Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 16 Marzo 2005

Sentenza 04 marzo 2004, n.4435

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro.
Sentenza 4 marzo 2004, n. 435: “Riconoscimento del diritto soggettivo di astensione dal lavoro in occasione di festività infrasettimanali”.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Sergio MATTONE
Presidente
Dott. Giovanni MAZZARELLA Consigliere
Dott. Guido VIDIRI
Consigliere
Dott. Aldo DE MATTEIS
Consigliere
Dott. Giovanni AMOROSO
Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D.A R., elettivamente domiciliata in ROMA VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONINI, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO BORGNA, giusta delega in atti

– ricorrente –

contro

D.L.F. s.r.l.

– intimato –

e sul 2° ricorso n° 10745/02 proposto da:

F. DLF SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUCREZIO CARO 63, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO TAMBURRO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonché contro

D.A. R.

– intimata –

avverso la sentenza n. 205/01 della Corte d’Appello di TORINO, depositata il 22/03/01 R.G.N. 1620/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/03 dal Consigliere Dott. Giovanni AMOROSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, assorbito l’incidentale condizionato.

Fatto

1. Con ricorso depositato in data 21.1.2000 diretto al Tribunale di Novara D.A R. impugnava il licenziamento per giusta causa irrogatole dalla società F. D.L.F. s.r.l. di Torino con lettera del 19.9.1998, assumendone, sotto diversi profili, la nullità ex art. 7 legge n. 300 del 1970 e deducendo che comunque lo stesso doveva ritenersi illegittimo perché privo di giusta causa o giustificato motivo.
La ricorrente, invero, affermava che la sua assenza dal lavoro nel periodo 10.8.1998-31.8.1998, contestatale come ingiustificata dalla datrice di lavoro, non poteva ritenersi tale, essendosi ella in detto periodo trovata in malattia ed avendo provveduto a trasmettere all’azienda i relativi certificati medici sia, dapprima, per posta ordinaria ed a mezzo telefax, sia, successivamente in data 11.9.1998, a mezzo di una collega di lavoro. La D.A, dunque, chiedeva al Tribunale adito di dichiarare la nullità o comunque di annullare il licenziamento, di ordinare alla convenuta l’immediata sua reintegrazione nel posto di lavoro e di condannare la stessa a risarcirle il danno in misura pari alle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegrazione, oltre interessi e rivalutazione monetaria, con il favore delle spese.
La società F. si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 20.3.2000, chiedendo la reiezione delle domande proposte dalla ricorrente perché infondate.
Tentata la conciliazione delle parti, interrogate liberamente le stesse ed escussi alcuni testi, il giudice del Tribunale di Novara, con sentenza in data 12.10.2000, accoglieva la domanda della D.A, ritenendo illegittimo il licenziamento intimatole, e condannava altresì la società convenuta a rifonderle le spese di lite del grado.
In particolare il primo giudice ha dichiarato illegittimo il licenziamento disciplinare inflitto alla D.A ai sensi dell’art. 144, n. 5 lett. b) del CCNL settore turismo – il quale in via esemplificativa stabiliva che poteva essere disposto il licenziamento in tronco in caso di assenze ingiustificate protratte per oltre cinque giorni – ritenendo nel caso non integrata la fattispecie contrattuale, dal momento che nel periodo 17-31.8.1998 la lavoratrice aveva goduto, sulla scorta del “Programma Ferie” prodotto dalla stessa società, delle ferie annuali, sicché per tale periodo l’assenza era stata giustificata, e che quindi, essendo il 15 agosto giorno festivo e cadendo il 16 agosto di domenica, l’assenza ingiustificata della D.A s’era protratta solo dal 10 al 14 agosto e, perciò, per non oltre 5 giorni.
2. Avverso tale sentenza, depositata in data 7.11.2000 e notificata il 16.11.2000, interponeva appello la società F. con ricorso depositato in data 13.12.2000, chiedendone l’integrale riforma, con il conseguente rigetto delle domande proposte dalla D.A, vinte le spese del doppio grado del giudizio.
In particolare l’appellante società censurava l’iter argomentativo del primo giudice, osservando, in estrema sintesi a) che il “Programma Ferie” da lei prodotto in corso di causa non aveva alcun carattere definitivo e che, pertanto, del tutto erroneamente, il Tribunale ha ritenuto che dal 17 agosto la D.A fosse assente giustificata perché in ferie; b) che la D.A osservava un orario di lavoro ripartito su sei giorni la settimana ed aveva diritto a godere della festività del 15 agosto solo subordinatamente alle esigenze aziendali, così come previsto dall’art. 85 del CCNL; c) che quindi erroneamente il primo giudice aveva ritenuto la D.A assente giustificata i giorni 15 e 16.8.1998, posto che la stessa, oltre a non dedurre di aver diritto al riposo in tali due giornate, aveva giustificato la propria assenza per l’intero periodo contestato deducendo di essere ammalata.
L’appellante società ribadiva, dunque, la legittimità del proprio provvedimento di recesso, essendo stata provata l’assenza della D.A dal lavoro nel periodo contestatole e non avendo la lavoratrice assolto l’onere, su di lei gravante, di provare una causa giustificatrice dell’assenza.
L’appellata si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 16.2.2001 per chiedere la reiezione del gravame perché infondato.
Con sentenza del 6-22.3.2001 la Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione e rigettava le domande dell’appellata compensando tra le parti le spese del doppio grado.
3. Avverso questa pronuncia la D.A ha proposto ricorso per cassazione articolato in
quattro motivi.
Resiste con controricorso la società che ha proposto anche ricorso incidentale condizionato.

Diritto

1. Il ricorso principale della D.A è articolato in quattro motivi.
Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.P.R. n. 792 del 1985 in relazione all’art. 85 c.c.n.I. per il settore del turismo e dei pubblici esercizi. In particolare la ricorrente sostiene che la giornata del 15 agosto sia festiva e che la lavoratrice aveva diritto ad astenersi dal fornire la propria prestazione lavorativa. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione deIl’art. 85 c.c.n.l. di categoria, oltre che vizio di motivazione. In particolare la ricorrente sostiene che avrebbe errato la Corte d’appello nel ritenere che spettasse alla dipendente dimostrare che per la giornata del 15 agosto non fosse stata prevista la sua presenza in servizio, mentre avrebbe dovuto la società allegare e provare le esigenze aziendali che imponevano la prestazione lavorativa anche nella giornata festiva di ferragosto.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970, nonché vizio di motivazione. In particolare la ricorrente si duole del fatto che la società non le abbia consentito di fornire le proprie giustificazioni con l’assistenza di un rappresentante sindacale nel luogo in cui la prestazione lavorativa era resa. Inoltre la contestazione dell’addebito era stata tardiva, e comunque la motivazione della tempestività della stessa era insufficiente ed autoassertiva.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2106 c.c..
Erroneamente la Corte d’appello non ha tenuto conto che comunque le assenze in questione erano state comunque giustificate con la reiterazione della trasmissione della documentazione medica.
2. Con il ricorso incidentale condizionato la società intimata denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonché violazione o falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., dell’art. 2106 c.c., dell’art. 41 Cost., dell’art. 144 c.c.n.l., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c..
In particolare la società sostiene che i giudici di merito erroneamente avevano ritenuto che l’assenza della lavoratrice a partire dal 17 agosto era giustificata per godimento delle ferie; l’assenza era invece ingiustificata e ciò integrava un comportamento di maggiore gravità rispetto a quello accertato.
3. Riuniti i ricorsi, avendo essi ad oggetto la stessa sentenza impugnata, va esaminato preliminarmente il terzo motivo del ricorso principale, che attiene alla procedura di intimazione del licenziamento disciplinare impugnato dalla lavoratrice, dovendo l’esame dei dedotti vizi procedimentali logicamente precedere quello del merito dell’allegata giusta causa.
Il motivo, che ha un duplice profilo riguardante rispettivamente la tempestività della contestazione dell’addebito e la mancata previa audizione a difesa della lavoratrice, è sotto entrambi gli aspetti infondato.
3.1. Quanto all’allegata insussistenza del requisito della tempestività della contestazione deve ribadirsi la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis Cass., sez. lav., 7 luglio 2001, n. 9253) che ha puntualizzato che il principio tanto dell’immediatezza della contestazione dell’addebito quanto della tempestività del recesso datoriale, la cui ratio riflette l’esigenza di osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo necessario, in relazione al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, per un’adeguata valutazione della gravità dell’addebito mosso al dipendente e della validità o meno delle giustificazioni da lui fornite; l’accertamento al riguardo compiuto dal giudice di merito è insindacabile nel giudizio di cassazione, se congruamente motivato.
Nella specie la Corte d’appello ha ritenuto tempestiva la contestazione dell’addebito (assenza ingiustificata protrattasi dal 10 al 31 agosto) fatta alla ricorrente il giorno dopo il suo rientro in servizio, avvenuto il 1° settembre 1998, alla cessazione del controverso periodo di assenza.
Può aggiungersi in vero che la tempestività della contestazione è in realtà di tutta evidenza perché è pacifico tra le parti che con il 31 agosto fosse cessato il contestato periodo di assenza asseritamente ingiustificata (iniziato il 10 dello stesso mese) ed il 1° settembre la D.A avesse ripreso il servizio; il giorno dopo (2 settembre) le è stato contestato l’addebito con invito a fornire le proprie giustificazioni.
La sequenza è così incalzante che riuscirebbe davvero difficile comprendere il senso di una censura di difetto di tempestività della contestazione dell’addebito, quale quella mossa dalla difesa della ricorrente con il terzo motivo di ricorso se non si tenesse conto della circostanza che di fatto nel corso del giudizio l’addebito in contestazione si è, per così dire, ridimensionato senza che di ciò le parti si siano dolute.
3.2. In vero l’addebito dell’originaria contestazione era costituito dall’assenza ingiustificata dal lavoro protrattasi in un arco di tempo di ventidue giorni. Il giudice di primo grado ha però ritenuto che la lavoratrice fosse in ferie dal 17 al 31 agosto e che sussistesse invece un’assenza ingiustificata solo per i primi cinque giorni (dal 10 al 14 agosto) per poi interrogarsi sulla qualificazione dell’assenza nel successivo sesto giorno (quello di ferragosto) pervenendo alla conclusione che non potesse considerarsi ingiustificata trattandosi di giorno festivo; talché ha ritenuto l’illegittimità del licenziamento atteso che la normativa contrattuale collettiva prevede solo una sanzione conservativa per le assenze ingiustificate che non abbiano superato la durata di cinque giorni. Questa motivazione ha evidentemente assorbito ogni altro possibile rilievo in ordine all’addebito effettivamente contestato (che era costituito dall’assenza non già per sei giorni, ma per un periodo ben più esteso).
La Corte d’appello si è collocata sulla scia di questa argomentazione, ma in una prospettiva più limitata facendo in sostanza dipendere l’esito del giudizio dal fatto che l’assenza nel sesto giorno successivo ai primi cinque fosse giustificata o meno. E, sulla base dell’argomentazione criticata dalla difesa della ricorrente con i primi due motivi del ricorso (v. infra), è pervenuta al convincimento che l’assenza della lavoratrice nel giorno di ferragosto dovesse considerarsi ingiustificata con conseguente sussistenza della giusta causa di licenziamento.
3.3. Si vede allora che l’addebito in questione è venuto a ridursi: rispetto all’iniziale contestazione di un’assenza ingiustificata protrattasi in un arco di tempo di ventidue giorni, si è avuto che nel giudizio d’appello – una volta confermato, anche in questo grado, che la D.A aveva goduto delle ferie dal 17 al 31 agosto – il dibattito processuale si è concentrato essenzialmente su una fattispecie di illecito disciplinare consistente nell’assenza, parimenti allegata come ingiustificata, ma protrattasi per il più breve periodo di sei giorni.
Di ciò la difesa della ricorrente non si è doluta ed anzi ha accettato questo sostanziale mutamento della condotta disciplinarmente rilevante.
Questo spiega la censura di difetto di tempestività nella contestazione dell’addebito: se quest’ultimo consiste nell’assenza ingiustificata per soli sei giorni dal 10 al 15 agosto (come ritenuto dalla Corte d’appello), si chiede allora la difesa della ricorrente perché la società abbia atteso fino al 2 settembre per contestare l’addebito e quindi argomenta per negare la sussistenza della tempestività della contestazione.
In realtà – come già rilevato – l’assenza addebitata come ingiustificata si sarebbe protratta, nella prospettazione della società, fino al 31 agosto e quindi la contestazione del 2 settembre è intervenuta addirittura nelle quarantotto ore dalla cessazione della “permanenza” nell’illecito disciplinare (per mutuare una terminologia penalistica). E la tempestività della contestazione non può che essere valutata in riferimento all’addebito effettivamente contestato.
In conclusione questa riduzione della fattispecie disciplinare non rileva ai fini della tempestività della contestazione, che correttamente la Corte d’appello ha ritenuto sussistere; rileverebbe invece ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento e del giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata. Ossia il fatto che la società abbia allegato una determinata assenza ingiustificata come illecito disciplinare, posto quale giusta causa dell’intimato licenziamento, non esclude che – una volta che le risultanze processuali abbiano ridimensionato la condotta inadempiente della lavoratrice – possa considerarsi una fattispecie ridotta (quale appunto è un’assenza ingiustificata per un numero considerevolmente inferiore di giorni); ma il giudice di merito è tenuto a rivalutare la gravità dell’inadempimento e la proporzionalità della sanzione in riferimento ad un comportamento inadempiente che di per sé solo non ha comportato né la contestazione dell’addebito né l’irrogazione della sanzione, atteso che dopo il sesto giorno di assenza la società ha preferito soprassedere attendendo che la gravità dell’assenza (asseritamente) ingiustificata si consolidasse in un arco di tempo maggiore e quindi assumesse un connotato di maggiore gravità.
Orbene questa peculiare situazione è spesa dalla difesa della ricorrente (con il terzo motivo) unicamente censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto tempestiva la contestazione dell’addebito; sotto questo profilo però la censura è – come già rilevato – infondata perché la tempestività della contestazione va valutata in riferimento all’addebito contestato.
3.4. Il secondo profilo della censura attiene alla previa audizione del lavoratore incolpato.
Deve in proposito ribadirsi quanto già affermato da questa Corte (Cass., sez. lav., 2 giugno 1998, n. 5419) secondo cui l’art. 7 legge 20 maggio 1970 n. 300, il quale subordina la legittimità del procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare alla previa contestazione degli addebiti, al fine di consentire al lavoratore di esporre le proprie difese in relazione al comportamento ascrittogli, non comporta per il datore di lavoro un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l’audizione orale, ma solo un obbligo correlato alla manifestazione tempestiva (entro il quinto giorno) del lavoratore di voler essere sentito di persona, e nel giudizio il lavoratore ha l’onere di provare la sua tempestiva richiesta, quale elemento costitutivo a lui favorevole della fattispecie procedimentale.
Nella specie la pronuncia impugnata ha fatto puntuale applicazione di questo principio in quanto, prendendo in considerazione il telegramma inviato dal sindacato per conto della lavoratrice alla quale era stato contestato l’addebito, ha escluso che dal tenore testuale dello stesso emergesse alcuna richiesta di audizione, in quanto con tale telegramma il sindacato si limitava a diffidare la società datrice di lavoro dal sospendere la retribuzione alla lavoratrice.
Si tratta di una motivazione sufficiente e non contraddittoria che resiste alle critiche della difesa della lavoratrice; la quale in realtà è ben consapevole che il tenore letterale del telegramma non deponeva affatto per la richiesta di audizione ed invoca il successivo comportamento della società che effettivamente ebbe a convocare il rappresentante sindacale, ma presso la sede di Torino e non già sul luogo di lavoro (in Novara). Però la Corte d’appello si fa carico anche di valutare questa circostanza che considera non decisiva ad infirmare la lettura testuale del telegramma suddetto giacché la convocazione del sindacalista era avvenuta indistintamente anche per altri due lavoratori; sicché in sostanza costituiva un elemento ambiguo, inidoneo a smentire il diverso ed inequivoco tenore del telegramma.
Si tratta all’evidenza di una valutazione di merito che, in quanto sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria, resiste alle critiche della difesa della ricorrente.
4. I primi due motivi del ricorso principale – che riguardano il merito dell’illecito disciplinare contestato e che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi – sono invece fondati.
E’ pacifico in punto di fatto che la società datrice di lavoro abbia contestato alla ricorrente l’assenza ingiustificata della D.A dal lavoro nel periodo dal 10 al 31 agosto 1998 e tale addebito sia poi stato allegato a giusta causa del licenziamento disciplinare.
Si è già ricordato che sia il giudice di primo grado che i giudici d’appello hanno ritenuto che la D.A dovesse considerarsi in ferie dal 17 al 31 agosto secondo il prospetto della ferie predisposto dalla società e prodotto in atti dalla stessa (v. anche infra in riferimento al ricorso incidentale condizionato). Rilevante pertanto, quanto alla valutazione dell’iniziale periodo di sei giorni (dal 10 al 15 agosto), è la qualificazione dell’assenza dal lavoro nella giornata di ferragosto.
Deve in proposito ribadirsi quanto già affermato da questa Corte (Cass. 15 settembre 1997 n. 9176) secondo cui al lavoratore è riconosciuto il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali (celebrative di ricorrenze civili o religiose). Tra le festività religiose è prevista la giornata del 15 agosto celebrativa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria (art. 1 d.P.R. 28 dicembre 1985 n. 792). Pertanto la regola è quella del diritto del lavoratore di astenersi dalla prestazione lavorativa. E’ vero che nella specie – rilevano i giudici d’appello – la contrattazione collettiva di categoria prevede, in ragione della particolarità degli esercizi pubblici che possono svolgere la loro attività anche nei giorni festivi, che la fruizione di tale festività sia subordinata alle esigenze aziendali (dell’esistenza e della validità di tale clausola contrattuale le parti non controvertono, né dubitano). Però il rapporto tra norma legale e norma contrattuale rispetta la dicotomia regola-eccezione. La regola generale (di fonte legale) è quella dell’astensione dal lavoro; l’eccezione (di fonte contrattuale collettiva) è quella dell’obbligo per il lavoratore di effettuare la prestazione lavorativa anche nel giorno festivo.
Ed allora l’esistenza di “esigenze aziendali”, prevista dalla normativa contrattuale collettiva, costituisce il presupposto perché dall’applicazione della regola si passi all’applicazione dell’eccezione, talché chi invoca la norma contrattuale (di eccezione) per paralizzare la norma legale (di riconoscimento in generale del diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione lavorativa) deve provarne i presupposti.
Ed allora giustamente la difesa della ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto che il diritto della D.A all’astensione dal lavoro nella suddetta giornata festiva sarebbe insorto solo se la società l’avesse autorizzata ad assentarsi ritenendo essa stessa insussistenti le esigenze aziendali previste dalla menzionata norma contrattuale; autorizzazione che la lavoratrice non aveva né allegato né tanto meno provato.
In realtà dall’evidenziato rapporto regola-eccezione discende al contrario – e sotto questo profilo l’impugnata sentenza è viziata nella parte in cui ha ritenuto che l’assenza ingiustificata della lavoratrice si sia protratta anche per il sesto giorno (quello di ferragosto) – che è il datore di lavoro che alleghi l’applicazione della norma contrattuale, che tale eccezione rechi alla regola legale, a dover provare la sussistenza del presupposto di fatto, ossia le esigenze aziendali (consistenti, in ipotesi, nel fatto che la mensa deI dopolavoro ferroviario, alla quale era addetta la lavoratrice, sarebbe stata aperta e funzionante anche il giorno di ferragosto).
5. Anche il quarto motivo, riguardante i primi cinque giorni del contestato periodo di assenza ingiustificata, è fondato.
Nella sentenza impugnata si fa riferimento alla disposizione contrattuale che prevede le assenze ingiustificate protrattesi per più di cinque giorni come possibile giusta causa di licenziamento; ma poi la medesima pronuncia ritiene tali le assenze per le quali non sia
pervenuto tempestivamente il certificato medico.
In sostanza la sentenza impugnata muove da un’equiparazione tra assenze ingiustificate (ossia mai giustificate, ovvero giustificate in termini valutati come inattendibili dal giudice) ed assenze per quali non sia pervenuto tempestivamente il certificato di malattia; equiparazione che però, dichiarata in termini meramente autoassertivi, costituisce un’evidente contraddizione in termini.
Una cosa è assentarsi dal lavoro senza che sussista alcuna ragione giustificatrice, altra cosa è assentarsi per malattia (che sia effettivamente sussistita come legittima causa di temporanea impossibilità della prestazione), ma tardare (come parrebbe essere avvenuto nella specie secondo la narrativa risultante dalla sentenza) nel presentare al datore di lavoro il certificato medico nel termine previsto dalla normativa contrattuale collettiva. Nella specie – secondo quanto riferisce la sentenza impugnata – le parti hanno dibattuto in ordine alla tempestività dell’invio di tale documentazione, spedita (secondo l’assunto della ricorrente) per posta e per fax durante il periodo di ferie (in agosto), ma la cui ricezione è stata negata dalla società; documentazione poi nuovamente inviata dalla lavoratrice a mezzo di un collega di lavoro il 10 settembre dopo la contestazione dell’addebito.
Pertanto la sentenza impugnata da una parte intende la norma contrattuale collettiva di previa valutazione della gravità dell’inadempimento contrattuale come riferita – secondo peraltro il suo inequivoco tenore letterale, pacificamente così inteso dalle parti in giudizio – alla sola fattispecie dell’assenza ingiustificata; ma poi utilizza questa stessa norma per valutare la gravità di un diverso inadempimento contrattuale, quello riguardante la tempestività della produzione della documentazione medica. In tal modo la pronuncia della Corte d’appello rivela un salto logico nell’immotivata equiparazione delle due fattispecie.
In proposito questa Corte (Cass. 4 ottobre 1988 n. 5350) ha già affermato che, ove la contrattazione collettiva preveda, quale ipotesi di giusta causa di licenziamento, l’omessa o tardiva presentazione del certificato medico in caso di assenza per malattia oppure l’inadempimento di altri obblighi contrattuali specifici da parte del lavoratore, la valutazione in ordine di legittimità del licenziamento, motivato dalla ricorrenza di una di tali ipotesi, non può conseguire automaticamente dal mero riscontro che il comportamento del lavoratore integri la fattispecie tipizzata contrattualmente, ma occorre sempre che quest’ultima sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto tenuto dal lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo. A maggior ragione tale verifica è necessaria allorché la norma contrattuale si riferisca alla (più grave) ipotesi dell’assenza ingiustificata protratta nel tempo e non già alla tardiva presentazione della documentazione medica a giustificazione dell’assenza per malattia.
6. Il ricorso incidentale, che deve essere esaminato perché condizionato all'(intervenuto) accoglimento del ricorso principale, è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata – confermando in tale parte la pronuncia del giudice di primo grado – motiva in termini sufficienti e non contraddittori in ordine al fatto che la lavoratrice dovesse considerarsi in ferie dal 17 al 31 agosto richiamando l’inequivoco contenuto del prospetto delle ferie prodotto dalla stessa società, nonché argomentando dalla mancata produzione di alcun altro, diverso e successivo, prospetto di ferie modificativo di quello predetto.
7. In conclusione il ricorso principale è fondato nei suoi primi due motivi (relativi al sesto giorno del ritenuto periodo di assenza ingiustificata), nonché nel terzo motivo (relativo ai primi cinque giorni del medesimo periodo). Pertanto – rigettato il ricorso incidentale – la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Corte d’appello di Genova che farà applicazione dei principi di diritto enunciati sub 4 (quanto al rapporto tra la regola legale del diritto della lavoratrice di astenersi dal lavoro nel giorno festivo di ferragosto e l’eccezione contrattuale dell’obbligo della stessa di effettuare la prestazione lavorativa anche in tale giorno festivo in presenza di esigenze aziendali) e sub 5 (quanto alla distinzione tra assenze ingiustificate ed assenze non giustificate tempestivamente).

P.Q.M

la Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso principale rigettato il terzo; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Genova.

(Omissis)