Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 28 Luglio 2009

Sentenza 03 giugno 2009, n.28030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

[…]

FATTO E DIRITTO
1 – Con sentenza in data 22-12-05 il Tribunale di Noia ha dichiarato:
– V.P., C.P., L.G., G.P., B.A. e La.Sa. e S. L. colpevoli del reato di turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa in concorso, loro ascritto al capo A) della rubrica;
– La. colpevole anche dei reati di cui agli artt. 110, 337, 339, 582 e 585 c.p.. a lui ascritti ai capi E) ed F);
– S.L. colpevole anche dei reati di cui agli artt. 336, 110337, 339, 582 e 585 c.p., a lui ascritti ai capi D), E) ed F);
– Va.Ca. colpevole dei reati di cui agli artt. 110, 337, 582, 585 c.p. di cui ai capi G) ed H);
– M.G. colpevole dei reati a lui attribuiti sub E) ed F) (artt. 110, 337, 339, 582 e 585 c.p.).
Con la medesima sentenza; concesse a G., B., La.
e Va. le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti e unificati i reati dal vincolo della continuazione, i predetti imputati sono stati condannati:
– V., C. e L. alla pena di anni uno di reclusione ciascuno;
– G. e B. alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno;
– La. alla pena di anni uni e mesi tre di reclusione;
– S. alla pena di anni due di reclusione – Va. alla pena di mesi nove di reclusione;
– M. alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione.
Al G., alla B., al La. ed al Va. è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli, in riforma della suindicata decisione, ha rideterminato la pena nella misura di anni uno e mesi sei di reclusione nei confronti di S. L.; di anni uno di reclusione nei confronti di La.
S.; di anni uno di reclusione nei confronti di M. G.; di mesi dieci di reclusione nei confronti di V. P., C.P. e L.G.; e di mesi otto di reclusione nei confronti di Va.Ca.; ha altresì convertito la pena di mesi sei di reclusione già inflitta nei confronti di G.P. e B.A. nella corrispondente pena pecuniaria, pari ad Euro seimilaottocentoquaranta; e ha confermato nel resto.
2 – Avverso quest'ultima sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il loro legale, tutti gli imputati, chiedendone l'annullamento. In particolare:
– S.L. (capi A) e D)) deduce violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento del fatto per omessa valutazione di prova decisiva. A suo avviso, i Giudici di merito avrebbero errato nel ritenerlo responsabile del reato di turbatio sacrorum, in quanto il presunto turbamento della funzione religiosa sarebbe stato posto in essere da un gruppo di centinaia di manifestanti all'esterno della chiesa, mentre esso S. si trovava all'interno della chiesa stessa, ove si stavano celebrando i funerali di B.R., lavoratore socialmente utile suicidatosi qualche giorno prima, cospargendosi di liquido infiammabile e dandosi fuoco nel corso di una manifestazione dei senza – lavoro. Le testimonianze raccolte avrebbero consentito di accertare che esso ricorrente, terminata la cerimonia religiosa, si era alzato in piedi e, con il pugno in alto, aveva pronunciato pesanti accuse nei confronti del Prefetto di Napoli: ne deriverebbe, da un lato, che, essendo la sua condotta intervenuta in un momento successivo alla conclusione della cerimonia religiosa, non si sarebbe integrata la fattispecie di cui all'art. 405 c.p., e, dall'altro, che le parole proferite non sarebbero state idonee ad integrare alcuna minaccia, neanche in forma larvata o implicita.
– V., C., L., G., B. e La. (capo A)) denunciano inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, vizio di motivazione e violazione dell'art. 27 Cost.. I predetti ricorrenti sottolineano di essere stati presenti, unitamente ad altre centinaia di persone, nella piazza antistante alla chiesa, nella quale si era celebrato il rito funebre;
puntualizzano che, in base alle testimonianze assunte, doveva ritenersi accertato che la cerimonia non era mai stata interrotta a causa delle intemperanze dei manifestanti; denunciano che nessuna indagine era stata realmente effettuata in ordine alla effettiva sussistenza di una reale turbativa del rito. Infine nel ricorso si ribadiscono dubbi in ordine alla identificazione dei presunti responsabili.
– La., S. e M. (capi E) ed F)) lamentano vizio di motivazione e violazione dell'art. 27 Cost. Segnatamente segnalano che le dichiarazioni del teste Si. ed i riconoscimenti da lui effettuati a seguito della visione di una videocassetta non sarebbero stati confortati da alcun riscontro obiettivo e sarebbero "assolutamente lacunosi", non essendo stato lo stesso in grado nè di individuare le singole condotte ascrivibili ai vari soggetti coinvolti nè di operare una differenziazione fra le stesse.
– Va. (capi G) e H)) eccepisce vizio di motivazione e violazione dell'art. 27 Cost., sottolineando che la affermazione della sua responsabilità sarebbe stata basata unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa, Isp. Ma., in assenza di riscontri obiettivi e con fondati dubbi sulla idoneità della identificazione.
3 – I ricorsi sono infondati.
Le censure mosse alla sentenza impugnata da tutti i ricorrenti si incentrano sostanzialmente nella asserita mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla loro individuazione e, in definitiva, al ruolo svolto nella turbativa apportata alla cerimonia religiosa in questione.
In proposito, con motivazione logica e adeguata, la Corte di merito ha puntualizzato che le individuazioni erano state effettuate attraverso la attenta visione della videocassetta contenente il filmato della manifestazione mediante il blocco e l'ingrandimento delle immagini, chiarendo che erano stati individuati soltanto i soggetti che, pur nella massa dei manifestanti, si erano distinti "non solo per la condotta emergente dal filmato, ma soprattutto per il collegamento al ricordo che gli agenti intervenuti ne avevano", collegamento, appunto, alla condotta descritta dal teste Ca., che aveva riferito che alcuni manifestanti erano riusciti a colpire il sindaco e alcuni suoi collaboratori.
Segnatamente le descrizioni dettagliate di taluni dei manifestanti e i loro riconoscimenti da parte delle vittime nei soggetti del filmato dovevano ritenersi risultanze certe e rassicuranti, oltre a provenire da svariate fonti ( Si., I., T.).
Con particolare riferimento alla posizione del S., la Corte di Appello ha segnalato che dalla deposizione del teste Ma. era emerso chiaramente il contenuto minaccioso della intera frase da lui proferita ("E' colpa vostra, assassini, pagherete caro, pagherete tutto, fascisti").
Quanto al reato di cui all'art. 405 c.p., deve ribadirsi che il reato di turbatio sacrorum può essere perfezionato da due condotte antigiuridiche: l'impedimento della funzione, consistente nell'ostacolare l'inizio o l'esercizio della stessa fino a determinarne la cessazione, oppure la turbativa della funzione, che si verifica quando il suo svolgimento non avviene in modo regolare (Sez. 3^, Sentenza n. 20739 del 13/03/2003, Rv. 225740, Lendaro).
Correttamente, pertanto nella specie la Corte di merito ha ravvisato il suddetto reato nella turbativa causata dal comportamento degli imputati, che aveva, nel corso della celebrazione della Messa, coinvolto e disturbato molti fedeli dal loro raccoglimento, per le grida e le ingiurie indirizzate alle autorità presenti in chiesa, tanto da costringere il celebrante a rivolgere appelli ai manifestanti al fine di calmare gli animi; situazione poi ulteriormente peggiorata all'esterno della chiesa, al termine della cerimonia funebre, e culminata nelle aggressioni al sindaco ed al personale di polizia. A parte il fatto che, in costanza di esposizione della salma, deve ritenersi che la cerimonia funebre continui ad essere in atto, sicchè nessun rilievo assume l'assunto difensivo del S. di avere proferito le sue accuse quando il rito era ormai ultimato.
In definitiva, il tessuto motivazionale della sentenza impugnata non presenta affatto quella macroscopica illogicità del ragionamento del giudice di merito che, alla stregua dei principi affermati da questa Corte, può indurre a ritenere sussistente il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), nel quale si risolvono gran parte delle censure.
4 – Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2009