Sentenza 05 giugno 2003, n.197
Corte costituzionale. Sentenza 5 giugno 2003, n. 197: "Inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 della legge n. 135/2001 (Riforma della legislazione nazionale del turismo)".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Riccardo CHIEPPA Presidente
– Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
– Valerio ONIDA "
– Carlo MEZZANOTTE "
– Fernanda CONTRI "
– Guido NEPPI MODONA "
– Piero Alberto CAPOTOSTI "
– Annibale MARINI "
– Franco BILE "
– Giovanni Maria FLICK "
– Ugo DE SIERVO "
– Romano VACCARELLA "
– Paolo MADDALENA "
– Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 11 della legge 29 marzo 2001, n. 135 recante "Riforma della legislazione nazionale del turismo", promossi con ricorsi delle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria, notificati il 17, il 19, il 21 e il 18 maggio 2001, depositati in cancelleria il 25, il 28 e il 31 successivi ed iscritti ai nn. 29, 30, 31 e 34 del registro ricorsi 2001.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2003 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti ;
uditi gli avvocati Alberto Romano per le Regioni Piemonte e Veneto, Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia, Gustavo Romanelli per la Regione Liguria e l’Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. — Le Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria, con ricorsi notificati rispettivamente il 17 maggio 2001, il 19 maggio 2001, il 21 maggio 2001 ed il 18 maggio 2001, e depositati rispettivamente il 25 successivo (Regioni Piemonte e Lombardia), il 28 successivo (Regione Veneto) ed il 31 successivo (Regione Liguria), hanno sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 (Regione Piemonte), 2 (tutte le Regioni ricorrenti), 3, 4, 5 e 6 (Regioni Piemonte e Veneto), 7 (Regioni Piemonte, Lombardia e Veneto), 8 (Regione Piemonte), 9 (Regioni Piemonte e Veneto), 10 (Regione Piemonte) e 11 (Regioni Piemonte e Lombardia) della legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo), in riferimento agli articoli 3 (Regione Veneto), 5 (Regioni Piemonte, Veneto e Liguria), 87 e 97 (Regione Veneto), 117, 118 (tutte le Regioni ricorrenti) e 119 (Regione Veneto) della Costituzione, al principio di leale cooperazione (Regione Veneto) ed "anche in relazione agli artt. 1 e 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59" (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) "ed agli artt. 43 e 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112"(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59) (Regione Liguria).
2 ― Le principali censure sollevate dalle Regioni ricorrenti nei confronti della legge denunciata si riferiscono in particolare a quanto previsto dall’art. 2, commi 4 e 5, della medesima legge n. 135 del 2001, nella parte in cui attribuisce ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – da adottarsi d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni – la fissazione di principi ed obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. Tale disposizione, infatti, sarebbe illegittima sotto svariati profili: in primo luogo, essa individuerebbe i contenuti del predetto decreto in modo talmente analitico da "impedire del tutto l’esercizio delle funzioni regionali"; inoltre essa prevederebbe l’adozione di un atto di indirizzo e coordinamento privo di idonea base legislativa, non identificando i principi ai quali il predetto d.P.C.m. deve ispirarsi nel dettare la disciplina degli oggetti di cui alle lettere dalla a) alla n) (Regione Lombardia); attribuendo ad un atto regolamentare l’individuazione dei principi fondamentali in materia di turismo, la medesima disposizione violerebbe, poi, la riserva di legge stabilita dall’art. 117 della Costituzione (Regione Liguria) istituendo "un’anomala competenza dell’esecutivo ad adottare norme regolamentari per l’attuazione dell’intera legge", in contrasto "con l’articolo 17, primo comma, lettera b) della legge n. 400 del 1988" il quale "preclude regolamenti d’attuazione delle leggi nelle materie spettanti alle potestà regionali e vincola i regolamenti alle regole formali e procedurali per essi previsti, in ossequio al disposto dell’art. 87 Cost." (Regione Veneto); infine essa sarebbe in contrasto con la "norma interposta" di cui all’art. 44 del decreto legislativo n. 112 del 1998, il quale – "in specifica attuazione degli articoli 5, 118 e 128 della Costituzione" – ha attribuito alla competenza riservata del legislatore statale la definizione, "in accordo con le Regioni", dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico (Regione Lombardia).
Alle richiamate censure si collega l’ulteriore denuncia sollevata nei confronti, in particolare, dell’art. 2, comma 4, lettera l), il quale recherebbe una lesione delle competenze legislative ed amministrative regionali anche in materia di concessione del demanio marittimo, attribuendo al predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – da adottarsi d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni – la definizione dei "criteri direttivi di gestione dei beni demaniali e delle loro pertinenze concessi per attività turistico-ricreative" (Regione Veneto).
Ancora strettamente connessa alle predette censure è l’impugnativa proposta (Regione Lombardia e Regione Veneto) nei confronti dell’art. 2, commi 6 e 7, nella parte in cui, prevedendo che la disciplina dettata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – di cui all’art. 2, comma 4 – vincoli le Regioni a dare attuazione ai principi ed obiettivi ivi stabiliti (art. 2, comma 6) e che, ove decorrano inutilmente nove mesi dalla data di emanazione del predetto decreto, le disposizioni di quest’ultimo si applichino alle Regioni sino all’emanazione della disciplina regionale di attuazione delle linee guida (art. 2, comma 7), assegnerebbe al predetto decreto, in assenza di un’idonea base legislativa, efficacia vincolante nei confronti delle Regioni in una materia che appartiene alla competenza legislativa regionale concorrente, in violazione degli articoli 5, 97, 117 e 118 della Costituzione nonché del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
Quanto alle censure mosse nei confronti dell’art. 7, commi 2 e 6, della legge n. 135 del 2001, nella parte in cui quest’ultimo rinvia, per l’individuazione delle tipologie delle imprese turistiche e delle attività professionali nonché per l’individuazione dei requisiti e delle modalità di rilascio da parte delle regioni delle autorizzazioni all’esercizio delle attività turistiche, alle norme del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’art. 2, comma 4, esse sono le medesime sollevate nei confronti di quest’ultima disposizione, alle quali la Regione Veneto aggiunge il rilievo che la richiamata disposizione, nella parte in cui prevede che siano le regioni a rilasciare l’autorizzazione all’esercizio delle attività turistiche con validità su tutto il territorio nazionale, "fatta eccezione per le guide", imporrebbe il rispetto dei requisiti e delle modalità di cui all’art. 2, comma 4, lettera g), anche nel caso dell’esercizio di professioni (le guide) per le quali sia espressamente prevista un’autorizzazione di validità esclusivamente regionale, "secondo uno schema normativo manifestamente irragionevole ed in violazione dei principi costituzionali sanciti dagli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione".
Sempre strettamente connesse alle censure sollevate nei confronti dell’art. 2, commi 4 e 5, sono poi le censure mosse, sotto vari profili, all’art. 11 della legge n. 135 del 2001. La disposizione in esame, infatti, nella parte in cui, al comma 6, stabilisce che la legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica) sia abrogata solo a decorrere dall’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’art. 2, comma 4, della medesima legge, attribuirebbe a quest’ultimo decreto, in assenza di un’idonea base legislativa, efficacia vincolante nei confronti delle regioni in una materia di competenza legislativa regionale concorrente, con conseguente lesione di quest’ultima. Essa, inoltre, nella parte in cui prevede, al comma 7, che, fino all’entrata in vigore della disciplina regionale di adeguamento del documento contenente le linee guida in tema di valorizzazione e sviluppo del sistema turistico, si applichi all’interno di ogni regione la disciplina prevista dall’ordinamento legislativo statale, determinerebbe l’abrogazione di tutte le leggi regionali differenti e l’introduzione di un sistema centralizzato uniforme, "incompatibile con l’ordinamento delle fonti del diritto e con la posizione delle fonti regionali in detto ordinamento, oltre che lesiva dell’autonomia legislativa ed amministrativa regionale".
Nei suddetti ricorsi sono state altresì denunciate svariate altre disposizioni della medesima legge n. 135 del 2001. In particolare, l’art. 1 (e l’art. 2, comma 1, che al primo rinvia), nella parte in cui, tra "i principi fondamentali e gli strumenti della politica del turismo", non indica quello della valorizzazione e del riconoscimento dell’autonomia regionale in materia, ma solo quello della valorizzazione degli enti locali minori, sarebbe in contrasto con gli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione (Regione Piemonte); l’art. 3 della legge n. 135 del 2001, stabilendo che alla Conferenza nazionale del turismo, indetta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per esprimere orientamenti per la definizione e gli aggiornamenti del documento contenente le linee guida, partecipino i rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, equiparerebbe la presenza delle Regioni a quella dei Comuni, delle Province e delle altre autonomie territoriali e funzionali, con conseguente lesione del ruolo costituzionale delle Regioni, le quali, essendo titolari di competenze proprie, "devono essere coinvolte tutte e in prima persona nella Conferenza" (Regioni Piemonte e Veneto); l’art. 4 vulnererebbe l’autonomia legislativa ed amministrativa regionale prevedendo che la Carta dei diritti del turista sia redatta dal Ministero dell’Industria, sentite le organizzazioni imprenditoriali e sindacali del sistema turistico nonché le associazioni nazionali di tutela dei consumatori, escludendo totalmente le regioni non solo dalla redazione, ma anche dalla consultazione, ai fini della redazione, della medesima Carta (Regioni Piemonte e Veneto); l’art. 5, al comma 1, definendo i sistemi turistici locali, attribuirebbe alle regioni solo funzioni amministrative, e, al comma 3, assimilando i sistemi turistici locali agli insediamenti produttivi tipici, determinerebbe l’assorbimento della materia turismo nell’alveo del settore industria, con conseguente compressione delle potestà legislative regionali e violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione (Regioni Piemonte e Veneto); l’art. 6 sarebbe lesivo dell’autonomia finanziaria regionale, nella parte in cui, istituendo presso il Ministero dell’Industria il Fondo di Cofinanziamento (alimentato dalle risorse finanziarie statali di cui all’art. 12) e assegnando al predetto Ministero il compito di redigere la graduatoria dei richiedenti, sulla base di bandi annuali di concorso, formulati secondo piani di intervento approvati dalle regioni, escluderebbe totalmente le medesime regioni dalla gestione dell’assegnazione del contributo (Regioni Piemonte e Veneto); l’art.8, disciplinando in modo dettagliato l’attività dei gestori di esercizi alberghieri, violerebbe l’autonomia legislativa regionale non lasciando nessuno spazio ad una regolamentazione regionale (Regioni Piemonte e Veneto); l’art.9, disciplinando il regime di vigilanza sugli esercizi ricettivi in modo "assolutamente specifico e dettagliato", lederebbe la competenza legislativa regionale concorrente e configurerebbe la competenza amministrativa regionale come meramente esecutiva, mentre, al comma 6, estendendo alle imprese turistiche la disciplina relativa agli insediamenti produttivi (artt. 23, 24 e 25 del d. lgs. n. 112 del 1998) ed imponendo alle regioni di dare attuazione a tale disposizione, determinerebbe "un’esplicita quanto ingiustificata retrazione di competenze ed attribuzioni di spettanza regionale" e, "in assenza di qualsiasi riferimento specifico e puntuale alla effettiva necessità di provvedere nei termini indicati, violerebbe il principio costituzionale di coerenza e ragionevolezza delle scelte legislative sancito all’art. 3 della Costituzione in relazione alle competenze regionali garantite dagli articoli 5, 117 e 118 della medesima Carta fondamentale"; l’art. 10 sarebbe, infine, lesivo dell’autonomia legislativa ed amministrativa delle regioni in materia di turismo, nella parte in cui istituisce presso il Ministero dell’Industria un Fondo di rotazione per il prestito ed il risparmio turistico ed assegna esclusivamente al medesimo Ministero il compito di definire, con proprio decreto, adottato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, criteri e modalità di organizzazione e gestione del fondo (Regione Piemonte).
2.1. ― In prossimitΰ dell’udienza pubblica le Regioni Piemonte, Lombardia e Liguria hanno depositato memorie con le quali insistono per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate nei ricorsi introduttivi.
3. ― Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nei quattro giudizi promossi dalle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria ed aventi ad oggetto le norme della legge n. 135 del 2001, chiedendo che i ricorsi siano respinti e che siano dichiarate infondate tutte le questioni prospettate.
Secondo la difesa erariale, le censure mosse nei confronti dell’art. 2, commi da 4 ad 8, sarebbero infondate. Le disposizioni in esame, infatti, si limiterebbero a prevedere la fissazione, con d.P.C.m. – adottato, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto di principi ed obiettivi indicati nell’art. 1, comma 2 (non impugnato) e nell’art. 2, comma 5, della stessa legge n. 135 del 2001 e fornito pertanto di idonea base legislativa, di standards minimi di qualità e criteri generali uniformi, "senza impedire a ciascuna regione di stabilire (o conservare) propri <<standards>> superiori ai minimi e di produrre proprie regole che solo non smentiscano i <
La censura sollevata nei confronti dell’art. 1 della legge n. 135 del 2001 sarebbe, oltre che "vaga", anche infondata, dal momento che il predetto art. 1, al comma 2, enuncerebbe solo obiettivi di carattere generale, mentre il ruolo delle regioni sarebbe riaffermato dall’art. 1, comma 1, e dall’art. 2, comma 2.
Quanto alle censure sollevate nei confronti dell’art. 3 della legge n. 135 del 2001, la difesa erariale ne deduce l’infondatezza in ragione del fatto che la Conferenza nazionale del turismo è istituita non già per governare il settore bensì per "raccogliere ed incanalare le istanze provenienti dalle varie categorie interessate" cosicché la partecipazione ad essa delle istituzioni territoriali avrebbe come scopo non quello di produrre decisioni ma solo quello di "ascoltare". Infondata sarebbe anche la censura mossa nei confronti dell’art. 4, essendo il contenuto della Carta dei diritti del turista corrispondente a tutte le "informazioni e notizie utili concernenti soprattutto la disciplina dei rapporti di diritto civile (…) tema questo di competenza statale".
In relazione poi alle censure sollevate nei confronti dell’art. 5, dell’art. 6 e dell’art. 10 della legge n. 135 del 2001, esse sarebbero non chiare e comunque infondate in quanto volte a rivendicare la gestione di scelte e procedure inerenti agli incentivi finanziari provenienti dalle casse dello Stato senza rinunciare a questi ultimi. Infondate sarebbero poi, ad avviso dell’Avvocatura, anche le censure sollevate nei confronti dell’art. 8 e dell’art. 9 della medesima legge n. 135 del 2001, essendo tali disposizioni volte a definire nozioni già introdotte nell’ordinamento, limitandosi a riformulare norme statali già in vigore.
4. ― In prossimità dell’udienza pubblica l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memorie nelle quali sostiene che le controversie aventi ad oggetto le norme della legge n. 135 del 2001 debbano ritenersi superate, almeno nel loro "nucleo sostanziale", essendo entrato in vigore il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 settembre 2002 (in attuazione dell’art. 2, commi 4 e 5 della predetta legge) con il quale è stato recepito un "accordo" raggiunto nella seduta 14 febbraio 2002 della Conferenza Stato-Regioni sui principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, nel quale si è presa in considerazione la sopravvenuta modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, che pure "non dovrebbe influire" sui giudizi in questione.
5. ― All’udienza pubblica dell’11 febbraio 2002 le Regioni Piemonte e Lombardia e la difesa erariale hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte. La Regione Liguria ha chiesto che la Corte costituzionale voglia dichiarare cessata la materia del contendere, in considerazione dell’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 settembre 2002.
Considerato in diritto
1. ― Le questioni di legittimitΰ costituzionale sono state promosse con i ricorsi indicati in epigrafe della Regione Piemonte, della Regione Lombardia, della Regione Veneto e della Regione Liguria nei confronti degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 della legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo), in riferimento agli artt. 3, 5, 87, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, agli artt. 1 e 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) ed agli artt. 43 e 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59).
Le Regioni ricorrenti denunciano, in riferimento ai vari parametri indicati, molteplici vizi delle norme oggetto dei ricorsi, essenzialmente sotto i profili dell'invasione della competenza regionale o della lesione del ruolo costituzionale delle regioni in materia di turismo, determinati per effetto della previsione di diversi atti e prescrizioni, tra cui, in particolare, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, previsto e disciplinato dall'art. 2, commi 4 e 5, della censurata legge n. 135 del 2001.
2. ― In via preliminare va disposta la riunione dei giudizi che, avendo ad oggetto disposizioni legislative in larga parte identiche, censurate in riferimento a parametri costituzionali comuni e sotto profili sostanzialmente coincidenti, possono essere decisi con un'unica pronuncia.
3. ― I ricorsi sono inammissibili.
Le questioni di legittimità costituzionale in esame sono state proposte anteriormente all'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il Titolo V della Parte seconda della Costituzione, cosicché esse debbono essere risolte, secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla stregua delle previgenti disposizioni costituzionali invocate come parametri (sentenze n. 422 e n. 376 del 2002).
I predetti ricorsi si propongono di ottenere il riconoscimento, tramite l'annullamento della legge statale denunciata, delle competenze regionali, che si pretendono fondate sulle norme costituzionali invocate come parametri, per il tempo in cui esse sono state vigenti, e cioè fino alla data di entrata in vigore della citata legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Senonché, nel suddetto periodo, la legge 29 marzo 2001, n. 135, di cui appunto si chiede l'annullamento, non aveva ancora avuto la prevista attuazione, giacché non era stato ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la cui emanazione, benché dovesse effettuarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, è avvenuta soltanto il 13 settembre 2002. A questo decreto l'art. 2, comma 4, della stessa legge n. 135 conferisce il compito di definire "i principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico", stabilendo, "al fine di assicurare l'unitarietà del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche", una serie assai dettagliata di standards minimi, di criteri, di requisiti, di modalità di esercizio riguardanti, tra l'altro, le imprese turistiche, le unità abitative delle strutture ricettive, le agenzie di viaggio, le professioni turistiche, i servizi di accoglienza ai turisti, nonché la gestione dei beni demaniali e delle loro pertinenze concessi per attività turistico-ricreative. Il medesimo decreto inoltre formula, ai sensi del comma 5, principi ed obiettivi per quanto concerne lo sviluppo dell'attività economica in campo turistico, la promozione turistica dell'Italia all'estero, lo sviluppo di sistemi turistici locali e di circuiti qualificati a sostegno dell'attività turistica, nonché di infrastrutture turistiche di valenza nazionale.
E' quindi evidente il rilievo del decreto del Presidente del Consiglio nell'ambito della legge in esame, tanto che il comma 6 dello stesso art. 2 espressamente dispone che "ciascuna regione, entro nove mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 4, dà attuazione ai principi ed agli obiettivi stabiliti dalla presente legge e contenuti nel decreto di cui al medesimo comma 4", mentre il successivo comma 7 stabilisce che, al fine di tutelare gli interessi unitari non frazionabili in materia di libertà di impresa e di tutela del consumatore, le disposizioni dello stesso decreto si applicano alle regioni ordinarie, "decorsi inutilmente i termini di cui al comma 6".
Non essendo stato fino ad allora emanato il decreto attuativo del Presidente del Consiglio, nel periodo di tempo intercorrente tra il 5 maggio 2001 -data di entrata in vigore della citata legge n. 135- e l'8 novembre dello stesso anno -data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001- la medesima legge n. 135 si trovava, almeno per quanto riguardava i profili più rilevanti, in una situazione di operatività tale -anche in considerazione dei molteplici rinvii al predetto decreto operati da altre disposizioni della stessa legge- da non richiedere alle regioni l’emanazione di una disciplina attuativa dei principi ed obiettivi indicati dalla legge in questione. Per quel periodo, pertanto, non risulta, anche in ragione della predetta struttura precettiva dell'atto, che le disposizioni censurate abbiano in pratica prodotto effetti lesivi tali da determinare un'invasione della sfera di attribuzioni delle Regioni ricorrenti, dal momento che le norme immediatamente applicabili della citata legge n. 135, da un lato, si limitano a riaffermare il ruolo costituzionale delle regioni nella materia de qua e, dall'altro lato, concernono essenzialmente profili organizzativi e interventi finanziari di competenza statale.
4. ― Il prospettato quadro normativo θ mutato con l'emanazione, ai sensi dell'art. 2, commi 4 e 5, della legge n. 135 del 2001, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 settembre 2002, che ha dato piena attuazione alla stessa legge recependo integralmente l'accordo sottoscritto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni in data 14 febbraio 2002, nel cui ambito, tra l'altro, si è espressamente concordato tra le parti che "il turismo è materia di esclusiva competenza regionale".
Si tratta quindi di un’ulteriore conferma del fatto che, a decorrere dall'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, le regioni ben possono esercitare in materia di turismo tutte quelle attribuzioni di cui ritengano di essere titolari, approvando una disciplina legislativa, che può anche essere sostitutiva di quella statale (cfr. sentenza n. 510 del 2002), fatto naturalmente salvo il potere governativo di ricorso previsto dall'art. 127 della Costituzione. In tal modo risulta chiara la sopravvenuta carenza di interesse delle regioni ricorrenti all'annullamento delle disposizioni statali censurate, poiché la loro "persistenza" nell'ordinamento non preclude affatto, come già rilevato, l'adozione di apposite normative regionali in materia e non può comunque –secondo quanto infondatamente ritenuto dalla difesa della Regione Lombardia- "legittimare in futuro l'Esecutivo a dettare i principi e gli obiettivi (…) sulla base di una semplice intesa con le Regioni in una materia che è divenuta di competenza esclusiva delle Regioni", tanto più che non risulta presentato alcun ricorso avverso il predetto d.P.C.m. 13 settembre 2002.
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate con i ricorsi in esame vanno pertanto dichiarate inammissibili.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 della legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo), sollevate in riferimento agli artt. 3, 5, 87, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, agli artt. 1 e 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) ed agli artt. 43 e 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), dalle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.
Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2003.
Autore:
Corte Costituzionale
Dossier:
Turismo religioso
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Turismo, Competenze legisaltive, Inammissibilità del ricorso, Competenza esclusiva regionale
Natura:
Sentenza