Sentenza 05 dicembre 2005, n.44227
Corte di Cassazione. Sesta Sezione Penale. Sentenza 5 dicembre 2005, n. 44227: “Nuovi movimenti religiosi e reato di associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti”.
Presidente Romano – Relatore Leonasi
(Omissis)
Fatto
Le contestazioni ex articoli 82, 80 e 74 Dpr 309/90 sono mosse a un gruppo di giovani, tra i quali l’attuale indagato, e vedono sullo sfondo un movimento religioso denominato “Santo Daime” avente origine nella foresta amazzonica e diffuso, a partire dalla fine degli anni ‘90, in vari paesi europei: in Italia, in particolare, vi è un ramo denominato “Cefluris” (centro eclettico fonte luce universale Raimundo Ireneu Serra), con principale punto di riferimento in un immobile (…) in quel di (…); caratteristica del movimento è l’uso rituale di una bevanda “ayahuasca” capace, secondo quanto riferito dall’ ordinanza impugnata, di condurre a uno stato di “espansione della coscienza”, simile all’estasi mistica. Detta sostanza – sequestrata, tra l’altro, già allo stato liquido sia all’aeroporto di Perugia che presso il casale di (…) – è stata sottoposta ad analisi in diversi laboratori ed è risultata proveniente da prodotti vegetali base ma contenente sempre la sostanza psicotropa dimetiltriptamina – DMT, oltre a due alcaloidi non compresi nelle tabelle allegate al Dpr 309/90 anche se capaci di potenziare gli effetti psico-attivi del DMT; spiega ancora l’ordinanza del Tribunale del riesame qui impugnata che gli effetti del DMT sul sistema nervoso centrale sono, tra gli altri, quelli di uno “stato di separazione dalla realtà” e di alterate percezioni visive fino a condizioni assimilabili a “esperienze transpersonali” (in sostanza effetti allucinogeni); tra gli effetti negativi si possono registrare, in mancanza di opportune cautele, vomito e diarrea (ed è proprio per questo che uno dei principali argomenti difensivi ruota intorno al punto che, assumendosi per via orale una quantità molto limitata – pari a una tazzina – di liquido, il principio attivo del DMT risulta tanto limitata da non poter determinare alcun effetto drogante).
L’accusa di associazione finalizzata allo spaccio e di attività di proselitismo per l’uso della sostanza mossa specificamente a F. M. (sottoposto a misura cautelare di custodia in carcere, poi sostituita con arresti domiciliari) è basata sulla sorpresa operata dalla Pg nella sede di (…), dove i presenti, tra i quali appunto il M., spontaneamente consegnarono un quantitativo di tre litri del prodotto, sul ritrovamento di un ulteriore quantitativo nella casa abitata da lui stesso, dalla compagna e dal M., considerato il capo della ramificazione italiana, sulla notizia dell’avvenuto sequestro che M., considerato braccio destro del M., dà a quest’ultimo, sulle conversazioni tra M. e la coindagata S. R. circa l’importazione di un certo quantitativo del prodotto dal Brasile (per essere destinato ai rituali di (…) ma di fatto trovato nella casa milanese della donna), sulle e-mail intercorse tra gli aderenti al movimento (ovvero con altre persone che pur non essendo organiche a questo, sono ugualmente attive nell’approvvigionamento e nella promozione dell’uso del liquido), sulle informazioni offerte dal sito internet, dalle quali emerge tra l’altro la piena consapevolezza che gli indagati hanno della illiceità della detenzione della sostanza secondo la legislazione italiana, come della riscossione di somme sub specie di “quote associative “che si prospettano destinate alla realizzazione di progetti necessari per lo sviluppo della chiesa daimista.
Col ricorso proposto a mezzo del difensore si lamenta:
1. violazione dell’articolo 605 lettera b) Cpp per errata interpretazione ed applicazione degli articoli 74
e 73 Dpr 309/90 sotto duplice profilo: A) perché si equipara l’ayahuasca al DMT e quindi agli effetti indotti da tale ultima sostanza stupefacente, così violandosi il principio di tipicità della fattispecie penale; il prodotto incriminato è niente altro che un decotto di foglie, rami e altre parti di piante amazzoniche , tra le quali quelle del genere psycotria che appunto contengono DMT, sostanza inclusa nella tabella allegata al Dpr 309/90; il Tribunale avrebbe quindi dovuto chiarire perché il suddetto decotto, por non incluso nelle tabelle, costituisca una sostanza vietata; il prodotto (“vino dell’anima”) contiene un principio attivo tanto modesto che occorrerebbe berne circa due litri per raggiungere la soglia drogante; d’altra parte il DMT- tra l’altro contenuto in alcuni vegetali di uso comune e non certo nocivi – si potrebbe estrarre dal decotto solo con un procedimento molto complesso che non risulta che l’indagato o altri abbiano mai adottato; non si può quindi incriminare un prodotto non contenuto nelle tabelle e destinato ad essere usato in piccole quantità e per fini rituali; il Tribunale non replica su questi e su altri punti che la difesa aveva sottoposto alla sua attenzione, cosi da dar conto compiuto della valutazione di probabile colpevolezza ritenuta col proprio provvedimento – B) La difesa aveva prospettato la inoffensività della condotta anche sotto il profilo che la bevanda in questione proprio perché assunta oralmente non può produrre,secondo quanto ritenuto dai propri tecnici, alcun effetto stupefacente, a differenza di quanto si verifica nell’assunzione per via nasale o endovenosa, situazione anche questa che il Tribunale non ha valutato; il giudice del merito, in sostanza, avrebbe offerto una motivazione solo apparente col limitarsi a dire che il prodotto contiene DMT, circostanza assolutamente risaputa, ma non si sarebbe affatto curato dei cennati problemi di fondo, né avrebbe considerato che il comportamento dell’indagato rientrava nella libertà fondamentale di professare il proprio culto religioso.
2. violazione dell’articolo 606 lettera b) Cpp per errata interpretazione e applicazione del1’articolo 74 Dpr 309/90: il Tribunale, richiamati i principi generali sulla nozione di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti, si è limitato ad agganciarvi alcuni eventi che non riguardano strettamente la persona di M.. senza ancora una volta considerare le note poste a sostegno dei motivi di impugnazione e travisando i fatti; il rilevante quantitativo di sostanza sequestrata era necessario per la celebrazione dei riti ai quali partecipavano numerosi damaisti; dopo il referendum non si può più avere riguardo alla dmg per stabilire se una sostanza drogante sia o meno destinata allo spaccio; numerosi elementi depongono nel senso che la bevanda veniva usata per scopi esclusivamente religiosi (la qualità della sostanza, in alcuni casi trovata addirittura priva di ogni principio attivo; le condizioni reddituali del detentore, assolutamente modeste; la natura di donazione delle somme versate dagli adepti e impiegate non per l’acquisto della sostanza ma per tutto quant’altro necessario per la celebrazione dei riti; il mancato ritrovamento di strumenti operativi, sia pure rudimentali; il non essere M. tossicodipendente, risultando anzi lo stesso impegnato in lavoro stabile; la mancanza di pactum sceleris e di ogni struttura organizzativa.
3. violazione dell’articolo 606 lettera b) Cpp in relazione all’articolo 75 Ls e difetto assoluto di motivazione in ordine all’uso di gruppo dedotto dalla difesa: il Tribunale ancora il suo giudizio negativo sul solo dato che la bevanda veniva assunta da un numero indeterminato e indefinito di persone, senza tener conto che ai riti partecipavano solo gli adepti e che mai il M. ha rifornito persone estranee; in sostanza gli associati si accordavano per fare arrivare il prodotto dal Brasile, sicchè si deve ritenere che ciascuno abbia fin dall’inizio acquistato per sé una quota dello stesso; del resto gli stessi periodici appuntamenti e i contatti che si tenevano tra gli aderenti sono dimostrazione della consumazione della sostanza da parte di tutti nel corso dei rituali; in definitiva gli associati si organizzavano non per procurare ad altri la sostanza ma per importarla a fini di uso comune.
Col quarto motivo infine si deduce la insussistenza di esigenze cautelari sotto i vari profili enunciati dall’articolo 274 Cpp e si afferma, per quanto riguarda il rischio di reiterazione del reato, che nessuna risposta è data dal Tribunale in ordine agli elementi indiziaTi in base ai quali temere che la revoca di un misura cautelare possa determinare ricaduta nel reato.
Diritto
1. Escluso che il fatto possa trovare qualche causa di giustificazione nell’esigenza di praticare un certo culto religioso o di farne opera di proselitismo perché neppure in presenza di questi fenomeni (certamente liberi e anzi tutelati) è giammai consentito lo sconfinamento nell’illecito penale, superato anche l’argomento del consumo di gruppo (terzo motivo) per le ragioni in fatto già esposte dal tribunale del riesame (il denaro era anticipato da taluni dei promotori, prelevandolo in generale dalle quote associative versate dagli aderenti mentre il prodotto veniva acquistato in quantità non trascurabili per essere poi distribuito secondo le casuali richieste), occorre piuttosto occuparsi della natura della sostanza di volta in volta rinvenuta e della quale non sono contestati acquisto, detenzione e cessione a terzi.
2. La censura esposta soprattutto col motivo primo sub A), appare, per quanto di ragione, fondata.
3. È principio riconosciuto e non discutibile che la nozione di stupefacente ha natura legale, essendo soggette alla normativa che ne sanziona la detenzione e le altre attività connesse tutte e soltanto le sostanze specificamente indicate nelle tabelle previste dall’articolo 14 Dpr 309/90. Queste seguono parametri, ormai accettati anche in convezioni internazionali, in forza dei quali perché una sostanza possa dirsi stupefacente deve: a) avere capacità di provocare uno stato di dipendenza; b) essere idonea a determinare uno stimolo o una depressione del sistema nervoso centrale che dia luogo ad allucinazioni o a disordini delle funzioni motrici, delle facoltà intellettive, del comportamento o dell’umore. Le norme incriminatrici sono quindi delle vere e proprie norme in bianco che legittimamente rinviano a quel certo provvedimento dell’autorità amministrativa per la determinazione del contenuto dell’illecito. Ne consegue che la importazione come la detenzione o la distribuzione di piante (rectius parti ovvero foglie) dalle quali pure sia estraibile un principio attivo compreso nella tabella, non sono attività previste dalla legge come reato, a meno che il vegetale al suo stato naturale non sia anch’esso espressamente menzionato (come avviene per le “foglie di coca” rispetto alla cocaina; per l’oppio rispetto alla morfina; per i tre tipi di cannabis – tab II – rispetto al tetraidrocannabinolo). Non impropriamente quindi si richiama dal ricorrente la decisione 34072/03 di questa Corte per un caso di importazione di fusti di “chata edulis”, pianta in sé non ricompresa in tabella, anche se se ne estrae un principio attivo tabellato (la “catina”).
3.1. Alla legge, com’è noto, è allegata anche la tabella V dove sono indicate (con puntuale riferimento a quanto disposto dall’articolo 14 lettera “e”) le preparazioni, in genere per uso farmaceutico, contenenti sostanze elencate nelle tabelle precedenti, ma ottenute (le preparazioni) con procedimenti tali da escludere (per esempio attraverso l’impedimento del “recupero dello stupefacente con facili ed estemporanei procedimenti estrattivi”) rischi di abuso: sicchè possono ritenersi non assoggettate al regime penalistico proprio della sostanza (o delle sostanze) che ne sono parte. Vada sé, peraltro, che non contenendo l’ordinamento alcuna definizione di “preparazione”, vanno ricomprese nel termine tutte le attività umane – quindi a maggior ragione quelle non autorizzate – che abbiano come risultante un prodotto contenente una sostanza tabellata.
4. Ricordato poi, con specifico riferimento alla vicenda de qua, che la dimetiliriptamina/DMT (tab.I) è sicuramente contenuta nei vegetali denominati “liana jagube” e “rainha”(o almeno in quest’ultima), secondo quanto accertato in sede di merito e ammesso dallo stesso ricorrente; stabilito ancora che nessuna di dette piante risulta di per sé compresa nelle tabelle allegate al Dpr 309/90, si tratta di accertare in fatto, nei termini di alta probabilità propri di questa fase, se il procedimento, da chiunque adottato, per la preparazione della bevanda denominata “ayahuasca” (procedimento che lo stesso Tribunale di Perugia dichiara “allo stato non compiutamente verificato”) sia tale da dar luogo a un prodotto altro nel quale risultino quantitativamente o qualitativamente differenziati gli effetti dei predetti vegetali all’atto del possibile uso (in qualsiasi forma) da parte dell’uomo, fino a potere assimilare tali esiti a quelli prodotti dalla sostanza psicotropa denominata DMT( intesa, naturalmente, come principio attivo già estratto) o a considerare gli stessi potenziati rispetto a quelli procurati dal!’ eventuale possibile utilizzo contemporaneo, al naturale, delle piante di provenienza (cfr. anche decisioni di analogo tenore rese da questa Sezione nella stessa data) ; questo accertamento – che naturalmente non potrà non avvalersi di esperienze professionali specifiche – dovrà anche stabilire se la “ayahuasca” possa essere catalogata, al di là di ogni questione nominalistica, tra le preparazioni che, per quanto previsto dall’articolo 141ett. e) cit. e definito nella tabella V, siano da riferire all’area del penalmente irrilevante.
5. È il caso di aggiungere, con riferimento alla tesi difensiva della inoffensività del fatto a cagione della piccola quantità di prodotto di volta in volta assunta (motivo I sub B), che già da tempo è ferma nella giurisprudenza di legittimità l’opinione – dal ricorrente non efficacemente contrastata – secondo la quale, proprio in relazione alla ricordata natura legale attribuita dal nostro ordinamento alla sostanza stupefacente, la circostanza che il principio attivo contenuto nel compendio oggetto del singolo spaccio non superi la ed. soglia drogante non rileva, in difetto di ogni elementi parametrico da parte della legge o degli allegati, ai fini della punibilità del fatto (Su 24/6/1998, Kremi).
6. In questi limiti l’ordinanza impugnata va dunque annullata, mentre restano assorbiti i motivi secondo e quarto.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Perugia.
Autore:
Corte di Cassazione - Penale
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Riti religiosi, Tutela penale, Proselitismo, Diritto di associazione, Nuovi movimenti religiosi, Estasi mistica, Sostanze psicotrope, Spaccio di sostanze stupefacienti
Natura:
Sentenza