Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 14 Ottobre 2003

Sentenza 04 maggio 1995, n.1181

Corte d’Appello civile di Napoli. Sentenza 4 maggio 1995, n. 1181.

(De Giovanni, Cioffi)

Motivi della decisione

Gaetano Crifò sostiene che non può farsi luogo alla delibazione chiesta da Rosina Leonardo perché ad essa osta il suo piú recente matrimonio con Carmela Famulari, contratto con rito cattolico e regolarmente trascritto negli atti dello Stato Civile.

Una tal delibazione sarebbe, a dire del convenuto, in contrasto con l’ordine pubblico italiano, e dunque non consentita ai sensi dell’art. 797 punto 7 c.p.c.: “farebbe rivivere, in buona sostanza, un precedente matrimonio, annullato, quando nel frattempo se ne è contratto un altro in piena legittimità”, creando in pratica una inammissibile situazione di bigamia.

Tale tesi non è esatta.

Il principio della certezza sullo stato delle persone, di cui quello dell’immutabilità dell’accertamento della nullità del matrimonio risultante da una sentenza passata in giudicato costituisce uno dei corollari, è di ordine pubblico, ma non ha carattere assoluto, in quanto l’ordinamento giuridico consente, attraverso il rimedio generale della revocazione, di togliere efficacia, sempre che si verifichi una delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 395 c.p.c., ad una precedente sentenza nella quale si sia formato il giudicato, anche se contenente un accertamento sullo stato delle persone, quale la dichiarata nullità del matrimonio civile.

Pertanto, la certezza legale dello stato di due soggetti che hanno contratto il matrimonio concordatario dichiarato nullo e risultante dal passaggio in giudicato del provvedimento della Corte di appello con cui, ai sensi dell’art. 17 della legge 27 maggio 1929 n. 847, sia stata dichiarata esecutiva agli effetti civili la sentenza ecclesiastica, che ha pronunciato la nullità del matrimonio, non costituisce un ostacolo insuperabile alla dichiarazione di esecutività agli effetti civili della successiva sentenza ecclesiastica che, in seguito alla riapertura del procedimento conclusosi con la precedente sentenza, ha accertato la validità del matrimonio (Cassazione civile, sez. I, 13 settembre 1979 n. 4752).

La Corte di appello, quindi, cui sia richiesta la dichiarazione di esecutività agli effetti civili della sentenza ecclesiastica pro validitate, al fine di stabilire se questa non contenga disposizione contraria all’ordine pubblico italiano, ha il potere di accertare se le ragioni che determinano la riapertura del procedimento relativo alla causa di nullità del matrimonio, e la conseguente retractatio della sentenza pro nullitate, siano astrattamente riconducibili ad alcuna delle ipotesi previste dall’art. 395 c.p.c. (Cassazione civile, sez. I, 13 settembre 1979 n. 4752, citata).

Orbene, risulta dalla sentenza della Sacra Rota che ordinò la riapertura del procedimento relativo alla causa di nullità del matrimonio di Gaetano Crifò e Rosina Leonardo, esibita da quest’ultima, che tale riapertura fu disposta perché Gaetano Crifò, nel processo che si concluse con l’annullamento del matrimonio, pose in essere artifici e raggiri soggettivamente diretti ed oggettivamente idonei a pregiudicare la difesa avversaria.

La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che in siffatto caso è configurabile il “dolo revocatorio” di cui all’art. 395 comma 1º c.p.c. (Cassazione civile 17 agosto 1990 n. 8342; Cassazione civile 3 maggio 1991 n. 4833; Cassazione civile 10 febbraio 1989 n. 841).

Sussistono dunque le condizioni di legge per poter dichiarare efficace in Italia la sentenza del Tribunale della Sacra Rota del 30 giugno 1989 con la quale è stata affermata la validità del matrimonio contratto da Gaetano Crifò e Rosina Leonardo.

Va infine osservato che la delibazione della detta sentenza non determina una situazione di bigamia per Gaetano Crifò.

Il suo secondo matrimonio è infatti da considerarsi nullo, a sensi dell’art. 117 comma 1º c.c., essendo stato contratto con violazione dell’art. 86 c.c.