Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 19 Gennaio 2009

Risoluzione 14 gennaio 2009

Parlamento europeo. Risoluzione 14 gennaio 2009: “Situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea 2004-2008”.

Il Parlamento europeo,

– vista la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la Carta) del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007,
– visti gli articoli 6 e 7 del trattato UE, che stabiliscono l’obiettivo di sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia nonché quello di applicare i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti fondamentali e Stato di diritto (trattato UE),
– viste le innovazioni in merito alle quali, il 13 dicembre 2007, i governi degli Stati membri hanno espresso il proprio accordo, sottoscrivendo il trattato di Lisbona, e tra cui spiccano l’attribuzione di un carattere giuridicamente vincolante alla Carta e l’obbligo di aderire alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
– viste la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica(1) e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro(2) , e la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sulla protezione delle minoranze nazionali,
– visto il regolamento (CE) n. 168/2007 del Consiglio, del 15 febbraio 2007, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali(3) (in appresso l’Agenzia),
– viste le relazioni dell’Agenzia e dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia e quelle delle organizzazioni non governative (ONG) interessate,
– viste le decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) e della Corte europea dei diritti dell’uomo,
– viste le relazioni annuali sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea elaborate dalle reti di esperti indipendenti dell’Unione europea,
– viste le relazioni degli organi del Consiglio d’Europa, segnatamente le relazioni sulla situazione dei diritti dell’uomo dell’Assemblea parlamentare e del Commissario per i diritti dell’uomo,
– viste le sue relazioni sulle visite ai centri di trattenimento di immigranti in situazione irregolare,
– viste le sue risoluzioni nel settore dei diritti fondamentali e dei diritti dell’uomo,
– vista la serie di riunioni pubbliche e di scambi di opinioni organizzata in preparazione della presente risoluzione dalla sua commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, segnatamente l’8 ottobre 2007 con i giudici delle corti costituzionali e supreme, il 19 maggio 2008 con il Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e il 6 ottobre 2008 con i rappresentanti delle ONG,
– visto l’articolo 45 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e il parere della commissione per la cultura e l’istruzione (A6-0479/2008),

A. considerando che, ai sensi dell’articolo 6 del trattato UE, l’Unione europea è fondata su una comunità di valori e sul rispetto dei diritti fondamentali, garantiti dalla CEDU e derivanti dalle tradizioni costituzionali che sono comuni agli Stati membri,
B. considerando che il Parlamento, in quanto rappresentante direttamente eletto dei cittadini dell’Unione europea, e garante dei loro diritti crede nella sua importante responsabilità quanto alla realizzazione di tali principi, segnatamente in considerazione del fatto che, allo stato attuale dei trattati, il diritto di ricorso individuale dinanzi alle giurisdizioni comunitarie ed al Mediatore europeo resta alquanto limitato,
C. considerando che l’istituzione di una procedura di controllo della compatibilità delle proposte legislative con la Carta è una delle conseguenze necessarie della sua adozione il 7 dicembre 2000, come riconosciuto dalla Commissione che, nel 2001, ha definito disposizioni in materia, e come ribadito dallo stesso Parlamento nella sua risoluzione del 15 marzo 2007 sul rispetto della Carta nelle proposte legislative della Commissione: metodologia per un controllo sistematico e rigoroso,
D. considerando che nel trattato di Lisbona, attualmente in fase di ratifica, si fa esplicito riferimento alla Carta, cui viene conferito lo stesso valore giuridico dei trattati,
E. considerando che, ove la Carta venisse inglobata nel diritto primario dell’Unione europea, i diritti che vi sono definiti acquisirebbero un potere vincolante mediante il diritto derivato che li attuerà,
F. considerando che la Carta, a prescindere dal suo status giuridico, è diventata nel corso degli anni una fonte d’ispirazione nella giurisprudenza delle giurisdizioni europee, come il Tribunale di primo grado (TPG) e la CGCE, la Corte europea dei diritti dell’uomo e numerose corti costituzionali,
G. considerando che una vera “cultura dei diritti fondamentali” nell’Unione europea richiede lo sviluppo di un sistema globale di controllo di tali diritti, che comprenda il Consiglio e le decisioni adottate nel quadro della cooperazione intergovernativa, giacché la tutela dei diritti fondamentali non consiste esclusivamente in un rispetto formale delle norme ma soprattutto nella loro attiva promozione e nell’intervento nei casi di violazione o di attuazione insoddisfacente da parte degli Stati membri,

Introduzione

1. ritiene che l’efficace protezione e la promozione dei diritti fondamentali costituisca il fondamento della democrazia in Europa e una premessa per il consolidamento dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia;

2. rileva che la tutela dei diritti fondamentali implica azioni a più livelli (internazionale, europeo, statale, regionale e locale) e sottolinea il ruolo che gli enti regionali e locali possono svolgere nell’attuazione concreta e nella promozione di tali diritti;

3. deplora che gli Stati membri continuino a sottrarsi ad un controllo a livello dell’Unione europea delle proprie politiche e pratiche in materia di diritti dell’uomo e cerchino di limitare la protezione di tali diritti ad un quadro puramente nazionale, recando così pregiudizio al ruolo attivo di difesa dei diritti dell’uomo svolto dall’Unione europea nel mondo e compromettendo la credibilità della politica estera dell’Unione europea in materia di difesa dei diritti fondamentali;

4. rileva che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2 del trattato UE, la CGCE ha il compito di far rispettare i diritti fondamentali che risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dalla CEDU e delle libertà fondamentali, ma anche da altri strumenti del diritto internazionale;

5. sottolinea che l’articolo 7 del trattato UE prevede una procedura comunitaria per accertare che nell’Unione europea non si compiano violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ma che tale procedura non è mai stata applicata nonostante le violazioni che si verificano negli Stati membri, come dimostrano le sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo; chiede alle istituzioni dell’Unione europea di predisporre un meccanismo di controllo e una serie di criteri oggettivi per l’applicazione dell’articolo 7 del trattato UE;

6. sottolinea che la CGCE può trarre ispirazione dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri nell’elaborazione della propria giurisprudenza in materia di diritti fondamentali, che la Carta costituisce una base comune di diritti minimi e che gli Stati membri non possono ridurre il livello delle garanzie offerte nelle proprie costituzioni in merito a determinati diritti con il pretesto che la Carta offre in materia un livello di protezione ad esse inferiore;

7. si compiace dell’articolo 53 della Carta, che permette alla CGCE di approfondire la propria giurisprudenza in materia di diritti fondamentali, conferendo loro un fondamento giuridico, elemento essenziale nella prospettiva dello sviluppo del diritto dell’Unione europea;

8. sottolinea che la magistratura degli Stati membri svolge un ruolo fondamentale nel processo di attuazione del diritti dell’uomo; esorta gli Stati a rendere effettivo un sistema di formazione permanente dei giudici nazionali sui sistemi di protezione dei diritti fondamentali;

Raccomandazioni generali

9. ritiene che l’attuazione dei diritti fondamentali debba essere un obiettivo di tutte le politiche europee; ritiene che, a tal fine, le istituzioni dell’Unione europea dovrebbero promuoverli attivamente, tutelarli e tenerne pienamente conto in fase di elaborazione e adozione della legislazione;

10. esprime compiacimento per la creazione dell’Agenzia, che costituisce un primo passo per soddisfare le richieste del Parlamento quanto all’istituzione di un quadro normativo e istituzionale integrato, destinato a rendere efficace la Carta e a garantire la conformità con il sistema istituito dalla CEDU; ricorda, tuttavia, che la relazione annuale generale sui diritti dell’uomo, elaborata dalla Rete europea di esperti indipendenti in materia di diritti dell’uomo, pubblicata sino al 2005, prendeva in esame l’applicazione dell’insieme dei diritti riconosciuti dalla Carta in ciascuno degli Stati membri: esprime, dunque, preoccupazione per il fatto che il mandato limitato dell’Agenzia e la dissoluzione della Rete possano escludere dal campo dell’indagine sistematica tutta una serie di settori importanti della politica dei diritti dell’uomo in Europa;

11. sottolinea, per quanto riguarda il mandato limitato dell’Agenzia, che le questioni relative ai diritti dell’uomo non possono essere artificialmente separate in termini di settori di primo, secondo o terzo pilastro, come gli Stati membri hanno scelto di definire il campo delle competenze dell’Unione europea, poiché i diritti fondamentali costituiscono un insieme indivisibile e sono interdipendenti; ritiene, quindi, necessario che la Commissione ed il Consiglio, in collaborazione con l’Agenzia, si facciano un quadro generale delle preoccupazioni in materia di diritti dell’uomo negli Stati membri al di là del quadro strettamente europeo e senza limitarsi ai temi di attualità dell’Unione europea, né ai suoi strumenti giuridici e politici specifici, individuando i problemi ricorrenti e attuali in materia di diritti dell’uomo negli Stati membri e tenendo presente tutti i meccanismi esistenti sul piano internazionale ed europeo;

12. chiede alla Commissione e al Consiglio di utilizzare i dati acquisiti mediante il monitoraggio effettuato, nell’ambito dell’Unione europea, dall’Agenzia, dal Consiglio d’Europa, dagli organi di controllo delle Nazioni Unite, dagli istituti nazionali dei diritti dell’uomo e dalle ONG e di metterla in pratica con azioni correttrici o in un quadro giuridico preventivo;

13. si riserva il diritto di dare seguito all’attività dell’Agenzia nell’Unione europea e di trattare le questioni collegate ai diritti dell’uomo che non rientrano tra le competenze dell’Agenzia e chiede alla Commissione di fare lo stesso, in conformità del suo ruolo di custode dei trattati;

14. richiama l’attenzione sul fatto che una politica attiva a favore dei diritti umani non può limitarsi ai casi più visibili per l’opinione pubblica e che gravi violazioni dei diritti umani si verificano ai margini del controllo pubblico, in istituzioni chiuse per bambini, anziani e malati o nelle prigioni; sottolinea che gli Stati membri e l’Unione europea dovrebbero garantire una vigilanza qualificata, in termini sia di norme che di prassi, sulle condizioni di vita in dette istituzioni chiuse;

15. chiede al Consiglio di integrare nelle sue future Relazioni annuali sui diritti dell’uomo nel mondo, oltre all’analisi della situazione del mondo, anche quella di ogni Stato membro; ritiene che questa duplice analisi metterebbe in evidenza l’impegno equivalente dell’Unione per la protezione dei diritti dell’uomo sia all’interno che all’esterno delle sue frontiere, in modo tale da evitare qualsiasi accusa di applicare due pesi e due misure;

16. chiede agli Stati membri di adottare misure per dotare gli istituti nazionali dei diritti dell’uomo, creati nel quadro dei “principi di Parigi” delle Nazioni Unite, di uno statuto di indipendenza rispetto al potere esecutivo e di risorse finanziarie sufficienti, segnatamente tenendo conto del fatto che una delle funzioni di tali organi è di passare in rassegna le politiche dei diritti dell’uomo onde individuarne le carenze e proporvi miglioramenti, fermo restando che l’efficacia si misura innanzitutto con la prevenzione e non soltanto con la risoluzione dei problemi; esorta gli Stati membri che ancora non vi abbiano provveduto a istituire i suddetti istituti nazionali dei diritti dell’uomo;

17. insiste affinché il Consiglio trasformi il proprio gruppo di lavoro ad hoc sui diritti fondamentali e la cittadinanza in un gruppo di lavoro permanente, che lavorerebbe in parallelo con il Gruppo di lavoro sui diritti dell’uomo (COHOM) ed esorta la Commissione ad affidare il portafoglio dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ad un solo Commissario;

18. ricorda che considera fondamentale, da un punto di vista politico, inglobare il concetto di promozione dei diritti fondamentali tra gli obiettivi da perseguire, quando si tratta di semplificare o di riorganizzare l’acquis comunitario; chiede che ogni nuova politica, proposta legislativa e programma siano accompagnati da uno studio d’impatto in materia di rispetto dei diritti fondamentali e che tale valutazione costituisca parte integrante della motivazione della proposta ed auspica che anche gli Stati membri si dotino di analoghi strumenti di impatto nella fase discendente della procedura di trasposizione del diritto comunitario in diritto nazionale;

Cooperazione con il Consiglio d’Europa e con le altre istituzioni e organizzazioni internazionali preposte alla protezione dei diritti fondamentali

19. esprime compiacimento per la prospettiva dell’adesione dell’Unione europea alla CEDU, anche se una tale adesione non determinerà cambiamenti fondamentali visto che “quando dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee vengono invocate questioni relative ai diritti e alle libertà di cui alla CEDU, questa gode di un effettivo recepimento materiale nell’ordinamento giuridico dell’Unione”(4) ;

20. ricorda l’importante ruolo delle istituzioni e dei meccanismi di controllo del Consiglio d’Europa in materia di diritti dell’uomo, nonché delle sue varie Convenzioni; esorta gli Stati membri, le istituzioni dell’Unione europea e l’Agenzia a basarsi su tale esperienza ed a tener conto di tali meccanismi per inserirli nelle procedure di lavoro in rete e ad utilizzare le norme definite dal Consiglio d’Europa ed altri risultati tangibili del suo lavoro; invita a sfruttare tutte le potenzialità del Memorandum d’intesa tra il Consiglio d’Europa e l’Unione europea;

21. chiede il potenziamento della cooperazione tra le varie istituzioni e organizzazioni incaricate della protezione dei diritti fondamentali, sia a livello europeo che internazionale;

22. ribadisce come sia importante per la credibilità dell’Unione europea nel mondo che essa non applichi “due pesi e due misure” nella politica estera e nella politica interna;

23. ritiene che, dal momento in cui la maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea ha aderito a convenzioni o ad altri strumenti giuridici internazionali nel settore della protezione dei diritti fondamentali, anche se l’Unione europea non ne fa parte in quanto tale, si venga a creare un obbligo di assoggettarsi alle loro disposizioni e, se del caso, alle raccomandazioni formulate dagli organi da essi istituiti, a condizione che il diritto dell’Unione europea non offra una protezione equivalente o superiore; auspica che la CGCE faccia proprio tale approccio attraverso la sua giurisprudenza;

24. esorta l’Unione europea a concludere accordi di cooperazione con le istituzioni e le organizzazioni internazionali preposte alla protezione dei diritti fondamentali, segnatamente con l’Ufficio dell’Alto commissario ai diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e con gli altri organi di tale organizzazione, che svolgono un ruolo in tale settore, nonché con l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo e l’Alto commissario per le minoranze nazionali dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa;

Diritti dell’uomo, libertà, sicurezza e giustizia

25. sottolinea la necessità di valutare e di rispettare appieno i diritti fondamentali e le libertà individuali man mano che si sviluppano le competenze dell’Unione europea; ritiene, quindi, che i due obiettivi di rispettare i diritti fondamentali e di garantire la sicurezza collettiva siano non solo compatibili, ma anche interdipendenti, e che politiche adeguate possano evitare che un approccio repressivo metta a repentaglio le libertà individuali;

26. ritiene che lo sviluppo di uno spazio giudiziario europeo basato sull’applicazione del principio del mutuo riconoscimento debba fondarsi su garanzie procedurali equivalenti in tutta l’Unione europea e sul rispetto dei diritti fondamentali di cui all’articolo 6 del trattato UE; chiede agli Stati membri che non lo abbiano ancora fatto la rapida adozione di un atto legislativo adeguato sui diritti degli individui nelle procedure penali; invita gli Stati membri ad accertarsi che il mandato d’arresto europeo e altre misure di riconoscimento reciproco siano applicati in conformità delle norme dell’Unione europea in materia di diritti umani;

27. rileva il diritto delle persone arrestate di godere di tutte le garanzie giudiziarie nonché, se del caso, dell’assistenza diplomatica del paese di cui sono cittadini e dei servizi di un interprete indipendente;

28. esprime preoccupazione per l’elevato numero di violazioni della CEDU in cui sono coinvolti gli Stati membri e sollecita questi ultimi a dare applicazione alle relative sentenze e ad affrontare le carenze strutturali e le violazioni sistematiche dei diritti umani avviando le riforme necessarie;

29. esprime preoccupazione per il fatto che la cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo è spesso sfociata in un abbassamento del livello di protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in particolare il diritto fondamentale alla vita privata, alla protezione dei dati e alla non discriminazione, e ritiene che l’Unione europea dovrebbe agire con più fermezza a livello internazionale per promuovere una vera strategia basata sul rispetto integrale delle norme internazionali e degli obblighi nel settore dei diritti dell’uomo e della protezione dei dati personali e della vita privata, conformemente agli articoli 7 e 8 della Carta; invita pertanto il Consiglio ad adottare il progetto di decisione quadro sulla protezione dei dati personali trattati nel quadro della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, conformemente alle raccomandazioni del Parlamento sull’adozione di norme più rigorose; ritiene che una tale strategia debba tener conto della necessità di un controllo giudiziario efficace dei servizi di intelligence per evitare l’utilizzo di informazioni ottenute sotto tortura o mediante maltrattamenti o altre condizioni che non rispondono alle norme internazionali in materia di diritti dell’uomo come elemento di prova nel quadro dei procedimenti giudiziari, anche in fase di istruzione;

30. chiede con urgenza alle istituzioni dell’Unione europea e agli Stati membri di attuare le raccomandazioni contenute nella sua risoluzione del 14 febbraio 2007 sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri(5) ; si compiace al riguardo della dichiarazione del Presidente eletto degli Stati Uniti sulla chiusura della struttura detentiva di Guantanamo Bay e sulla celebrazione dei processi nei confronti dei prigionieri ivi detenuti; invita gli Stati membri a dichiarare la loro disponibilità a trovare soluzioni in comune per i restanti detenuti;

31. deplora la mancata applicazione da parte dell’Unione europea delle sentenze del TPG del 12 dicembre 2006, del 4 e 17 dicembre 2008 e della decisione della Corte d’appello del Regno Unito a favore dell’Organizzazione dei Mujaheddin del popolo dell’Iran (OMPI), del 7 maggio 2008;

Discriminazione
Considerazioni generali

32. insiste sulla differenza tra la protezione delle minoranze e le politiche antidiscriminatorie; ritiene che le pari opportunità siano un diritto fondamentale, non un privilegio, di tutti e non soltanto dei cittadini di uno Stato membro in particolare; ritiene, pertanto, che ogni forma di discriminazione debba essere combattuta con pari intensità;

33. chiede agli Stati membri e alla Commissione di dare pieno seguito alle raccomandazioni dell’Agenzia, come formulate nel capitolo 7 della sua prima relazione annuale(6) ;

34. osserva con inquietudine l’insoddisfacente situazione dell’attuazione delle politiche antidiscriminatorie e sostiene, a tale riguardo, la valutazione contenuta nella relazione annuale 2008 dell’Agenzia; esorta gli Stati membri che ancora non l’hanno fatto a concretizzare l’attuazione di tali politiche, segnatamente della direttiva 2000/43/CE e della direttiva 2000/78/CE, e ricorda che tali direttive stabiliscono uno standard minimo e dovrebbero pertanto costituire il pilastro su cui costruire un’efficace politica contro le discriminazioni;

35. chiede agli Stati membri che ancora non l’hanno fatto di ratificare il Protocollo 12(7) alla CEDU, che stabilisce il divieto generale di qualsiasi discriminazione, garantendo che nessuno possa essere discriminato da una qualsivoglia autorità pubblica; rileva che una tale disposizione non figura attualmente in nessun atto giuridico vigente dell’Unione europea o del Consiglio d’Europa;

36. si compiace della proposta per una direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale (COM(2008)0426), presentata dalla Commissione, che estende in tal modo l’ambito di applicazione della direttiva 2000/43/CE a tutte le altre forme di discriminazione e attua pertanto l’articolo 21 della Carta, che fornisce un margine di manovra più ampio rispetto all’articolo 13 del trattato CE, visto che fa riferimento a casi complementari di discriminazione: il colore, l’origine sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, le opinioni politiche o di altra natura, l’appartenenza ad una minoranza, la proprietà o la nascita;

37. si rammarica che la proposta di direttiva lasci sussistere sostanziali lacune a livello della protezione giuridica contro la discriminazione, segnatamente in ragione di un vasto numero di eccezioni relative all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica e alla salute pubblica, alle attività economiche, allo stato civile e di famiglia e ai diritti riproduttivi, all’istruzione e alla religione; teme che, anziché vietare la discriminazione, queste “clausole di salvaguardia” possano in realtà servire a codificare pratiche discriminatorie esistenti; rammenta alla Commissione che la direttiva deve essere in linea con la giurisprudenza esistente in materia di diritti delle persone lesbiche, omosessuali, bisessuali e transgender (LGBT) e, in particolare, con la sentenza Maruko(8) ;

38. chiede alla Commissione di coinvolgere l’Agenzia nel processo legislativo comunitario antidiscriminazione, in modo tale che essa possa svolgere un ruolo importante offrendo una fonte regolare di informazioni aggiornate e precise, adeguate all’elaborazione delle legislazioni complementari e chiedendo il suo parere a partire dalla fase preparatoria della redazione dei progetti di atti di legge;

39. plaude all’adozione della decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro talune forme e manifestazioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale(9) a seguito dell’accordo politico del dicembre 2007; ricorda la sua posizione del 29 novembre 2007(10) favorevole alla proposta; chiede alla Commissione, previa consultazione dell’Agenzia, di proporre un atto legislativo simile per combattere l’omofobia;

40. esprime preoccupazione per lo scarso livello di conoscenza della legislazione antidiscriminazione negli Stati membri e ricorda che, per poter esercitare i loro diritti, i cittadini dell’Unione europea devono avvalersi della legislazione comunitaria in materia; invita la Commissione e gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per incrementare tale livello; pone, al contempo, l’accento sul fatto che una legislazione è efficace solo se i cittadini possono accedere facilmente alle giurisdizioni, visto che il sistema di protezione previsto dalle direttive antidiscriminazione dipende dalle iniziative adottate dalle vittime;

41. ritiene che, oltre agli strumenti legislativi e alle possibilità di ricorso, la lotta alla discriminazione debba necessariamente fondarsi sull’educazione, la promozione di prassi eccellenti e le campagne di informazione rivolte al grande pubblico e alle zone e ai settori in cui tali discriminazioni si verificano; chiede alle autorità pubbliche nazionali e locali, in sede di azione educativa o di promozione delle politiche antidiscriminazione, di utilizzare gli strumenti educativi elaborati dall’Agenzia e dal Consiglio dell’Europa;

42. sottolinea che il concetto di azione positiva, che costituisce un riconoscimento del fatto che in taluni casi un’azione efficace per combattere la discriminazione ha bisogno di un intervento attivo da parte delle autorità per ripristinare un equilibrio seriamente compromesso, non può ridursi al concetto di quota; sottolinea che una tale azione può assumere, nella pratica, le forme più varie, come la garanzia di colloqui di assunzione, un accesso prioritario a determinati tipi di formazione finalizzati all’ottenimento di un impiego in cui determinate comunità sono sottorappresentate, un’informazione prioritaria relativa alle offerte di lavoro per determinate comunità e la presa in considerazione dell’esperienza professionale piuttosto che delle sole qualifiche;

43. reputa importante la raccolta di dati sulla situazione delle minoranze e dei gruppi svantaggiati, come sottolineato dalle successive relazioni dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia e dell’Agenzia; chiede agli Stati membri di pubblicare le statistiche dettagliate sugli atti di razzismo e di effettuare indagini sui reati e/o sulle vittime, che permettano la raccolta di dati quantitativi e comparabili sulle vittime di tali reati;

Minoranze

44. osserva che i recenti allargamenti dell’Unione europea hanno aggiunto circa 100 gruppi di popolazioni minoritarie alla cinquantina che già esisteva nell’Europa dei 15 e sottolinea che, a causa della bassa percentuale di immigrati, di rifugiati e di stranieri di paesi terzi residenti e della presenza di minoranze autoctone (“tradizionali”) più visibili negli Stati membri dell’Europa centrale ed orientale, le politiche migratorie e di integrazione sono state disgiunte da quelle relative alle minoranze;

45. sottolinea che, se la protezione delle minoranze rientra fra i criteri di Copenaghen, non esistono né un criterio comune, né norme minime per i diritti delle minoranze nazionali nella politica comunitaria e che non esiste neanche, a livello di Unione europea, una definizione comune di appartenenza a una minoranza nazionale; raccomanda l’elaborazione di una tale definizione a livello europeo, sulla base della raccomandazione 1201 del Consiglio d’Europa (1993); invita tutti gli Stati membri che ancora non lo abbiano fatto a firmare e a ratificare la Carta europea per le lingue regionali e minoritarie e la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali;

46. sottolinea in tale contesto il numero sempre crescente di cittadini dell’Unione europea che si spostano da uno Stato membro all’altro e la necessità che godano pienamente dei diritti previsti dai trattati relativamente al loro status di cittadini dell’Unione europea, segnatamente il diritto di partecipare alle elezioni locali ed europee e il diritto di spostarsi liberamente; invita gli Stati membri a rispettare pienamente la direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione e le istituzioni dell’Unione europea a compiere ulteriori passi per garantire la protezione dei diritti dei cittadini comunitari in tutta l’Unione;

47. sottolinea l’importanza di tutelare e promuovere le lingue regionali e minoritarie in considerazione del fatto che il diritto di esprimersi e di venire istruiti nella propria lingua madre è uno dei diritti più fondamentali; si compiace delle attività intraprese dagli Stati membri per quanto attiene al sostegno del dialogo interculturale e interreligioso, che è fondamentale perché le minoranze culturali e religiose possano godere pienamente dei loro diritti;

48. ritiene che i principi di sussidiarietà e di autogoverno siano i mezzi più efficaci per gestire i diritti delle persone che appartengono a delle minoranze nazionali, applicando le migliori prassi che esistono in seno all’Unione europea; incoraggia l’uso di tipi appropriati di soluzioni di autogoverno, rispettando nel contempo pienamente la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati membri;

49. sottolinea che la politica dell’Unione europea in materia di multilinguismo dovrebbe proteggere e promuovere le lingue regionali e minoritarie attraverso finanziamenti mirati e programmi specifici che affiancano il programma di apprendimento lungo tutto l’arco della vita;

50. ritiene che le persone apolidi, che risiedono in permanenza negli Stati membri, si trovino in una situazione unica nell’Unione europea poiché determinati Stati membri impongono loro obblighi arbitrari o che non sono strettamente necessari, discriminandoli rispetto ai cittadini del gruppo maggioritario; chiede pertanto a tutti gli Stati membri in questione di ratificare le convenzioni delle Nazioni Unite relative allo statuto degli apolidi (1954) e alla riduzione dei casi di apolidia (1961); chiede agli Stati membri il cui accesso ad una nuova sovranità o il cui ripristino di quest’ultima risale agli anni ’90, di trattare tutte le persone che risiedevano precedentemente sul loro territorio senza alcuna discriminazione e li invita ad individuare sistematicamente le soluzioni adeguate, sulla base delle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali, ai problemi registrati da tutte le persone vittime di prassi discriminatorie; condanna in particolare le prassi di cancellazione deliberata dai registri dei nominativi di residenti permanenti iscritti nell’Unione europea e invita i governi interessati a prendere misure efficaci per ripristinare lo status di tali apolidi.

I Rom

51. ritiene che la comunità Rom abbia bisogno di una protezione speciale poiché, dopo l’allargamento dell’Unione europea, è diventata una delle più consistenti minoranze dell’UE; sottolinea che tale comunità è stata storicamente emarginata e che ad essa è stato impedito di svilupparsi in determinati settori chiave, a causa di problemi di discriminazione, di stigmatizzazione e di esclusione che si sono sempre più intensificati;

52. è del parere che l’esclusione sociale e la discriminazione delle comunità Rom siano un fatto conclamato nonostante gli strumenti giuridici, politici e finanziari dispiegati a livello europeo per combatterla; prende atto che gli sforzi compiuti in modo dispersivo e non coordinato dall’Unione europea e dagli Stati membri non hanno sinora apportato miglioramenti strutturali e duraturi alla situazione dei Rom, segnatamente in settori fondamentali come l’accesso all’istruzione, alla sanità, a un alloggio e al lavoro, fallimento ormai pubblicamente riconosciuto;

53. deplora l’assenza di una politica globale ed integrata dell’Unione Europea, destinata in modo specifico alla discriminazione nei confronti dei Rom, per affrontare i principali problemi cui essi sono confrontati e che sono definiti da un determinato numero di meccanismi di controllo del rispetto dei diritti dell’uomo, compresa la valutazione di preadesione effettuata dalla Commissione europea, le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e le relazioni dell’Agenzia; afferma che dare risposta a tali problemi, che costituiscono una delle questioni più importanti e complesse in materia di diritti dell’uomo, rientra tra le responsabilità collettive dell’Unione europea e che è necessario intervenire con risolutezza;

54. sottolinea la necessità di un approccio globale alla non-discriminazione, basato sui diritti dell’uomo e orientato all’azione e che rifletta la dimensione europea della discriminazione verso i Rom; ritiene che una strategia-quadro dell’Unione europea intesa ad includere i Rom dovrebbe affrontare i problemi reali, fornendo una tabella di marcia per gli Stati membri, che fissi gli obiettivi e le priorità e agevoli i processi di controllo e valutazione in relazione:
– alla segregazione dei Rom per quanto riguarda l’accesso agli alloggi, le violazioni dei diritti dell’uomo quali gli sfratti coatti, la loro esclusione dal lavoro e dalla pubblica istruzione e dall’assistenza sanitaria, al bisogno di applicare leggi antidiscriminatorie e definire politiche volte ad affrontare il problema dell’elevata disoccupazione;
– la frequente negazione dei loro diritti da parte delle autorità pubbliche e la loro sottorappresentazione politica;
– la diffusa animosità nei confronti dei Rom, la sostanziale insufficienza delle garanzie contro la discriminazione razziale a livello locale e l’eccessiva esiguità dei programmi adeguati di integrazione; un’evidente discriminazione in campo sanitario, compresa la sterilizzazione forzata e la segregazione, e la mancanza di informazioni adeguate sulla pianificazione familiare,
– la discriminazione da parte della polizia; la caratterizzazione razziale ad opera della polizia (anche mediante la registrazione delle impronte digitali o altre forme di schedatura) e gli ampi poteri discrezionali concessile, tra cui la facoltà di effettuare controlli a campione sproporzionati, il che evidenzia l’urgente necessità di programmi di formazione e di sensibilizzazione relativi alla non-discriminazione da parte della polizia, attualmente pressoché inesistenti;
– la situazione particolarmente vulnerabile delle donne Rom, che sono oggetto di molteplici discriminazioni;

Pari opportunità

55. chiede agli Stati membri di aumentare il rispetto, la protezione e l’attuazione dei diritti di cui alla Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e chiede agli Stati membri in questione di sciogliere le riserve e di ratificare il Protocollo facoltativo a tale Convenzione(11) ; sottolinea al contempo la necessità di perseguire con fermezza gli impegni da essi assunti nella Dichiarazione delle Nazioni Unite e nella Piattaforma d’azione della Quarta conferenza mondiale sulle donne, tenutasi a Pechino nel 1995;

56. invita gli Stati membri e l’Unione europea a combattere con misure efficaci la discriminazione diretta e indiretta nei confronti delle donne in tutti i settori (incluso il matrimonio, la convivenza e altre relazioni familiari) e la discriminazione multipla (che avviene in base al genere e contemporaneamente per altri motivi);

57. chiede un’attenzione speciale per la situazione delle donne appartenenti a minoranze etniche e per le donne immigrate, considerando che la loro emarginazione è rafforzata da una discriminazione multipla, sia all’esterno che all’interno delle proprie comunità; raccomanda l’adozione di piani d’azione nazionali integrati in modo da affrontare efficacemente la discriminazione multipla, soprattutto nei casi in cui, all’interno di un determinato Stato, organizzazioni diverse si occupino dei problemi di discriminazione;

58. sottolinea la necessità di riconoscere e combattere, a livello europeo e nazionale, la violenza subita dalle donne a causa del loro genere, in particolare la violenza domestica poiché si tratta di una violazione dei diritti delle donne molto diffusa e spesso sottovalutata e chiede, quindi, agli Stati membri di adottare misure adeguate ed efficaci al fine di garantire alle donne una vita libera da ogni violenza, tenendo debitamente conto della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne(12) ;

59. invita gli Stati membri e l’Unione europea a riconoscere e ad affrontare lo sfruttamento sessuale in tutte le sue forme; è del parere che debbano risponderne gli Stati membri che non si sono conformati alla legislazione comunitaria in materia di lotta contro la tratta degli esseri umani(13) ; ritiene che gli Stati membri debbano ratificare il protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, allegato alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, e la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani; invita la Commissione ad attuare il piano d’azione sulla tratta di esseri umani;

60. sottolinea l’esigenza di aumentare la sensibilizzazione pubblica quanto al diritto alla salute riproduttiva e sessuale e chiede agli Stati membri di garantire che le donne possano godere pienamente di tali diritti, di istituire un’adeguata educazione sessuale, informazioni e servizi di consulenza riservati e di facilitare i metodi di contraccezione onde prevenire gravidanze indesiderate e aborti illegali e a rischio, e di combattere la pratica della mutilazione genitale femminile;

61. sottolinea che andrebbero messi a disposizione fondi pubblici per le donne appartenenti alle minoranze etniche, a prescindere dal loro status giuridico, al fine di consentire loro di accedere a servizi sanitari e diritti sicuri, paritari, che tengano conto delle varie culture, in particolare alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti connessi; e che occorra adottare un quadro giuridico europeo per garantire l’integrità fisica delle giovani ragazze dalla mutilazione genitale femminile nelle comunità che la praticano;

62. sottolinea che, benché siano stati realizzati progressi per quanto riguarda l’inserimento lavorativo delle donne e malgrado il loro elevato livello d’istruzione, esse continuano ad essere concentrate in alcune categorie professionali e a percepire una retribuzione inferiore a quella degli uomini per lo stesso lavoro, a svolgere con minor frequenza mansioni di responsabilità e ad essere considerate con sospetto da parte dei datori di lavoro per quanto riguarda la gravidanza e la maternità; ritiene che occorra affrontare seriamente il divario retributivo tra i sessi al fine di garantire l’indipendenza economica delle donne e la parità tra donne e uomini sul mercato del lavoro;

63. chiede agli Stati membri e alle parti sociali di adottare le misure necessarie per contrastare le molestie sessuali e morali sul luogo di lavoro;

64. insiste sulla necessità che le donne siano sostenute nella loro carriera professionale, anche attraverso politiche attive di conciliazione tra vita privata, professionale e familiare; esorta la Commissione e gli Stati membri a promuovere sia il congedo parentale condiviso che il congedo di paternità e a mutualizzare i costi di maternità e di congedo parentale, in modo tale che le donne non rappresentino più una forza lavoro più costosa rispetto agli uomini; sottolinea inoltre la necessità di campagne di sensibilizzazione al fine di evitare stereotipi di genere sui modelli familiari, evidenziando al contempo l’importanza di garantire condizioni di lavoro flessibili, migliorare l’accesso all’assistenza all’infanzia e garantire la piena partecipazione delle donne con figli ai regimi pensionistici;

65. chiede agli Stati membri di combattere, congiuntamente alle parti sociali, la discriminazione nei confronti delle donne incinte sul mercato del lavoro e di adottare tutte le misure necessarie per garantire un elevato livello di protezione delle madri; chiede alla Commissione di effettuare una valutazione più dettagliata della conformità con il diritto comunitario delle disposizioni nazionali in tale settore e, se del caso, di presentare proposte adeguate di revisione della legislazione comunitaria;

66. attira l’attenzione sul grande numero di collaboratori (essenzialmente donne) di lavoratori autonomi (principalmente nell’agricoltura) il cui statuto giuridico è incerto in numerosi Stati membri, determinando specifici problemi finanziari e giuridici quanto all’accesso al congedo di maternità e al congedo di malattia, l’accumulo dei diritti a pensione e l’accesso alla sicurezza sociale, anche in caso di divorzio;

67. riconosce che la disparità di accesso alle risorse economiche sul mercato del lavoro, da parte delle donne, ne compromette l’accesso alla protezione sociale, in particolare ai diritti pensionistici, con il risultato che il rischio di povertà per le donne in età avanzata è superiore a quello degli uomini; ritiene che, al fine di prevenire la discriminazione delle donne, è essenziale che nei sistemi di protezione sociale sia garantita l’individualizzazione dei diritti piuttosto che la loro determinazione in base al nucleo familiare; per i periodi trascorsi fuori dal mercato ufficiale del lavoro per motivi di cure familiari devono essere concesse delle unità di “credito-tempo”, di cui si terrà pienamente conto ai fini del calcolo dei diritti pensionistici;

68. sottolinea l’importanza di garantire che i cittadini dei paesi terzi che entrano nel territorio dell’Unione europea e i cittadini dell’Unione europea siano consapevoli delle leggi vigenti e delle convenzioni sociali in materia di pari opportunità, in modo tale da evitare situazioni di discriminazione derivanti da una mancata conoscenza del contesto giuridico e sociale;

69. chiede agli Stati membri di non accettare il richiamo a costumi, tradizioni o ad altre considerazioni religiose per giustificare forme di discriminazione, oppressione o violenza nei confronti delle donne o l’adozione di politiche che possono mettere in pericolo la loro vita;

70. invita la Commissione ad effettuare uno studio sulle discriminazioni nei confronti delle famiglie monoparentali, soprattutto per quanto riguarda il trattamento fiscale, la sicurezza sociale, i servizi pubblici, i servizi sanitari e l’alloggio;

Orientamento sessuale

71. ritiene che le affermazioni discriminatorie di esponenti politici, sociali e religiosi contro gli omosessuali alimentino l’odio e la violenza e chiede una loro condanna da parte degli organi dirigenti competenti;

72. a questo proposito sottoscrive sentitamente l’iniziativa francese, appoggiata da tutti gli Stati membri, per la depenalizzazione universale dell’omosessualità, poiché in 91 paesi l’omosessualità costituisce ancora reato penale, e in taluni casi addirittura passibile di pena capitale;

73. plaude alla pubblicazione della prima relazione tematica dell’Agenzia, dal titolo “L’omofobia e la discriminazione in base all’orientamento sessuale negli Stati membri”, elaborata su richiesta del Parlamento europeo e invita gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione europea a ottemperare con urgenza alle raccomandazioni dell’Agenzia o a motivarne debitamente la mancata osservanza;

74. rammenta a tutti gli Stati membri che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, è possibile esercitare il diritto alla libertà di adunanza, anche qualora chi lo eserciti abbia opinioni contrarie a quelle della maggioranza, e che pertanto il divieto discriminatorio dei cortei, nonché qualsiasi inadempienza all’obbligo di offrire una tutela adeguata a quanti vi partecipano, costituisce una violazione dei principi sanciti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, dall’articolo 6 del trattato UE sui valori e i principi comuni dell’Unione europea, e dalla Carta;

75. invita gli Stati membri che si sono dotati di una legislazione relativa alle coppie dello stesso sesso a riconoscere le norme adottate da altri Stati membri e aventi effetti analoghi; invita quest’ultimi Stati membri a proporre delle linee guida per il reciproco riconoscimento della legislazione vigente tra diversi Stati membri, onde garantire che il diritto alla libera circolazione nell’Unione europea delle coppie dello stesso sesso si applichi alle medesime condizioni delle coppie eterosessuali;

76. esorta la Commissione a presentare proposte che garantiscano l’applicazione, da parte degli Stati membri, del principio di riconoscimento reciproco per le coppie omosessuali, sposate o legate da un’unione civile registrata, nella fattispecie quando esercitano il loro diritto alla libera circolazione previsto dal diritto dell’Unione europea;

77. invita gli Stati membri che non l’abbiano ancora fatto, in ottemperanza al principio di parità, ad adottare iniziative legislative per eliminare le discriminazioni cui sono confrontate alcune coppie in ragione del loro orientamento sessuale;

78. chiede alla Commissione di fare in modo che gli Stati membri diano asilo alle persone che fuggono dal proprio paese poiché vittime di persecuzioni basate sul loro orientamento sessuale, di adottare iniziative a livello bilaterale e multilaterale per porre termine alle persecuzioni delle persone in base al loro orientamento sessuale e di avviare uno studio sulla situazione delle persone transessuali negli Stati membri e nei paesi candidati, in particolare per quanto concerne i rischi di molestie e violenza;

Xenofobia

79. esorta il Consiglio e la Commissione, nonché le diverse amministrazioni locali, regionali e nazionali degli Stati membri, a coordinare le misure volte a combattere l’antisemitismo e le aggressioni ai danni delle minoranze, compresi i Rom, le minoranze nazionali tradizionali e i cittadini di paesi terzi negli Stati membri, in modo tale da far rispettare i principi di tolleranza e non discriminazione e da promuovere l’integrazione sociale, economica e politica; invita tutti gli Stati membri che non l’abbiano ancora fatto a riconoscere la competenza del Comitato delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale a ricevere ed esaminare comunicazioni individuali ai sensi della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale;

80. esorta gli Stati membri a perseguire con determinazione qualsiasi incitazione all’odio espressa in programmi mediatici razzisti e articoli che diffondano idee intolleranti, attraverso reati di odio nei confronti di Rom, immigrati, stranieri, minoranze nazionali tradizionali e altre minoranze, nonché da gruppi musicali e in occasione di concerti neonazisti, che spesso hanno luogo in pubblico senza alcuna conseguenza; esorta inoltre i partiti e i movimenti politici che esercitano una forte influenza sui mass-media ad astenersi dalle incitazioni all’odio e dalla diffamazione nei confronti delle minoranze in seno all’Unione;

Giovani, anziani e disabili

81. chiede agli Stati membri di promuovere un coinvolgimento ancora più forte delle parti sociali nelle iniziative volte a eliminare le discriminazioni basate sulle disabilità o sull’età e di migliorare radicalmente l’accesso di giovani, anziani e disabili al mercato del lavoro e ai programmi di formazione; invita tutti gli Stati membri che non l’abbiano ancora fatto a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e il suo protocollo opzionale;

82. sollecita la Commissione a garantire che i finanziamenti previsti per gli Stati membri per l’erogazione di servizi alle persone diversamente abili soddisfino i criteri della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità erogando finanziamenti per adeguati servizi in base alla comunità/famiglia e opzioni per vivere in modo indipendente;

83. ritiene importante garantire l’accesso a prestazioni e cure a tutti coloro che necessitano di cure geriatriche o per malattia o invalidità e sottolinea la necessità di accordare un’attenzione particolare alla prestazione di cure e alla tutela dei bambini con disabilità;

Cultura

84. sottolinea l’importanza dei media nel promuovere la diversità, il multiculturalismo e la tolleranza; sollecita tutti i servizi mediatici a evitare contenuti che possano favorire il razzismo, la xenofobia, l’intolleranza o la discriminazione di ogni genere;

85. incoraggia gli Stati membri a cooperare, in particolare a seguito dell’Anno europeo del dialogo interculturale (2008), con un ampio spettro di soggetti interessati, in particolare le ONG, al fine di promuovere il dialogo interculturale e di sensibilizzare la popolazione, soprattutto i giovani, in merito alla condivisione dei valori comuni e al rispetto della diversità culturale, religiosa e linguistica;

86. sottolinea il ruolo essenziale dello sport nella promozione della tolleranza, del rispetto reciproco e della comprensione; chiede alle organizzazioni sportive nazionali ed europee di continuare ad impegnarsi nella lotta contro il razzismo e la xenofobia ed incoraggia l’avvio di nuove iniziative di maggiore incisività e di più ampia portata, al fine di perfezionare le misure già esistenti;

87. sottolinea l’importanza del ruolo svolto dall’alfabetizzazione mediatica nell’assicurare condizioni di formazione eque e paritetiche a tutti i cittadini dell’Unione europea;

88. chiede agli Stati membri di garantire che i nuovi arrivati, specialmente bambini e giovani, provenienti da paesi esterni all’Unione europea, siano efficacemente integrati nei sistemi d’istruzione degli Stati membri, e di aiutarli promuovendone la diversità culturale.

Forze armate

89. rammenta che i diritti fondamentali sono validi anche all’interno delle caserme e si applicano anche integralmente ai cittadini in divisa; raccomanda agli Stati membri di garantire che i diritti fondamentali siano osservati anche nell’ambito delle Forze armate;

Migranti e rifugiati
Accesso alla protezione internazionale e immigrazione legale

90. è profondamente turbato dalla tragica sorte di quanti perdono la vita nel tentativo di raggiungere il territorio europeo, o che cadono nelle mani di scafisti o trafficanti di esseri umani;

91. chiede alla Commissione e agli Stati membri di mettere a punto politiche in materia di migrazione legale efficaci e di lungo termine, nonché di garantire un effettivo accesso al territorio dell’Unione europea e ad una procedura che contenga norme più flessibili e coordinate per i richiedenti asilo, anziché concentrare i loro sforzi sulla prevenzione dell’immigrazione irregolare, ricorrendo ad un sempre maggior numero di misure di controllo alle frontiere, che mancano di meccanismi necessari all’identificazione dei potenziali richiedenti asilo alle frontiere europee, con la conseguente violazione del principio di non respingimento (non refoulement ), sancito dalla Convenzione del 1951 sullo status di rifugiati;

92. invita gli Stati membri ad applicare gli orientamenti dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per rifugiati (UNHCR) sulla persecuzione fondata sull’appartenenza di genere (2002) nell’attuazione delle vigenti direttive comunitarie in materia di asilo;

93. chiede al Consiglio di chiarire i rispettivi ruoli dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) e degli Stati membri stessi, al fine di garantire il rispetto dei diritti umani durante i controlli alle frontiere; ritiene urgente modificare il mandato di FRONTEX, allo scopo di includervi le operazioni di salvataggio in mare; reclama il controllo democratico del Parlamento nella conclusione di accordi da parte di FRONTEX con paesi terzi, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione congiunta dei rimpatri;

94. chiede al Consiglio e alla Commissione di abilitare FRONTEX a instaurare una cooperazione strutturata con l’Agenzia e l’UNHCR, al fine di agevolare le operazioni che tengono conto della tutela dei diritti umani;

95. manifesta preoccupazione per la tendenza ad un sempre maggiore allontanamento dei controlli dalle frontiere geografiche dell’Unione europea, tendenza che rende difficile verificare i fatti allorché le persone richiedenti lo status di rifugiato e coloro che necessitano di protezione internazionale entrano in contatto con le autorità di un paese terzo;

96. esorta la Commissione e in particolare il Consiglio a portare avanti rapidamente e ambiziosamente la lungimirante strategia dell’Unione europea in materia di asilo, relativa all’attuazione della fase II, compresa la revisione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate al fine del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato negli Stati membri(14) e della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, dello status di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale(15) , nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta e la creazione di un Ufficio europeo di sostegno in materia di asilo;

Accoglienza

97. chiede alla Commissione di proseguire l’esame rigoroso del recepimento della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003 recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri(16) al fine di evitare che un mancato o parziale recepimento dia luogo in numerosi Stati membri a prassi che non soddisfano le norme minime previste dalla direttiva;

98. ricorda che anche i migranti che non presentano domanda di asilo devono essere accolti in strutture pulite e adeguate, dove possano essere informati – con l’aiuto di interpreti e mediatori culturali appositamente formati – dei loro diritti e delle opportunità offerte dalla legislazione del paese di accoglienza, dal diritto comunitario e dalle convenzioni internazionali;

Figli minori di genitori immigrati, richiedenti asilo e rifugiati

99. chiede di prestare particolare attenzione alla situazione in cui versano i bambini rifugiati, richiedenti asilo e migranti, e i bambini figli di richiedenti asilo, rifugiati o clandestini, per far sì che ogni bambino possa esercitare pienamente i propri diritti, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino, compreso il diritto alla non discriminazione, tenendo conto innanzitutto dell’interesse del bambino stesso in tutte le azioni avviate, pur riconoscendo l’importanza del ruolo e la responsabilità dei genitori; richiama l’attenzione sull’istituzione, in alcuni Stati membri, di un doppio sistema di istruzione e sottolinea che cura e assistenza differenti per i figli dei cittadini nazionali e quelli dei cittadini dei paesi terzi non devono essere né discriminatorie né di lungo periodo e devono essere giustificate per garantire una migliore scolarizzazione, anche nelle lingue del paese ospite, di tutti i bambini;

100. chiede di prestare particolare attenzione ai minori non accompagnati e a quelli separati dai loro genitori che giungono nel territorio dell’Unione europea attraverso i canali dell’immigrazione irregolare e sottolinea l’obbligo degli Stati membri di fornire loro assistenza e protezione speciale; chiede a tutte le autorità – locali, regionali e nazionali – e alle istituzioni europee di cooperare assiduamente per proteggere tali minori da ogni forma di violenza e sfruttamento, di assicurare la nomina tempestiva di un tutore, di fornire loro un’assistenza legale, di cercare i loro familiari e di migliorare le loro condizioni di accoglienza, attraverso alloggi adeguati, un accesso agevolato ai servizi sanitari, d’istruzione e formazione, in particolare per quanto concerne l’insegnamento della lingua ufficiale del paese di accoglienza, la formazione professionale e una completa integrazione nel sistema scolastico;

101. ricorda che i minori non dovrebbero essere posti in detenzione amministrativa e che i minori accompagnati dai loro familiari dovrebbero essere detenuti solo in circostanze veramente eccezionali, per un periodo più breve possibile e soltanto se tale detenzione avviene nel loro interesse, conformemente all’articolo 3 e all’articolo 37, paragrafo b) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino;

Integrazione

102. chiede un maggior coordinamento delle politiche nazionali d’integrazione dei cittadini dei paesi terzi e delle iniziative europee in tale ambito; sottolinea che, grazie a principi di base comuni volti a istituire un quadro europeo coerente in materia, la politica per l’integrazione dovrebbe includere, superandola, la politica per la lotta alla discriminazione ed essere estesa a vari ambiti, come l’istruzione, l’occupazione e la formazione professionale;

103. sollecita lo sviluppo di programmi d’integrazione e del dialogo interculturale destinati a prevenire potenziali tensioni tra migranti intracomunitari e comunità autoctone nel contesto dei fenomeni migratori creatisi a seguito dell’allargamento;

104. ritiene che la più urgente necessità delle minoranze di origine immigrata sia quella d’integrarsi il più rapidamente possibile nella società del paese in cui sono stabilite, pur facendo in modo che ciò avvenga in uno spirito di reciprocità; ritiene altrettanto importante riconoscere il diritto di chiunque sia nato e viva in uno Stato membro di godere dei diritti civili; ritiene che il diritto dei residenti di lungo periodo a partecipare alla vita politica a livello locale ne promuoverebbe l’integrazione sociale e politica;

105. teme che l’assenza di politiche d’integrazione efficaci escluda centinaia di migliaia di cittadini di paesi terzi e di apolidi dalla vita professionale, sociale e politica e che anche ciò ostacoli l’obiettivo perseguito dall’Unione europea di accrescere la mobilità del lavoro ai fini di una maggiore competitività e prosperità economica; riconosce che il rischio che l’emarginazione possa relegare una persona in una posizione vulnerabile e apra la strada alla radicalizzazione, alla tratta e ad altre forme di sfruttamento;

Rimpatrio

106. ribadisce che si dovrebbe procedere al rimpatrio di un individuo soltanto a seguito di un esame equo e completo della sua domanda; ritiene che, qualora il rimpatrio risulti impossibile o inumano a causa della criticità della situazione esistente nel paese di origine o di transito in termini di rispetto dei diritti umani, gli Stati membri dovrebbero rinunciare al rimpatrio, conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo;

107. invita gli Stati membri a verificare le condizioni di vita e di integrazione dei rimpatriati nei paesi di origine e di transito e di adottare misure tese a garantire loro un’assistenza adeguata;

Detenzione e accordi di riammissione

108. nutre preoccupazione per il moltiplicarsi, da diversi anni, del numero di centri di detenzione per stranieri negli Stati membri e alle loro frontiere; in base a numerose relazioni, tra cui quelle delle delegazioni della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, in cui vengono denunciate frequenti violazioni dei diritti umani, chiede di avviare le seguenti azioni:
– garantire l’accesso delle ONG specializzate nella tutela dei diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo, in modo tale che la loro presenza nei centri di detenzione sia prevista per legge e non sia soltanto dovuta alla buona volontà dei loro membri,
– istituire un organo di controllo indipendente a livello europeo competente per la supervisione dei centri di detenzione relativamente alla tutela dei diritti umani,
– chiedere all’Agenzia di elaborare, su base annuale, una relazione che esamini la situazione delle persone che si trovano nei centri di detenzione sotto l’autorità degli Stati membri, all’interno o all’esterno delle loro frontiere, e di presentarla al Parlamento;

109. esprime preoccupazione per il fatto che, dal 2002, nella maggior parte degli accordi bilaterali sottoscritti dall’Unione europea con paesi terzi, compresi gli accordi commerciali, sono state inserite clausole di riammissione, con una conseguente crescente esternalizzazione della politica migratoria dell’Unione europea, caratterizzata da un insufficiente controllo parlamentare, sia a livello europeo sia a livello nazionale; chiede pertanto alla Commissione e al Consiglio di associare il Parlamento fin dalle prime fasi dei negoziati su tali accordi e di informarlo regolarmente del numero di espulsi dall’Unione europea in applicazione di tali clausole;

Libertà di espressione

110. difende la libertà di espressione come valore fondamentale dell’Unione europea; ritiene che essa debba essere esercitata entro i limiti consentiti dalla legislazione, coesistere con la responsabilità personale e basarsi sul rispetto dei diritti altrui;

111. si compiace della situazione globalmente soddisfacente in termini di libertà di stampa esistente negli Stati membri, dal momento che tutti e 27 gli Stati membri figurano tra i primi 56 paesi della “Classifica mondiale della libertà di stampa 2007” di Reporter senza frontiere;

112. chiede agli Stati membri che in questi ultimi anni hanno utilizzato le loro istituzioni giudiziarie, o prevedono di modificare la propria legislazione, per violare il diritto dei giornalisti alla segretezza delle loro fonti, nonché quello dei giornalisti e degli editori a pubblicare le informazioni, di migliorare la loro legislazione e le loro prassi, nel rispetto della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 27 marzo 1996 e della raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sul diritto dei giornalisti alla tutela delle loro fonti d’informazione(17) , dal momento che la violazione di tale diritto costituisce attualmente la principale minaccia alla libertà di espressione dei giornalisti nell’Unione europea e che negli ultimi anni non vi sono stati miglioramenti significativi in tale ambito;

113. considera la libertà di espressione e l’indipendenza della stampa diritti universali, che non possono essere compromessi da alcun individuo o gruppo che si senta attaccato da quanto detto o scritto; sottolinea al tempo stesso che è necessario poter garantire l’esercizio del diritto a un risarcimento in sede giudiziaria in caso di notizie false o diffamazione e nel rispetto della legislazione vigente;

114. ritiene che la libertà di stampa debba essere sempre esercitata entro i limiti consentiti dalla legge, pur temendo che i tentativi di questi ultimi anni di bandire dal dibattito pubblico determinati temi diano luogo in molti Stati membri a una forma di censura non ufficiale o un’autocensura dei mezzi d’informazione;

Diritti dei bambini
Violenza, povertà e lavoro

115. condanna ogni forma di violenza nei confronti dei bambini e ribadisce in particolare la necessità di combattere le forme di violenza più frequentemente riscontrate negli Stati membri: pedofilia, violenze sessuali, violenze familiari, punizioni corporali nelle scuole e differenti forme di abuso nelle istituzioni; chiede di istituire e portare a conoscenza del pubblico meccanismi sicuri, riservati ed accessibili, che consentano ai bambini di tutti gli Stati membri di denunciare le violenze;

116. chiede agli Stati membri di adottare misure efficaci tese a vietare le varie forme di sfruttamento dei bambini, compreso lo sfruttamento a fini di prostituzione, della produzione di pedopornografia, traffico di droga, borseggio, mendicità e ogni altra forma di sfruttamento;

117. chiede agli Stati membri di adottare misure tese a eliminare la pratica dei matrimoni non ufficiali tra minori, spesso estremamente giovani; ritiene che tali pratiche rappresentino una forma di abuso sessuale che nuoce allo sviluppo dei bambini e incoraggia l’abbandono della scuola;

118. chiede ai tredici Stati membri che non dispongono di una legislazione in materia di vietare totalmente le punizioni corporali, secondo quanto affermato nello studio delle Nazioni Unite sulla violenza nei confronti dei minori del 2006, che le definisce come la più comune forma di violenza ai danni di questi ultimi;

119. pone l’accento sulla necessità di far sì che tutte le politiche, sia a livello dell’Unione europea, sia a livello nazionale, prevedano l’eliminazione di ogni forma di lavoro minorile; ritiene che l’istruzione a tempo pieno sia lo strumento migliore per risolvere tale problema, sia prevenendo tali abusi, sia interrompendo in futuro il circolo vizioso dell’analfabetismo e della povertà;

120. osserva che in alcuni Stati membri migliaia di bambini sono impegnati in forme di lavoro molto pesanti sia nelle regioni urbane sia in quelle rurali e chiede quindi agli Stati membri di affrontare con decisione tale problema, attraverso una rigorosa applicazione delle leggi nazionali nonché l’organizzazione di campagne educative nazionali mirate sia ai genitori che ai bambini;

121. rammenta che quasi il 20% dei bambini nell’Unione europea vive al di sotto della soglia di povertà e che i più vulnerabili tra di loro provengono da famiglie monoparentali e/o da genitori nati all’estero; ribadisce pertanto la necessità di adottare adeguate misure di accesso ai diritti, incentrate sulle esigenze dei minori, comprese misure di sostegno alle famiglie, e chiede agli Stati membri, in particolare a quelli dai tassi di povertà più elevati, di perseguire obiettivi ambiziosi e realizzabili al fine di ridurre la povertà infantile e quella della loro famiglia;

122. chiede alla Commissione di cercare d’integrare le differenti strategie in materia di povertà dei minori e quella delle loro famiglie, disoccupazione giovanile e inclusione sociale delle minoranze in tutte le relative strategie di sviluppo, compresi i documenti di strategia di riduzione della povertà e i programmi indicativi; esorta gli Stati membri ad agire con efficacia contro la tratta dei minori, intensificando la cooperazione transfrontaliera, attuando formazioni specializzate e applicando criteri giuridici di prevenzione a tal fine;

123. sottolinea l’importanza che riveste la protezione dei bambini; ritiene che dovrebbero essere pienamente attuate e ulteriormente sviluppate le iniziative per una strategia dell’Unione europea sui diritti dei bambini, ad esempio un sito web interamente dedicato alle questioni legate all’infanzia, un’assistenza speciale e linee telefoniche d’emergenza nonché una dotazione di bilancio per programmi d’azione dell’Unione europea a favore dei bambini;

Discriminazione

124. chiede alla Commissione e agli Stati membri di prestare particolare attenzione alle differenti e spesso numerose forme di discriminazione di cui sono vittime i giovani e i bambini, soprattutto i bambini che vivono in povertà, i bambini di strada e i giovani appartenenti a minoranze etniche e a gruppi di migranti, nonché i bambini e i giovani disabili, e che si traducono spesso in un mancato accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria;

125. chiede che i bambini Rom, in particolare – ma non soltanto – negli Stati membri in cui i Rom rappresentano importanti minoranze etniche, siano oggetto di misure specifiche, allo scopo di porre fine alla discriminazione, alla segregazione, all’esclusione sociale e scolastica di cui sono spesso vittime; chiede nella fattispecie agli Stati membri di impegnarsi a porre fine alla sovrarappresentazione – del tutto ingiustificata – dei bambini Rom negli istituti per soggetti affetti da disabilità mentali, a promuovere campagne di scolarizzazione e a combattere il fenomeno del ritiro della carta d’identità subito da numerosi bambini Rom;

126. sollecita gli Stati membri a garantire un’efficace integrazione dei bambini svantaggiati e socialmente emarginati nei sistemi d’istruzione sin dalla loro più giovane età e a incoraggiare a tal fine lo scambio di prassi eccellenti;

127. chiede agli Stati membri d’impegnarsi nella lotta contro la discriminazione nell’ambito dell’istruzione, ad esempio la segregazione dei bambini Rom, in ottemperanza alla recente sentenza in materia della Corte europea dei diritti dell’uomo(18) ;

Giustizia per i giovani

128. ritiene che si debba ricorrere alla detenzione di delinquenti minorenni come ultima risorsa e per un periodo il più limitato possibile e chiede quindi di prevedere soluzioni alternative alla detenzione per i minori; insiste altresì sulla necessità di garantire misure di rieducazione come i servizi socialmente utili al fine di assicurare la reintegrazione sociale e professionale di queste persone;

129. osserva che non tutti i paesi membri fissano la stessa età per la responsabilità penale e manifesta preoccupazione per il fatto che, in alcuni di essi, i minori siano regolarmente deferiti ad autorità giudiziarie competenti per gli adulti e che in altri i tribunali minorili vengano chiusi; chiede agli Stati membri di allineare i loro sistemi giudiziari affinché nessun minore venga giudicato in base alle stesse modalità applicate per un adulto;

130. chiede a tutti gli Stati membri di garantire che i minori siano rappresentati in modo efficace e indipendente in tutte le procedure giudiziarie o semigiudiziarie che li riguardano e che dispongano di un tutore legalmente nominato, qualora nessun familiare possa agire per loro conto; sottolinea che tutti i minori, compresi quelli collocati in istituti giudiziari, dovrebbero essere informati dalle autorità dell’esistenza di meccanismi di ricorso;

Assistenza all’infanzia

131. chiede agli Stati membri di intervenire in modo tale da garantire il diritto del bambino a una famiglia e di fare in modo di individuare soluzioni efficaci per evitare la separazione tra genitori e figli e l’abbandono di minori; li invita altresì a prendere le distanze dalla politica delle grandi istituzioni e, piuttosto, a riformare, sviluppare e rafforzare strutture educative alternative efficaci, basate sulla famiglia e la comunità; chiede agli Stati membri, nei casi di affidamento, i mezzi necessari per permettere il ritorno del bambino nella sua famiglia;

132. sollecita l’adozione da parte degli Stati membri di misure necessarie che consentano di garantire la qualità delle strutture di accoglienza per minori, compresi la formazione professionale continua, buone condizioni di lavoro e un salario dignitoso per coloro che nella loro attività professionale si occupano di bambini; sottolinea che tali strutture e il loro personale forniscono ai minori basi solide per il futuro e presentano vantaggi anche per i genitori, segnatamente per quelli che devono far fronte a un carico di lavoro molto pesante o per le famiglie monoparentali, e che offrono anche un’alternativa ai bambini poco o non seguiti dalla famiglia;

Partecipazione

133. ricorda che i minori hanno il diritto di esprimere la propria opinione, secondo la loro età e maturità, e che occorre dar loro la possibilità di far parte di gruppi o associazioni in modo da incontrare altri bambini ed esprimersi in tale contesto; chiede pertanto agli Stati membri e alle autorità locali di incoraggiare i progetti volti a dare ai bambini la capacità di esprimersi in tal modo, nell’ambito di consigli o consessi locali per bambini, garantendo al tempo stesso il coinvolgimento dei bambini maggiormente esclusi e l’ampia diffusione di informazioni su tali attività presso i bambini stessi;

134. si compiace dell’avvio da parte della Commissione di un forum che riunisce rappresentanti delle istituzioni europee e di organizzazioni nazionali e internazionali operanti nel campo dei diritti dei minori; reputa che la partecipazione dei bambini dovrebbe essere uno dei principali obiettivi del forum e si appella pertanto alla Commissione, affinché garantisca la partecipazione dei minori in tutte le fasi di attività del forum;

135. ritiene importante che le informazioni sui diritti del bambino siano divulgate tra i bambini stessi in modo accessibile e con mezzi adeguati: chiede alla Commissione di mettere a punto strumenti di comunicazione efficaci, che migliorino la conoscenza dei propri diritti da parte dei minori, della situazione dei minori negli Stati membri e delle attività dell’Unione europea in questo campo;

Diritti sociali

136. ritiene che sia possibile combattere la povertà e l’esclusione sociale soltanto garantendo l’insieme dei diritti fondamentali, in particolare i diritti economici e sociali di tutti; approva a tale riguardo la decisione di proclamare il 2010 Anno europeo della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale; chiede alla Commissione agli Stati membri di concordare e perseguire obiettivi ambiziosi in tale ambito;

137. ribadisce che esiste una serie di diritti fondamentali inscindibili e interdipendenti, a cui deve essere garantito l’effettivo accesso per tutti gli esseri umani;

Povertà

138. insiste sul fatto che l’articolo 30 della Carta sociale europea rivista sancisce il diritto alla protezione contro la povertà e l’esclusione sociale e chiede agli Stati membri di ratificarla;

139. sottolinea che occorre attribuire una sempre maggiore importanza alle politiche di “inclusione attiva” delle persone più lontane dal mercato del lavoro;

140. insiste sul fatto che la povertà estrema e l’esclusione sociale rappresentano una violazione dell’insieme di diritti fondamentali;

141. auspica una vera e propria integrazione della dimensione sociale e dei diritti fondamentali nel complesso delle politiche dell’Unione europea;

142. si impegna a favore di un modello di sviluppo sociale sostenibile coerente con un approccio basato sui diritti sociali e principalmente mirato a una maggiore coesione sociale;

143. rammenta che gli articoli 34 e 36 della Carta riconoscono il diritto alla sicurezza sociale e ai servizi sociali, nonché il diritto di accesso ai servizi d’interesse economico generale; invita gli Stati membri ad adoperarsi affinché tutti i cittadini possano godere di tali diritti, anche quelli più vulnerabili;

144. ricorda che la lotta alla povertà deve essere portata avanti associandovi le popolazioni più povere, che sono quelle maggiormente toccate da tale fenomeno e quindi maggiormente in grado di mostrare le conseguenze di un mancato esercizio dei diritti e le soluzioni per porvi rimedio; auspica l’instaurazione di una democrazia partecipativa che attribuisca particolare attenzione alla partecipazione di coloro che sono vittime di povertà, esclusione, discriminazioni e sperequazioni;

Il problema dei senza tetto

145. invita la Commissione a sviluppare una definizione quadro europea dei senza tetto, a raccogliere dati statistici comparabili e affidabili fornendo aggiornamenti annui sulle iniziative prese e sui progressi fatti negli Stati membri dell’Unione europea per porre fine alla situazione dei senza tetto;

146. invita gli Stati membri a redigere piani di emergenza invernali quale parte di una più ampia strategia per i senza tetto;

Alloggio

147. rammenta che l’articolo 34, paragrafo 3, della Carta riconosce il diritto all’assistenza sociale e a un alloggio per tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti al fine di combattere l’emarginazione e la povertà; chiede pertanto agli Stati membri di garantire l’accesso a un alloggio decoroso;

148. rammenta altresì le osservazioni e i principi contenuti nella relazione del Commissario ai diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa sul diritto a un alloggio decoroso(19) ;

Salute

149. rammenta che l’articolo 35 della Carta conferisce a ciascuno il diritto di accesso alla sanità preventiva e il diritto di ricevere cure mediche; invita gli Stati membri a garantire l’accesso a un’adeguata assistenza sanitaria, in particolare ai soggetti a basso reddito e il cui stato di salute richiede cure intensive, lunghe od onerose;

150. invita gli Stati membri e l’Unione europea a garantire che le persone che fanno abuso di narcotici abbiano pieno accesso ai servizi sanitari specializzati e ai trattamenti alternativi, senza essere trattati da criminali soltanto a causa del consumo personale di sostanze illecite;

Lavoratori

151. ribadisce la necessità di migliorare la trasparenza del mercato del lavoro, in modo tale che qualsiasi tipo di occupazione (temporanea, permanente, a tempo pieno o parziale e retribuita su base oraria) sia ufficialmente riconosciuta, retribuita in modo dignitoso e pienamente rispettosa dei diritti dei lavoratori;

152. riconosce che non tutti gli Stati membri dispongono di una legislazione nazionale che stabilisce una retribuzione minima; chiede la messa a punto di meccanismi intesi a garantire a ciascuno un reddito decente onde assicurare che tutti i lavoratori dell’Unione europea ricevano una retribuzione che consenta loro di vivere in maniera decorosa;

153. sollecita gli Stati membri e i paesi candidati all’adesione a ratificare e dare piena attuazione alle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL); chiede alla Commissione e agli Stati membri di sostenere l’OIL nel rafforzamento del suo sistema e dei suoi meccanismi di controllo;

154. incoraggia le imprese ad adottare politiche di assunzione e sviluppo professionale responsabili e non discriminatorie, al fine di incentivare l’occupazione femminile, dei giovani e dei soggetti svantaggiati;

155. ricorda che la discriminazione deve essere vista anche come un’interferenza nelle quattro libertà fondamentali, in particolare la libera circolazione delle persone, e che in quanto tale essa rappresenta un ostacolo al funzionamento del mercato interno; invita la Commissione a incoraggiare gli Stati membri a rivedere le loro disposizioni transitorie che disciplinano l’accesso ai loro mercati del lavoro, al fine di eliminare la differenziazione fra cittadini europei a tale riguardo;

156. chiede agli Stati membri di rivedere la legislazione nazionale in modo da garantire che i lavoratori del sesso, a prescindere dalla loro situazione giuridica, non siano sfruttati da organizzazioni criminali, che siano garantiti loro i diritti fondamentali e che possano avere accesso agli opportuni servizi sociosanitari;

157. chiede alla Commissione e agli Stati membri di sostenere l’inclusione sociale delle persone più lontane dal mercato del lavoro e di far fronte alla realtà dei “lavoratori poveri”; ritiene che tali strategie debbano trovare il giusto equilibrio tra questioni come livelli di salari equi, un giusto equilibro tra vita professionale e vita privata, condizioni di lavoro di qualità, la protezione sociale, l’occupabilità e la sicurezza del lavoro;

Lavoratori irregolari

158. chiede agli Stati membri di ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei lavoratori migranti(20) ponendo l’accento sul fatto che la maggior parte dei lavoratori che offrono prestazioni senza disporre degli adeguati documenti d’immigrazione, svolgono attività legali e indispensabili per le economie europee, come la raccolta di frutta, la costruzione o la manutenzione di edifici, l’assistenza ai malati, agli anziani e ai bambini;

159. chiede alle istituzioni europee e agli Stati membri di abbandonare l’uso del termine “immigrati clandestini”, che presenta connotazioni molto negative, e di utilizzare piuttosto termini come “lavoratore/migrante irregolare” o “sprovvisto di documenti”;

160. ribadisce che il diritto del lavoro ha lo scopo di tutelare i lavoratori sottoposti a rapporti professionali iniqui, come accade appunto nel caso dei lavoratori irregolari, e chiede agli Stati membri di tutelare il diritto di organizzazione di tutti i lavoratori, compresi quelli irregolari;

161. chiede alla Commissione di trattare con la stessa priorità e solerzia, includendole in un unico pacchetto, la politica per l’immigrazione attualmente in corso di definizione e le “sanzioni contro i datori di lavoro dei cittadini dei paesi terzi residenti irregolarmente”;

162. sottolinea che il primo compito degli ispettorati del lavoro è quello di tutelare i lavoratori e chiede pertanto agli Stati membri di:
– garantire ai lavoratori irregolari la possibilità di denunciare gli abusi commessi dal datore di lavoro, in tutta sicurezza e senza la minaccia di essere espulsi;
– investire nella formazione degli ispettori del lavoro e di quanti offrono assistenza ai lavoratori irregolari, relativamente alla possibilità di denunciare ufficialmente le violazioni della legislazione del lavoro,
– stabilire un sistema di sanzioni che non penalizzi i lavoratori anziché i datori di lavoro;

Anziani

163. ritiene che l’invecchiamento della popolazione rappresenti una sfida e debba essere considerato un’opportunità ai fini di un maggior coinvolgimento sociale delle persone con esperienza di lunga data e di qualità, contribuendo quindi a promuovere un invecchiamento attivo; ritiene che vadano compiuti sforzi ai fini dell’inserimento dei lavoratori anziani nel mondo del lavoro;

164. ritiene che occorra prestare particolare attenzione alle donne anziane sole, che costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile e sono spesso le prime vittime della povertà, in caso di rallentamento dell’economia;

165. rileva la necessità di combattere la discriminazione delle donne anziane e rafforzare la loro partecipazione al mercato del lavoro (ad esempio mediante programmi di apprendimento lungo tutto l’arco della vita), data la loro vulnerabilità e il loro numero crescente in seno all’Unione europea;

166. rammenta che l’articolo 25 della Carta conferisce agli anziani il diritto a una vita dignitosa e autonoma; raccomanda pertanto, in combinato disposto con gli articoli 34 e 35 della Carta, assistenza sanitaria preventiva e sicurezza sociale per gli anziani, onde garantire loro una vita dignitosa;

167. chiede agli Stati membri che non l’abbiano ancora fatto di varare una legislazione sul testamento biologico, per garantire quanto disposto dall’articolo 8 della Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina, secondo cui “sono tenuti in considerazione i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà”, e assicurare il diritto alla dignità alla fine della vita;

168. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati, all’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea, al Comitato dei ministri e all’Assemblea parlamentare, nonché al Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e agli organi competenti dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa e all’Organizzazione delle Nazioni Unite.

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(1) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.
(2) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.
(3) GU L 53 del 22.2.2007, pag. 1.
(4) Consiglio d’Europa – Unione europea: “Una stessa ambizione per il continente europeo”, relazione di Jean-Claude Juncker, 11 aprile 2006, pag. 4.
(5) 1 GU C 287 E del 29.11.2007, pag. 309.
(6) Relazione annuale 2008 dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea, pubblicata il 24 giugno 2008.
(7) Protocollo N. 12 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali firmato il 4 novembre 2000.
(8) Nella causa C 267/60 Tadao Maruko contro Versorgungsanstalt der deutschen Bühnen, nelle sentenze del 1° aprile 2008, la CGCE ha stabilito che il rifiuto di concedere la pensione di reversibilità ai conviventi rappresenta una discriminazione diretta fondata sull’orientamento sessuale se i coniugi superstiti e i partner superstiti di un’unione solidale si trovano in una situazione analoga per quanto concerne la pensione.
(9) GU L 328 del 6.1.2008, pag. 55.
(10) GU C 297 E del 29.11.2008, pag. 125.
(11) Protocollo facoltativo alla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, adottato il 15 ottobre 1999.
(12) Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne, adottata il 20 dicembre 1993.
(13) Direttiva 2004/81/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti, decisione quadro 2002. Decisione del Consiglio del 19 luglio 2002 sulla lotta alla tratta di esseri umani.
(14) GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13.
(15) GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.
(16) GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18.
(17) Raccomandazione n. R (2000) 7.
(18) D.H. e altri contro Repubblica ceca, concernente casi che risalgono ad anni precedenti.
(19) Punto di vista del Commissario per i diritti dell’uomo del 29 ottobre 2007 dal titolo “Nessuno dovrebbe essere senzatetto – un alloggio adeguato è un diritto”.
(20) Convenzione internazionale sulla tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei loro familiari approvata con la risoluzione 45/158 del 18 dicembre 1990 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.