Risoluzione 22 ottobre 2013
Risoluzione del Parlamento europeo del 22 ottobre 2013 sulla situazione dei diritti umani nella regione del Sahel, 22 ottobre 2013.
[fonte: http://www.europarl.europa.eu]
Il Parlamento europeo,
– visti le convenzioni e i trattati principali delle Nazioni Unite e africani in materia di diritti umani, tra cui la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visti la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e il relativo protocollo facoltativo,
– visto il protocollo sui diritti delle donne in Africa allegato alla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visto lo Statuto di Roma, adottato il 17 luglio 1998 ed entrato in vigore il 1° luglio 2002,
– visto l'accordo di Cotonou del 23 giugno 2000 e riveduto il 22 giugno 2010,
– viste le conclusioni del Consiglio del 25 giugno 2012 relative al quadro strategico dell'UE in materia di diritti umani e di democrazia e al piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, nonché le decisioni del Consiglio del 25 luglio 2012 che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani(1) e del 18 marzo 2013 che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sahel(2) , in particolare gli articoli sui diritti umani nel suo mandato,
– viste le conclusioni del Consiglio sul Sahel, con particolare riferimento al Mali, incluse le conclusioni del 21 marzo 2011 sulla strategia dell'Unione europea per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel e le più recenti conclusioni, tra cui quelle del 17 e del 31 gennaio, del 18 febbraio, del 22 aprile, del 27 maggio e del 24 giugno 2013,
– viste la Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla protezione delle donne e dei bambini in situazioni di emergenza e di conflitto armato e le risoluzioni 1325(2000) e 1820(2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza,
– viste le conclusioni del Consiglio del 14 giugno 2011 sugli indicatori dell'Unione europea per l'approccio globale relativo all'attuazione da parte dell'Unione europea delle risoluzioni 1325(2000) e 1820(2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su donne, pace e sicurezza,
– visti gli orientamenti dell'Unione europea in materia di diritti umani,
– visti gli orientamenti dell'Unione europea sulle violenze contro le donne e le ragazze e sulla lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e le relazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite e dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo sul Sahel, in particolare il Mali,
– viste la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio di sicurezza dell'ONU sulla situazione nella regione del Sahel, del 14 giugno 2013, e la strategia regionale integrata delle Nazioni Unite per il Sahel presentata in allegato,
– vista la relazione 2013 sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite,
– visti i piani di attuazione dell'assistenza umanitaria della Commissione europea per il Sahel,
– viste le conclusioni dei copresidenti della conferenza internazionale dei donatori dal titolo «Together for a New Mali» (Insieme per un nuovo Mali), tenutasi a Bruxelles il 15 maggio 2013,
– vista la conferenza ad alto livello sulla leadership femminile nel Sahel tenutasi a Bruxelles il 9 aprile 2013, su iniziativa dell'Unione europea, dell'ufficio dell'Inviato speciale del Segretario generale dell'ONU per la regione del Sahel e dell'agenzia UN Women,
– visto il piano d'azione dell'UE sulla parità tra donne e uomini e l'emancipazione femminile nella cooperazione allo sviluppo (2010-2015),
– viste la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite destinata al Consiglio di sicurezza dell'ONU sul Sahara occidentale, dell'8 aprile 2013, in particolare il riferimento all'interconnessione tra il Sahara occidentale e la situazione nel Sahel, e la strategia per la sicurezza e lo sviluppo del Sahel elaborata dal Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), in particolare la sua affermazione secondo cui i problemi del Sahel hanno carattere transfrontaliero e sono strettamente correlati e secondo cui solo un approccio regionale e una strategia olistica che comprenda anche i paesi vicini del Maghreb possono consentire il conseguimento di progressi nella regione,
– vista la relazione del relatore speciale sulla tortura e altri trattamenti o pene crudeli, disumani o degradanti, del 28 febbraio 2013, relativa alla sua missione in Marocco, compreso il Sahara occidentale,
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sulla situazione nel Sahara occidentale(3) ,
– vista la sua risoluzione del 13 dicembre 2012 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2011 e sulla politica dell'Unione europea in materia ,
– vista la sua risoluzione del 7 febbraio 2013 sulla ventiduesima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani(4) ,
– vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2012 sulla posizione del Parlamento europeo sulla diciannovesima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani(5) ,
– vista la relazione annuale sulla politica estera e di sicurezza comune dell'alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza destinata al Parlamento europeo, approvata dal Consiglio il 4 ottobre 2012,
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per gli affari esteri e i pareri della commissione per lo sviluppo e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A7-0325/2013),
A. considerando che il Sahel è una delle regioni più povere del mondo, che si trova di fronte a gravi problemi riguardanti i diritti umani, lo Stato di diritto, la sicurezza e i conflitti armati nonché lo sviluppo economico e sociale; che l'estrema povertà nella regione trova riscontro nell'indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite per il 2012, secondo il quale il Niger (186°), il Ciad (184°), il Burkina Faso (183°) e il Mali (182°) sono tra i sei paesi meno sviluppati al mondo;
B. considerando che una delle caratteristiche distintive della regione, dovuta principalmente all'instabilità politica, alla povertà e all'insicurezza dei confini, è data dall'effetto di ricaduta che, per natura, comporta problemi comuni in termini di diritti umani in tutta la regione del Sahel; che tale caratteristica determina la necessità di un approccio ben coordinato e olistico nei confronti dell'intera regione ecologica e geografica del Sahel;
C. considerando che l'instaurazione della democrazia, della pace e del buon governo rappresenta una sfida fondamentale per gli Stati del Sahel; che è necessario che tali Stati si impegnino in un processo di promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nell'eliminazione delle discriminazioni nei confronti delle donne e delle minoranze e nella promozione dell'istruzione e della riconciliazione etnica;
D. considerando che la presente risoluzione si applica ai paesi individuati dalla strategia dell'Unione europea per il Sahel, nello specifico la Mauritania, il Mali, il Niger e le aree pertinenti di Burkina Faso e Ciad; che la più ampia definizione geografica ed ecologica del Sahel resta fondamentale anche per quanto concerne le sfide comuni della regione in materia di diritti umani dovute ai conflitti e a diverse carenze nell'ambito della sicurezza umana, compresa la fragilità degli Stati; che la presente relazione si occuperà altresì della situazione dei diritti umani nel territorio non autonomo del Sahara occidentale e nei campi di Tindouf;
E. considerando che il tasso di mortalità materna in Mali, stimato a 1 100 decessi ogni 100 000 nascite, è il più alto al mondo secondo i dati delle Nazioni Unite; che stando alla relazione 2013 sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite, il Niger e il Mali hanno tassi di mortalità infantile particolarmente elevati tra i bambini di età inferiore ai cinque anni, che superano i 200 decessi ogni 1 000 nascite quando le madri non hanno alcun tipo di istruzione; che, secondo le stime della Banca mondiale, i tassi di iscrizione alla scuola primaria per il Niger e il Mali sono tra i peggiori al mondo, attestandosi rispettivamente al 62% e al 63%; che, secondo le Nazioni Unite, circa 18 milioni di persone sono state colpite dalla grave crisi alimentare e nutrizionale del 2012 che ha interessato la regione del Sahel e dell'Africa occidentale; che nel 2013, stando alle stime della Commissione, 10,3 milioni di persone nella regione sono ancora soggetti a insicurezza alimentare e che 4,2 milioni di essi sono cittadini maliani, con 1,4 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni a rischio di malnutrizione acuta grave e altri 3,1 milioni a rischio di malnutrizione acuta moderata; che la Commissione ha svolto un ruolo fondamentale nell'istituzione dell'Alleanza globale per l'iniziativa resilienza nel Sahel (AGIR-Sahel) e ha stanziato 517 milioni di euro per gli aiuti umanitari e allo sviluppo per il periodo 2012-2013;
F. considerando che una parte della popolazione di tali paesi non ha accesso alle cure sanitarie e soffre di numerose malattie endemiche come il colera, la meningite, il morbillo e l'HIV/AIDS; che il numero di decessi causati dall'HIV/AIDS è elevato, con 11 000 morti l'anno tra le persone affette da tale malattia in Ciad, 7 100 in Burkina-Faso, 4 400 in Mali e 4 300 in Niger;
G. considerando che gli Stati del Sahel sono ricchi di risorse naturali, in particolare petrolio, oro e uranio, ma che i proventi derivanti dalla loro estrazione non vengono reintrodotti in misura sufficiente nell'economia locale tanto da consentire lo sviluppo di tali Stati;
H considerando che le guerre civili e i conflitti etnici comportano lo spostamento delle popolazioni e l'allestimento di campi profughi come quelli di Mentao in Burkina-Faso, di Mangaize in Niger, di M'Bera in Mauritania o di Breijing in Ciad; che le condizioni di vita e igieniche in questi campi sono deplorevoli;
I. considerando che negli ultimi 20 anni in Mali le elezioni si sono tenute regolarmente; che prima del colpo di Stato il paese era considerato un esempio di successo relativo per la democrazia in Africa;
J. considerando che la crisi del Mali ha molte sfumature e non può essere ridotta a un conflitto etnico; che, tuttavia, i risentimenti e le aspirazioni della popolazione tuareg per l'indipendenza e una maggiore autonomia del Mali settentrionale sono stati sfruttati dai gruppi jihadisti armati che, all'inizio del 2012, si sono alleati con il movimento nazionale secolare per la liberazione dell'Azawad (MNLA) nella sua ribellione, per poi destituirlo; che questi gruppi, in particolare il gruppo Ansar Dine, AlQaïda nel Maghreb islamico (AQIM) e il Movimento per l'unicità e la Jihad nell'Africa occidentale (MUJAO), hanno ulteriormente beneficiato dell'instabilità derivante dal successivo colpo di Stato a Bamako nonché della più ampia instabilità regionale, e sono stati riforniti dagli arsenali non controllati in Libia; che l'incombente minaccia per l'esistenza stessa dello Stato maliano, combinata con le sistematiche violazioni dei diritti umani nella zona settentrionale, hanno affrettato gli interventi armati delle forze francesi, africane e delle Nazioni Unite allo scopo di porre fine alle atrocità e alle violazioni dei diritti umani commesse da gruppi estremisti, di ripristinare la democrazia, lo Stato di diritto e l'autorità dello Stato maliano e di ristabilire il rispetto dei diritti umani; che un accordo di pace preliminare è stato firmato il 18 giugno 2013 tra il governo del Mali e le forze ribelli; che la situazione nel Mali necessita di una risposta che vada oltre la reazione alle minacce alla sicurezza e comprenda un impegno a lungo termine e un'azione decisiva da parte della comunità internazionale per affrontare le sfide radicate in ambito politico, dello sviluppo e umanitario;
K. considerando che la presenza di gruppi terroristici nel Sahel comporta una grande instabilità e insicurezza nella regione, a causa delle prese di ostaggi e degli attacchi violenti; che il Sahel rappresenta una zona di transito per il traffico di droga gestito da gruppi criminali provenienti dall'America latina; che i narcotrafficanti sono spesso legati a gruppi terroristici che garantiscono la loro sicurezza durante il transito; che la presenza di questi trafficanti è causa di instabilità sia per il Sahel sia per l'Unione europea, spesso destinazione finale di tali traffici;
L. considerando che è necessario che i governi della regione del Sahel coinvolgano le popolazioni interessate al fine di giungere a una soluzione duratura della crisi; che la partecipazione delle donne, in particolare, alla risoluzione della crisi nel Sahel è una condizione necessaria al fine di raggiungere la stabilità a lungo termine; che la lotta contro l'impunità, compresa l'impunità per gli atti di violenza di genere in situazioni di conflitto, è fondamentale per la stabilità della regione e per l'instaurazione di una pace duratura;
M. considerando che l'Unione europea ha dedicato una crescente attenzione al Sahel, come dimostrato dall'adozione della strategia dell'Unione europea per la sicurezza e lo sviluppo del Sahel nel 2011, dall'avvio della missione dell'UE per lo sviluppo delle capacità (EUCAP Sahel Niger) nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) nel luglio 2012 e dalla missione di formazione dell'UE (EUTM) nel quadro della PSDC in Mali nel febbraio 2013, nonché dalla nomina di un rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per il Sahel; che il mandato del nuovo RSUE, adottato il 18 marzo 2013, include una forte componente relativa ai diritti umani;
N. considerando che i problemi complessi e interdipendenti richiedono un approccio globale e coordinato che utilizzi l'intera gamma di strumenti e politiche dell'Unione, collegando gli obiettivi dell'UE in materia di gestione delle crisi, sicurezza, cooperazione allo sviluppo e sostenibilità ecologica alle sue azioni nei settori dei diritti umani, del sostegno alla democrazia e dello Stato di diritto; che una strategia globale per la regione dovrebbe prevedere l'efficace coordinamento, attraverso il vicepresidente/alto rappresentante, dei commissari interessati, come il commissario per lo Sviluppo e gli aiuti umanitari, del SEAE, dei RSUE, compresi i rappresentanti speciali per i diritti umani e per il Sahel, del coordinatore antiterrorismo dell'UE nonché degli Stati membri; che una soluzione efficace all'attuale crisi deve comprendere politiche economiche e sociali intese a migliorare le condizioni di vita della popolazione;
O. considerando che le politiche dovrebbero concentrarsi in particolare sullo sviluppo rurale e sull'agricoltura al fine di garantire la sicurezza alimentare quale contributo a uno sviluppo socioeconomico durevole nell'Africa subsahariana; considerando che la Commissione europea, in partenariato con l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (UNOCHA), il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), le Nazioni Unite, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e il Programma alimentare mondiale (WFP), tra gli altri, ha lanciato l'iniziativa AGIR-Sahel nell'intento di aumentare la cooperazione tra organizzazioni, nell'ambito dell'approccio globale dell'UE, per affrontare la crisi alimentare nel Sahel; che i partner hanno individuato la necessità di un investimento minimo di 750 milioni di euro per fornire una rete di sicurezza sociale volta a proteggere i più vulnerabili nell'eventualità di future siccità;
P. considerando che le violazioni dei diritti umani e la crisi politica, ambientale, di sviluppo e umanitaria nella regione del Sahel colpiscono in particolare le donne, che sono spesso vittime di discriminazioni, eccezionale insicurezza fisica e umana, povertà cronica ed emarginazione; che la parità tra i generi, l'emancipazione politica ed economica delle donne, la promozione della parità tra i generi e la difesa dei diritti della donna sono essenziali per ridurre la povertà e incoraggiare lo sviluppo sostenibile; che un contesto sociale sempre più restrittivo limita la mobilità e la produttività delle donne e di conseguenza la capacità di queste ultime di rivestire con efficacia i ruoli di leader e difensori dei diritti delle donne; che le donne nella regione del Sahel costituiscono la maggior parte dei piccoli agricoltori e che tuttavia sono penalizzate in termini di diritti fondiari; che tale mancanza di titolarità sulla terra contribuisce alla povertà delle donne; che vi sono studi secondo cui quando le donne sono istruite e possono percepire e gestire un reddito si registra una serie di risultati positivi, come ad esempio: calo della mortalità materna e infantile, miglioramento della salute e dell'alimentazione di donne e bambini, aumento della produttività agricola, possibilità di mitigare il cambiamento climatico, rallentamento della crescita demografica, espansione dell'economia e interruzione dei cicli di povertà;
Q. considerando che, durante il vertice di Londra sulla pianificazione familiare del luglio 2012, più di cento governi, agenzie internazionali e ONG si sono dati come obiettivo di investire 4 miliardi di dollari supplementari entro il 2020, per far passare a 120 milioni il numero di donne che utilizzano la contraccezione nei 69 paesi più poveri della terra, tra cui gli Stati del Sahel; che tale finanziamento si aggiunge ai 10 miliardi di dollari attuali;
R. considerando che i paesi del Sahel sono firmatari dell'accordo di Cotonou; che il partenariato con l'Unione europea si fonda su disposizioni stabilite di comune accordo in materia di diritti umani e buon governo e coinvolge gli aiuti allo sviluppo, il buon governo, la promozione dei diritti umani e gli aiuti umanitari;
S. considerando che la cooperazione dell'UE con l'Unione africana (UA), la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS), l'Unione del Maghreb arabo, le istituzioni regionali operanti nel campo dei diritti umani, gli organi delle Nazioni Unite competenti per i diritti umani e le organizzazioni della società civile resta una condizione essenziale per promuovere in maniera produttiva la protezione e il progresso dei diritti umani nel Sahel;
T. considerando che il 14 giugno 2013 il Segretario generale delle Nazioni Unite ha proposto, nella sua relazione al Consiglio di sicurezza dell'ONU, di adottare una strategia integrata per il Sahel basata su tre obiettivi strategici, ossia migliorare la governance inclusiva ed efficace in tutta la regione, creare dispositivi di sicurezza nazionali e regionali in grado di contrastare le minacce transfrontaliere e integrare piani e interventi umanitari e di sviluppo al fine di creare una resilienza a lungo termine;
U. considerando che, dal 1991, è in vigore un cessate il fuoco nel Sahara occidentale tra il governo marocchino e il Fronte Polisario; che le Nazioni Unite considerano il Sahara occidentale un territorio privo di governo autonomo; che la Repubblica democratica araba sahrawi è un membro a pieno titolo dell'UA ed è attualmente riconosciuta da oltre 35 paesi membri delle Nazioni Unite ma non dall'ONU nel suo insieme né da nessuno Stato membro dell'UE; che il Marocco è vincolato giuridicamente a rendere conto dell'esercizio del suo potere amministrativo di fatto sul territorio e sulla popolazione del Sahara occidentale; che le Nazioni Unite, sotto l'egida del Consiglio di sicurezza, fungono da mediatore per trovare una soluzione al conflitto; che, secondo il Segretario generale dell'ONU, non è stato tuttavia compiuto alcun progresso sulle questioni fondamentali relative allo status futuro del territorio; che non si è ancora svolto un referendum sullo status del Sahara occidentale, concordato per la prima volta in linea di principio nel 1988;
V. considerando che il Marocco ha firmato e ratificato numerosi trattati internazionali e sui diritti umani, come la convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, il patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, la convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e la dichiarazione delle Nazioni Unite sulla tutela dei difensori dei diritti umani;
W. considerando che le risoluzioni 1754(2007), 1783(2007) , 1871(2009), 1920(2010), 1979(2011), 2044(2012) e 2099(2013) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite invitano gli Stati vicini a cooperare appieno con le Nazioni Unite e tra loro, a rafforzare il loro impegno per porre fine all'attuale stallo e a progredire verso una soluzione politica;
X. considerando che i campi profughi vicino a Tindouf, in Algeria, la cui creazione risale a 37 anni fa, restano i secondi al mondo per anni di attività; che lo stallo politico preclude qualunque prospettiva realistica di una loro chiusura o di un reinsediamento o rimpatrio dei loro abitanti in un futuro prossimo;
Y. considerando che sia il governo marocchino sia il Fronte Polisario sono stati accusati di violazioni dei diritti umani; che la missione dell'ONU per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO) non include nel suo mandato una dimensione relativa ai diritti umani e non prevede alcun meccanismo di denuncia di presunte violazioni dei diritti umani; che la risoluzione 2099 del 25 aprile 2013 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha esteso il mandato della MINURSO; che la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite dell'8 aprile 2013 dedica tre pagine alla questione dei diritti umani; che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e gli Stati membri dell'UE che ne fanno parte non hanno appoggiato una proposta degli Stati Uniti volta a conferire alla missione MINURSO un mandato per i diritti umani, il che ha dato luogo a manifestazioni popolari nel Sahara occidentale;
Considerazioni generali
1. manifesta la sua profonda preoccupazione per la situazione dei diritti umani nella regione del Sahel, aggravata da crisi multiple in campo politico, sociale, economico ed ecologico; sottolinea che sfide profondamente collegate le une alle altre richiedono una risposta strategica integrata e globale e una soluzione politica che coinvolga tutte le parti in conflitto;
2. constata che la situazione dei diritti umani nel Sahel ha assunto una maggiore visibilità internazionale a seguito del conflitto armato nel Mali e dell'intervento armato delle forze francesi, africane e delle Nazioni Unite; riconosce che tale conflitto ha generato problemi specifici nel Mali, esacerbando anche le criticità strutturali già presenti nel paese e in altre aree della regione come la Libia; sottolinea, tuttavia, che le preoccupazioni immediate relative al Mali non devono sviare l'attenzione dai problemi cronici e pervasivi che si ripercuotono gravemente sui diritti umani nel resto del Sahel, in particolare la criminalità organizzata, la schiavitù e la tratta di esseri umani, il traffico di armi e droga, l'estremismo e la radicalizzazione jihadisti, una governance fragile e la corruzione istituzionale nonché una povertà sistemica e debilitante, i bambini soldato e le discriminazioni nei confronti delle donne;
3. ricorda che la permeabilità delle frontiere è una caratteristica che connota i paesi della regione; sottolinea il fatto che l'aggravamento della situazione nel Sahel è intrinsecamente correlato alla massiccia penetrazione di armi nel Mali settentrionale a seguito della guerra in Libia, mentre i ribelli libici sono stati sistematicamente disarmati alle frontiere degli altri paesi della regione; ribadisce la sua richiesta di una regolamentazione e di un rigoroso controllo della vendita di armi, onde evitare che gli Stati membri partecipino alla proliferazione dei conflitti;
4. si compiace della maggiore attenzione rivolta ai diritti umani nella politica dell'Unione europea; rileva che le Nazioni Unite hanno sviluppato una strategia globale sul Sahel con una forte componente concernente i diritti umani; ricorda che l'UE e i paesi del Sahel, in quanto firmatari dell'accordo di Cotonou, hanno assunto obblighi reciproci a favore della tutela dei diritti umani e dei principi democratici, basati sullo Stato di diritto e su una governance trasparente e responsabile; rammenta che gli Stati del Sahel hanno sottoscritto la maggior parte dei trattati internazionali che tutelano i diritti umani, della donna e dei minori;
5. sottolinea l'importante ruolo svolto dall'UE, in quanto principale donatore mondiale di aiuti, nell'affrontare le sfide per lo sviluppo della regione del Sahel; evidenzia l'importanza di coinvolgere altri attori internazionali, in attività quali l'eliminazione della povertà e della fame, la promozione della parità di genere e la riduzione dei tassi di mortalità infantile, secondo gli obiettivi di sviluppo del millennio;
I diritti umani nelle situazioni di conflitto armato
6. ritiene che la situazione dei diritti umani nel Mali rivesta carattere di particolare urgenza, visti i resoconti sulle gravi violazioni dei diritti umani nel nord del paese perpetrate da ribelli tuareg e gruppi armati jihadisti; rileva che i presunti crimini includono stupro di massa, tortura, mutilazioni e trattamenti crudeli, tra cui amputazioni e flagellazioni pubbliche, lapidazione pubblica per presunti adulteri, violenza etnica, tentativi di pulizia etnica, esecuzioni extragiudiziarie e sommarie di prigionieri, massacro di soldati del Mali, arresti e detenzioni illegali, pronunciamento di sentenze senza giusto processo, matrimoni forzati e schiavitù sessuale, attacchi intenzionali contro oggetti culturali e distruzione e saccheggio di proprietà; è fortemente preoccupato per le nuove tendenze nelle tecniche terroristiche e criminali, come gli attentati suicidi, i rapimenti, la presa di ostaggi e l'utilizzo di bambini come scudi umani; constata che, dal gennaio 2013, sono state riportate numerose violazioni dei diritti umani per mano di elementi delle forze di sicurezza del Mali e, in misura minore, di gruppi di vigilanti, contro presunti jihadisti o persone sospettate di aver collaborato con i gruppi ribelli; constata che le persone interessate provenivano principalmente da comunità tuareg, arabe e pehul e che l'esercito è stato spesso accusato di rappresaglie per motivi etnici; esprime forte preoccupazione per il fatto che tra le presunte violazioni vi siano la tortura e i trattamenti disumani, le sparizioni forzate e le esecuzioni extragiudiziarie e sommarie di prigionieri e civili; esprime ulteriore preoccupazione per le informazioni riportate dal Mali meridionale relative a uccisioni, tortura e sparizioni perpetrate dall'esercito a danno di membri delle forze di sicurezza leali al regime di Touré, al potere fino al colpo di Stato; constata inoltre con forte preoccupazione quanto riferito sulle morti e le menomazioni di civili maliani, compresi bambini, dovute alle mine antipersona; chiede a tutte le parti in conflitto di interrompere l'utilizzo di mine antipersona e di collaborare rapidamente ed efficacemente con attori regionali e internazionali per garantire la completa rimozione di tali armamenti;
7. plaude al fatto che il 18 giugno nel Mali le autorità maliane e gruppi ribelli armati del Mali settentrionale abbiano firmato un accordo di pace per agevolare il buon esito delle elezioni presidenziali e le trattative di pace e, in particolare, all'impegno assunto da tutti i firmatari volto a porre fine a qualsiasi violazione dei diritti umani; plaude al loro impegno per l'unità, il dialogo e il ripristino dell'ordine costituzionale; riconosce tuttavia che si tratta di un accordo preliminare cui devono far seguito azioni da entrambe le parti per arrivare a una conclusione definitiva del conflitto; esorta le autorità maliane e i loro partner internazionali, a tal fine, a prestare particolare attenzione alle nuove modalità di violazione dei diritti umani, in particolare le rappresaglie basate sull'etnicità, che sono emerse da quando sono state riprese alcune zone del Mali settentrionale e che potrebbero rappresentare un grave ostacolo alla costruzione della pace e alla riconciliazione se non affrontate in maniera adeguata; plaude al fatto che il governo maliano abbia istituito unità preposte al monitoraggio delle operazioni militari nella parte settentrionale del paese e abbia avviato indagini in merito a presunte violazioni dei diritti umani da parte di taluni elementi delle forze armate maliane; invita le forze armate a dar prova di professionalità nel momento in cui si consolidano in zone prima controllate dai ribelli; invita inoltre il governo maliano a raddoppiare gli sforzi per facilitare la denuncia di abusi sia nelle operazioni attuali sia in eventuali offensive future, anche con il sostegno della commissione nazionale per i diritti umani, e a rispettare il corretto procedimento in sede di interrogatorio dei sospetti militanti; ribadisce la sua condanna delle riferite atrocità commesse contro la popolazione civile, i prigionieri e i militari; ricorda che il procuratore della Corte penale internazionale ha determinato che sussiste una base ragionevole per ritenere che le atrocità commesse durante il conflitto nel Mali configurino crimini di guerra; ritiene altresì che alcune atrocità possano costituire crimini contro l'umanità;
8. constata con forte preoccupazione che un ulteriore motivo della crescente destabilizzazione nel Mali è costituito dal livello di corruzione sempre più elevato, che impedisce alla popolazione del Nord, tra cui tuareg, songhai, arabi e altri, di beneficiare degli aiuti internazionali; sottolinea che uno degli effetti più pericolosi della corruzione è la creazione di una divisione culturale ed etnica tra il Mali settentrionale e meridionale;
9. rileva con grave preoccupazione che l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati stima gli sfollati interni nel Mali a circa 300 000, che si sommano agli oltre 175 000 rifugiati nei vicini Burkina Faso, Niger, Mauritania e, in misura minore, Algeria; chiede che siano intraprese azioni immediate nei campi profughi e nelle zone del Mali settentrionale colpite, secondo quanto riportato, da colera, un'estrema insicurezza alimentare e livelli allarmanti di mortalità infantile che superano abbondantemente i dati per la regione nel suo complesso, come conseguenza della denutrizione e dell'impossibilità di accedere all'acqua potabile e alle cure sanitarie; esorta i donatori internazionali a onorare con urgenza i loro impegni finanziari e a reperire senza indugio i 290 milioni di dollari necessari a consentire all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati di arrestare la grave crisi alimentare che colpisce in questo momento 3,4 milioni di maliani; sottolinea l'importanza di garantire la sicurezza dei rifugiati e degli sfollati interni e di agevolare il loro ritorno ordinato alle comunità d'origine quale elemento fondamentale della riconciliazione nazionale;
10. richiama l'attenzione sulle sofferenze delle donne nel recente conflitto nel Mali; condanna specificamente come crimine di guerra il ricorso al rapimento e allo stupro come armi di guerra; auspica che l'UE e gli altri partner internazionali del Mali collaborino strettamente con le autorità maliane per dare attuazione agli impegni inerenti alle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza dell'ONU e all'approccio globale dell'UE; richiama l'attenzione sull'importanza di istituire meccanismi giudiziari di transizione per porre fine all'impunità per i colpevoli di atti di violenza di genere;
11. esorta l'UE e i paesi del Sahel ad applicare pienamente le seguenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: la risoluzione 1325 sulle donne, la pace e la sicurezza, nella quale si chiede la partecipazione delle donne a tutti gli aspetti e a tutti i livelli della risoluzione dei conflitti, la risoluzione 1820 sulla violenza sessuale in situazioni di conflitto e post-conflitto, nonché le risoluzioni successive 1888, 1889 e 1960, che si basano sulle risoluzioni summenzionate; chiede quindi che si incoraggi e si garantisca la partecipazione delle donne nei processi di pace e che si riconosca la necessità di integrare la prospettiva di genere nella prevenzione dei conflitti, nelle operazioni di mantenimento della pace, negli aiuti umanitari e nella ricostruzione post-conflitto; denuncia la sofferenza estrema inflitta alle donne semplicemente a causa della loro condizione di donne in zone di conflitto; sostiene che azioni di questo tipo – tra cui gli stupri di ragazze da parte di militari, la prostituzione forzata, la gravidanza forzata, la schiavitù sessuale, la violenza sessuale, le molestie sessuali e il ratto consensuale (per mezzo della seduzione) – sono crimini che non possono essere ignorati; afferma che l'UE deve trattarli come problemi fondamentali da tenere in considerazione; sottolinea che è indispensabile garantire l'accesso all'aborto alle donne e alle bambine vittime di stupri nei conflitti armati;
12 segnala che frequentemente le donne sono discriminate per quanto riguarda il riconoscimento del loro operato nella lotta per la pace; rammenta che, laddove si profila un coinvolgimento regolare delle donne nel processo di risoluzione dei conflitti e di consolidamento della pace, esse svolgono un ruolo chiave nei negoziati di pace, ampliando la portata della ricostruzione, del ripristino e del consolidamento della pace; incoraggia pertanto la partecipazione delle donne a ogni sforzo di riconciliazione nazionale, regionale e internazionale per il Mali, in particolare per il Nord del paese; chiede che i piani d'azione nazionali ai sensi della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite formino oggetto di esami regolari e che i punti prioritari vengano regolarmente aggiornati;
13. aborrisce le gravi violazioni e i brutali atti di violenza perpetrati ai danni di bambini nel Mali, incluso il ben documentato reclutamento e utilizzo di bambini soldato da parte di pressoché tutti i gruppi armati attivi nel nord, comprese le forze governative; sottolinea l'importanza di stanziare risorse sufficienti per i compiti di smobilitazione e riabilitazione dei bambini soldato; accoglie con favore, a tal fine, il progetto di accordo in corso di elaborazione tra il governo del Mali e le Nazioni Unite volto a consentire che i bambini soldato facenti parte di gruppi armati vengano consegnati a rappresentanti dell'ONU e plaude alle azioni dell'UNICEF per reintegrare questi bambini; esprime profonda preoccupazione per le conclusioni del recente rapporto delle Nazioni Unite sui bambini e i conflitti armati, che sottolinea come il carattere e la tattica del conflitto nel Mali abbiano creato minacce senza precedenti per i bambini; condanna con la più grande fermezza le uccisioni e le mutilazioni di minori, la violenza sessuale e gli stupri, i matrimoni forzati, i rapimenti, gli attacchi a scuole e ospedali e la limitazione all'accesso all'istruzione per le bambine, verificatisi durante il conflitto nel Mali; constata che la maggioranza delle scuole nel Nord non hanno ancora riaperto e chiede azioni immediate per consentirne la riapertura; richiama l'attenzione sui casi di abbandono di bambini nati a seguito di reati di stupro nel nord del Mali come una tendenza preoccupante che necessita urgentemente di soluzione; esprime inoltre forte preoccupazione per le informazioni relative alla detenzione di minori insieme ad adulti e agli interrogatori cui sono sottoposti senza adeguata tutela; accoglie con favore, in tale contesto, l'obiettivo del Consiglio di sicurezza dell'ONU teso a prestare una protezione speciale a donne e minori colpiti dal conflitto armato;
14. invita tutti i paesi del Sahel a intraprendere una politica di prevenzione e di protezione volta ad assicurare che i bambini non vengano arruolati con la forza dai gruppi armati; invita i paesi del Sahel ad astenersi dall'arruolare minori nei propri eserciti regolari e a condannare chiunque si renda colpevole di questo crimine di guerra;
15. deplora il tentativo di annientamento del prezioso patrimonio culturale nel Mali settentrionale, che ha visto la distruzione da parte dei gruppi armati di antichi reliquiari sufiti e di altri preziosi monumenti a Timbuctù e a Gao, oltre a circa 4 200 antichi manoscritti, maschere cerimoniali e case tradizionali (toguna) dell'etnia Dogon a Douentza e biblioteche a Kidal e altrove; ritiene che la profanazione culturale cui si è assistito nel Mali settentrionale configuri un crimine di guerra; plaude e invita al sostegno dell'UE al piano d'azione dell'UNESCO per il ripristino del patrimonio culturale e la salvaguardia dei manoscritti antichi nel Mali;
16. si compiace dell'operazione militare francese «Serval», avviata l'11 gennaio 2013, e del suo impegno a favore della sovranità, dell'unità e dell'integrità territoriale del Mali quale primo passo verso la ricostruzione e la democratizzazione del paese; si compiace di conseguenza della risoluzione 2100 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 25 aprile 2013 e della forte attenzione da essa rivolta ai diritti umani, nonché dell'incarico, nel mandato della missione di stabilizzazione multidimensionale integrata delle Nazioni Unite nel Mali (MINUSMA), di monitorare, contribuire a indagare e riferire al Consiglio di sicurezza in merito a eventuali abusi o violazioni dei diritti umani o violazioni del diritto internazionale umanitario; accoglie con favore l'integrazione della componente della formazione in materia di diritti umani nella missione militare dell'Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM);
17. appoggia la missione internazionale di sostegno al Mali e la missione MINUSMA che ne ha preso il posto nel luglio 2013, nonché la missione EUCAP Sahel; accoglie con soddisfazione la proposta del Segretario generale delle Nazioni Unite del 14 giugno 2013 tesa a istituire una «strategia integrata delle Nazioni Unite per il Sahel», che dovrebbe affrontare tutti gli aspetti della crisi, ossia miglioramento della governance, lotta contro la criminalità (traffico di stupefacenti, di esseri umani, di armi e di sigarette, riciclaggio di denaro) e contro il terrorismo, aiuti umanitari; accoglie con favore in particolare gli obiettivi di tale strategia volti a consolidare una governance efficace e globale nell'intera regione, nonché a integrare i piani e gli interventi umanitari e di sviluppo al fine di garantire la resilienza nel lungo periodo;
18. si compiace dell'importante ruolo svolto dalla missione internazionale di sostegno al Mali sotto guida africana (AFISMA) che costituisce la base della missione MINUSMA; si compiace inoltre del sostanziale contingente africano nella missione MINUSMA e, in particolare, della decisione dell'UA di inviare nell'ambito della stessa osservatori dei diritti umani; auspica che entrambi questi aspetti restino la norma per le operazioni africane; plaude al fatto che sia le autorità del Mali sia i gruppi armati si siano impegnati nell'accordo di pace provvisorio a facilitare il dispiegamento degli osservatori; plaude all'arrivo di osservatori a Gao e Timbuctù e si augura che sarà presto possibile dispiegare osservatori anche a Kidal, in modo da riflettere l'importanza della conduzione di indagini sui presunti abusi dei diritti umani nel nord del Mali da parte di tutte le fazioni coinvolte nel conflitto; plaude inoltre al sostegno fornito a tali osservatori dalla Commissione e all'impegno profuso da quest'ultima per formare e inviare ulteriori osservatori locali e regionali della società civile mediante lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani; invita l'UE a trarre insegnamenti da quest'esperienza e a valutare, ricorrendo agli attori della società civile maliana nazionale e locale, modalità adeguate per dotarsi di gruppi disponibili di esperti addestrati, che potrebbero essere rapidamente dispiegati sul campo in situazioni urgenti e, se necessario, fornire consulenza professionale ai responsabili politici dell'UE;
19. richiama l'attenzione sulla necessità urgente di migliorare il rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani e diritto umanitario nelle situazioni di conflitto armato; chiede all'alto rappresentante di mettere a frutto l'esperienza maturata nel contesto dei tragici eventi del Mali e di altri recenti conflitti nell'ottica di procedere al riesame degli orientamenti dell'UE concernenti il diritto internazionale umanitario, perseguire un'applicazione più efficace di tali orientamenti e sostenere l'iniziativa attualmente promossa dal Comitato internazionale della Croce rossa e dal governo svizzero volta a riformare il quadro di governance internazionale in vigore per il diritto internazionale umanitario;
20. accoglie con favore le conclusioni della conferenza internazionale dei donatori «Together for a New Mali» («Insieme per un nuovo Mali»), tenutasi il 15 maggio 2013; sottolinea che i donatori si sono impegnati a destinare 3,25 miliardi di EUR al Mali nei prossimi due anni e che l'UE ha stanziato l'importo più cospicuo, pari a 520 milioni di EUR; plaude al piano del governo maliano per la ripresa sostenibile del Mali (PRED); valuta positivamente la particolare attenzione riservata alla garanzia della trasparenza dei conti pubblici e di quelli delle industrie estrattive; accoglie con favore l'approvazione, da parte del governo maliano, della proposta di legge contro l'arricchimento illecito e sottolinea l'importanza di tenere fede all'impegno assunto nel quadro della conferenza dei donatori di monitorare attentamente l'applicazione sistematica della legge dopo la sua adozione; si rammarica che le conclusioni della conferenza non riflettano l'esplicito impegno dell'UE a favore di un approccio basato sui diritti nella cooperazione allo sviluppo; invita l'UE e i suoi partner internazionali a concretizzare gli impegni reciproci nel quadro di un seguito efficace e coordinato della conferenza; ribadisce la necessità di vincolare gli aiuti alle riforme istituzionali e a un percepibile sviluppo sociale e politico; plaude altresì al coinvolgimento costruttivo degli attori regionali; chiede, in considerazione del livello di corruzione generalizzata delle autorità maliane, che siano messi in atto tutte le garanzie e tutti i controlli necessari per assicurare che gli importi versati possano essere impiegati quanto prima per aiutare la popolazione maliana;
21. ribadisce l'importanza di includere la clausola sui diritti umani in ogni accordo con i paesi terzi, compresi quelli della regione del Sahel; ritiene che tale clausola sia uno degli strumenti dell'UE più efficaci, in quanto consente di garantire non solo lo sviluppo sostenibile dei paesi meno sviluppati, ma anche l'adeguato rispetto dei diritti umani e la loro protezione in questi paesi;
22. ritiene che, per assicurare una pace e una stabilità durature in Mali, sia essenziale combattere l'impunità, fornire risarcimenti alle vittime e perseguire tutti i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, a prescindere dalla loro affiliazione e dal loro status, in particolare in relazione alle violenze di genere perpetrate durante i conflitti, che costituiscono un affronto alla dignità delle donne; accoglie pertanto con favore il fatto che il governo maliano abbia deferito la situazione del paese alla Corte penale internazionale e che il procuratore della Corte abbia avviato indagini formali, e plaude all'intenzione del governo maliano e dei gruppi ribelli, indicata all'articolo 18 dell'accordo di pace provvisorio, di istituire una commissione d'inchiesta internazionale incaricata di indagare sui presunti crimini di guerra, crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale e umanitario commessi in tutto il Mali; invita l'UE e gli altri partner internazionali del Mali ad affrontare in via prioritaria la questione dell'impunità nel contesto dei negoziati di pace, ad aiutare il governo a perseguire il suo obiettivo di condurre indagini e azioni giudiziarie nei confronti dei responsabili degli abusi e di attuare le disposizioni dell'accordo di pace provvisorio, nonché a garantire che i responsabili di crimini di violenza sessuale siano assicurati alla giustizia; ribadisce che ciò deve valere per i crimini e le atrocità commessi da tutte le parti;
23. accoglie con favore l'istituzione, da parte del governo maliano, di una commissione nazionale per il dialogo e la riconciliazione con un mandato di due anni, avvenuta il 6 marzo 2013; sottolinea che la commissione nazionale deve essere quanto più possibile rappresentativa e produrre al più presto risultati concreti; plaude in particolare, a tale proposito, alla composizione inclusiva della commissione nazionale, come testimoniato dai suoi vicepresidenti, il che rappresenta un impegno a favore dell'inclusione e della pluralità del processo politico; rileva che la commissione ha il compito di documentare le violazioni dei diritti umani avvenute dall'inizio del conflitto; incoraggia la commissione a esaminare altresì le questioni che hanno portato alla crisi maliana, a indagare apertamente e approfonditamente sui presunti casi di abusi e discriminazioni perpetrati contro le comunità tuareg dall'indipendenza del Mali e a formulare raccomandazioni volte a conseguire significativi miglioramenti; plaude inoltre alla nomina, da parte del governo maliano, di un inviato responsabile di portare avanti il dialogo con i gruppi armati nel nord del paese; esprime a tale proposito la sincera speranza che il panorama post-elettorale in Mali agevoli un dialogo e una fiducia maggiori tra le comunità come prerequisito per la pace e la stabilità, e che tutte le comunità maliane si impegnino a educare i propri figli alla tolleranza e al rispetto reciproci; invita l'UE e i suoi partner della comunità internazionale a fornire pieno sostegno al processo di riconciliazione nazionale e di dialogo inclusivo;
24. sottolinea che i diversi conflitti nella regione del Sahel hanno comportato un incremento degli spostamenti delle popolazioni all'interno degli Stati stessi nonché un aumento del numero di rifugiati; esprime profonda preoccupazione per le molteplici crisi dei rifugiati e per la situazione degli stessi nella regione, compresi i numerosi casi non correlati alla crisi nel Mali; richiama in particolare l'attenzione sulle migliaia di rifugiati del Darfur nel Ciad orientale e di cittadini del Ciad rimpatriati dal Darfur che non dispongono di acqua potabile, alloggi adeguati e assistenza sanitaria, e segnala che il clima semiarido rischia di aggravare la competizione per le risorse con le popolazioni di accoglienza, e di conseguenza anche il potenziale di instabilità; pone altresì l'accento sulla situazione delle svariate migliaia di rifugiati della Repubblica centrafricana nel Ciad meridionale, dove le inondazioni minacciano le abitazioni e l'agricoltura; ribadisce, a tale proposito, l'invito dell'UNHCR a fornire maggiore sostegno finanziario e logistico alle forze di sicurezza del Ciad che proteggono i campi, in particolare alla luce dei casi segnalati di attacchi contro i complessi umanitari; esprime altresì preoccupazione per le persone che si sono rifugiate in Niger dopo essere fuggite dai recenti scontri nella Nigeria settentrionale; invita la comunità internazionale nel suo complesso ad aumentare la percentuale degli aiuti destinati ai campi rifugiati del Sahel, ove necessario, e a contribuire a evitare nuove crisi umanitarie tra le popolazioni di rifugiati della regione; sollecita un coordinamento delle politiche a favore dei rifugiati tra l'Unione europea, i paesi del Sahel, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l'Unione africana e l'ECOWAS, onde consentire l'accoglienza dei rifugiati, garantire la sicurezza dei gruppi più vulnerabili e approntare programmi di autosufficienza; incoraggia i paesi di accoglienza a collaborare con le Nazioni Unite e con altri attori per migliorare, in particolare, l'accesso all'alloggio, ai servizi igienici, all'assistenza sanitaria, all'acqua, all'alimentazione e all'istruzione, nonché per proteggere i bambini a rischio; ricorda che, oltre a offrire ai rifugiati e agli sfollati interni accoglienza e protezione, è necessario adoperarsi per migliorare la loro sicurezza economica, i contatti con i famigliari da cui si sono separati e la loro documentazione, affinché possano, nella misura del possibile, fare ritorno alle rispettive regioni di origine;
25. invita gli Stati e le autorità locali e regionali a porre in atto politiche di sicurezza umana a favore dei rifugiati, degli sfollati e dei gruppi più vulnerabili al fine di lottare contro il terrorismo, le violenze contro le donne, lo sfruttamento, il traffico di droghe, di armi e di merci nonché la tratta di esseri umani;
Assunzione di responsabilità e riforma delle istituzioni governative, giudiziarie e di sicurezza
26. ritiene che le attuali sfide in materia di diritti umani nella regione del Sahel non possano essere separate da una generale crisi della governance, che include una corruzione diffusa nel settore pubblico, una fornitura insufficiente di servizi di base, un'attuazione insoddisfacente dei diritti sociali ed economici e, soprattutto nelle vaste regioni sahariane, spesso scarsamente popolate, criticità profonde nell'attuazione dello Stato di diritto e nel mantenimento di efficaci controlli di frontiera; si rammarica dei danni che tale situazione arreca alla legittimità delle istituzioni e dei sistemi politici della regione; teme che in futuro possano scoppiare nuovi conflitti o disordini se tali questioni non saranno affrontate adeguatamente; rammenta che l'accesso delle popolazioni alle loro risorse naturali, all'istruzione, all'assistenza sanitaria e ai servizi pubblici è un diritto fondamentale che deve essere rispettato in modo efficace nell'ottica di risolvere in modo duraturo la questione dell'instabilità in questa regione;
27. prende atto con grande preoccupazione del ruolo che tali fattori svolgono nel favorire lo sviluppo della criminalità organizzata internazionale e delle reti terroristiche nella regione; sottolinea che questi fenomeni rappresentano una grave minaccia per i diritti umani, la stabilità regionale, la governance dello Stato, lo Stato di diritto e, di conseguenza, le prospettive di sviluppo, e che occorre affrontare tali minacce per il bene delle popolazioni del Sahel; esprime particolare preoccupazione per le «autostrade del traffico» che, grazie alla permeabilità delle frontiere, attraversano l'Africa da ovest a est e da sud a nord a partire dalla costa dell'Africa occidentale, facilitando il trasporto di armi, narcotici, sigarette, petrolio, medicinali contraffatti ed esseri umani; richiama l'attenzione sull'impatto che tali attività hanno sulla regione in generale, come pure sull'UE, che rappresenta la destinazione della maggior parte dei traffici illeciti; segnala la recente relazione sul Sahel del Segretario generale delle Nazioni Unite, secondo la quale le tradizionali rotte commerciali che attraversano il Sahel sono le più vulnerabili alle reti terroristiche e criminali; plaude agli sforzi profusi dai paesi del Sahel per combattere il terrorismo e la criminalità organizzata, in particolare in relazione al traffico di armi pesanti, e li esorta a rafforzare il coordinamento e la cooperazione regionali nonché a moltiplicare gli sforzi volti a mettere in sicurezza le frontiere terrestri comuni, coinvolgendo a tal fine l'ECOWAS; incoraggia altresì questi paesi a elaborare, di concerto con le Nazioni Unite e altri partner e attori internazionali, una strategia globale contro la tratta di esseri umani, che preveda tra l'altro la raccolta e l'analisi dei dati, azioni penali e sanzioni contro i trafficanti e misure che consentano la riabilitazione e l'integrazione sociale di tutte le vittime della tratta, in particolare donne e bambine; esorta i leader dei paesi del Sahel a cooperare per consolidare i sistemi di applicazione della legge, nell'ottica di estirpare qualsiasi forma di traffico illecito, e in particolare la tratta di esseri umani, che colpisce le donne più giovani e più povere della regione.
28. constata che il Sahel rischia di essere ulteriormente destabilizzato dalla proliferazione di armi leggere provenienti dalla Libia e da altre ripercussioni della situazione di tale paese; sottolinea che l'instabilità e la cattiva governance che interessano la Libia aggravano il traffico di armi nella regione e la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro (SALW), il traffico di droga e il commercio illegale;
29. condanna l'incremento dei casi di rapimento e presa in ostaggio nella regione, che si sono dimostrati altamente redditizi per i gruppi criminali e terroristici; si compiace del lavoro svolto dal gruppo consultivo del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani in relazione all'impatto sui diritti umani della presa di ostaggi da parte dei terroristi; chiede un sensibile rafforzamento della cooperazione tra i governi del Sahel e con i governi degli Stati aventi un ruolo chiave nella regione, come l'Algeria, la Libia, il Marocco e il Sudan, nonché con l'UE e con altri organi sovranazionali, nell'ottica di garantire risposte efficaci e coordinate a tali problemi da parte di istituzioni politiche, di sicurezza e giudiziarie;
30. ricorda che l'azione dei gruppi terroristici non ha frontiere e che le diverse organizzazioni si associano; rileva che il gruppo Boko Haram è fortemente radicato in Nigeria e minaccia la stabilità del Niger, e che il gruppo AQMI, diretto da tre algerini (Abou Zeid, Yahya Abou Al-Hammam e Mokhtar Belmokhtar), tenta di destabilizzare l'Algeria meridionale; accoglie con favore la missione dell'Unione europea di assistenza alle frontiere (EUBAM) in Libia, avente per obiettivo la sicurezza delle frontiere libiche; invita pertanto i paesi del Sahel a coordinare gli sforzi volti a garantire la sicurezza di tutta la regione, a partire dalle frontiere, e a intensificare la cooperazione nella lotta contro il terrorismo con tutti gli Stati coinvolti, compresi l'Algeria, la Nigeria, il Marocco e la Libia; invita l'UE, l'UA, l'ECOWAS e la comunità internazionale a fornire tutto il sostegno tecnico, materiale e umano di cui i paesi del Sahel avranno bisogno;
31. mette in guardia contro la diffusione dell'estremismo percepita nei paesi della Primavera araba (Tunisia, Egitto e Libia), e invita il vice presidente/alto rappresentante ad assumere un ruolo guida nel processo di cooperazione con i governi, le istituzioni e le organizzazioni della società civile di questi paesi in modo da sostenere processi di transizione effettivamente democratici, garantendo nel contempo la stabilizzazione delle regioni vicine che tendono a essere coinvolte in conflitti armati, in particolare il Sahel;
32. invita i paesi del Sahel ad avviare un'intensa collaborazione con il Senegal, la Guinea-Bissau e il Ghana, che costituiscono porti di transito per la droga inviata dai gruppi criminali dell'America latina e diretta in Europa; invita l'Unione europea a sostenere i paesi del Sahel nella lotta contro tali traffici;
33. ritiene pertanto cruciale incoraggiare la riforma delle istituzioni responsabili del potere giudiziario, della sicurezza e dei servizi di base nei paesi del Sahel, nell'ottica di contribuire a ripristinare lo Stato di diritto e creare migliori condizioni per la transizione democratica, i diritti umani, lo sviluppo sostenibile la legittimità istituzionale; incoraggia i governi del Sahel a dare seguito al processo di decentramento, a trasferire maggiori poteri e risorse alle autorità locali e a stimolare la loro capacità, legittimità e responsabilità; sottolinea, in particolare, l'importanza di predisporre chiare strutture di responsabilità per promuovere l'efficienza e la trasparenza, e invita l'UE a collaborare con le autorità locali per rafforzare i meccanismi per il controllo e la sorveglianza civili come pure le iniziative contro la corruzione; richiama inoltre l'attenzione sulla necessità, affermata nella nuova strategia regionale integrata delle Nazioni Unite per il Sahel, di sostenere il rafforzamento del controllo interno ed esterno, nonché i meccanismi di salvaguardia dell'integrità, per i funzionari incaricati dell'applicazione della legge, i membri della magistratura e i funzionari dei tribunali;
34. sottolinea l'imperativo, soprattutto per il Mali, di assicurare adeguate risorse umane e finanziarie al ministero della Giustizia e di garantire la formazione professionale del suo personale; insiste affinché i governi dei paesi del Sahel rispettino l'indipendenza e l'imparzialità della giustizia, che rappresentano garanzie fondamentali della democrazia e dello Stato di diritto; invita i paesi del Sahel a continuare ad adoperarsi per migliorare la formazione giudiziaria; sollecita l'Unione europea a sostenere i progetti delle ONG volti a sensibilizzare gli operatori del diritto in merito ai diritti umani; incoraggia inoltre le autorità maliane a perseguire i funzionari coinvolti in casi di corruzione e criminalità organizzata, quale misura cruciale per ripristinare la fiducia e ridurre il potenziale di instabilità futura; osserva che la criminalità organizzata genera corruzione in tutte le sfere dello Stato; invita dunque i paesi del Sahel a condannare fermamente tutte le forme di corruzione;
35. accoglie con favore l'enfasi posta dalla nuova strategia regionale integrata delle Nazioni Unite per il Sahel sulla necessità di elaborare e sostenere processi di ricerca della verità, consultazioni nazionali sulla giustizia di transizione, meccanismi di responsabilità giudiziaria e programmi di recupero, in particolare per le vittime di violenza sessuale; chiede all'UE di collaborare con le pertinenti agenzie delle Nazioni Unite per assistere i governi del Sahel nell'attuazione di tali riforme;
36. plaude all'accordo concluso tra il Senegal e l'Unione africana relativo all'istituzione di un tribunale speciale per processare l'ex presidente ciadiano Hissène Habré per crimini di guerra, tortura e crimini contro l'umanità, nonché all'accordo siglato tra i governi del Senegal e del Ciad inteso a consentire ai giudici senegalesi di condurre indagini in Ciad; incoraggia fortemente i leader politici dei paesi del Sahel, come pure tutte le autorità pubbliche, a precisare e a mettere rapidamente in atto la loro intenzione di porre fine alla cultura di impunità per i presunti criminali di guerra e responsabili delle violazioni dei diritti umani in Ciad e nella regione in generale; rileva a tale proposito che il Ciad rimane l'unico paese del Sahel a non aver sottoscritto il protocollo della Carta africana per i diritti dell'uomo e dei popoli relativo all'istituzione di un tribunale africano per i diritti dell'uomo e dei popoli; incoraggia il Ciad a provvedere in tal senso al fine di mandare un forte segnale circa il suo impegno a punire i sistematici abusi dei diritti umani e a fornire risarcimenti alle vittime; si rammarica inoltre della legge recentemente adottata dal Burkina Faso che concede l'amnistia ai capi di Stato; teme che ciò invii un messaggio errato ai responsabili delle violazioni dei diritti umani nella regione, in contraddizione con lo spirito di lotta all'impunità;
37. accoglie con favore la risoluzione pacifica della controversia sui confini tra il Niger e il Burkina Faso, i quali hanno adito la Corte internazionale di giustizia, che ha emesso la sua decisione il 16 aprile 2013, e sollecita i paesi del Sahel a seguire tale esempio;
38. invita i paesi del Sahel a cooperare con la CPI affinché essa possa condurre le proprie indagini liberamente e con la massima imparzialità; sollecita gli Stati parte a dare esecuzione ai mandati di arresto internazionali spiccati dalla CPI e ad applicarne le decisioni con la dovuta prontezza; propone che le Nazioni Unite aiutino i paesi del Sahel a istituire organi giudiziari imparziali e indipendenti incaricati di giudicare gli autori di crimini internazionali, seguendo l'esempio del tribunale speciale per la Sierra Leone; constata che la Mauritania è l'unico paese del Sahel e uno dei pochi paesi africani a non aver aderito allo statuto di Roma della CPI; incoraggia tale paese a provvedere in tal senso per mandare un forte segnale di rifiuto della cultura dell'impunità; sottolinea a tale proposito l'importanza di elaborare una politica dell'UE in materia di giustizia di transizione, come specificato nel suo piano d'azione sui diritti umani;
39. invita tutti i paesi della regione a intervenire rapidamente a fronte delle ripetute denunce relative a presunti casi di arresti arbitrari, maltrattamenti e abusi, nonostante la legge vieti tali pratiche; manifesta particolare preoccupazione per le presunte torture inflitte nei centri di detenzione e per gli arresti arbitrari di migliaia di migranti in Mauritania, come pure per il rifiuto delle autorità di comunicare alle famiglie, a distanza di due anni, dove sono detenuti alcuni condannati; si dichiara altresì allarmato che in Ciad vengano segnalati maltrattamenti di massa nelle prigioni, detenzioni senza processo e centinaia di sfratti a N'Djamena, nonché sparizioni forzate di prigionieri; sottolinea che le sparizioni forzate sono considerate un crimine di guerra a norma dello statuto di Roma; condanna le condizioni deplorevoli che, secondo le segnalazioni, si registrano in alcune carceri della regione, in particolare in Ciad e in Mali, a causa del mancato accesso all'assistenza sanitaria di base e delle grandi sofferenze inflitte ai detenuti; chiede ai paesi del Sahel di migliorare le condizioni di vita dei prigionieri e, in particolare, di garantire la sicurezza dei gruppi più vulnerabili, in particolare le donne e i bambini; richiama inoltre l'attenzione sulle recenti sentenze capitali emesse dalla magistratura maliana per crimini quali rapine, associazione a delinquere e possesso illegale di armi da fuoco;
Libertà civili e governance democratica
40. sottolinea che l'imperativo della sicurezza nell'attuale conflitto in Mali non deve distogliere dall'obiettivo prioritario di assicurare nella regione un dialogo nazionale inclusivo, la buona governance e riforme democratiche in quanto motore della stabilità e della sostenibilità politica; constata che questi temi sono indissolubilmente legati a un miglioramento nei settori dello sviluppo e dei diritti umani; esorta tutte le parti in Mali a essere di esempio per il resto della regione nel raggiungimento di tali obiettivi;
41. sostiene l'impegno, sancito nella risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, di assistere le autorità di transizione del Mali nell'attuazione della tabella di marcia verso il pieno ripristino dell'ordine costituzionale, della governance democratica e dell'unità nazionale, elementi essenziali dell'intero processo di pace; ritiene essenziale creare condizioni che favoriscano lo svolgimento di elezioni libere, giuste e democratiche, in linea con le norme internazionali; sottolinea la necessità di superare le criticità inerenti alle modalità di voto nei campi degli sfollati e dei rifugiati onde evitare l'ulteriore emarginazione politica; chiede che siano intraprese in merito azioni immediate da parte del governo maliano e dei suoi partner internazionali; plaude all'accordo firmato tra il governo maliano e i ribelli tuareg che prepara la strada al ritorno dell'esercito e dell'amministrazione maliani nel Nord ed elimina un importante ostacolo alle elezioni presidenziali di luglio; sottolinea la necessità di garantire la partecipazione sicura delle donne al processo elettorale;
42. accoglie con favore il ricorso a una missione di osservazione elettorale dell'UE per le elezioni maliane; rammenta, tuttavia, la necessità che il SEAE garantisca un adeguato seguito alle raccomandazioni della missione di osservazione elettorale e, più in generale, la loro integrazione a lungo termine nella politica dell'UE; ritiene in particolare che la missione di osservazione elettorale possa aggiungere valore alle elezioni nel Sahel grazie alla possibilità di monitorare aspetti relativi ai diritti umani e di fornire resoconti alle delegazioni dell'UE al fine di stimolare interventi adeguati, se necessario;
43. chiede al governo maliano e alla comunità internazionale di trarre insegnamenti dalla transizione democratica nel Niger e dal relativo processo costituzionale nel 2010-2011, specialmente per quanto riguarda l'ampia consultazione della società civile e degli altri attori coinvolti, gli sforzi compiuti per promuovere la partecipazione politica delle donne in qualità di candidate, nonché il sostegno dei partner della società civile nella realizzazione dell'osservazione elettorale da parte dei cittadini, nella sensibilizzazione degli elettori e nelle attività inerenti alle elezioni; sottolinea l'importanza, per l'intera regione del Sahel, di un sostegno continuo al Niger onde consolidare la fiducia dei cittadini nel sistema democratico e dare seguito al nuovo requisito costituzionale relativo all'incremento della trasparenza e alla lotta alla corruzione nella gestione delle industrie estrattive, anche pubblicando tutti i principali contratti minerari e le informazioni sui profitti che ne derivano;
44. si rammarica profondamente delle limitazioni alla libertà di espressione, riunione e associazione nel Sahel; esprime particolare preoccupazione per le notizie di vessazioni, intimidazioni e arresti ai danni di giornalisti, oppositori politici, sindacalisti, esponenti ecclesiastici e altri attivisti della società civile e difensori dei diritti umani in Ciad; esprime ulteriore preoccupazione circa gli arresti e le presunte violenze contro dimostranti pacifici in Mauritania e i presunti tentativi di mettere a tacere l'opposizione in Mali, anche mediante l'arresto di giornalisti e oppositori politici e censurando i mezzi d'informazione; sottolinea a tale riguardo l'importanza di sostenere nel Sahel i difensori dei diritti umani, una società civile indipendente, comprese le associazioni di donne, e mezzi di comunicazione liberi in quanto attori fondamentali nella vita di una società democratica, specialmente nel periodo elettorale; plaude agli sviluppi positivi in materia di libertà di espressione, riunione e associazione in altre aree della regione e incoraggia l'UE a cooperare con i partner locali per continuare a stimolare i miglioramenti; chiede inoltre all'UE di incoraggiare e facilitare una mappatura della società civile quale base per un sostegno più efficace; raccomanda che l'UE aiuti la società civile e i difensori dei diritti umani da un punto di vista strategico e finanziario, avviando scambi a lungo termine, anche tramite le pertinenti delegazioni dell'UE;
45. ritiene che la protezione e la promozione della libertà di parola sia essenziale nello sviluppo di una società civile attiva e impegnata che possa contribuire adeguatamente allo sviluppo dell'intera regione; condanna, a tal proposito, ogni tentativo di censura, intimidazione di giornalisti o attivisti per i diritti umani e qualsiasi pressione diretta o indiretta esercitata sui mezzi d'informazione privati o pubblici;
46. chiede agli Stati del Sahel di cessare gli arresti arbitrari e le campagne intimidatorie nei confronti della stampa e dei media, dei difensori dei diritti umani o dei membri dell'opposizione; invita gli Stati del Sahel e della regione sahariana, compresi gli Stati dell'Africa settentrionale, a rispettare pienamente la libertà di espressione e di manifestazione dei gruppi pacifisti; invita le autorità giudiziarie a processare gli oppositori incarcerati nel rispetto del diritto vigente e nel quadro di un giusto processo; chiede agli Stati del Sahel di promuovere il multipartitismo e di permettere alle formazioni politiche che rispettano lo Stato di diritto di presentarsi alle elezioni senza timore di rappresaglie e alla popolazione di partecipare alle elezioni;
Sviluppo, aiuti umanitari e diritti umani
47. riafferma il nesso indissociabile tra sicurezza e sviluppo nei paesi del Sahel, quale delineato nella strategia dell'Unione europea per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel per il 2011; sottolinea l'importanza, per il successo a lungo termine delle politiche per lo sviluppo, di una stabilità in materia di sicurezza, economia, politica, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nella regione del Sahel; ricorda, ciononostante, che per ripristinare la sicurezza nella regione è indispensabile investire negli aiuti allo sviluppo, affinché la popolazione riceva le risorse necessarie a rafforzare la stabilità nella zona; ritiene che in questo modo si eviteranno in buona misura i casi di traffico e operazioni illegali causati dalla povertà estrema e dalla mancanza di mezzi e prospettive;
48. constata con la dovuta serietà la povertà estrema e dilagante nel Sahel, in particolare in Mali, Niger, Ciad e Burkina Faso, ma anche in Mauritania; riconosce le ripercussioni negative della povertà sulle prospettive di realizzazione dei diritti umani; constata che la povertà e il sottosviluppo colpiscono in modo sproporzionato le donne e le bambine e manifesta grave preoccupazione per gli alti tassi di mortalità relativi alle madri e ai bambini al di sotto dei cinque anni nella regione; richiama l'attenzione sulla relazione inversamente proporzionale tra il livello di istruzione delle madri e il tasso di mortalità infantile; rammenta dunque l'importanza di promuovere la scolarizzazione delle ragazze; sottolinea i riscontri delle Nazioni Unite, che segnalano tassi di mortalità inferiori tra le madri più istruite, quale invito alla mobilitazione a favore dell'istruzione universale e accessibile; sottolinea che la rapida crescita demografica, spesso a tassi annuali superiori al 3%, esercita un'ulteriore pressione sulla capacità dei governi di proteggere finanche i più basilari diritti economici e sociali; ritiene pertanto necessario migliorare l'accesso ai servizi sanitari e in particolare, per quanto concerne i diritti sessuali e riproduttivi, l'accesso ai servizi di pianificazione familiare;
49. sottolinea l'interdipendenza di sviluppo, democrazia, diritti umani, buon governo e sicurezza nella regione del Sahel; ribadisce il proprio sostegno all'approccio basato sui diritti umani e alla titolarità democratica nella cooperazione allo sviluppo, che si basano sulla promozione della partecipazione locale e della conoscenza per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sul campo, nonché a meccanismi di controllo solidi, efficaci e indipendenti che coinvolgano i parlamenti, altri organismi autenticamente rappresentativi e la società civile locale e regionale a livello nazionale e internazionale; ricorda e sostiene gli impegni dell'UE per attuare un approccio basato sui diritti umani nell'ambito della cooperazione allo sviluppo dell'UE, come indicato anche nella strategia dell'UE in materia di diritti umani e nel suo piano d'azione;
50. ricorda la necessità di subordinare l'aiuto allo sviluppo a favore degli Stati al loro rispetto dei diritti fondamentali; ribadisce che l'assegnazione efficace dei fondi a titolo dell'aiuto europeo allo sviluppo impone la capacità da parte dell'Unione di controllarne efficacemente l'utilizzo, assicurandosi che non vengano deviati dal loro impiego iniziale; riafferma la necessità, ai fini di una promozione efficace dei diritti umani, di migliorare la coerenza tra le politiche esterne e interne dell'Unione conformemente agli obiettivi dell'UE in materia di sviluppo;
51. invita la Commissione ad applicare, conformemente alle necessità della popolazione previamente identificate nel Sahel, tutti i fondi disponibili per lo sviluppo: strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, fondo europeo per lo sviluppo, strumento di finanziamento della cooperazione allo sviluppo, fondo per la resilienza del Sahel;
52. invita l'Unione europea a sostenere tutte le azioni intraprese dagli Stati del Sahel, dalle ONG e dalla società civile per migliorare l'accesso alle cure sanitarie soprattutto per le popolazioni più vulnerabili; invita le organizzazioni internazionali a continuare a lottare contro l'HIV/AIDS, la tubercolosi, la malaria e la meningite, che causano numerose vittime; sottolinea la necessità di progettare e attuare programmi sanitari al fine di rafforzare i sistemi sanitari, tenendo conto del fatto che la crisi economica globale ha reso più difficile i progressi su HIV/AIDS, tubercolosi, malaria e altre malattie; rammenta che talune popolazioni del Sahel sono nomadi e hanno difficoltà ad accedere alle cure; invita pertanto a sostenere le campagne di sensibilizzazione e di formazione in campo sanitario;
53. denuncia che i tagli di bilancio in settori quali la sicurezza alimentare, la sanità e l'istruzione, fattori chiave per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, contribuiscono ad aggravare le crisi alimentari e umanitarie che si verificano nella regione del Sahel; sottolinea che gli interventi strutturali nei settori dell'agricoltura, della sicurezza alimentare e dell'alimentazione, nonché misure concrete per eliminare il fenomeno dell'accaparramento delle terre, sono fondamentali per promuovere la crescita inclusiva e sostenibile e per evitare che le crisi alimentari nella regione del Sahel si ripetano anno dopo anno;
54. ritiene che l'instabilità politica nella regione del Sahel, combinata alla grave siccità che colpisce milioni di persone, costituisca una seria minaccia alla democrazia, allo Stato di diritto e al rispetto dei diritti umani e socio-economici, avendo ripercussioni negative sulle condizioni di vita della popolazione; ribadisce che lo Stato di diritto, il buon governo e il rispetto dei diritti umani sono indispensabili per la stabilità degli Stati, la sicurezza e il rispetto delle libertà fondamentali;
55. sollecita le autorità locali e regionali, in relazione con la società civile, a predisporre le condizioni efficaci di sicurezza e di rispetto dei diritti umani all'interno dei paesi del Sahel e alle relative frontiere, nell'ottica di uno sviluppo ottimale delle politiche di sviluppo e delle politiche legate all'aiuto umanitario;
56. invita i governi dei paesi del Sahel ad affrontare le cause profonde della crisi, con una strategia di sviluppo economico sostenibile che risponda alle preoccupazioni politiche, economiche e sociali dei cittadini, quali l'accesso alle risorse alimentari, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, l'occupazione, gli alloggi, la ridistribuzione della ricchezza, condizioni di vita dignitose, ecc.;
57. sottolinea la necessità di combattere la corruzione per migliorare la legittimità istituzionale e contrastare le crescenti sfide di sviluppo e in materia di diritti umani nella regione; constata che l'accesso all'assistenza sanitaria e all'istruzione di base è stato gravemente compromesso da diverse forme di corruzione; sottolinea ulteriormente l'importanza di una società civile e di mezzi di comunicazioni liberi e organizzati per monitorare e denunciare gli abusi;
58. rileva che il ruolo delle donne è essenziale per lo sviluppo nella regione del Sahel, in particolare in materia di alimentazione, sicurezza alimentare e produzione di alimenti, dal momento che sono le principali responsabili dell'agricoltura, sebbene continuino ad avere a malapena accesso alla proprietà delle terre che coltivano; invita la Commissione a riconoscere il ruolo fondamentale delle donne, quali piccoli agricoltori, per la sicurezza alimentare e a investire in programmi che diano loro sostegno specifico; ribadisce che la strategia dell'UE deve anche incentrarsi su azioni volte a far sì che i più vulnerabili, soprattutto nelle aree rurali, possano beneficiare delle opportunità di formazione agricola, d'istruzione sulla nutrizione, di buona salute, di buone condizioni di lavoro e di una rete di sicurezza in caso di necessità; sottolinea che, affinché i piccoli agricoltori, in particolare le donne, possano non solo produrre in modo sostenibile, ma anche sviluppare la loro capacità produttiva, è necessario un maggiore accesso al microcredito, che consenta di investire in sementi, fertilizzanti e meccanismi d'irrigazione migliori e di ottenere gli strumenti necessari per proteggere le colture da calamità e malattie;
59. insiste sull'urgenza di concedere aiuti umanitari dell'UE che contribuiscano alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio; sottolinea l'importanza dell'obiettivo relativo al miglioramento della salute delle madri per ridurre la mortalità materna e conseguire l'accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e alla pianificazione familiare; ribadisce l'importanza dell'istruzione e della sensibilizzazione in materia di salute sessuale e riproduttiva come parte integrante del programma per la salute delle donne;
60. osserva che vi sono segni allarmanti secondo cui la regione del Sahel sarà colpita quest'anno da una grave crisi alimentare e nutrizionale e invita la Commissione a garantire adeguatamente i suoi aiuti umanitari alla regione;
61. sottolinea le questioni urgenti relative a carestie, siccità, fame persistente e il fatto che il governo nazionale non riesca a garantire la sicurezza alimentare di base, forze che determinano la disillusione locale; riafferma la necessità di migliorare la capacità del governo locale di garantire la sicurezza alimentare mediante maggiori finanziamenti e sostegno politico all'iniziativa AGIR-Sahel, anche quale approccio regionale e globale per contrastare la causa fondamentale dell'insicurezza alimentare;
62. invita l'Unione a porre in essere, in collaborazione con i paesi del Sahel, politiche prioritarie di sviluppo basate su un approccio incentrato sui diritti dell'uomo e sulle libertà fondamentali e mirate ad attenuare la crisi alimentare e i problemi della malnutrizione e della fame, resistere alla siccità e lottare contro le catastrofi naturali; invita la Commissione a garantire un impiego ottimale dei fondi destinati alla lotta contro la malnutrizione (123,5 milioni di euro nel 2012), conformemente a dette politiche prioritarie, al fine di soddisfare le esigenze della popolazione colpita e sostenere lo sviluppo delle capacità locali di questi paesi per garantire un impatto positivo degli aiuti;
63. ricorda che è necessario un impegno a lungo termine per costruire la resistenza alla siccità nel Sahel ed evitare così le crisi alimentari ricorrenti e il ricorso a ingenti aiuti umanitari ogni volta che si verifica un nuovo episodio di siccità; sottolinea che tale impegno necessita di un partenariato duraturo tra i governi, le istituzioni regionali, i donatori e le istituzioni finanziarie, sul modello dell'iniziativa AGIR Sahel avviata dall'Unione europea;
64. rileva, con particolare preoccupazione, che l'accesso all'acqua potabile rappresenta ancora un problema in tutta la regione del Sahel; ribadisce che, al fine di conseguire lo sviluppo della regione, l'attenzione principale va posta sul soddisfacimento delle esigenze di base della popolazione della regione; sottolinea che una parte importante degli aiuti allo sviluppo forniti dall'UE devono essere destinati a tale questione; accoglie con favore, a tale proposito, tutte le iniziative internazionali volte a ridurre la carenza idrica nella regione del Sahel;
65. sottolinea che per migliorare la vita quotidiana degli abitanti del Sahel e sostenere lo sviluppo di una regione che nel 2040 conterà 150 milioni di persone è necessario un approccio a lungo termine fondato sull'accesso all'istruzione per tutti;
66. incoraggia gli Stati del Sahel e gli attori regionali, insieme all'ONU, a mobilitare nuove risorse per lo sviluppo; plaude alle consultazioni avviate dall'inviato speciale per il Sahel del Segretario generale dell'ONU con la Banca africana di sviluppo e raccomanda che tali consultazioni siano estese alla Banca mondiale e ad altri istituti finanziari internazionali, al fine di creare un fondo di azione per il Sahel; si congratula per la piattaforma integrata per le risorse del fondo proposto che coordina i progetti di sviluppo regionale rispetto alle esigenze specifiche dei paesi del Sahel; incoraggia l'UE ad adattare e coordinare di conseguenza la sua strategia;
67. esprime preoccupazione in merito alla situazione generale dell'estrazione dell'uranio nel Sahel, in particolare alla luce dell'attacco da parte del MUJAO a una miniera ad Arlit nel Niger settentrionale il 23 maggio 2013; sottolinea che importanti violazioni della sicurezza vicino alle miniere di uranio del Niger possono rivelarsi disastrose per le popolazioni locali e per la stabilità regionale e invita quindi le autorità del Niger e i loro partner internazionali a prestare la massima attenzione alla sicurezza; sottolinea inoltre l'importanza di garantire la sicurezza nell'estrazione dell'uranio; chiede altresì alle società estrattive di assicurare che l'estrazione dell'uranio avvenga in modo responsabile, con il pieno consenso delle comunità locali e con il minimo impatto negativo sulle popolazioni circostanti e sul loro ambiente;
68. constata, con la dovuta gravità, le frequenti crisi alimentari e nutrizionali e le altre emergenze umanitarie nella regione del Sahel e l'effetto che queste hanno sui più fondamentali diritti umani; plaude al forte coinvolgimento dell'UE e dei suoi Stati membri nelle azioni di contrasto della crisi umanitaria nel Sahel; sottolinea che la lotta all'insicurezza alimentare è essenziale sia per facilitare la pace sia per migliorare il rispetto dei diritti umani; ritiene che, a tal fine, occorra stimolare la produzione locale e la proprietà e migliorare le reti di distribuzione e la mobilità delle risorse; osserva che l'aiuto fornito dalla Commissione europea nel 2012 per far fronte alle crisi alimentari e nutrizionali è stato pari a 338 milioni di euro, di cui 174 destinati all'emergenza umanitaria, e che la DG ECHO ha mobilitato aiuti umanitari per 172 milioni di euro, 58 dei quali sono stati utilizzati in Mali;
69. invita l'Unione a proseguire e intensificare l'azione volta a potenziare l'aiuto umanitario nel Sahel, a garantire uno stretto coordinamento tra le agenzie internazionali di aiuto umanitario, la società civile, le autorità locali e regionali e i governi, a mobilitare gli importi necessari nell'ambito del decimo FES (660 milioni di euro per il periodo 2007-2013) e del fondo AGIR (Alleanza globale per l'iniziativa resilienza) (172 milioni di euro per il 2012); accoglie con favore la dotazione di bilancio di 1,5 milioni di euro assegnata al programma AGIR-Sahel a titolo dell'11° FES, al fine di migliorare la resilienza degli Stati del Sahel;
70. sottolinea la necessità che tutti i paesi del Sahel attuino politiche a favore delle infrastrutture sociali di base e delle reti di base (depurazione, consulenti medici, trasporti, telecomunicazioni) per una fornitura neutrale, universale e senza restrizioni, corretta ed efficace dell'aiuto umanitario; si attende dagli Stati e dalle autorità locali e regionali un impegno per consolidare e garantire l'accessibilità di tali reti;
Situazione dei diritti umani di donne, bambini e minoranze
71. condanna energicamente l'attuale schiavitù, spesso trasmessa per via ereditaria, nella regione del Sahel, e in particolare in Mauritania, che si presume interessi un'importante minoranza della popolazione; segnala che la schiavitù si inserisce in un rigido sistema di caste e persiste nonostante l'abolizione ufficiale della schiavitù nel paese nel 1981 e l'esplicita dichiarazione della sua rilevanza penale nel 2007; è estremamente preoccupato per il carattere istituzionalizzato di tale pratica, fino alle sfere dell'amministrazione pubblica; rileva inoltre che il governo mauritano è assai riluttante a riconoscere l'esistenza di una schiavitù perenne e diffusa e che, a oggi, si conosce solo una causa contro un proprietario di schiavi in cui ci sia stata un'effettiva azione penale; invita il governo mauritano a dimostrarsi all'altezza dei suoi impegni e obblighi nazionali e internazionali a favore di un'efficace cessazione di qualunque forma di schiavitù e ad attuare leggi di condanna della schiavitù che prevedano tra l'altro procedure di risarcimento; invita inoltre le autorità mauritane a porre fine alle vessazioni e alla reclusione degli attivisti della società civile che militano per l'abolizione della schiavitù, anche per le accuse di apostasia; invita a tale proposito la Commissione e gli Stati membri a continuare a sostenere le attività delle organizzazioni mauritane e internazionali che lottano contro la schiavitù, incluso il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di schiavitù e l'Organizzazione internazionale del lavoro;
72. constata con grande preoccupazione la persistenza della schiavitù nella più ampia regione del Sahel, dove un gran numero di persone è vittima del lavoro coatto nel Mali, nel Niger e non solo; esorta le autorità nazionali e internazionali competenti ad agire in tal senso, monitorando l'applicazione della legislazione che vieta e criminalizza la schiavitù, prestando particolare attenzione alla posizione e alla vulnerabilità di donne e bambine; incoraggia lo sviluppo da parte delle autorità di programmi tesi, tra l'altro, a fornire assistenza nella riabilitazione e reintegrazione delle vittime, nella raccolta di dati e nell'organizzazione di campagne di sensibilizzazione dal momento che la schiavitù è considerata da molti come una condizione naturale e tale gerarchia sociale è fortemente radicata a livello culturale; incoraggia le autorità locali a sviluppare strategie e programmi tesi a integrare nella società gli ex schiavi garantendo mezzi di sostentamento e un adeguato accesso al lavoro;
73. esprime preoccupazione per la violazione dei diritti fondamentali dei minori nel Sahel, in particolare la violenza e le discriminazioni di genere, il diffuso lavoro minorile, la presunta detenzione di minori in carceri per adulti in Mauritania, in Mali e altrove, e il reclutamento di bambini soldato nell'esercito regolare del Ciad; chiede all'UE di collaborare strettamente con i governi del Sahel per garantire l'eliminazione di tali pratiche;
74. esprime profonda preoccupazione per i casi di lavoro minorile nelle miniere d'oro, nell'agricoltura, nella silvicoltura e in altri settori dell'economia nel Mali, che vedrebbe coinvolti bambini di non più di sei anni; prende atto delle leggi degli Stati del Sahel che vietano il lavoro minorile e della natura particolarmente pericolosa dell'estrazione dell'oro; chiede pertanto alle autorità maliane di attuare le proposte politiche contenute nel suo piano d'azione per la lotta contro il lavoro minorile (PANETEM) di giugno 2011 e di promuovere più attivamente l'istruzione universale; invita l'UE a lavorare con l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e con altre organizzazione nazionali e internazionali per eliminare pienamente il lavoro minorile nel Mali; invita tutti gli Stati del Sahel a lottare contro il lavoro minorile e a promuovere l'istruzione;
75. constata, con forte preoccupazione, che secondo le statistiche delle ONG, oltre tre milioni di minori di età inferiore ai 17 anni lavorano in Mali; deplora tale situazione, in particolare perché risulta in una riduzione del tasso di istruzione e del tasso di alfabetizzazione;
76. rammenta che l'Unione europea aderisce ai principi del processo di Kimberley, attua i programmi figuranti nel piano d'azione dell'UE per l'applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (FLEGT) e si adopera, in maniera generale, per promuovere il rispetto delle norme internazionali fondamentali in materia di protezione sociale, lavoro e ambiente, nonché la responsabilità sociale delle imprese; invita l'Unione europea e gli Stati del Sahel a considerare un processo di tracciabilità dell'oro sulla falsariga del processo di Kimberley per i diamanti; insiste sulla necessità che le imprese europee che hanno filiali nei paesi della regione si assicurino del rispetto di tali norme fondamentali, nonché delle linee guida internazionali in materia di RSI; ricorda che l'Unione europea attuerà prossimamente il principio della rendicontazione paese per paese;
77. è profondamente preoccupato per i resoconti che riguardano i rapimenti di minori finalizzati alla richiesta di un riscatto e alla loro vendita in Ciad e in altri paesi della regione; rileva che i minori sono vittima della tratta sia nel paese sia all'estero finalizzata al lavoro forzato, ai matrimoni forzati e allo sfruttamento sessuale; rileva inoltre che, in taluni casi, i minori sono stati rapiti e venduti alle agenzie di adozione internazionali;
78. invita gli Stati del Sahel a promuovere l'accesso all'istruzione per tutti i bambini, maschi e femmine, e per le popolazioni nomadi senza discriminazioni in base alla razza, alla casta o all'etnia; invita altresì gli Stati del Sahel a promuovere le politiche di formazione professionale, di accesso all'insegnamento superiore e al lavoro, al fine di dare una prospettiva per il futuro ai giovani del Sahel, deviandoli così dai gruppi terroristici; insiste affinché le condizioni di vita dei bambini nelle scuole rispettino le condizioni minime di igiene, sicurezza e dignità, e si garantisca che i bambini non vengano maltrattati o costretti all'accattonaggio dal loro tutore;
79. sollecita l'attuazione e il monitoraggio di politiche sanitarie e scolastiche efficaci nei confronti delle popolazioni più vulnerabili, come le donne e i bambini, al fine di avvicinarsi agli obiettivi di sviluppo del Millennio: istruzione di base per tutti, migliorare la salute materna e accesso alle cure per tutti, lotta contro l'AIDS-HIV e tutte le malattie infettive; invita l'Unione europea a fare della gioventù una priorità della propria azione nel Sahel nel quadro dell'undicesimo FES e ad elaborare una politica ambiziosa in materia d'istruzione; ricorda l'importanza di politiche dedicate alle donne, nonché all'accesso all'occupazione;
80. riconosce l'importante ruolo svolto dalle donne nella stabilizzazione e nello sviluppo del Sahel e invita a rafforzare la loro influenza preponderante nella prevenzione dei conflitti, nel mantenimento e nella ricostruzione della pace, nonché nei settori della sicurezza, della politica e dello sviluppo economico; incoraggia i partner allo sviluppo ad accordare un sostegno finanziario a favore di progetti tesi specificatamente all'aumento dell'emancipazione delle donne della regione;
81. esprime preoccupazione per la discriminazione di cui sono oggetto donne e bambine in gran parte della regione, che si esplicita, tra le altre cose, con i matrimoni forzati, i matrimoni tra minori, lo sfruttamento sessuale, la scarsa istruzione e la pratica diffusa della mutilazione genitale femminile, inclusa l'infibulazione, nonché le pratiche consuetudinarie del sororato e del levirato nonché per quanto riguarda l'accesso all'istruzione, a un posto di lavoro con tutela di diritti e alle cure sanitarie; invita ad adottare politiche per la tutela dei diritti umani e l'uguaglianza di genere in cooperazione con tutti gli attori dello sviluppo in loco, in particolare per il rispetto, la protezione e la promozione dei diritti delle donne, tra cui i diritti sessuali e riproduttivi, senza discriminazioni in base alla razza, alla casta, all'età, all'appartenenza etnica o religiosa, allo stato civile, all'origine, o alla condizione o meno di migrante; sottolinea che sono necessari maggiori sforzi per garantire che le riforme relative alla governance e allo Stato di diritto rispondano alle specifiche esigenze delle donne;
82. esorta i paesi del Sahel ad adottare leggi e misure concrete che vietino e sanzionino qualsiasi forma di violenza nei confronti delle donne, ivi compresa la violenza domestica e sessuale, le molestie sessuali e le pratiche tradizionali lesive quali la mutilazione genitale femminile e i matrimoni forzati, in particolare nel caso di minori; sottolinea l'importanza della tutela delle vittime e della prestazione di servizi specifici, e di lottare contro l'impunità degli aggressori, garantendo che i reati in questione siano indagati, giudicati e sanzionati realmente, e che tutte le donne dispongano di pieno accesso alla giustizia, senza nessun tipo di discriminazione per motivi religiosi o di origine etnica; sottolinea che la violenza domestica non è una questione familiare privata, né sono accettabili le giustificazioni della violenza che si richiamano a convinzioni culturali o religiose;
83. esorta gli Stati del Sahel a rivedere le proprie leggi relative alle donne e ai diritti di proprietà; sottolinea l'importanza del fatto che le donne siano proprietarie della terra che coltivano e su cui vivono;
84. esorta la comunità internazionale a stanziare più fondi a favore del progresso dei diritti delle donne e dell'emancipazione nella regione; plaude agli sforzi dell'Unione africana a favore dei diritti delle donne e ricorda il ruolo chiave svolto dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS) ai fini della stabilità nella regione; invita gli Stati del Sahel a intensificare la cooperazione, al fine di organizzare campagne di sensibilizzazione a favore dei diritti delle donne con le ONG, la società civile, l'ONU e l'Unione europea; chiede all'UE di cooperare con gli attori regionali per promuovere l'istruzione delle bambine e per sostenere misure volte a stimolare la sicurezza finanziaria e il potenziale delle donne come un elemento essenziale per assicurare l'emancipazione sociale, politica ed economica; incoraggia inoltre un'enfasi in ambito politico sul miglioramento dell'assistenza sanitaria per le donne;
85. invita altresì gli Stati del Sahel a garantire che tutte le bambine siano registrate alla nascita e che di conseguenza tutte siano iscritte all'istruzione scolastica primaria;
86. invita la Commissione, il SEAE e il Consiglio a incoraggiare più paesi della regione ad adottare esplicite disposizioni nelle rispettive legislazioni e ad attribuire la priorità a proporre programmi volti a garantire i diritti delle donne e delle bambine, in particolare attraverso l'accesso ai servizi pubblici, compresa l'istruzione, ma anche l'accesso alla sanità, ai diritti sessuali e riproduttivi, a prestiti sicuri per le risorse alimentari, a terre e risorse produttive, innanzitutto nelle aree rurali, e l'accesso alle cure sanitarie e al sistema giudiziario, per rafforzare l'indipendenza economica delle donne, in particolare aiutandole a passare dal settore informale a quello formale, la loro partecipazione alla presa di decisioni politiche ed economiche e l'eliminazione di qualsiasi forma di violenza nei confronti delle bambine e delle donne, incluse l'eradicazione dei matrimoni forzati in tenera età e la barbara pratica della mutilazione genitale femminile;
87. chiede ai rappresentanti speciali dell'UE per il Sahel e per i diritti dell'uomo di sviluppare azioni comuni per una migliore garanzia dei diritti della donna nella regione, lottando in particolare contro l'impunità per le violenze basate sul genere e tutte le altre violenze che colpiscono la dignità delle donne; insiste affinché la Commissione, il SEAE e gli Stati partner facciano dei diritti della donna e della parità di genere una priorità nei programmi di aiuto bilaterale, e che prevedano un finanziamento duraturo e prevedibile delle iniziative dedicate all'aumento dell'emancipazione delle donne e all'uguaglianza tra i sessi; condanna in particolare il ricorso alla violenza in quanto principale ostacolo alla fruizione della libertà sociale ed economica delle donne; evidenzia che la promozione della parità fra uomini e donne dovrebbe essere considerata una questione trasversale;
88. accoglie con favore lo status giuridico delle relazioni omosessuali nel Mali, Niger, in Ciad e Burkina Faso; lamenta, tuttavia, la discriminazione sociale ancora presente; esprime gravi preoccupazioni circa l'utilizzo delle leggi sull'«oltraggio al pudore» e delle leggi che proibiscono l'associazione «a fini immorali» quando si tratta della comunità LGBT nel Mali e nell'intera regione; auspica che le vittime dell'oppressione durante la rivolta nel Mali settentrionale possano reintegrarsi nella loro società in condizioni di sicurezza; manifesta profonda preoccupazione per la continua criminalizzazione delle relazioni LGBT in Mauritania, che, per gli uomini, comporta formalmente la pena di morte mediante lapidazione pubblica; nota tuttavia che non vi sono prove documentate dell'applicazione di tale pena; esorta comunque il governo mauritano a lavorare con la società civile per riformare la propria legislazione e contribuire a migliorare la vita dei cittadini LGBT;
89. ritiene che un approccio alla situazione e allo sviluppo del popolo tuareg basato sui diritti, che affronti con onestà le rivendicazioni storiche e tenga presente che il popolo tuareg vive in zone dove sono presenti anche altri gruppi etnici, sia essenziale per la pace e lo sviluppo nella regione del Sahel; si compiace degli sviluppi osservati in Niger a tal proposito, ma invita tutti i paesi caratterizzati da una consistente popolazione tuareg, compresi i paesi non appartenenti al Sahel come l'Algeria e la Libia, a cooperare con i rappresentanti della comunità per giungere a una soluzione politica e istituzionale dei problemi del sottosviluppo e dell'animosità; constata inoltre la varietà delle culture che compongono la regione del Sahel; ritiene che occorra permettere a queste popolazioni di ritrovare la coesistenza pacifica; incoraggia i governi della regione a includere tutte suddette popolazioni nei dialoghi sociali e politici e nei processi decisionali;
Raccomandazioni politiche dell'UE per il Sahel
90. accoglie con favore la nomina dell'RSUE per il Sahel e la forte componente di diritti umani che ne caratterizza il mandato; si aspetta che il nuovo RSUE cooperi strettamente con l'RSUE per i diritti umani, con l'Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale, con l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti dell'uomo e con i difensori e gli osservatori dei diritti umani presenti nella regione, al fine di promuovere il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale; chiede un adeguato coordinamento tra l'RSUE per il Sahel e, in particolare, l'RSUE per il Mediterraneo meridionale, nonché l'RSUE per il Corno d'Africa, date le forti implicazioni regionali delle crisi africane, che tendono ad avere effetti di ricaduta e sottintendono considerazioni di carattere geostrategico; esorta l'Unione europea, a tal riguardo, ad adoperarsi per coordinare efficacemente tutti i suoi sforzi in Africa, in particolare le attività di gestione delle crisi e quelle post-conflitto; invita pertanto il vicepresidente/alto rappresentante a garantire tale coordinamento;
91. sottolinea l'importanza di attuare gli impegni politici dell'UE in materia di diritti umani, compresi i suoi orientamenti sui bambini e i conflitti armati, sulle violenze contro le donne e la lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti, sull'osservanza del diritto internazionale umanitario, sulla protezione dei civili nelle missioni e operazioni PSDC, così come la politica di approccio globale dell'UE riguardo all'attuazione delle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza dell'ONU concernenti le donne, la pace e la sicurezza, anche tramite monitoraggi e relazioni sugli sviluppi al riguardo;
92. deplora che né la strategia dell'UE per la sicurezza e lo sviluppo nella regione del Sahel, adottata il 21 marzo 2011, né le relative conclusioni, adottate dal Consiglio Affari esteri del 23 marzo 2013, facciano riferimento alla promozione dell'uguaglianza di genere, alla situazione delle donne o alla difesa dei diritti di queste ultime;
93. accoglie con favore le linee d'azione della strategia dell'Unione europea per il Sahel, che prevedono in particolare il sostegno e la promozione del buon governo e della risoluzione dei conflitti interni; ritiene, tuttavia, che i diritti umani, lo Stato di diritto, il sostegno alla democrazia, la buona governance economica e le misure solide anticorruzione non siano ancora stati integrati in maniera soddisfacente al centro della strategia quali elementi essenziali per sostenere il nesso sviluppo-sicurezza; invita le istituzioni dell'UE a lavorare di concerto, in un futuro prossimo, per rivedere la strategia, introducendo proposte concrete volte a:
a) affrontare la difficile situazione dei rifugiati e degli sfollati interni in tutta la regione,
b) affrontare la piaga della schiavitù, della tratta degli esseri umani e di altre forme di traffico e contrabbando, rivelatesi altamente dannose per i diritti umani e la sicurezza nella regione,
c) migliorare la condizione delle donne, dei bambini e delle minoranze,
d) canalizzare gli aiuti in modo efficace ed efficiente, offrendo un sostegno supplementare ai governi in base al principio «maggiori progressi, maggiori aiuti» (more for more ),
e) porre fine alla cultura dell'impunità, anche mediante il sostegno a misure già proposte o messe in atto in Mali e altrove,
f) proteggere le libertà civili e migliorare la governance democratica mediante processi elettorali inclusivi e una rappresentanza credibile, nonché sostenendo la società civile,
g) proteggere la diversità e il patrimonio culturale;
94. raccomanda all'UE di prendere in considerazione l'opportunità di imporre sanzioni mirate, sotto forma di congelamento dei capitali, divieto di visto o altri strumenti, nei confronti dei principali autori di violazioni dei diritti umani, in Mali e nel resto della regione;
95. accoglie con favore la recente relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla situazione nel Sahel; prende atto dell'approccio «quattro per quattro», che mira a rafforzare la governance, la sicurezza, i requisiti umanitari e lo sviluppo nel quadro di una strategia integrata; si compiace in particolare della forte dimensione dei diritti umani che caratterizza la strategia e chiede all'UE di continuare a fornire il suo sostegno; esprime inoltre apprezzamento per l'enfasi che la strategia integrata dell'ONU pone sul miglioramento della partecipazione, sul sostegno alla governance locale e regionale, sul rafforzamento della coesione sociale e di sicurezza, sullo sviluppo di sistemi di allerta precoce per minacce future e, in particolare, sul rafforzamento o il consolidamento dei meccanismi regionali e nazionali in materia di diritti umani; incoraggia l'UE ad adottare un approccio olistico analogo per quanto riguarda la sostenibilità, la sicurezza, le questioni umanitarie e di sviluppo e i diritti umani, in coordinamento e in armonia con le Nazioni Unite, tenendo conto della natura essenzialmente transnazionale, transfrontaliera e interconnessa delle sfide del Sahel;
96. sottolinea l'importanza, che continua a essere cruciale, di un maggior impegno dell'UE nei confronti dei soggetti regionali africani come l'UA, la CEDEAO, l'Unione del Maghreb arabo e gli strumenti regionali africani per i diritti umani, onde conseguire progressi sostanziali nelle iniziative a favore dei diritti umani e della democrazia nel Sahel; esorta i paesi vicini come il Senegal, l'Algeria e il Marocco a contribuire con la loro leadership all'attivazione di un'effettiva dinamica regionale che consenta di rafforzare lo sviluppo economico regionale e i diritti umani; riconosce, infine, che le soluzioni durature ai problemi del Sahel devono provenire dall'interno della regione e appartenere interamente ai suoi abitanti; invita ciononostante l'UE a portare avanti il proprio impegno di collaborazione e sostegno nei confronti dei partner del Sahel con tutti gli strumenti adeguati di cui dispone, al fine di migliorare la qualità di vita degli abitanti della regione e rafforzare i legami con i loro governi democratici;
Considerazioni in materia di diritti umani nel Sahara occidentale e nei campi di Tindouf
97. plaude e dà risalto alla relazione dell'aprile 2013 del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla situazione nel Sahara occidentale, che sottolinea l'importanza fondamentale di affrontare il conflitto del Sahara occidentale nel quadro di una più ampia strategia per il Sahel, nonché il fatto che la questione dei diritti umani continua a rappresentare un elemento essenziale per la soluzione del conflitto; osserva che i diversi conflitti attualmente in corso nel Sahel, e soprattutto la presenza di gruppi terroristici come AQMI nel Mali settentrionale e nell'Algeria meridionale, sono fattori che rischiano di destabilizzare il Sahara occidentale e la regione in generale; rileva inoltre l'impatto negativo generato dal conflitto sull'integrazione regionale, che dovrebbe includere il Marocco e l'Algeria e che potrebbe offrire importanti opportunità di democratizzazione e sviluppo economico, migliorando così la sicurezza umana nella zona sahelo-sahariana;
98. ribadisce il suo sostegno alle risoluzioni delle Nazioni Unite sul Sahara occidentale; chiede il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo sahrawi, compresa la libertà di riunione, la libertà di espressione e il diritto a manifestare pacificamente;
99. sottolinea la necessità di affrontare la questione dei diritti umani nel Sahara occidentale e nei campi di Tindouf, anche senza anticipare una soluzione politica definitiva o pronunciarsi in merito a tale soluzione; ribadisce, nondimeno, che l'autodeterminazione è un diritto umano fondamentale, come specificato all'articolo 1 del Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, e che l'integrità territoriale è un principio sancito dal diritto internazionale; rammenta inoltre la risoluzione 1754 (2007) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in cui si esortano le parti a intraprendere negoziati in buona fede, senza precondizioni, al fine di raggiungere una soluzione politica giusta, durevole e reciprocamente accettabile, che consenta l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale; rivolge questo appello al Marocco e al Fronte Polisario, affinché portino avanti i negoziati per una soluzione pacifica del conflitto e ribadisce il diritto del popolo sahrawi all'autodeterminazione; pone in evidenza le opportunità derivanti dalle riforme politiche e democratiche intraprese in Marocco e prende atto al contempo degli obblighi più stringenti richiesti da tali riforme per il rispetto e la salvaguardia dei diritti umani, in particolare nel Sahara occidentale; teme che il ritardo di 25 anni accumulato nell'organizzazione di un referendum o nel raggiungimento di qualsiasi altra forma di accordo politico negoziato e reciprocamente accettabile stia aggravando l'alienazione del popolo sahrawi e il potenziale di violenza, specialmente tra i giovani; invita l'Unione europea a intensificare il proprio coinvolgimento e a sostenere le Nazioni Unite nell'incoraggiare le parti a riprendere i negoziati diretti in vista di una risoluzione pacifica e duratura del conflitto;
100. chiede alla Commissione e agli Stati membri, dal momento che la soluzione politica al conflitto del Sahara occidentale, la riconciliazione e la situazione dei diritti umani sono strettamente correlati, di svolgere un ruolo più attivo nella risoluzione di suddetto conflitto, non solo sostenendo i negoziati delle Nazioni Unite, ma anche ricorrendo ai vari strumenti di politica estera atti a promuovere il necessario sviluppo della fiducia tra le parti del conflitto (strumenti come, ad esempio, il rafforzamento del monitoraggio e della sensibilizzazione in materia di diritti umani tra la polizia e le forze di sicurezza, il sostegno alle riforme democratiche, compreso il decentramento, e la lotta alla discriminazione nella regione);
101. manifesta profonda preoccupazione per la recente relazione elaborata dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, che dimostra come i funzionari marocchini abbiano arrestato alcuni individui per motivi politici, torturato e stuprato i detenuti sahrawi, rapito e poi abbandonato nel deserto i dimostranti a scopo intimidatorio e preso di mira deliberatamente e frequentemente gli attivisti per l'indipendenza, anche nelle loro abitazioni; prende altresì atto delle ulteriori e diffuse accuse di sparizioni forzate e processi ingiusti; richiama in particolare l'attenzione sullo smantellamento del campo di protesta di Gdeim Izik nel novembre 2010, dove i gravi episodi di violenza hanno mietuto tredici vittime, e il successivo processo di 25 sahrawi, tra cui noti attivisti dei diritti umani, svoltosi nel febbraio 2013; prende atto dell'insistenza del Marocco quanto all'equità e alla regolarità del processo, nonché delle conclusioni positive di alcuni osservatori internazionali, ma rammenta anche la preoccupazione espressa dal relatore speciale delle Nazioni Unite per quanto concerne il ricorso a un tribunale militare, le accuse di tortura e l'assenza di indagini al riguardo da parte delle autorità marocchine; prende atto delle conclusioni di alcune ONG e di alcuni osservatori dei diritti umani in relazione ai procedimenti penali inerenti al caso, che sarebbero stati politicizzati, all'insufficienza delle prove e alle condanne eccessive, laddove venti persone sono state condannate a pene che vanno dai venti anni di carcere all'ergastolo; si compiace pertanto che il governo marocchino abbia approvato la raccomandazione formulata dal consiglio nazionale per i diritti umani (CNDH) secondo cui, in futuro, i civili non dovrebbero essere processati da tribunali militari; esorta il governo marocchino a garantire che ciò si traduca in realtà; si rammarica al contempo che questa decisione non interesserà le persone già condannante; esorta inoltre il governo marocchino ad attuare tutte le raccomandazioni contenute nelle relazioni delle Nazioni Unite e del CNDH, nonché a continuare a sviluppare una cultura dei diritti umani; invita, a tal riguardo, le autorità marocchine a rilasciare immediatamente tutti i prigionieri politici sahrawi, a lavorare con la società civile e con altri attori per garantire la trasparenza e l'equità dei processi giudiziari, così come a indagare e perseguire i funzionari della sicurezza presumibilmente coinvolti in detenzioni arbitrarie, torture e altri abusi di potere;
102. condanna le violazioni dei diritti umani di cui sono vittima le donne sahrawi;
103. ribadisce le preoccupazioni espresse nella relazione dell'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite del 2006, trapelata in via non ufficiale, per quanto riguarda le limitazioni della libertà di espressione, di riunione e di associazione nel Sahara occidentale; prende atto della richiesta del Marocco di consentire i sit-in e altre forme di protesta; lamenta l'apparente intralcio, da parte delle istituzioni marocchine, delle ONG con una posizione a favore dell'indipendenza, a cui viene impedito di essere registrate e riconosciute legalmente, cosa che costituisce una condizione necessaria per poter perorare efficacemente la causa nelle rispettive comunità; condanna le sanzioni, spesso severe, previste per chi «mina l'integrità territoriale del Marocco», norma che verrebbe utilizzata contro i sahrawi che rivendicano l'indipendenza con mezzi pacifici; rammenta i riscontri dell'esperto indipendente delle Nazioni Unite sui diritti culturali, secondo cui determinati aspetti della cultura sahrawi vengono repressi dalle autorità marocchine; reitera la richiesta dell'esperto indipendente delle Nazioni Unite di revocare tali misure e promuovere la piena diversità culturale; rileva con soddisfazione, a tal proposito, l'inclusione di disposizioni relative al rispetto dei diritti culturali nella nuova costituzione marocchina; si compiace dell'istituzione di un'emittente televisiva sahrawi; incoraggia con vigore la piena attuazione di tali disposizioni;
104. si rammarica profondamente che mercoledì 6 marzo 2013 il Marocco abbia espulso una delegazione di quattro deputati del Parlamento europeo; fa presente che lo scopo della delegazione era quello di visitare i territori del Sahara occidentale per indagare sulla situazione dei diritti umani e incontrare i rappresentanti della missione Minurso; deplora profondamente il comportamento delle autorità marocchine e chiede al Regno del Marocco di consentire a osservatori indipendenti, deputati parlamentari, stampa e organizzazioni umanitarie di accedere liberamente nel Sahara occidentale e di circolarvi senza impedimenti;
105. rammenta le preoccupazioni espresse dall'Ufficio delle Nazioni Unite per l'assistenza ai progetti (UNOPS), secondo cui il Sahara occidentale continua a essere una delle zone con il maggior numero di mine al mondo; rileva che le mine antiuomo nel Sahara occidentale hanno tragicamente causato almeno 2 500 morti dal 1975, continuano a minacciare molte migliaia di nomadi sahrawi e rappresentano uno dei principali ostacoli alla risoluzione della controversia nel Sahara occidentale e della situazione dei rifugiati; plaude pertanto al lavoro svolto da Minurso, dall'esercito reale marocchino, dal fronte Polisario, dall'organizzazione Landmine Action e da altri per identificare e bonificare le aree interessate; si compiace che il fronte Polisario abbia sottoscritto l'appello di Ginevra per l'interdizione delle mine anti-uomo; incoraggia tutti i soggetti a fare il possibile per educare la popolazione, assistere le vittime e rimuovere tutte le restanti munizioni; rileva inoltre che il Marocco è uno dei pochi paesi, e uno dei soli tre paesi africani, a non aver firmato il trattato sulla messa al bando delle mine; incoraggia il Marocco ad agire in tal senso, al fine di creare un clima di fiducia e inviare un segnale di impegno a favore della pace;
106. pone in evidenza il caso delle donne sahrawi e l'importante ruolo che svolgono nella società sahrawi, in particolare nei campi di rifugiati, dove il tasso di analfabetismo è sceso nettamente; sottolinea il ruolo fondamentale delle donne nell'organizzazione delle istituzioni sahrawi, nonché il loro alto tasso di partecipazione al processo decisionale a tutti i livelli, dai comitati locali, al parlamento e al governo; attira l'attenzione sul ruolo che le donne del Sahara occidentale svolgono nel mantenimento della pace, nella promozione del dialogo e nella risoluzione dei conflitti, nonché nella conservazione della società e delle strutture sahrawi;
107. esprime preoccupazione per la povertà e per la mancanza di servizi di base nei campi di rifugiati amministrati dal Fronte Polisario nelle vicinanze di Tindouf, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, l'assistenza sanitaria e l'accesso all'acqua potabile; si compiace dell'assistenza umanitaria fornita dall'UE ai rifugiati interessati tramite ECHO; invita tuttavia gli attori internazionali a inviare, coordinare e rafforzare gli aiuti in modo più efficace e, ove opportuno, ad aumentare l'importo degli aiuti stessi, al fine di garantire la stabilità della situazione umanitaria e contribuire al miglioramento delle condizioni nei campi; evoca le raccomandazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sugli alloggi adeguati, secondo cui occorre prevedere sufficienti finanziamenti internazionali; constata, ciononostante, i sistemi gestionali in funzione nei campi e si compiace della presenza attiva della società civile, con una forte partecipazione femminile in entrambi i casi; accoglie inoltre con favore l'importanza accordata sul piano sociale all'istruzione, nonostante le scarse risorse; rileva tuttavia la mancanza di una chiara documentazione sul numero preciso di abitanti nei campi; esorta le autorità del fronte Polisario a realizzare o agevolare censimenti periodici o registrazioni formali, con il sostegno dell'Algeria, se del caso;
108. manifesta preoccupazione per il fatto che la povertà nei campi di Tindouf, coniugata all'assenza di prospettive a lungo termine per molti rifugiati, rende questi ultimi vulnerabili alla radicalizzazione del fondamentalismo religioso; segnala il pericolo connesso al reclutamento di giovani nelle reti criminali o terroristiche e richiama l'attenzione sulla permeabilità delle frontiere nella regione, che rischia di facilitare una più profonda infiltrazione, nei campi, dei gruppi jihadisti provenienti dal Mali settentrionale e non solo; condanna il rapimento di tre operatori umanitari europei avvenuto nel campo di Rabouni nell'ottobre 2011; sottolinea pertanto l'assoluta importanza di garantire la sicurezza dei campi; chiede alle autorità algerine di assumersi le proprie responsabilità per migliorare la situazione dei diritti umani nei campi di Tindouf; esprime pieno sostegno al programma dell'UNHCR teso a favorire l'instaurazione della fiducia facilitando gli scambi familiari tra Tindouf e il Sahara occidentale;
109. constata che, mentre la maggior parte degli osservatori internazionali, così come le relazioni elaborate dall'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti dell'uomo, dalla commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, dal centro Robert F. Kennedy per la giustizia e i diritti umani e da Human Rights Watch hanno individuato scarse prove delle violazioni sistemiche e istituzionali dei diritti umani nei campi, numerosi altri soggetti, tra cui il governo marocchino, ONG marocchine e alcuni ex abitanti dei campi di Tindouf sostengono che le autorità del Fronte Polisario limiterebbero la libertà di espressione e di circolazione degli abitanti; prende atto delle vigorose smentite di tali accuse da parte del fronte Polisario e della volontà di quest'ultimo di cooperare con le agenzie dell'ONU competenti in materia di diritti umani; invita pertanto il fronte Polisario a concedere agli osservatori indipendenti dei diritti umani un accesso pieno, regolare e senza restrizioni ai campi e a consentire indagini rigorose su tutte le accuse;
110. si compiace degli sforzi tesi a migliorare la documentazione dei presunti abusi dei diritti umani nel Sahara occidentale, in particolare attraverso l'istituzione del consiglio nazionale per i diritti umani (CNDH), con sede a Laayoune e a Dakhla, come riconosciuto dalle Nazioni Unite; prende atto del lavoro positivo svolto dal CNDH e invita il governo marocchino a concorrere al rafforzamento della sua indipendenza e del suo mandato, nonché ad assicurare l'attuazione delle sue raccomandazioni; incoraggia inoltre suddetto consiglio a intensificare gli sforzi profusi per creare relazioni con i sahrawi ostili al dominio marocchino e a garantire un seguito adeguato alle denunce; si compiace dell'adozione da parte del Marocco, nel 2012, di tre delle cinque raccomandazioni formulate dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani nel Sahara occidentale, ed esorta il paese ad adottare le restanti due raccomandazioni; accoglie inoltre con favore il fatto che il Marocco abbia invitato le delegazioni internazionali ad hoc (incluso il relatore speciale dell'ONU sulla tortura) e che queste abbiano accettato gli inviti; esorta le autorità marocchine ad autorizzare le missioni d'inchiesta di altri organi internazionali, come la commissione africana per i diritti dell'uomo e dei popoli e il Parlamento europeo; esorta tutte le parti in causa a proseguire tale impegno con gli organi delle Nazioni Unite competenti per i diritti umani; sostiene la creazione di una missione ufficiale MINURSO-CICR (Comitato internazionale della Croce Rossa) nella zona di Fadret Leguiaa al fine di procedere all'esumazione delle salme e alla loro restituzione alle famiglie, in seguito alla scoperta di fosse comuni da parte della squadra investigativa dell'Università dei Paesi Baschi;
111. rileva tuttavia le gravi e contestate accuse rivolte alle amministrazioni del Marocco e del Fronte Polisario; ricorda che il Segretario generale dell'ONU ha posto recentemente l'accento sull'importanza di un monitoraggio indipendente, imparziale, globale e continuo della situazione dei diritti umani sia nel Sahara occidentale che nei campi; constata, in tal senso, che l'ONU non ha aggiornato il mandato della missione Minurso ad aprile 2013 per includervi una dimensione dei diritti umani; invita l'ONU a procedere in tal senso o a istituire altrimenti un nuovo organismo permanente e imparziale per i diritti umani incaricato della supervisione e rendicontazione della situazione complessiva dei diritti umani, nonché delle indagini sulle singoli denunce; chiede che il mandato di tale organismo includa la sezione del Sahara occidentale controllata dal Marocco, i campi di Tindouf e altri territori controllati dal Fronte Polisario;
112. incoraggia i governi di Marocco e Algeria a sviluppare e a rafforzare il loro dialogo politico per migliorare le dinamiche regionali ed evitare un accrescersi delle tensioni nella regione, a beneficio dell'intera comunità internazionale;
113. esorta il vicepresidente/alto rappresentante e l'RSUE per i diritti umani a offrire alle autorità marocchine e al Fronte Polisario programmi di formazione sui diritti umani nel Sahara occidentale e a Tindouf destinati agli agenti di polizia e sicurezza, ai funzionari giudiziari, ai funzionari delle amministrazioni locali, ai media e alle organizzazioni della società civile, che prendano le mosse dalle riforme politiche a favore della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani avviate dal Marocco, senza compromettere l'accordo politico negoziato sul conflitto nel Sahara occidentale ma, anzi, con l'obiettivo di incoraggiare trattative in questo senso;
114. incarica il suo presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai rappresentanti speciali dell'Unione europea per i diritti umani e per il Sahel, agli Stati membri dell'UE, ai governi e ai parlamenti dei paesi del Sahel, del Marocco e dell'Algeria e al Fronte Polisario, al Segretario generale e al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, al presidente dell'UA e al segretario generale della Commissione, al presidente della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale e al presidente della Commissione.
(1) GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21.
(2) GU L 75 del 19.3.2013, pag. 29.
(3) GU C 99 E del 3.4.2012, pag. 87.
(4) Testi approvati, P7_TA(2013)0055.
(5) GU C 249 E del 30.8.2013, pag. 41.
Autore:
Parlamento europeo
Dossier:
Libertà religiosa, _Lotta alla discriminazione_, Immigrazione
Parole chiave:
Appartenenza confessionale, Matrimoni forzati, Collaborazione internazionale, Violenze, Donne, Infibulazione, Fondamentalismo religioso, Mutilazioni genitali femminili, Dignità umana, Libertà fondamentali, Diritti umani, Libertà religiosa, Discriminazione
Natura:
Risoluzione