dei beneficiari di aiuti contemplati da questa stessa giurisprudenza, dal momento che detto concorrente non soddisfa i requisiti stabiliti dalla misura nazionale di cui trattasi per poter beneficiare della medesima.
66 In tali circostanze, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, sarebbe artificioso obbligare tale concorrente a chiedere alle autorità nazionali di concedergli tale beneficio e a impugnare l’atto di rigetto di detta domanda dinanzi a un organo giurisdizionale nazionale, al fine di indurre quest’ultimo a interrogare la Corte in merito alla validità della decisione della Commissione relativa alla suddetta misura.
67 Pertanto, correttamente il Tribunale ha ritenuto che la decisione controversa non comportasse, né nella sua prima né nella sua seconda e terza parte, alcuna misura di esecuzione nei confronti della Scuola Elementare Maria Montessori e del sig. Ferracci.
68 Occorre pertanto respingere il terzo capo del motivo unico delle impugnazioni della Commissione e, quindi, respingere integralmente tali impugnazioni.
Sulle impugnazioni della Scuola Elementare Maria Montessori nella causa C‑
622/16 P
Sul primo motivo d’impugnazione
Argomenti delle parti
69 Il primo motivo della Scuola Elementare Maria Montessori, con cui essa addebita al Tribunale di aver ritenuto valida la prima parte della decisione controversa, si articola in quattro capi. Con il primo capo, la Scuola Elementare Maria Montessori fa valere che il Tribunale ha violato l’articolo 108 TFUE, l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, riconoscendo alla Commissione il diritto di constatare un’impossibilità assoluta di procedere al recupero di aiuti illegali sin dalla fase del procedimento di indagine formale, e non solamente in sede di esecuzione di un’ingiunzione di recupero. L’impossibilità assoluta di recuperare aiuti illegali non costituirebbe un principio generale del diritto ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 659/1999.
70 Con il secondo e il terzo capo, la Scuola Elementare Maria Montessori sostiene che il Tribunale ha erroneamente interpretato la nozione di «impossibilità assoluta» dichiarando valida la prima parte della decisione controversa, laddove la Commissione ha desunto l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti illegali in questione dalla sola circostanza che era impossibile ottenere le informazioni necessarie per il recupero di tali aiuti avvalendosi delle banche dati catastali e fiscali italiane. Una circostanza del genere avrebbe configurato una difficoltà puramente interna che non poteva, conformemente alla giurisprudenza della Corte, consentire di riscontrare l’impossibilità assoluta di recuperare tali aiuti.
71 Inoltre, il Tribunale avrebbe violato la ripartizione dell’onere della prova respingendo gli argomenti della Scuola Elementare Maria Montessori relativi all’esistenza di modalità alternative che avrebbero consentito il recupero degli aiuti in questione. Secondo la Scuola Elementare Maria Montessori, non spettava ad essa dimostrare la possibilità di recuperare tali aiuti, bensì alla Repubblica italiana cooperare lealmente con la Commissione indicando modalità alternative che consentissero un recupero, anche solo parziale, dei medesimi.
72 Con il quarto capo, la Scuola Elementare Maria Montessori addebita al Tribunale di aver travisato gli elementi di prova dichiarando che era impossibile ottenere le informazioni necessarie per il recupero degli aiuti in questione avvalendosi delle banche dati catastali e fiscali italiane.
73 La Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana, replica, con riferimento al primo capo, che l’assenza di ordine di recupero nella decisione controversa è conforme all’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, che vieta alla Commissione di ordinare il recupero di un aiuto illegale quando tale recupero sia contrario ad un principio generale del diritto. Orbene, in base al principio generale di diritto secondo il quale «ad impossibilia nemo tenetur», la Commissione non potrebbe imporre un obbligo la cui esecuzione è, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare.
74 Per quanto riguarda il secondo e il terzo capo, la Commissione fa valere che un’impossibilità assoluta di recuperare aiuti illegali può anche risultare dalla normativa nazionale interessata. L’argomentazione relativa all’esistenza di modalità alternative che avrebbero potuto consentire il recupero degli aiuti in questione rimetterebbe in discussione valutazioni in fatto, che non possono essere oggetto di impugnazione. L’onere della prova di dimostrare l’esistenza di dette modalità graverebbe, conformemente ai principi generali, sulla Scuola Elementare Maria Montessori, che avrebbe prospettato tale esistenza.
75 Con riferimento al quarto capo, l’argomento vertente sul travisamento degli elementi di prova sarebbe irricevibile e, in ogni caso, infondato.
Giudizio della Corte
76 Per quanto riguarda il primo capo del primo motivo di impugnazione, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 659/1999, nell’ipotesi di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario.
77 A tale riguardo, da costante giurisprudenza emerge che l’adozione di un ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità. L’obiettivo principale di un simile ordine è, infatti, quello di eliminare la distorsione della concorrenza causata dal vantaggio concorrenziale determinato dall’aiuto illegale (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 2005, Unicredito Italiano, C‑148/04, EU:C:2005:774, punto 113 e giurisprudenza ivi citata; del 1° ottobre 2015, Electrabel e Dunamenti Erőmű/Commissione, C‑357/14 P, EU:C:2015:642, punto 111 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 116).
78 Tuttavia, a norma dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 659/1999, la Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione.
79 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 107 e 110 delle sue conclusioni, il principio secondo cui «ad impossibilia nemo tenetur» fa parte dei principi generali di diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C‑179/15, EU:C:2016:134, punto 42).
80 Anche se da costante giurisprudenza della Corte emerge che l’unico mezzo difensivo che uno Stato membro può opporre a un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE è quello dell’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione di tale istituzione che ordina il recupero dell’aiuto in questione (v., in tal senso, sentenze del 15 gennaio 1986, Commissione/Belgio, 52/84, EU:C:1986:3, punto 14; del 1° giugno 2006, Commissione/Italia, C‑207/05, non pubblicata, EU:C:2006:366, punto 45, e del 9 novembre 2017, Commissione/Grecia, C‑481/16, non pubblicata, EU:C:2017:845, punto 28 e giurisprudenza ivi citata), questa giurisprudenza riguarda tuttavia solo i motivi che possono essere dedotti a difesa da tale Stato membro contro un ordine di recupero adottato dalla Commissione, e non la questione se un’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti di cui trattasi possa essere o meno già riscontrata nella fase del procedimento di indagine formale.
81 Inoltre, e soprattutto, l’argomentazione della Scuola Elementare Maria Montessori secondo cui un’impossibilità assoluta di recuperare aiuti illegali può essere constatata soltanto dopo l’adozione di un ordine di recupero trova ostacolo nei termini stessi dell’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 659/1999, da cui si evince che la Commissione non adotta un ordine di recupero se, così facendo, si pone in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione.
82 A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che la Commissione non può adottare, a pena di invalidità, un ordine di recupero la cui esecuzione sarebbe, fin dalla sua adozione, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 1999, Belgio/Commissione C‑75/97, EU:C:1999:311, punto 86).
83 Nei limiti in cui la Scuola Elementare Maria Montessori richiama anche, a fondamento del primo capo del primo motivo della sua impugnazione, il principio di leale cooperazione, occorre sottolineare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, tale principio si applica durante l’intero procedimento relativo all’esame di una misura sulla base delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 147 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 dicembre 2016, Club Hotel Loutraki e a./Commissione, C‑131/15 P, EU:C:2016:989, punto 34).
84 Così, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, lo Stato membro interessato alleghi, fin dalla fase del procedimento di indagine formale, un’impossibilità assoluta di recupero, il principio di leale cooperazione obbliga tale Stato membro, già in questa fase, a sottoporre al vaglio della Commissione le ragioni alla base di tale allegazione, e la Commissione a esaminare minuziosamente tali ragioni. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Scuola Elementare Maria Montessori, tale principio non impone alla Commissione di far seguire a qualsiasi decisione che dichiara un aiuto illegale e incompatibile con il mercato comune un ordine di recupero, ma la obbliga a prendere in considerazione gli argomenti presentati dallo Stato membro interessato con riferimento all’esistenza di un’impossibilità assoluta di recupero.
85 Ne consegue che il primo capo del primo motivo dell’impugnazione dev’essere respinto.
86 Per quanto riguarda il quarto capo di tale motivo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura di quest’ultima, il ricorrente deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, lo avrebbero portato a tale snaturamento. Peraltro, secondo costante giurisprudenza della Corte, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 153, e dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
87 Nel caso di specie, la Scuola Elementare Maria Montessori si riferisce unicamente, nell’ambito di questo quarto capo, alla risposta della Commissione del 17 settembre 2015 a un quesito posto dal Tribunale a titolo di misura di organizzazione del procedimento, citato al punto 100 della sentenza del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), risposta nella quale la Commissione ha illustrato le disposizioni della normativa italiana relative alle banche dati fiscali.
88 Orbene, occorre rilevare, da un lato, che la Scuola Elementare Maria Montessori non contesta minimamente la presentazione del contenuto sostanziale di tale elemento di prova, come esposta ai punti 101 e 102 di tale sentenza, ma si limita a rimettere in discussione la valutazione effettuata dal Tribunale sulla base di detto elemento. Dall’altro, la Scuola Elementare Maria Montessori non dimostra in che modo apparirebbe manifestamente errata la valutazione del Tribunale secondo cui le banche dati fiscali italiane non permettevano di risalire retroattivamente al tipo di attività svolte dagli enti beneficiari dell’esenzione dall’ICI per i loro immobili, né di calcolare l’importo delle esenzioni ottenute illegittimamente.
89 Di conseguenza, il quarto capo del primo motivo non può essere accolto.
90 Quanto al secondo e al terzo capo di tale motivo d’impugnazione, che è opportuno esaminare congiuntamente, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte in materia di ricorsi per inadempimento presentanti per violazione di una decisione che ordina il recupero di aiuti illegali, uno Stato membro che incontri difficoltà impreviste e imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione deve sottoporre tali problemi alla valutazione di quest’ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione di cui trattasi. In un caso del genere, lo Stato membro e la Commissione, in forza del principio di leale cooperazione, devono collaborare in buona fede onde superare le difficoltà osservando scrupolosamente le disposizioni del Trattato FUE, in particolare quelle relative agli aiuti (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 2002, Commissione/Spagna, C‑499/99, EU:C:2002:408, punto 24, e del 22 dicembre 2010, Commissione/Italia, C‑304/09, EU:C:2010:812, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
91 Tuttavia, la condizione relativa all’esistenza di un’impossibilità assoluta di esecuzione non è soddisfatta quando lo Stato membro convenuto si limiti a comunicare alla Commissione difficoltà interne, di natura giuridica, politica o pratica e imputabili alle azioni o alle omissioni delle autorità nazionali, che l’esecuzione della decisione in questione presenta, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esecuzione di tale decisione che consentano di sormontare tali difficoltà (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 2008, Commissione/Francia, C‑214/07, EU:C:2008:619, punto 50, nonché del 12 febbraio 2015, Commissione/Francia, C‑37/14, non pubblicata, EU:C:2015:90, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).
92 Tale giurisprudenza è applicabile, mutatis mutandis, alla valutazione, in sede di procedimento di indagine formale, dell’esistenza di un’impossibilità assoluta di recuperare aiuti illegali. Pertanto, uno Stato membro che si trovi di fronte, in questa fase del procedimento, a difficoltà nel recuperare gli aiuti in questione deve sottoporre queste difficoltà alla valutazione della Commissione e cooperare lealmente con tale istituzione al fine di sormontarle, in particolare proponendole modalità alternative che consentano un recupero, anche solo parziale, di detti aiuti. In ogni caso, la Commissione è tenuta ad esaminare minuziosamente le difficoltà prospettate e le modalità alternative di recupero proposte. Solamente nel caso in cui la Commissione constati, in esito a un esame scrupoloso, che non esistono modalità alternative che consentano un recupero, anche solo parziale, degli aiuti illegali di cui trattasi, detto recupero può essere considerato, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare.
93 Nel caso di specie, risulta dai punti 76 e 85 della sentenza del Tribunale del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), che la Commissione si è limitata, nella prima parte della decisione controversa, a dedurre l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti illegali in questione dal solo fatto che era impossibile ottenere le informazioni necessarie per il recupero di tali aiuti avvalendosi delle banche dati catastali e fiscali italiane, e si è al contempo astenuta dall’esaminare l’eventuale esistenza di modalità alternative che consentissero il recupero, anche solo parziale, di tali aiuti.
94 Ebbene, confermando tale decisione sul punto, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.
95 Infatti, e come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 116 e 117 delle sue conclusioni, il fatto che le informazioni necessarie per il recupero degli aiuti illegali in questione non potessero essere ottenute utilizzando le banche dati catastali e fiscali italiane dev’essere riconducibile a difficoltà interne, imputabili alle azioni o alle omissioni delle autorità nazionali. Secondo la costante giurisprudenza della Corte citata al punto 91 della presente sentenza, simili difficoltà interne non sono sufficienti a configurare un’impossibilità assoluta di recupero.
96 Come risulta dai punti da 90 a 92 della presente sentenza, il recupero di aiuti illegali può essere considerato, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare unicamente quando la Commissione accerti, dopo un esame minuzioso, che sono soddisfatte due condizioni cumulative, vale a dire, da un lato, l’esistenza delle difficoltà addotte dallo Stato membro interessato e, dall’altro, l’assenza di modalità alternative di recupero. Orbene, come rilevato al punto 93 della presente sentenza, il Tribunale ha confermato la prima parte della decisione controversa malgrado il fatto che la Commissione si fosse astenuta dal procedere, in tale decisione, a un esame minuzioso diretto a valutare se la seconda di dette condizioni fosse soddisfatta.
97 L’errore di diritto che, quindi, vizia la sentenza del Tribunale del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), si sovrappone a quello che il Tribunale ha altresì commesso nel respingere, ai punti 86 e da 104 a 110 di tale sentenza, l’argomento dedotto dalla Scuola Elementare Maria Montessori secondo cui la Commissione avrebbe dovuto esaminare l’esistenza di soluzioni alternative che consentissero un recupero, anche solo parziale, degli aiuti in questione, rigetto motivato con l’asserzione che la Scuola Elementare Maria Montessori non era riuscita a dimostrare tale esistenza.
98 Infatti, dal momento che l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 obbliga la Commissione, come regola generale, a adottare un ordine di recupero di un aiuto illegale e le consente solo in via eccezionale di rinunciarvi, spettava alla Commissione dimostrare, nella decisione controversa, che le condizioni che l’autorizzavano ad astenersi dall’adottare una siffatto ordine erano soddisfatte, mentre non era onere della Scuola Elementare Maria Montessori provare dinanzi al Tribunale l’esistenza di modalità alternative che consentissero il recupero, anche solo parziale, degli aiuti di cui trattasi. In tali circostanze, il Tribunale non poteva limitarsi ad affermare che, dinanzi ad esso, la Scuola Elementare Maria Montessori non era riuscita a dimostrare l’esistenza di tali modalità alternative.
99 Di conseguenza, occorre accogliere il secondo e il terzo capo del primo motivo di impugnazione e respingere tale motivo quanto al resto.
Sul secondo motivo d’impugnazione
Argomenti delle parti
100 La Scuola Elementare Maria Montessori deduce che il Tribunale ha commesso un errore di diritto per aver dichiarato che l’esenzione dall’IMU, che è oggetto della terza parte della decisione controversa, non costituiva un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, per il motivo che tale esenzione non era applicabile ad attività economiche. A tale riguardo, la Scuola Elementare Maria Montessori sostiene che il Tribunale ha disatteso la giurisprudenza della Corte respingendo il suo argomento vertente sulla natura onerosa delle attività coperte da tale esenzione, con la motivazione che quest’ultima si applicava soltanto alle attività didattiche fornite a titolo gratuito o dietro pagamento di un importo simbolico. Definendo come «simbolico» un importo che copre una frazione del costo effettivo del servizio, la normativa italiana consentirebbe di concedere l’esenzione in questione a operatori che finanziano i loro servizi didattici principalmente con il corrispettivo che ricevono dagli alunni o dai loro genitori.
101 Inoltre, la Scuola Elementare Maria Montessori censura il Tribunale per aver ritenuto che l’inapplicabilità dell’esenzione dall’IMU ad attività economiche sia anche garantita dal fatto che detta esenzione riguarda unicamente attività che, per loro natura, non si pongono in concorrenza con attività di altri operatori che perseguono uno scopo di lucro. Tale circostanza sarebbe infatti irrilevante per quanto concerne le attività didattiche, dal momento che queste ultime, per loro natura, si pongono in concorrenza con le attività svolte da altri operatori del mercato.
102 La Commissione e la Repubblica italiana contestano tale argomentazione.
Giudizio della Corte
103 Secondo costante giurisprudenza della Corte, il diritto dell’Unione in materia di concorrenza e, in particolare, il divieto di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE riguardano le attività delle imprese. In tale contesto, la nozione di «impresa» abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (v., in tal senso, sentenze del 10 gennaio 2006, Cassa di Risparmio di Firenze e a., C‑222/04, EU:C:2006:8, punto 107, nonché del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punti 39 e 41 e giurisprudenza ivi citata).
104 Costituisce un’attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato, vale a dire prestazioni fornite di norma dietro remunerazione. A tale riguardo, la caratteristica essenziale della remunerazione risiede nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo economico della prestazione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2007, Schwarz e Gootjes-Schwarz, C‑76/05, EU:C:2007:492, punti 37 e 38, nonché del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punti 45 e 47).
105 Con riferimento alle attività didattiche, la Corte ha già dichiarato che i corsi impartiti da istituti di insegnamento finanziati, essenzialmente, mediante fondi privati non provenienti dal prestatore dei servizi stesso costituiscono servizi, posto che, infatti, lo scopo perseguito da tali istituti consiste nell’offrire un servizio in cambio di una remunerazione (sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).
106 Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato, ai punti 136 e 140 della sentenza del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), che l’esenzione dall’IMU si applicava solo alle attività didattiche fornite a titolo gratuito o dietro pagamento di un importo simbolico che coprisse soltanto una frazione del costo effettivo del servizio, frazione che non doveva essere correlata a tali costi.
107 A tale riguardo, si deve ricordare che, per quanto riguarda un’interpretazione del diritto nazionale effettuata dal Tribunale, la Corte è competente, nell’ambito di un’impugnazione, solamente a verificare se vi sia stato uno snaturamento di tale diritto, che deve risultare in modo manifesto dagli elementi del fascicolo (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck, C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).
108 Orbene, poiché la Scuola Elementare Maria Montessori non lamenta alcuno snaturamento, occorre senz’altro respingere in quanto irricevibile il suo argomento secondo cui la normativa italiana consente di concedere l’esenzione dall’IMU alle attività didattiche finanziate principalmente dagli alunni o dai loro genitori.
109 Per quanto riguarda l’argomento della Scuola Elementare Maria Montessori vertente sul fatto che il Tribunale ha disatteso la giurisprudenza della Corte citata ai punti da 103 a 105 della presente sentenza, si deve considerare che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 142 a 144 delle sue conclusioni, poiché il Tribunale ha dichiarato, nell’ambito della propria interpretazione del diritto nazionale esaminato, che l’esenzione dall’IMU si applica solo alle attività didattiche fornite a titolo gratuito o dietro pagamento di un importo simbolico non correlato ai costi del servizio, esso poteva, senza commettere errori di diritto, respingere la censura della Scuola Elementare Maria Montessori vertente sul fatto che tale esenzione si sarebbe applicata ad attività didattiche fornite dietro remunerazione.
110 Per la parte in cui la Scuola Elementare Maria Montessori censura inoltre il Tribunale per aver ritenuto che l’inapplicabilità dell’esenzione dall’IMU ad attività economiche sia anche garantita dal fatto che detta esenzione riguarda unicamente attività che, per loro natura, non si pongono in concorrenza con attività di altri operatori che perseguono uno scopo di lucro, la sua argomentazione deve essere respinta in quanto inoperante, poiché verte su una parte della motivazione fornita ad abundantiam.
111 Ne deriva che il secondo motivo di impugnazione deve essere respinto.
112 Poiché, tuttavia, il primo motivo di impugnazione è stato accolto nei suoi capi secondo e terzo, occorre annullare la sentenza del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), nella parte in cui il Tribunale ha dichiarato valida la prima parte della decisione controversa, e respingere tale impugnazione quanto al resto.
Sul ricorso dinanzi al Tribunale nella causa T‑220/13
113 Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, se il ricorso è fondato, la Corte può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, statuire definitivamente sulla controversia.
114 Così è nel caso di specie.
115 A tale riguardo, è sufficiente constatare che, come dedotto, in sostanza, dalla Scuola Elementare Maria Montessori nell’ambito del primo motivo del suo ricorso, la decisione controversa, considerata nella sua prima parte, è, per i motivi esposti ai punti da 90 a 99 della presente sentenza, viziata da un errore di diritto, nella misura in cui la Commissione ha constatato l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti illegali concessi nell’ambito dell’ICI senza avere esaminato minuziosamente tutte le condizioni richieste dalla giurisprudenza della Corte di giustizia per poter giungere a una simile constatazione.
116 Di conseguenza, occorre accogliere il primo motivo del ricorso della Scuola Elementare Maria Montessori e annullare, sotto tale aspetto, la decisione controversa.
Sulle spese
117 A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, o quando l’impugnazione è accolta e la controversia è definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del regolamento in parola, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
118 L’articolo 138, paragrafo 3, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, prevede inoltre che se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.
119 Infine, ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.
120 Nel caso di specie, per quanto riguarda l’impugnazione nella causa C‑622/16 P, occorre disporre, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, che la Scuola Elementare Maria Montessori si faccia carico della metà delle proprie spese e che la Commissione si faccia carico, oltre che delle proprie spese, della metà delle spese della Scuola Elementare Maria Montessori. Per quanto riguarda il ricorso dinanzi al Tribunale nella causa T‑220/13, visto che solo il primo dei motivi dedotti dalla Scuola Elementare Maria Montessori è stato definitivamente accolto, quest’ultima si farà carico dei due terzi delle spese della Commissione e delle proprie spese, e la Commissione sopporterà un terzo delle spese della Scuola Elementare Maria Montessori e delle proprie spese.
121 Per quanto concerne l’impugnazione nella causa C‑623/16 P, dato che la Scuola Elementare Maria Montessori ha chiesto la condanna della Commissione alle spese e quest’ultima è rimasta soccombente, occorre condannare la Commissione alle spese.
122 Quanto all’impugnazione nella causa C‑624/16 P, poiché il sig. Ferracci non ha chiesto la condanna della Commissione alle spese e quest’ultima è rimasta soccombente, occorre decidere che essa deve farsi carico delle proprie spese.
123 La Repubblica italiana si fa carico delle proprie spese nelle cause da C‑622/16 P a C‑624/16 P.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 settembre 2016, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (T‑220/13, non pubblicata, EU:T:2016:484), è annullata nella parte in cui ha respinto il ricorso proposto dalla Scuola Elementare Maria Montessori Srl diretto all’annullamento della decisione 2013/284/UE della Commissione, del 19 dicembre 2012, relativa all’aiuto di Stato S.A. 20829 [C 26/2010, ex NN 43/2010 (ex CP 71/2006)] Regime riguardante l’esenzione dall’[imposta comunale sugli immobili] per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici cui l’Italia ha dato esecuzione, per la parte in cui la Commissione europea non ha ordinato il recupero degli aiuti illegali concessi sulla base dell’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili.
2) L’impugnazione nella causa C‑622/16 P è respinta quanto al resto.
3) La decisione 2013/284 è annullata nella parte in cui la Commissione europea non ha ordinato il recupero degli aiuti illegali concessi sulla base dell’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili.
4) Le impugnazioni nelle cause C‑623/16 P e C‑624/16 P sono respinte.
5) La Scuola Elementare Maria Montessori Srl si fa carico della metà delle proprie spese sostenute nell’ambito dell’impugnazione nella causa C‑622/16 P nonché dei due terzi delle spese della Commissione europea e delle proprie spese relative al ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea nella causa T‑220/13.
6) La Commissione europea sopporta, con riferimento alle proprie spese, un terzo di quelle relative al ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea nella causa T‑220/13 nonché quelle relative alle impugnazioni nelle cause da C‑622/16 P a C‑624/16 P e, quanto alle spese della Scuola Elementare Maria Montessori Srl, un terzo delle spese relative al ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea nella causa T‑220/13 e metà delle spese relative all’impugnazione nella causa C‑622/16 P nonché quelle sostenute nella causa C‑623/16 P.
7) La Repubblica italiana si fa carico delle proprie spese nelle cause da C‑622/16 P a C‑624/16 P.