TAR Lombardia. Sezione II, sentenza 4 gennaio 2013, n. 4: "Cambiamento di destinazione d'so. Edilizia di culto".
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2261 del 2009, proposto da:
– U.C.I.V. – Unione Comunità Islamica Valtellinese, rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Carrara, con domicilio eletto presso Monica Mariani in Milano, Via Sauli, 1;
contro
– Comune di Sondrio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Ravizzoli e Rossana Colombo, con domicilio eletto presso il loro studio (avv. Maria Rosa Verna) in Milano, Via Morgantini, 19;
nei confronti di
– Condominio Tremogge, non costituito;
per l'annullamento
– del diniego di permesso di costruire (prot. 1975 del 19.01.2009) emesso dal Comune di Sondrio in data 15.06.2009, prot. 17944;
nonché per il risarcimento dei danni provocati per il lasso di tempo nel quale la ricorrente sarà paralizzata nell’utilizzazione del compendio, accertata la fondatezza delle deduzioni presentate.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sondrio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Con l’odierno ricorso, notificato il 28.09.2009 e depositato il successivo 20.10.2009, l’Unione Comunità islamica valtellinese (da ora anche solo l’Unione o l’Associazione) ha impugnato il diniego in epigrafe specificato, assumendone la illegittimità sotto più profili.
In particolare, essa riferisce:
– di avere come scopo statutario la realizzazione di iniziative utili sia a promuovere la conoscenza dell’Islam in Italia che a rendere più autenticamente islamica la vita delle famiglie musulmane in Italia;
– di avere acquistato un immobile in Comune di Sondrio, Via Mazzini 65, zona B/1, centro urbano consolidato, censito al foglio 41, mapp. 36, sub 48, cat. D/6 (fabbricati e locali per esercizi sportivi), in precedenza adibito a centro sportivo, da destinare a propria sede;
– di avere presentato in Comune il 03.03.2008 apposita richiesta di permesso di costruire per cambio di destinazione d’uso del succitato immobile, o meglio, per l’adeguamento degli spazi attualmente destinati a palestra per la realizzazione di un centro culturale con relativi servizi.
Sennonché, riferisce ancora l’istante, il Comune di Sondrio avrebbe comunicato, con nota del 16.07.2008, che – a seguito della legge regionale n.4/2008 – con l’aggiunta del co. 4 bis all’art. 72 della legge regionale n. 12/2005, è divenuta condizione necessaria, ai fini del rilascio del richiesto permesso, la previa adozione di una variante urbanistica atta a classificare l’area di ubicazione dell’immobile de quo come standard.
Analoghe argomentazioni il Comune avrebbe sostenuto con le note del 16.09.2008 e del 16.10.2008.
In considerazione di ciò, la ricorrente si sarebbe determinata a proporre il ricorso n. 2278/2008 R.G., pendente presso questo Tribunale, con cui ha impugnato le suindicate note, volte a bloccare la richiesta del permesso di costruire sopra menzionato.
Con ordinanza n. 1712/2008 il T.A.R. ha respinto la domanda cautelare formulata in relazione al ricorso n.2278/2008, sul presupposto della mancata impugnazione della parte motiva del diniego di permesso facente leva sulla carenza del parere preventivo dei Vigili del Fuoco (VV.FF.).
L’Unione è addivenuta, così, ad una nuova comunicazione, presentata in Comune in data 04.12.2008, con allegata la dichiarazione di un tecnico, da essa appositamente nominato, volta ad attestare la conformità del progetto alla normativa antincendio.
Il Comune avrebbe, tuttavia, risposto nel senso che il procedimento risultava ormai definito da mesi, lasciando così intendere all’Associazione di dover attivare un nuovo procedimento amministrativo.
All’uopo è stata, quindi, presentata una nuova domanda di permesso di costruire, con allegato il parere del tecnico sulla normativa antincendio.
Sennonché, con preavviso di rigetto del 02.04.2009 il Comune ha rappresentato la mancanza del parere di conformità alla normativa antincendio (ex art. 2 del d.P.R. n. 37/1998), indicando quali attività assimilabili a quella della ricorrente quelle di cui al n.83 dell’allegato al dm 16.02.1982.
L’Associazione, pur contestando tale inquadramento, ha dato avvio alla richiesta di parere ai VV.FF. che, in data 16.06.2009, hanno adottato un preavviso di parere negativo.
Sulla scorta di tale parere il Comune, con provvedimento del 15.06.2009 prot. 17944, ha reso noto il proprio diniego di permesso di costruire, fondato su plurimi motivi.
Contro di esso è nuovamente insorta l’Unione, con l’odierno gravame, affidato a nove motivi, come di seguito, in sintesi, rubricati:
I) violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990, per la discrasia fra preavviso e diniego definitivo, poiché il preavviso di diniego non fa menzione né del contrasto con le previsioni di PRG relative alla zona B1, né di quello con l’art. 72, co. 4 bis della legge regionale n.12/2005;
II) eccesso di potere, con particolare riguardo a quella parte della motivazione che fa leva sulla circostanza che qui si tratti della riproposizione di istanza già rigettata;
III) eccesso di potere, laddove si censura la circostanza che l’associazione si definisca, a volte come associazione culturale, altre volte come luogo di culto;
IV) eccesso di potere, laddove si ravvisa un ulteriore ostacolo al rilascio del permesso nella mancanza dell’autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale;
V) eccesso di potere per errata interpretazione del d.P.R. n. 37/1998, come spiegato nella circolare n. 14 del 28.05.1985 del Ministero degli Interni, nella circolare n. 36 dell’11.12.1985, nonché, in relazione a quanto disposto nel d.m. 16.02.1982 Min. Interni, e relativa Tabella, nonché, per violazione dell’art. 2, lett. e) del d.m. Interni 19.08.1996; ciò, atteso che né come sede di associazione culturale, né come luogo di culto l’immobile dell’esponente sarebbe riconducibile fra quelli assoggettati dalla succitata normativa sui controlli di sicurezza antincendio;
VI) eccesso di potere, laddove si include in modo assiomatico fra le ragioni ostative al permesso quella che fa leva sui precedenti condoni che hanno riguardato l’immobile de quo;
VII) violazione di legge ed eccesso di potere, con riferimento al dedotto contrasto del progetto con le norme urbanistiche, sul presupposto che il centro culturale e luogo di culto non sarebbe riconducibile fra i “servizi sociali di proprietà pubblica e privata”;
VIII) violazione di legge ed eccesso di potere per falsa applicazione dell’art. 72, co. 4 bis della legge regionale Lombardia n. 12/2005, tenuto conto di quanto già affermato da questo Tribunale nell’ordinanza n. 1178/2008 cit., sul presupposto che l’odierna ricorrente non ha mai stipulato alcuna convenzione con il Comune di Sondrio, trattandosi di associazione di diritto privato non qualificabile come confessione religiosa, e che non ha mai richiesto provvidenze per l’acquisto o la ristrutturazione della propria sede, sicché essa non rientrerebbe nel novero delle “attrezzature d’interesse comune per i servizi religiosi” (ex art. 71, co. 1 l.reg. cit.), per la cui localizzazione è necessaria una variante di piano, in disparte la circostanza che si tratta di motivo non enucleato nel preavviso di diniego;
IX) violazione e falsa applicazione dell’art. 72, co. 4 bis della legge reg. 12/2005, in riferimento agli artt. 17 – 20 Cost., con richiesta di sollevare q.l.c. della succitata norma, ove fosse ritenuta corretta l’interpretazione di essa fatta propria dall’amministrazione.
Si è costituito il Comune di Sondrio con controricorso, controdeducendo alle censure avversarie e sollevando, altresì, plurime eccezioni preliminari.
In prossimità della data fissata per la discussione del merito del gravame soltanto il Comune di Sondrio ha depositato memoria.
Alla pubblica udienza del 08.11.2012 la causa, alla presenza degli avvocati R. Palotti, con delega, per la parte ricorrente e A. Ravizzoli per l'Amministrazione intimata (le quali, alle chiamate preliminari, si sono riportate ai rispettivi scritti), è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
1. Preliminarmente, il Collegio deve soffermarsi sull’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, sollevata da parte resistente sul presupposto della mancata impugnazione del parere definitivo dei VV.FF. (cfr. doc. n. 16 all. Comune) datato 03.07.2009, ove si esprime una valutazione negativa in ordine al progetto dell’Associazione, richiedendo al contempo la presentazione di un nuovo progetto redatto in conformità della normativa antincendio.
1.1. L’eccezione è infondata.
1.2. Benché risulti depositato in atti in data 30.10.2009, da parte dell’amministrazione, il <<parere contrario>> del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Sondrio (VV.FF.), datato 03.07.2009, esso non risulta comunicato alla ricorrente, né risulta che sia stato dalla stessa conosciuto in data anteriore alla proposizione dell’odierno gravame.
1.3. Potrebbe, per vero, residuare una sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, atteso che, pur dopo la conoscenza del parere acquisita mediante la sua produzione agli atti dell’odierno gravame, esso non risulta essere stato attinto da alcuna impugnazione da parte ricorrente.
1.4. Tuttavia, il Collegio ritiene che anche tale eccezione si rivela, in concreto, infondata, alla luce delle considerazioni che seguono.
1.5. Il Comune di Sondrio ha adottato il diniego qui gravato (anche) sulla base della comunicazione dei VV.FF. datata 04.06.2009, recante: Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 10 bis della legge n.241/1990.
Si tratta, a ben vedere, di un preavviso di parere negativo, assunto dal Comune come parere negativo tout court, al fine di motivare il diniego di rilascio del permesso di costruire.
1.6. La stessa ricorrente ha assunto il predetto parere, richiamato come atto presupposto del diniego di permesso, come atto lesivo (sia pure congiuntamente all’atto presupponente oggetto di gravame), tanto da svolgere nel ricorso in epigrafe un articolato motivo (il V°) proprio in relazione a tale parere, ritenuto dall’esponente non necessario.
1.7. Ne consegue che, così come l’amministrazione non ha ritenuto di dover attendere il parere <<conclusivo>> dei VV.FF. per concludere negativamente il procedimento de quo, assumendo come definitivamente preclusivo, ai fini dell’accoglimento della richiesta, il parere del 04.06.2009, allo stesso modo non può ravvisarsi in capo all’esponente l’onere di un’ulteriore, specifica impugnazione avverso il parere effettivamente conclusivo, successivamente adottato dai VV.FF.
In altri termini, una volta constatato che l’amministrazione ha, nei fatti, escluso di dovere addivenire ad una nuova determinazione che, recependo il parere <<conclusivo>> adottato dai VV.FF. in data 03.07.2009, pervenga alle medesime conclusioni già raggiunte col provvedimento qui avversato, non può che analogamente escludersi la configurabilità in capo all’esponente dell’onere di un’ulteriore, specifica impugnazione avverso il predetto parere dei VV.FF. che, ricalcando quanto già esplicitato nel preavviso del 4.06.2009, ne seguirà le medesime sorti.
2. Con una seconda eccezione, sollevata nella memoria depositata il 02.10.2012, il Comune ha lamentato l’improcedibilità del ricorso, provocata dalla sopravvenuta approvazione, con d.C.C. n. 40 del 06.06.2011, del P.G.T. del Comune di Sondrio, in vigore dal 05.10.2011.
Il nuovo piano, ha puntualizzato il Comune, pur avendo assegnato all’immobile oggetto della domanda di permesso denegata dalla p.a. con l’atto qui avversato, una classificazione (a “Tessuto urbano del nucleo centrale del fondovalle – Tuf”) incompatibile con la destinazione d’uso a servizi sociali e/o religiosi (per i quali sarebbe stata individuata apposita area in altra zona della città), non avrebbe formato oggetto d’impugnazione da parte dell’Associazione.
2.1. Sul punto, nessuna controdeduzione è avvenuta da parte ricorrente.
2.2. L’eccezione è infondata.
2.3. Il Collegio non ritiene di poter condividere la tesi dell’amministrazione, secondo cui il P.G.T. sopravvenuto non renderebbe più assentibile la domanda di permesso di costruire avanzata dall’Associazione, atteso che – come sarà meglio evidenziato esaminando il merito del gravame – non è affatto evidente che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 70 e ss. della legge regionale n. 12/2005 – la localizzazione delle associazioni aventi finalità analoghe a quella della ricorrente si presenti incompatibile con la destinazione urbanistica della zona di ubicazione dell’immobile dell’Associazione.
3. Passando ad esaminare il merito del ricorso, il Collegio osserva quanto segue.
3.1. Sussiste la violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990, così come lamentata col primo motivo di ricorso, per l’evidente discrasia fra preavviso di diniego del 02.04.2009 e diniego definitivo, atteso che il primo non faceva menzione né del contrasto del progetto con le previsioni di PRG relative alla zona B1, né della presunta violazione dell’art. 72, co. 4 bis della legge regionale n.12/2005, riportati soltanto nel diniego del 15.06.2009.
Si tratta, giova precisare, di ragioni di natura urbanistica asseritamente ostative al rilascio del permesso e specificamente censurate dall’esponente nei motivi rubricati sub nn. 7, 8 e 9 del ricorso.
3.2. Per esse, la difesa dell’amministrazione sottolinea l’irrilevanza della violazione ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990.
3.3. Al riguardo, il Collegio ritiene di dovere dissentire dall’impostazione fatta propria dalla p.a., apparendo la violazione dell’art. 10 bis tutt’altro che irrilevante.
In tal senso, va chiarito, anzitutto, che la rilevanza della predetta violazione può essere apprezzata soltanto avendo riguardo, da un lato, alla portata complessiva della motivazione dell’atto impugnato e, dall’altro alla correttezza dell’affermazione di parte resistente, secondo cui il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Principiando da quest’ultimo aspetto, non è affatto evidente, come accennato in precedenza, che – ai sensi del combinato disposto degli artt. 70 e ss. della legge regionale n. 12/2005 – la localizzazione delle associazioni aventi finalità analoghe a quella della ricorrente, si presenti incompatibile con la destinazione urbanistica scaturente dalla pianificazione comunale in relazione alla zona che qui ci occupa, specie tenuto conto che, alla fattispecie de qua, non è applicabile, ratione temporis, la modifica apportata all’art. 71, co. 1, della cit. l. reg., mediante l’aggiunta della lett. c-bis, dalla legge 21.02.2011 n.3 (cfr. sull’efficacia non retroattiva della modifica T.A.R. Lombardia, Milano, 22.11.2011 n. 2827, punti 13 e ss.).
Non è, in altri termini, affatto palese, né la riconducibilità della destinazione avuta di mira dall’Associazione fra le nuove attrezzature per i servizi religiosi, di cui all’art. 72, co. 4 bis, l.reg. cit., né, di conseguenza, l’incompatibilità della destinazione avuta di mira dall’Associazione, rispetto a quelle ammesse nella zona di ubicazione dell’immobile de quo da parte della pianificazione comunale.
La riconducibilità dell’attività svolta dall’esponente tra i presupposti della normativa urbanistica richiamata dall’amministrazione richiede, per vero, un accertamento complesso, in relazione al quale non può affatto escludersi l’utilità di un apporto in funzione collaborativa da parte dell’interessato, che proprio la comunicazione ex art. 10 bis cit., ove correttamente effettuata, è in grado di assicurare (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato VI, sentenza 15 marzo 2010 n. 1476 che, pur vertendo sulla comunicazione di avvio, espone argomentazioni estensibili anche al preavviso ex art. 10 bis L. n. 241/1990, specie ove ivi si osserva che – ancor prima delle modifiche introdotte alla l. n. 241/1990 dalla l. n. 15/2005 – anche nei procedimenti vincolati la comunicazione di avvio può avere una sua utilità, con la conseguenza che la sua mancanza rende illegittimo il provvedimento, quando il contraddittorio procedimentale con il privato interessato avrebbe potuto fornire all’amministrazione elementi utili ai fini della decisione, ad esempio in ordine alla ricostruzione dei fatti o all’esatta interpretazione della norma da applicare).
3.4. Nel caso di specie, tale apporto è mancato a causa del comportamento dell’amministrazione, che ha effettuato la comunicazione del preavviso in modo parziale e incompleto, omettendo di riferire in ordine alle possibili problematiche di carattere urbanistico implicate dalla richiesta dell’Unione.
3.5. Quanto, poi, all’altro aspetto sopra accennato, va chiarito, per completezza, come le due ragioni ostative al rilascio del permesso, menzionate dall’amministrazione soltanto nel provvedimento e taciute nel preavviso, non rappresentino le uniche ragioni fondanti il diniego medesimo.
Esso, infatti, elenca nelle premesse anche un altro motivo, di carattere sostanziale e autosufficiente, rappresentato dal parere contrario dei VV.FF. in ordine al rispetto della normativa antincendio. Ove tale motivo fosse immune dalle censure contro di esso svolte dall’Unione (col V° motivo di ricorso), resterebbero irrimediabilmente privi di interesse i motivi che si accentrano sulle altre ragioni autonomamente ostative, primo fra tutti, il menzionato I° motivo.
Sennonché, nessuna delle ragioni addotte a fondamento del diniego e coincidenti con quelle richiamate anche nel preavviso di diniego, risulta immune dalle censure di illegittimità qui dedotte.
3.6. In primo luogo, quella su cui si appunta il secondo motivo e che stigmatizza la circostanza che qui si tratta della riproposizione di istanza già rigettata. Esposta in siffatti termini, tale ragione appare, infatti, inconferente, atteso che la precedente istanza aveva dato avvio ad un procedimento conclusosi, bensì, con un diniego, ma oggetto d’impugnazione con ricorso attualmente pendente (e in relazione al quale questo Tribunale ebbe a pronunciare l’ordinanza n.1712/2008, già richiamata nella parte in fatto).
Emerge, poi, chiaramente dalla documentazione in atti che l’Associazione è stata indotta dallo stesso Comune a ripresentare la domanda di permesso di costruire (cfr. doc. n. 14 di parte ricorrente), onde avviare un nuovo procedimento che tenesse conto della documentazione relativa alla normativa antincendi già prodotta dall’Unione in Comune in data 05.12.2008, ma senza ricevere riscontro.
Dunque, non è esatto affermare che la richiesta denegata dal Comune col provvedimento qui gravato sia la medesima già respinta col diniego del 16.10.2008.
Anche il secondo motivo risulta, pertanto, fondato.
3.7. Analogamente inconferente risulta, poi, quella parte della motivazione che adduce come ragione ostativa al rilascio del titolo la circostanza che l’associazione si definisca, a volte come associazione culturale, altre volte come luogo di culto.
Mentre non appare implicare alcuna illegittimità la circostanza che l’Associazione possa cumulare entrambe le finalità, di culto e culturale, tra loro non incompatibili, non si comprende su quali presupposti normativi si radichi la preclusione al cambio di destinazione d’uso richiesto sia nell’uno che nell’altro caso.
L’incongruenza di tale parte della motivazione dà, quindi, ragione della fondatezza della terza doglianza.
3.8. Anche il quarto motivo di ricorso risulta del pari fondato, atteso che, in disparte la circostanza che non risulta dimostrato il contrasto tra la destinazione agognata dall’esponente e il regolamento del condominio controinteressato, ad ogni modo, il rilascio del titolo avviene, come noto, con la salvezza dei diritti dei terzi (arg. ex art. 11 co. III d.P.R. n. 380/2001), i quali potranno all’occorrenza dolersi nelle sedi competenti delle eventuali violazioni dei rispettivi diritti dominicali e/o condominiali da parte dell’Associazione.
3.9. Passando ad esaminare il quinto motivo, con esso l’esponente lamenta la violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione alla disciplina concernente la prevenzione incendi nei luoghi di culto e/o nei luoghi adibiti a sede di associazione culturale.
Ebbene, anche tale motivo appare fondato, atteso che risulta del tutto indimostrata la circostanza assunta dall’amministrazione come presupposto della richiesta del parere da parte dei VV.FF., vale a dire l’assimilazione dell’attività svolta dalla ricorrente a quelle di cui al n. 83 dell’elenco allegato al d.m. 16.02.1982. Al n. 83 del cit. decreto, infatti, si fa espressamente riferimento a:
locali di spettacolo e di trattenimento in genere con capienza superiore a 100 posti che, come evidenziato da parte ricorrente, nulla hanno a che condividere con l’attività culturale e di culto svolta dall’Associazione. In sostanza, come confermato dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 14 del 1985, le comunità religiose in quanto tali non vantano una specifica disciplina antincendio essendo estranea al problema la particolare qualificazione di chi esplica l’attività soggetta. In altri termini, l’elenco dei locali, attività, depositi, impianti e industrie pericolose di cui al cit. d.m., assoggettati ai controlli di prevenzione incendi, è imperniato sulle caratteristiche del locale e prescinde dalla qualificazione o dalle finalità statutarie del soggetto proprietario del locale medesimo. Nel caso di specie, per vero, l’amministrazione non ha affatto chiarito le ragioni di tale assimilazione dell’attività svolta dall’Associazione a quella dei locali di spettacolo o trattenimento di cui al cit. elenco, con ciò incorrendo nel vizio lamentato dall’esponente.
3.10. Fondato risulta, proseguendo, il sesto motivo, poiché, così come esternata, la ragione ostativa che fa leva sui precedenti condoni che hanno riguardato l’immobile de quo risulta apodittica e incomprensibile.
4. La fondatezza dei motivi sin qui scrutinati consente l’assorbimento dei rimanenti motivi VII°, VIII° e IX°, vertenti sulle ragioni ostative taciute dall’amministrazione nel preavviso di diniego e sulle quali la stessa p.a. dovrà ripronunciarsi mediante riesercizio del potere previo il concreto coinvolgimento in sede procedimentale dell’Associazione in ordine a tali tematiche.
5. Non si ritiene, pertanto, di dovere affrontare la richiesta, formulata nell’ambito del IX° e ultimo motivo di ricorso, a proposito della q.l.c. dell’art. 72, co. 4 bis cit., trattandosi di richiesta che segue le sorti del motivo in relazione al quale è stata proposta.
6. Per le suesposte considerazioni, il ricorso in epigrafe specificato deve essere accolto, con conseguente annullamento del diniego con esso impugnato.
7. Quanto alla domanda risarcitoria, genericamente formulata in sede di ricorso introduttivo e non più coltivata nel corso del giudizio, il Collegio non può che rilevare la mancata dimostrazione, da parte della ricorrente, dei presupposti normativamente richiesti per la prova dei danni lamentati.
In siffatte evenienze, non può soccorrere né la condanna ai criteri, di cui all’art. 35, co. II°, d.lgs. n.80/1998, né quella con criterio equitativo, cui si appella la ricorrente, trattandosi di meccanismi che non esimono affatto dalla prova del danno subito (“an”), agevolando la parte soltanto sulla residua questione del “quantum debeatur” (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1672 per cui: “In tema di responsabilità della p.a. da ritardo o da attività provvedimentale lesiva di interessi legittimi pretensivi il ricorrente ha l’onere di provare, secondo i principi generali la sussistenza e l’ammontare dei danni dedotti in giudizio. Infatti, la limitazione dell’onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio, che caratterizza il processo amministrativo, si fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti di consueto connotante il rapporto amministrativo di natura pubblicistica intercorrente tra la parte privata e la p.a., mentre l’esigenza di un’attenuazione dell’onere probatorio a carico della parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova dell’an e del quantum dei danni azionati in via risarcitoria, inerendo in siffatte ipotesi i fatti oggetto di prova alla sfera soggettiva della parte che si assume lesa …, e trovandosi le relative fonti di prova normalmente nella sfera di disponibilità dello stesso soggetto leso”).
8. Le spese, attesa la reciproca soccombenza, possono essere integralmente compensate tra le parti.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento con esso impugnato.
Respinge la domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Concetta Plantamura, Primo Referendario, Estensore
Silvia Cattaneo, Primo Referendario