Sentenza 01 marzo 1971, n.30
Corte Costituzionale. Sentenza 1 marzo 1971, n. 30: “Giurisdizione ecclesiastica in materia matrimoniale”.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato stipulato tra la Santa Sede e l’Italia, reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810, promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1969 dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Gualtieri Ferdinando, iscritta al n. 190 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 dell’11 giugno 1969.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’11 novembre 1970 il Giudice relatore Michele Fragali;
uditi i sostituti avvocati generali dello Stato Francesco Agro e Vito Cavalli, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Oggetto della presente causa é la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato stipulato fra la Santa Sede e l’Italia, reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810.
La questione é stata sollevata dal pretore di Torino con ordinanza 22 febbraio 1969, in relazione all’art. 102, secondo comma, della Costituzione, nell’occasione di un procedimento penale contro Ferdinando Gualtieri per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Il pretore ha rilevato: a) che pendeva davanti al tribunale ecclesiastico di Palermo giudizio per nullità del matrimonio celebrato dal Gualtieri, in riferimento al quale era stata elevata l’imputazione predetta; b) che la pendenza di questa causa atteneva all’accertamento dello stato del coniuge, che, ove il matrimonio venisse dichiarato nullo, verrebbe a mancare, in conseguenza facendo venir meno anche gli obblighi di assistenza predetti; c) che peraltro la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici in materia di nullità di matrimonio é giurisdizione di tribunali speciali colpiti dal divieto di cui all’art. 102, secondo comma, della Costituzione; d) che le norme del Concordato non legittimano la giurisdizione stessa perché sono vigenti in quanto non contrastino con le norme costituzionali.
2. – Innanzi a questa Corte l’imputato non é comparso ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. Il quale in via pregiudiziale ha osservato che la questione é irrilevante perché per giurisprudenza costante, l’annullamento del matrimonio non costituisce una causa esimente del delitto di cui all’art. 570 del codice penale.
Nel merito il Presidente del Consiglio ha ritenuto che la questione sia infondata, perché l’art. 102, secondo comma, della Costituzione intende affermare il principio della unità della funzione giurisdizionale dello Stato e non si riferisce pertanto ai tribunali ecclesiastici, organi dell’ordinamento canonico. Sotto un secondo aspetto il Presidente del Consiglio ha rilevato che la norma é una regola del Concordato che implica rinuncia dello Stato ad esercitare la sua giurisdizione; rinunzia consacrata dall’art. 7, e che, come analoghe rinunzie, non concreta l’ipotesi dell’istituzione di un giudice speciale.
3. – La causa, con ordinanza 18 giugno 1970, n. 120, fu riunita a quelle iscritte ai nn. 171 del registro ordinanze 1968, 34 del registro ordinanze 1969 e 105 del registro ordinanze 1970.
Venne trattata all’udienza pubblica dell’11 novembre 1970 su unica relazione; l’Avvocatura dello Stato svolse le sue tesi difensive e insistette nelle conclusioni già prese.
Successivamente la causa passò a decisione separata, avendo la Corte rinviato al giudice di merito la causa relativa all’ordinanza di cui al n. 105 del registro ordinanze 1970, per un nuovo esame della rilevanza delle questioni proposte.
Considerato in diritto
1. – In contrasto con quanto chiede l’Avvocatura dello Stato, la Corte non ritiene di dover rimettere la causa al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza della questione proposta.
É vero che la giurisprudenza nega che l’annullamento del matrimonio abbia valore esimente dal delitto di cui all’art. 570 del codice penale quando l’obbligo di assistenza familiare violato concerne i rapporti coniugali; ma il pretore, sollevando la questione che é all’esame di questa Corte, ha implicitamente dissentito da quella giurisprudenza. Tale dissenso attiene ad una particolare interpretazione del sistema, e, potendo essere soltanto non plausibile, non porta ad una evidente mancanza di nesso fra questione di merito e questione di legittimità costituzionale.
2. – Nel merito la Corte osserva che la denuncia del pretore di Torino, per quanto diretta espressamente contro taluni commi dell’art. 34 del Concordato fra la Santa Sede e l’Italia, reso esecutivo con la legge 27 maggio 1929, n. 810, deve ritenersi riferita a questa legge, nella sua relatio con le sopra indicate clausole del Concordato. Infatti, nell’attuale causa, il giudice a quo, nei motivi della sua ordinanza, richiama la predetta legge 27 maggio 1929, n. 810, che contiene disposizioni per l’applicazione del Concordato, di per sé estraneo all’ordinamento giuridico dello Stato, come atto formato da due soggetti di pari situazione sovrana e indipendente.
3. – Le menzionate disposizioni della legge del 1929 sono state sottoposte al controllo di questa Corte soltanto con riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione, in quanto cioè i tribunali ecclesiastici competenti a pronunziarsi sulla nullità dei matrimoni concordatari sarebbero giudici speciali non previsti dalla Costituzione stessa.
La questione riguarda la celebrazione del matrimonio, e il suo esame non é precluso, come invece opina l’Avvocatura dello Stato, dall’art. 7 della Costituzione.
É vero che questo articolo non sancisce solo un generico principio pattizio da valere nella disciplina dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica, ma contiene altresì un preciso riferimento al Concordato in vigore e, in relazione al contenuto di questo, ha prodotto diritto; tuttavia, giacché esso riconosce allo Stato e alla Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di sovranità, non può avere forza di negare i principi supremi dell’ordinamento costituzionale dello Stato.
Nondimeno, la questione promossa dal pretore di Torino, pur collocata nel quadro delle considerazioni su esposte, si prospetta infondata, perché non é esatto che la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici abbia una natura speciale nel senso indicato nella norma costituzionale che il pretore invoca. Tale norma vuole assicurare l’unità della giurisdizione dello Stato; e il rapporto fra organi della giurisdizione ordinaria e organi della giurisdizione speciale deve ricercarsi nel quadro dell’ordinamento giuridico interno, al quale i tribunali ecclesiastici sono del tutto estranei. Analoghi concetti sono stati espressi nella sentenza 16 dicembre 1965 n. 98, a proposito della Corte di giustizia delle comunità europee, investita di giurisdizione su atti prodotti fuori dell’orbita giuridica dello Stato; che possono perciò costituire, secondo la detta sentenza, soltanto materia di ulteriore qualificazione giuridica da parte dell’ordinamento statale, nei limiti in cui esista un obbligo di non disconoscerne gli effetti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge 27 maggio 1929, n. 810, sollevata dal pretore di Torino, in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione, per la parte della legge predetta che ha immesso nell’ordinamento dello Stato l’art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato fra la Santa Sede e l’Italia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1971.
Giuseppe BRANCA – Michele FRAGALI – Costantino MORTATI – Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZÌ – Giovanni Battista BENEDETTI – Francesco Paolo BONIFACIO – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO – Ercole ROCCHETTI – Enzo CAPALOZZA – Vincenzo Michele TRIMARCHI – Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria l’1 marzo 1971.
Autore:
Corte Costituzionale
Dossier:
Famiglia e Religione
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Matrimonio, Giurisdizione, Tribunali ecclesiastici, Giudice ordinario
Natura:
Sentenza