Sentenza 02 marzo 2007, n.21
Tribunale civile di Bari. Sezione distaccata di Bitonto. Sentenza 2 marzo 2007, n. 21: “Testimoni di Geova: diritto di difesa e provvedimento di disassociazione”.
Il Tribunale civile di Bari. Sezione distaccata di Bitonto, in composizione monocratica nella persona del giudice dr. Salvatore Casciaro, in funzione di giudice unico, ha emesso la seguente definitiva
SENTENZA
nella controversia civile recante n. 373 RGAC dell’anno 2003, vertente fra:
A) P.V., difeso da se stesso, nonchè dagli avv.ti Luigi Liberti e Luigi De Marco
(attore)
B) La Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova, nonchè i signori (…), difesi dagli avv.ti professori Pietro Rescigno, Giuseppe Tucci e Andrea Barenghi
nonché gli altri convenuti
C) Conferenza Episcopale Italiana, Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, Corpo direttivo dei Testimoni di eova nonché i signori (…) nono costituti
Svolgimento del processo
Con citazione del 16-10-2003, ritualmente notificata, l’avv. P. – professandosi fedele al credo dei Testimoni di Geova- evocò in giudizio la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova (…) (e gli altri soggetti in intestazione, sia pure “per indispensabile informazione, per accertare con efficacia di giudicato le conclusioni rassegnate in danno delle altre parti”) per sentir dichiarare nei loro confronti, la nullità e/o l’annullamento del provvedimento di “disassociazione” adottato in suo danno in data 3-7-2003, con la motivazione della divisione ex Lettera ai Romani 16:17-18, atteso “l’insanabile contrasto con i fondamentali principi della Costituzione italiana (art. 13 ss.) e dell’Ordinamento giuridico italiano dell’intero procedimento giudiziario di espulsione instaurato e definito in pregiudizio dell’attore da parte del Comitato Giudiziario speciale e del Comitato giudiziario speciale d’appello”.
Più in particolare, l’avv. P. (dopo una lunga ricostruzione di vicende intervenute all’interno della Congregazione e di sue personali esperienze di vita) dedusse, in sintesi, che il processo disciplinare in questione non era stato preceduto dalla contestazione degli addebiti, né trattato dagli organi statutariamente a ciò deputati (i sedicenti comitati giudiziari non erano previsti nello statuto) e si era per giunta concluso con un provvedimento di espulsione indegno di tal nome, siccome privo di motivazione in quanto consistente in una frase ridicolmente notificata mediante telefono cellulare (primo grado) e per citofono (secondo grado).
Nel costituirsi in giudizio, con distinte comparse, la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova e gli altri convenuti in Intestazione sub B) chiesero, con varie argomentazioni, la reiezione dell’avversa domanda con vittoria di spese.
I restanti convenuti sub C) restarono invece contumaci.
Sospesa in via cautelare la delibera impugnata, con ordinanza poi revocata dal Collegio in sede di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.. la causa, all’esito della fase istruttoria —nell’implicita reiezione delle istanze i prova formulate dalle parti-, è stata infine trattenuta in decisione con assegnazione dei termini per le memorie conclusive e le repliche ex art. 190 c.p.c..
Motivi della decisione
La domanda del P. non merita accoglimento.
1. Con ordinanza resa in sede cautelare questo Giudice, dopo avere affermato la facoltà di sindacato per così dire “formale” sulla delibera resa dalla Congregazione Cristiana dei testimoni di Geova, ne sospendeva
l’efficacia esecutiva osservando in buona sostanza, per quanto ancora rileva sul fumus boni ïuris, 1) che non risultava nella specie rispettato l’iter sanzionatorio stabilito all’art. 5 dello statuto (quivi si legge: `l’espulsione dei soci aderenti è deliberata dall’assemblea su proposta del Corpo degli anziani delle Congregazioni locali”), mancando la proposta dell’organismo locale della Congregazione di Bari-S. Spirito e. inoltre. 2) che non si evinceva ex actis il rispetto del principio della previa contestazione degli addebiti e dell’audizione dell’incolpato.
2. L’ordinanza in parola, sottoposta a reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. da parte della Congregazione, è stata revocata con ordinanza del 14-12-2004, nella quale il Collegio, dopo un ampio e approfondito excursus sui limiti del sindacato giudiziale delle delibere delle confessioni religiose ancorché prive di intesa con lo Stato (qua] è appunto la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova)’, affermava come il Comitato giudiziale non fosse altro che un’emanazione della stessa Congregazione locale di Bari-S.Spirito cid in sintonia con lo statuto confessionale il quale consentiva, ex art. 3 u.c., la possibilità di integrazioni per effetto delle norme e delle direttive transnazionali (così la pubblicazione “Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge” in cui si precisa a pag. 110 come trattare casi giudiziari) emanate dalla Watch Tower Bible and Tract Society.
Ergo, se è vero che la proposta di delibera di disassociazione fu resa dal Comitato giudiziale di prima istanza, e poi confermata in appello da altro Comitato giudiziale, è vero anche che un siffatto iter deliberativo doveva ritenersi espressione della volontà degli anziani della Congregazione locale di Bari-S.Spirito.
Sotto altro concorrente profilo, il Collegio soggiungeva come il diritto dì difesa, pur nell’informalità propria del procedimento de quo. fosse stato in concreto rispettato “nel suo nucleo essenziale costituito dal contraddittorio” avendo il P. avuto (il 4-6-2003, e dunque prima dell’avvio della procedura giudiziaria) un colloquio chiarificatore di ben sei ore in cui fu reso edotto, ancorché informalmente, degli addebiti a lui mossi (tant’è che egli si lamentava, a ben vedere, dell’omessa “formale” contestazione con atto scritto, ma la invocata formalità, sempre a parere del Collegio, sarebbe estranea agli scopi dell’intervento disciplinare in questione volto com’è quest’ultimo a redimere il peccatore e a procurarne l’eventuale pentimento).
3. Il percorso logico-giuridico dell’ordinanza collegiale, così come succintamente tratteggiato, è condiviso in questa sede dal Giudicante che re melius perpensa, si richiama in toto alle diffuse argomentazioni contenute nel’ordinanza cit., qui da intendersi integralmente trascritta aggiungendo le seguenti brevi notazioni rafforzative.
Si rinviene agli atti la nota 5-6-2003 (sub doc. n. 11 fasc. Congregazione) a firma del “Corpo degli anziani di Bari-S.Spirito” da cui emerge che fu proprio quest’ultima Congregazione locale a richiedere la trasformazione del Comitato speciale in Comitato giudiziale, ciò che avvalora l’assunto in ordine al fatto che questo sia null’altro che un’emanazione del Corpo degli anziani della Congregazione locale. In linea con tale prospettazione si legge a pag. 145 della pubblicazione “organizzati per compiere il nostro ministero”(anch’essa integrativa dello tatuto ex art. 3 u.c.): “…il corpo degli anziani della congregazione incaricherà un comitato giudiziario composto di almeno tre fratelli con l’incarico di trattare il caso”. Si tratta, per l’appunto, di fratelli incaricati dalla Congregazione locale, tant’è che a pag. 147 della stessa pubblicazione si precisa, per il comitato d’appello (ma deve ritcnrsi anche per quello di prima istanza), che “si possono impiegare anziani locali o anziani di congregazioni vicine”.
Se dunque la procedura seguita in punto di competenza a deliberare la “disassociazione” risponde a quella prevista dallo statuto, ancorché integrato dalla pubblicazione ‘Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge” cit., in cui si precisa come trattare i casi giudiziari, è chiaro allora che il P. (già reso edotto dei rilievi a lui mossi nella riunione del comitato speciale del 4-6-2003), dopo aver sua sponte rifiutato il successivo 6 giugno ogni colloquio con i membri del comitato, trasformatosi da speciale in giudiziario – i quali preliminarmente anrebbcru provveduin all’enunciazione delle incolpazioni -, non può dolersi della violazione del diritto di difesa; l’esercizio del quale costituisce, come noto, una facoltà dell’incolpato e non può trasformarsi ab extra in imposizione per il soggetto che liberamente intenda sottrarsi all’iter disciplinare rendendosi irreperibile nel corso del procedimento dinanzi agli organi a ciò deputati.
Per i motivi suesposti, la domanda introdotta contro Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova va conclusivamente rigettata (come pure quella proposta nei confronti degli altri sogget persone fisiche. evocate in giudizio che terrebbe a presupposto – parrebbe di capire dalla non perspicua narrativa della citazione – una loro responsabilità concorsuale nell’emissione della delibera di “disassociazione”, la cui legittimità formale, per contro stata qui definitivamente acciarata).
Stimasi equo, per la peculiarità delle questione compensare le spese di lite fra le parti.
Merita accoglimento l’istanza ex art. 89 c.p.c. di cancellazione formulata dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, con particolare riferimento alle espressioni “chiaro stampo mafioso” “colossale truffa religiosa”, “clima di omertà” inserite nell’avversa conclusionale, rispettivamente a pag. 6 e 22. siccome chiaramente non esenti da una connotazione offensiva e, come tali, eccedenti i limiti dell’esercizio del diritto di difesa ancorché inteso in senso lato.
p.q.m.
il tribunale di Bari, Sezione distaccata di Bitonto, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, rigetta la domanda del P. e compensa le spese del giudizio fra le parti;
visto l’art. 89 c.p.c., dispone la cancellazione dalla comparsa conclusionale del P., depositata il 18-42-2006, delle espressioni di cui in parte motiva, mandando la Cancelleria per l’esecuzione.
Bitonto, 20-2-2007
Autore:
Tribunale Civile
Dossier:
Testimoni di Geova
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Testimoni di Geova, Soci, Diritto di difesa, Espulsione, Provvedimento disciplinare, Disassociazione, Contestazione degli addebiti
Natura:
Sentenza
File PDF:
4100-sentenza-02-marzo-2007-n-21.pdf