Risoluzione 08 giugno 2005
Risoluzione 8 giugno 2005: “Protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione nell’Europa allargata”.
(Testo provvisorio)
Il Parlamento europeo,
– visti gli articoli 6 e 7 del trattato UE, che stabiliscono l’obiettivo di sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia nonché quello di applicare i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti fondamentali e Stato di diritto,
– visti, in particolare, l’articolo 13 del trattato CE, che affida alla Comunità il compito di combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, e l’articolo 63 del trattato CE, che istituisce il quadro della politica in materia di asilo e di immigrazione all’interno del quale viene promossa l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi, nonché le altre basi giuridiche per l’azione dell’Unione in questo settore,
– visto il trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, che sviluppa ulteriormentel’attuale acquis, in particolare attraverso l’inclusione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, mettendo così ancora maggiormente in rilievo il concetto di diritti fondamentali (1),
– visto l’articolo I-14 del trattato costituzionale, che stabilisce i settori di competenza condivisa e che conferisce così all’Unione europea responsabilità in materia di libertà, sicurezza e giustizia, compresi i diritti dell’uomo, tenendo presente che i diritti delle minoranze costituiscono un elemento fondamentale dei diritti dell’uomo in generale,
– viste la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica(2), la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro(3), e la direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro(4),
– visti il Libro verde della Commissione sull’uguaglianza e la non discriminazione nell’Unione europea allargata (COM(2004)0379) nonché le relazioni annuali e tematiche adottate dall’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (EUMC),
– visto l’articolo 45 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e i pareri della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, della commissione per la cultura e l’istruzione e della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (A6-0140/2005),
A. tenendo presente che vi è una differenza tra la protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione; facendo osservare che la parità di trattamento è un diritto fondamentale, non un privilegio, di tutti i cittadini e che la tolleranza dovrebbe essere un atteggiamento generale di vita, non un favore concesso ad alcuni e negato ad altri;
considerando pertanto che occorre lottare con la medesima determinazione contro tutte le forme di discriminazione; rammentando che le minoranze nazionali contribuiscono alla ricchezza dell’Europa,
B. considerando che nell’Unione europea ogni individuo in uguale misura ha il diritto e il dovere di essere un membro a pieno titolo della società, attivo e integrato, uguale dinanzi alla legge; considerando che ciascuna persona è prima di tutto e soprattutto una persona singola ed unica, e che il far parte di una minoranza non potrà mai giustificare o spiegare l’esclusione o la discriminazione, o la decisione di ritirarsi dalla comunità,
La dimensione politica e l’urgente necessità di porre in atto politiche contro la discriminazione e la protezione delle minoranze.
1. ritiene che per un’Unione allargata con 25 Stati membri e 450 milioni di abitanti sia di primaria importanza:
– rinsaldare i legami tra i suoi popoli e il progetto che essa rappresenta, rafforzando nel contempo il senso di appartenenza all’Unione europea e il riconoscimento della storia, della cultura, dell’identità e delle caratteristiche proprie di ciascuna persona,
– rendere le azioni e l’esercizio del potere più coerenti a livello locale, regionale, nazionale e comunitario, in linea con il principio di sussidiarietà,
– porre in atto tempestivamente la legislazione esistente e dunque trasporre le direttive adottate in questo settore,
– rispettare il principio della fiducia di cui nella risoluzione del 20 aprile 2004 sulla comunicazione della Commissione in merito all’articolo 7 del trattato sull’Unione europea: Rispettare e promuovere i valori sui quali è fondata l’Unione(5);
2. ricorda che, a norma dell’articolo 191 del trattato CE, i partiti politici a livello europeo sono importanti in quanto fattore di integrazione nell’ambito dell’Unione; esprime quindi preoccupazione dinanzi al fatto che l’opinione pubblica tollera sempre più dichiarazioni e azioni profondamente razziste, antisemitiche, islamofobiche e omofobiche da parte di personaggi politici di primo piano e membri di governo; invita tutti i partiti politici a rinnovare il loro impegno nei confronti della Carta dei partiti politici europei per una società non razzista, adottata il 5 dicembre 1997, e sottolinea quindi che per i partiti politici le premesse fondamentali per una politica di integrazione delle minoranze sono:
– la necessità di un’adeguata rappresentanza nel processo decisionale politico,
– la necessità di garantire la parità di trattamento delle minoranze per quanto riguarda l’istruzione, l’assistenza sanitaria, i servizi sociali, la giustizia e altri servizi pubblici,
– la necessità per il Parlamento europeo di prendere in considerazione la diversità culturale e linguistica dell’Unione europea e dei suoi Stati membri (giacché il numero dei seggi di ciascuno Stato membro diminuirà ad ogni successivo allargamento);
3. prende atto del fatto che, in linea generale, alle questioni relative alle minoranze nell’Unione non è stata data sufficiente priorità nell’agenda comunitaria, e che è ora necessario riservare loro maggiore attenzione, allo scopo di rafforzare l’efficacia delle misure adottate dalle autorità pubbliche in questo settore; ritiene che, in tale contesto, la futura Agenzia per i diritti fondamentali debba svolgere un ruolo chiave;
4. sottolinea che con i recenti allargamenti e con quelli che interverranno in futuro è aumentato e aumenterà il numero degli Stati membri caratterizzati da una diversità culturale e linguistica; ritiene pertanto che l’Unione europea abbia una particolare responsabilità per quanto attiene alla tutela dei diritti delle minoranze;
5. sottolinea che i diritti delle minoranze sono parte integrante dei diritti dell’uomo fondamentali e ritiene necessario operare una chiara distinzione tra minoranze (nazionali), immigrati e richiedenti asilo;
6. sollecita la Commissione a definire una norma di politica per la protezione delle minoranze nazionali, tenendo debitamente conto dell’articolo 4, paragrafo 2, della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali: “Le Parti si impegnano ad adottare, se del caso, misure adeguate in vista di promuovere, in tutti i settori della vita economica, sociale, politica e culturale, un’eguaglianza piena ed effettiva tra le persone appartenenti a una minoranza nazionale e quelle appartenenti alla maggioranza. Esse tengono debitamente conto, a questo proposito, delle specifiche condizioni delle persone appartenenti a minoranze nazionali”;
7. sottolinea l’incoerenza della politica nei confronti delle minoranze, rilevando che, mentre la protezione di queste ultime rientra tra i criteri di Copenaghen, non esiste uno standard per loro diritti nelle politiche comunitarie, né vi è un consenso a livello comunitario su chi possa essere considerato come appartenente ad una minoranza; fa osservare che non esiste una definizione di minoranze né nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti di persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose o linguistiche, né nella Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali; raccomanda che una tale definizione sia basata sulla definizione di “minoranza nazionale” contenuta nella raccomandazione 1201 (1993) del Consiglio d’Europa, in base alla quale si tratta di gruppi di persone in uno Stato che:
– risiedono nel territorio dello Stato in questione,
– mantengono legami antichi, solidi e duraturi con lo Stato in questione,
– presentano caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche specifiche,
– sono sufficientemente rappresentativi, sebbene numericamente inferiori al resto della popolazione dello Stato in questione o di una sua regione,
– sono animati dalla volontà di preservare insieme ciò che costituisce la loro comune identità, incluse la cultura, le tradizioni, la religione o la lingua;
8. ritiene che, come risulta chiaramente da quanto precede:
– non esista un’unica soluzione atta a migliorare la situazione delle minoranze in tutti gli Stati membri,
– dovrebbero essere sviluppati alcuni obiettivi comuni di minima per le autorità pubbliche dell’Unione europea, sulla base dell’esperienza già maturata, in particolare delle migliori prassi e del dialogo sociale in corso in numerosi Stati membri, e sulla base della messa in atto della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale e delle convenzioni del Consiglio d’Europa, ad esempio la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali e la Carta europea per le lingue regionali o minoritarie, nonché il protocollo 12 della Convenzione europea sulla protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; ricorda altresì l’applicazione dei principi sviluppati nel quadro dell’OSCE, in particolare le raccomandazioni di Lund sull’effettiva partecipazione delle minoranze nazionali alla vita pubblica, le raccomandazioni dell’Aia sui diritti delle minoranze nazionali all’istruzione e le raccomandazioni di Oslo relative ai diritti linguistici delle minoranze nazionali;
9. osserva che la Commissione ha già preso in considerazione tali standard nel contesto dei criteri di Copenaghen(6), durante i negoziati di adesione con i paesi dell’Europa centrale e orientale, Cipro e Malta, e con i paesi in via di adesione e i paesi candidati attuali;
10. sottolinea il fatto che, nell’attuare una politica per la protezione delle minoranze e contro la discriminazione, l’Unione non deve cercare di rimettere in questione la struttura giuridica e costituzionale dei suoi Stati membri o il principio dell’uguaglianza di tutti dinanzi alla legge;
Carenze degli Stati membri nella messa in atto delle misure basate sull’articolo 13 del trattato CE
11. rileva con preoccupazione l’insoddisfacente stato di attuazione delle politiche contro la discriminazione; esorta tutti gli Stati membri ad intensificare, segnatamente, la messa in atto di dette politiche, con particolare riferimento alla direttiva 2000/43/CE e alla direttiva 2000/78/CE, e sollecita la Commissione ad inserire fra gli obiettivi dell’Anno europeo delle pari opportunità 2007 la necessità di trovare una soluzione adeguata per i problemi connessi con:
– un recepimento tardivo o incompleto da parte degli Stati membri(7),
– la mancata istituzione di organismi di parità(8),
– l’inesistenza di disposizioni adeguate sullo status giuridico delle ONG,
– la formazione e l’accrescimento delle capacità, che rivestono la massima importanza ai fini dell’efficacia della legislazione contro la discriminazione (vi è un’evidente necessità di formare i giudici, gli avvocati, i legali interni delle ONG, ecc. per quanto riguarda le disposizioni e i concetti chiave, ad esempio le definizioni di discriminazione diretta e indiretta, l’onere della prova, ecc.),
– la diffusione delle informazioni e il varo di una campagna di sensibilizzazione, dal momento che le direttive richiedono che gli Stati membri informino le persone in merito alle disposizioni della legislazione contro la discriminazione (il coinvolgimento delle ONG e delle parti sociali è essenziale per accrescere la consapevolezza e garantire che le informazioni riguardanti le opportunità offerte dalle direttive raggiungano le potenziali vittime della discriminazione);
12. rileva l’importanza di sviluppare meccanismi per la raccolta di dati sulla discriminazione razziale, in linea con la legislazione sulla protezione dei dati, quale strumento efficace per individuare, controllare e riesaminare le politiche e le prassi di lotta contro la discriminazione razziale e di promozione dell’uguaglianza tra le razze;
13. osserva che, in molti casi, il diritto comunitario è applicato solo in misura limitata, cosa dovuta principalmente all’ignoranza delle strutture sociali nonché alla diffidenza e ai dubbi da parte dei cittadini; ritiene che gli Stati membri dovrebbero incoraggiare, sulla base della legislazione, dei contratti collettivi o della prassi, i datori di lavoro del settore pubblico e privato a promuovere in maniera programmatica e sistematica il principio della parità e della non discriminazione nel luogo e nelle condizioni di lavoro, nell’accesso all’occupazione, nello sviluppo delle carriere, nelle retribuzioni e nella formazione professionale;
14. caldeggia un approccio integrato dell’uguaglianza e della non discriminazione, nonché l’integrazione di tali concetti nelle pertinenti politiche dell’UE; ritiene che l’obiettivo sia di garantire che gli Stati membri affrontino in modo efficace ed appropriato la crescente diversità delle loro società;
15. accoglie favorevolmente lo studio di fattibilità proposto nel soprammenzionato Libro verde, che rappresenta un importante passo avanti verso il conseguimento di norme comuni di protezione in tutta l’Unione europea, e caldeggia nuove proposte legislative a livello comunitario che vietino la discriminazione fondata sugli handicap, la religione, le tendenze sessuali e l’età, e promuovano l’uguaglianza nella fornitura di beni e servizi;
16. ritiene che, nell’ambito della globalizzazione, in cui l’attività economica non è limitata geograficamente e i movimenti di capitali e di mano d’opera hanno assunto dimensioni senza precedenti, l’uguaglianza e l’eliminazione delle discriminazioni non possano essere affrontate solo da un “punto di vista” europeo; sottolinea che i prodotti che inondano i mercati mondiali sono frequentemente il risultato del sovrasfruttamento del lavoro (che porta all’immigrazione clandestina) e che le regioni più sviluppate (USA, UE) “importano” risorse umane scientifiche dal sud meno sviluppato, rendendo irreversibile il “sottosviluppo”;
17. ritiene che l’Unione dovrebbe favorire, in via prioritaria, di comune accordo con i suoi Stati membri e facendo ricorso alle basi giuridiche esistenti, una politica coerente di integrazione attraverso l’adozione di misure legislative e la messa a disposizione di un sostegno finanziario;
18. osserva che, come enunciato nel Programma dell’Aia, è necessario rimuovere gli ostacoli all’integrazione dei cittadini di paesi terzi, e chiede un maggiore coordinamento delle politiche nazionali di integrazione e delle iniziative dell’Unione europea in questo settore; ritiene che tra i principi fondamentali comuni di un quadro europeo coerente per l’integrazione andrebbe incluso il fatto che quest’ultima:
– è un processo bidirezionale continuo che coinvolge sia i cittadini di paesi terzi muniti di regolare permesso di soggiorno sia la società ospitante,
– include la politica contro la discriminazione, ma si spinge al di là della stessa,
– implica il rispetto dei valori fondamentali dell’Unione europea e dei diritti dell’uomo fondamentali,
– richiede capacità elementari di partecipazione alla società,
– si basa sull’interazione frequente e sul dialogo interculturale fra tutti i membri della società nell’ambito di forum e attività comuni, allo scopo di migliorare la comprensione reciproca,
– interessa diversi ambiti di politica, tra cui l’occupazione e l’istruzione, conviene con il Consiglio europeo sulla necessità di promuovere lo scambio strutturato di esperienze e di informazioni in materia di integrazione;
Minoranze discriminate per ragioni molteplici, tra cui la razza, l’origine etnica, le tendenze sessuali, la religione, gli handicap e l’età
19. accoglie con favore gli impegni presi nella comunicazione della Commissione “Pari opportunità per le persone con disabilità: un Piano d’azione europeo” (COM(2003)0650), che fornisce il seguito da dare all’Anno europeo delle persone con disabilità 2003, e si compiace in particolare dell’adozione, da parte della Commissione, di un Piano d’azione europeo per le persone con disabilità; chiede un rafforzamento degli obiettivi e degli strumenti del Piano d’azione, con lo scopo di inserire nelle iniziative dell’Unione europea, segnatamente in quelle legislative, i principi dell’integrazione delle disabilità, della non discriminazione e dell’accessibilità;
20. mette in guardia contro i possibili effetti collaterali discriminatori delle misure di lotta contro la criminalità e il terrorismo, in quanto è dimostrato che le minoranze etniche hanno una probabilità da cinque a sei volte superiore di essere oggetto degli interventi della polizia, di essere sottoposte a controlli di identità, ecc.;
21. invita le istituzioni dell’Unione europea, gli Stati membri, tutti i partiti politici democratici europei, la società civile e le associazioni ad essa appartenenti a:
– condannare tutti gli atti e tutte le espressioni di antisemitismo e i comportamenti di razzismo antimusulmano e anticristiano, nonché la recrudescenza di tesi negazioniste e la negazione e minimizzazione dei genocidi, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra,
– condannare tutti gli atti di intolleranza e di incitazione all’odio razziale, nonché tutti gli atti di vessazione o violenza razzista,
– condannare tutti gli atti di violenza motivati dall’odio o dall’intolleranza di matrice religiosa o razziale, ivi compresi gli attacchi contro tutti gli edifici, i siti religiosi e i luoghi sacri,
– condannare tutti gli atti di violenza omofobica o transfobica, ivi incluse le molestie, le umiliazioni e le aggressioni verbali o fisiche, sia da parte dello Stato che di singoli individui(9) ;
– condannare il persistere a vari livelli della discriminazione su basi religiose ed etniche, nonostante le importanti misure adottate dall’Unione europea in applicazione dell’articolo 13 del trattato CE; richiama in particolare l’attenzione, a tale proposito, sulle discriminazioni del sistema giudiziario nei confronti di persone appartenenti a
minoranze;
22. ribadisce che la discriminazione per motivi religiosi è proibita; invita gli Stati membri, paesi in via di adesione e i paesi candidati ad assicurare piena libertà di religione e pari diritti per tutte le confessioni; ribadisce inoltre che la libertà di religione non giustifica però le discriminazioni, ad esempio, nel campo dell’istruzione;
23. prende atto dei pregiudizi e dell’omofobia di cui continua ad essere permeata la sfera pubblica e invita l’Unione a continuare ad esercitare pressioni su tutti gli Stati membri perché rispettino le norme internazionali ed europee in materia di diritti dell’uomo;
24. ritiene che occorra intervenire contro la crescente omofobia; osserva con preoccupazione il moltiplicarsi degli atti di violenza contro gli omosessuali, tra cui le intimidazioni a scuola e sul luogo di lavoro, il rilascio di dichiarazioni piene di odio da parte di esponenti religiosi e politici, un accesso ridotto all’assistenza sanitaria (ad esempio, esclusione dall’assicurazione, minore disponibilità di organi per i trapianti) e al mercato del lavoro; invita la Commissione a presentare una comunicazione sugli ostacoli alla libera circolazione nell’Unione europea delle coppie omosessuali sposate o legalmente riconosciute;
25. rileva che il dilagare della disoccupazione e della povertà che si osserva in questi ultimi anni nelle società europee ha dato origine ad una situazione singolare di diseguaglianza e discriminazione;
26. segnala gli elevati tassi di disoccupazione che si registrano fra gli anziani e i disabili, a causa delle maggiori difficoltà che essi incontrano nell’accesso a programmi di formazione e a nuove opportunità professionali;
27. invita le parti sociali a compiere sforzi sostanziali per eliminare la discriminazione fondata sugli handicap o sull’età, e a garantire un radicale miglioramento dell’accesso al mercato del lavoro;
28. è convinto che questi sforzi dovrebbero altresì includere la promozione del dialogo e della cooperazione fra i vari segmenti della società a livello locale e nazionale, compresi il dialogo e la cooperazione fra gruppi etnici, linguistici e religiosi diversi; sollecita gli Stati membri a coinvolgere e a consultare i soggetti interessati al momento dell’elaborazione delle leggi contro la discriminazione;
29. sollecita il Consiglio e la Commissione nonché i vari livelli di governo locale, regionale e nazionale degli Stati membri a coordinare le loro misure volte a combattere tutte le forme di discriminazione inclusi l’antisemitismo, i comportamenti islamofobici/antimusulmani o quelli ostili ai rom, la fobia dei rom e l’islamofobia, nonché gli attacchi contro i gruppi minoritari, inclusi i rom, i cittadini di paesi terzi e gli apolidi, allo scopo di sostenere i principi della tolleranza e della non discriminazione, e di promuovere l’integrazione sociale, economica e politica di tutti coloro che risiedono nell’Unione;
30. sollecita gli Stati membri a fare tutto il possibile per assicurare l’effettiva integrazione nei sistemi d’istruzione dei figli dei rifugiati, dei richiedenti asilo e degli immigrati;
Discriminazione fondata sul genere
31. sottolinea il fatto che le donne continuano ad essere vittime di discriminazioni in molti settori della vita quotidiana, malgrado la legislazione vigente in materia di lotta contro la discriminazione;
32. è profondamente deluso nel rilevare che, dopo 25 anni di politiche a favore della parità di trattamento, il divario retributivo tra i sessi non è stato per nulla colmato; invita la Commissione a riferire sullo stato del divario retributivo in ciascuno Stato membro entro la fine del 2005;
33. segnala che, pur essendo stati compiuti progressi in materia di occupazione femminile, e nonostante l’elevato livello culturale delle donne, queste ultime continuano a ricevere retribuzioni inferiori rispetto agli uomini per lo stesso lavoro e ad essere considerate con sospetto dai datori di lavoro a causa della gravidanza e della maternità; segnala altresì i casi di molestie sessuali, che le donne hanno difficoltà a denunciare per paura dell’umiliazione pubblica o del licenziamento;
34. sottolinea l’importanza di concentrarsi sull’aspetto del genere in relazione a tutti i gruppi che sono vittime di discriminazioni, visto che le donne in questi gruppi si trovano spesso ad affrontare problemi specifici;
35. invita l’UE e gli Stati membri a sviluppare una metodologia per esaminare l’interazione dell’appartenenza ad un’etnia e a un genere, e per identificare forme di discriminazione multipla subite da donne e ragazze e i relativi effetti su di esse, di modo che questa metodologia possa servire come base per concepire ed attuare strumenti giuridici, politiche e programmi;
36. richiama l’attenzione sul fatto che le donne appartenenti a minoranze nazionali (in particolare la minoranza rom/sinti) o migranti subiscono forme di discriminazione multipla, per le quali è necessario un approccio politico coerente;
37. invita gli Stati membri e la Commissione a prestare un’attenzione particolare alle donne che appartengono a minoranze nazionali o religiose, in quanto esse sono spesso vittime di discriminazioni da parte non solo della maggioranza della popolazione, ma anche dei membri della loro stessa minoranza; ritiene che gli Stati membri dovrebbero prendere iniziative e misure intese a tutelare i diritti di queste donne, e che dette misure potrebbero includere la trasmissione, su base continua, alle donne che appartengono a minoranze di informazioni sui diritti che la legislazione comunitaria e quella nazionale garantiscono a tutti e soprattutto alle donne;
La comunità rom
38. ritiene che tale comunità necessiti di una protezione speciale essendo diventata, a seguito dell’allargamento, una delle minoranze numericamente più importanti nell’UE ed essendo stata, in quanto comunità, storicamente marginalizzata ed ostacolata nel suo sviluppo in taluni settori chiave: la cultura, la storia e le lingue rom sono spesso trascurate o denigrate;
39. rileva che i rom subiscono la segregazione razziale nell’ambito dell’istruzione e spesso rischiano di essere ingiustamente collocati in istituti per disabili mentali, sono oggetto di discriminazioni per quanto riguarda la fornitura di alloggi, l’assistenza sanitaria e i servizi pubblici, registrano elevati tassi di disoccupazione, le autorità pubbliche spesso non ne riconoscono i diritti e sono inoltre politicamente sottorappresentati;
40. accoglie favorevolmente la pubblicazione del Libro verde soprammenzionato, che tratta i problemi cui la comunità rom deve far fronte nell’Unione europea allargata, ‘organizzazione di un workshop destinato alle autorità nazionali e volto a stabilire in che modo utilizzare le risorse dei Fondi strutturali per assistere i rom e altri gruppi svantaggiati, nonché il varo, da parte della Commissione, di un programma di tirocini specifico per i membri della comunità rom; ritiene tuttavia che gli svantaggi più evidenti potrebbero anche essere affrontati:
– dando esecuzione a progetti di integrazione congiunti a livello degli Stati membri in cui vivono membri della comunità rom, allo scopo di ovviare, nell’arco di dieci anni, agli svantaggi più evidenti che la affliggono,
– promuovendo progetti comuni finanziati a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale,
– promuovendo la conoscenza della lingua dei paesi in cui vivono membri della comunità rom e sostenendo la salvaguardia delle lingue e del patrimonio culturale dei rom, come modo di rafforzare la loro stessa cultura e immagine,
– migliorando l’accesso all’occupazione, all’alloggio, ai servizi sociali e ai piani
Immigrati nuovi e stanziali
41. ritiene che gli immigrati recenti possano subire forme specifiche di discriminazione, che differiscono per alcuni aspetti dalla discriminazione che interessa i cittadini dell’UE che sono immigrati di seconda, terza e quarta generazione e che appartengono ad una minoranza etnica stanziale;
42. ritiene che sia importante distinguere tra minoranze di origine migratoria recente e minoranze nazionali ed etniche tradizionali che sono autoctone nel territorio in cui vivono;
43. ritiene che per queste minoranze di origine migratoria la necessità più urgente sia di integrarsi quanto prima nella società, anche grazie ad un’ulteriore semplificazione, da parte degli Stati membri, della procedura di naturalizzazione, accompagnata dalla garanzia che l’integrazione non si trasformi in un’assimilazione indesiderata o pregiudichi l’identità di gruppo delle persone che vivono nel loro territorio; ritiene inoltre che sia altrettanto importante riconoscere il diritto di ogni persona che è nata e vive in uno Stato membro ad avere accesso alla cittadinanza;
Minoranze linguistiche
44. è del parere che si dovrebbe prestare un’attenzione particolare ai gruppi di persone appartenenti a minoranze linguistiche, e invita la Commissione e gli Stati membri a trattarle nel rispetto dei principi stabiliti dalla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, dalla Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali e dalle soprammenzionate raccomandazioni del L’Aja e di Lund;
Minoranze tradizionali o etniche che vivono nel territorio di uno Stato membro
45. ritiene che l’effettiva partecipazione al processo decisionale sulla base dei principi di sussidiarietà ed autogoverno costituisca uno dei modi più efficaci per affrontare i problemi delle comunità minoritarie tradizionali, seguendo le migliori prassi esistenti nell’Unione; incoraggia gli Stati membri che devono ancora ratificare la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali a procedere in tal senso senza ulteriori ritardi;
46. ritiene che le comunità minoritarie nazionali tradizionali abbiano esigenze specifiche diverse da quelle degli altri gruppi minoritari, che le politiche pubbliche dovrebbero essere più mirate e che l’Unione stessa debba rispondere a queste esigenze in modo più appropriato, dal momento che, a seguito dell’allargamento, le comunità di questo tipo sono ormai numerose nel suo territorio;
Persone apolidi che risiedono permanentemente negli Stati membri
47. ritiene che la situazione delle persone che non possiedono la cittadinanza di nessuno Stato e che risiedono permanentemente negli Stati membri sia unica nell’Unione europea; invita gli Stati membri interessati a fare quanto in loro potere per incoraggiare tali persone ad adottare la cittadinanza del loro paese al fine di consentire loro di godere dei pieni diritti di cittadinanza dell’UE;
48. invita gli Stati membri ad applicare alle comunità di apolidi che vivono nel loro territorio il principio dell’effettiva partecipazione delle minoranze nazionali alla vita pubblica, quale stabilito all’articolo 15 della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali e nelle raccomandazioni di Lund, come fattore essenziale della loro integrazione, nonché a semplificare e ad accelerare le procedure di naturalizzazione, quali previste dalla legislazione nazionale, al fine di estendere al più presto la cittadinanza dell’Unione alla maggioranza di coloro che ancora non la possiedono; pensionistici;
Misure legislative da adottare prima dell’entrata in vigore del trattato costituzionale
49. si congratula con la Commissione per il lavoro svolto in relazione all’articolo 13 e la sollecita a continuare ad attuare una strategia generale coerente rispetto ai problemi che le minoranze incontrano nell’Unione, proseguendo con la messa in atto della vigente legislazione contro la discriminazione ed esaminando nuove possibili azioni basate sui seguenti articoli del trattato:
a) l’articolo 13 sulla politica contro le discriminazioni; ricorrendo a questa base giuridica, che è quella di più vasta portata in fatto di protezione delle minoranze, l’Unione potrebbe, sulla base della sua esperienza, sviluppare le iniziative che sono già state poste in atto e rafforzare vari articoli della Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali, quali l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e gli articoli 6 e 8,
b) l’articolo 18 del trattato CE, che riguarda la libertà di circolazione e il diritto di soggiorno, potrebbe servire come base solida per facilitare la circolazione delle persone che appartengono a minoranze, evitando così il loro isolamento, la creazione di nuovi “ghetti” o l’assimilazione forzata,
c) gli articoli 49, 95 e 151 del trattato CE potrebbero fornire un solido fondamento nell’Unione per la salvaguardia dei principi sanciti dall’articolo 9 della Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali, quali la libertà di espressione o il diritto di non essere discriminati nell’accesso ai mezzi di comunicazione,
d) l’articolo 65 del trattato CE e l’articolo 31 del trattato UE, che riguardano la cooperazione e l’assistenza giudiziaria e hanno un campo di applicazione analogo a quello dell’articolo 10, paragrafo 3, della Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali, rivestono la massima importanza per i membri di una minoranza che cercano assistenza nei procedimenti civili o penali,
e) l’articolo 62 del trattato CE, che riguarda la politica in materia di immigrazione, ancora incompleta sei anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam (occorre prestare attenzione alla necessità per gli immigrati legali di lunga durata di essere integrati nella società),
f) l’articolo 137, paragrafo 1, lettere g), h), i) e j), che riguarda l’occupazione dei cittadini di paesi terzi, l’integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro e la lotta contro l’esclusione sociale, rappresenterebbe una solida base per nuove iniziative incentrate sulle minoranze,
g) l’articolo 149 del trattato CE sul miglioramento dell’accesso all’istruzione potrebbe contribuire, attraverso l’istruzione, a favorire l’integrazione delle minoranze nella società, come prevedono gli articoli 12 e 14 della Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali,
h) gli articoli 151 e 163 del trattato CE, riguardanti rispettivamente la cultura e la ricerca, potrebbero servire a sviluppare programmi comuni per le minoranze in questi settori (come prevede l’articolo 12 della Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali);
50. invita il Consiglio a pervenire ad un accordo sulla proposta della Commissione relativa ad una decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia(10); ritiene che detta decisione quadro costituisca un passo importante verso l’istituzione di un dispositivo inteso a punire gli atti di violenza razzista o xenofoba quali reati penali in tutta l’Unione europea, e a riconoscere la motivazione razzista e xenofoba come circostanza aggravante, suscettibile di comportare un inasprimento delle pene; ricorda la sua posizione del 4 luglio 2002(11) favorevole alla proposta; si compiace della decisione del Consiglio “Giustizia e Affari interni” del 24 febbraio 2005 di riesaminare la decisione quadro precedentemente arenatasi;
Future misure economiche e finanziarie
51. ritiene che l’Unione dovrebbe completare l’azione degli Stati membri a livello locale, regionale e nazionale con un finanziamento adeguato:
– elaborando una strategia globale di lotta contro la discriminazione delle minoranze con il concorso dei Fondi strutturali, del Fondo di coesione, del Fondo sociale europeo (FSE) e dell’iniziativa comunitaria Equal in particolare,
– predisponendo, sulla base degli articoli del trattato di cui al paragrafo 50, nuovi progetti pilota e reti di solidarietà, nonché iniziative appropriate con i paesi terzi da cui le minoranze provengono;
– inserendo una clausola antidiscriminazione in tutti i Fondi strutturali e, in particolare, nell’FSE, e promuovendo attivamente quest’ultimo Fondo quale strumento di attuazione delle direttive 2000/78/CE e 2000/43/CE,
– reinserendo nella proposta che istituisce il programma PROGRESS (COM(2004)0488) finanziamenti destinati alle iniziative transnazionali nel settore della lotta contro la discriminazione e dell’inclusione sociale,
– rendendo più agevole, per le organizzazioni non governative che rappresentano gli interessi delle persone vittime delle discriminazioni di cui all’articolo 13 del trattato CE, la possibilità di beneficiare dei Fondi strutturali e, in particolare, dell’FSE,sollecita, in tale contesto, gli Stati membri a delegare parte dei loro poteri decisionali in materia di Fondi strutturali alle autorità regionali e locali, in linea con la politica di decentralizzazione dell’Unione;
Misure di esecuzione e meccanismi di feedback
52. accoglie favorevolmente le iniziative recentemente prese dalla Commissione in questo campo, in particolare:
– l’istituzione da parte del Presidente della Commissione di un gruppo di Commissari responsabile per i diritti fondamentali, chiamato a svolgere un ruolo chiave nella protezione delle minoranze e nella non discriminazione,
– l’istituzione di un gruppo interservizi che riunisce i rappresentanti di 14 diversi servizi della Commissione;
53. chiede che siano raccolti dati sulle discriminazioni dirette e indirette (ad esempio, la percentuale delle persone appartenenti ad una minoranza nazionale che sono esposte al rischio di povertà, che sono occupate e disoccupate, il livello d’istruzione, ecc.), in modo da garantire un adeguato feedback sull’efficacia delle politiche di protezione delle minoranze e contro la discriminazione degli Stati membri;
54. invita gli Stati membri ad integrare una dimensione di genere nel loro piano d’azione per l’eliminazione del razzismo, della discriminazione razziale, della xenofobia e della conseguente intolleranza, e in particolare a sviluppare orientamenti e indicatori sensibili alle specificità di genere e basati sul genere, nonché ad utilizzare dati scorporati per sesso a tutti i livelli;
55. sollecita la creazione, in seno ai servizi responsabili dell’applicazione della legge degli Stati membri, dei paesi in via di adesione e dei paesi candidati, di unità specifiche incaricate di contrastare i reati di stampo razzista nonché le attività dei gruppi razzisti; ritiene che tali unità debbano mettere a punto sistemi volti a monitorare, classificare, registrare e seguire gli episodi di razzismo portati alla loro attenzione; raccomanda l’ulteriore elaborazione di orientamenti per la raccolta di dati sugli episodi di razzismo da parte dell’EUMC, nel rispetto delle regole che garantiscono la protezione dei dati e di concerto con i servizi incaricati dell’applicazione della legge, quali la polizia e le procure; incoraggia lo sviluppo di meccanismi alternativi per la raccolta di dati, come le indagini sui reati di stampo razzista;
56. invita gli Stati membri a garantire che il personale che fornisce servizi e assistenza al pubblico sia consapevole dei problemi particolari cui si trovano confrontate le donne migranti appartenenti a minoranze etniche e a garantire altresì che questo personale riceva una formazione antirazzista che includa una prospettiva basata sul genere;
57. ribadisce la propria convinzione secondo cui la memoria e l’educazione sono componenti fondamentali dello sforzo inteso a far sì che l’intolleranza, la discriminazione e il razzismo siano fenomeni appartenenti al passato, e sollecita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri ad intensificare la lotta contro tutte le forme di discriminazione:
— sviluppando la capacità di prevenire e di affrontare in modo efficace la discriminazione, segnatamente potenziando i mezzi d’azione delle organizzazioni e sostenendo gli scambi di informazioni e di buone prassi nonché la creazione di reti a livello europeo, tenendo conto nel contempo delle caratteristiche specifiche delle diverse forme di discriminazione;
— incoraggiando e diffondendo i valori e le pratiche che sono alla base della lotta contro la discriminazione, anche facendo ricorso a campagne di sensibilizzazione, poiché prevenire la discriminazione è tanto importante quanto combatterla;
— incoraggiando la formazione degli insegnanti in modo da dar loro migliori possibilità di insegnare nelle scuole, da un lato, la necessità di lottare contro il razzismo, l’antisemitismo e l’intolleranza e, dall’altro, la positività della diversità culturale, risultanti in particolare dall’immigrazione;
58. invita gli Stati membri ad introdurre una protezione giuridica contro la discriminazione, che comprenda misure positive tenendo conto della dimensione di genere, considerate le discriminazioni di cui all’articolo 13 del trattato CE;
59. è convinto che, in linea con il principio di sussidiarietà, i rappresentanti delle minoranze e le istituzioni locali, regionali, nazionali ed europee debbano cooperare strettamente; ritiene che detta cooperazione debba basarsi su:
– un’analisi comparativa chiara, così da poter controllare se l’azione intrapresa soddisfa gli standard precedentemente definiti,
– il metodo di coordinamento aperto, che consiste nel riunire le autorità dei vari Stati membri e i rappresentanti delle istituzioni europee e scambiare le buone prassi;
60. invita il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale europeo, a mente degli articoli 262 e 265 del trattato CE, a pronunciarsi sulle questioni relative alla protezione delle minoranze e alle politiche contro la discriminazione di cui nella presente risoluzione;incoraggia i due Comitati ad esprimere detto parere entro il primo semestre 2006 e a concentrarsi sul ruolo specifico che potrebbe essere svolto dalle autorità regionali o locali, nonché dalle varie componenti economiche e sociali della società civile organizzata;
61. ritiene estremamente importante che l’Agenzia per i diritti fondamentali diventi un utile strumento di cooperazione con le istituzioni europee, in stretto coordinamento con le istituzioni nazionali che si occupano di diritti fondamentali; ritiene che l’Agenzia dovrebbe altresì controllare l’impatto delle politiche delineate nella presente risoluzione e riferire regolarmente al Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali;
62. invita la Commissione a cominciare a rivedere l’applicazione delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE, con lo scopo di rafforzare le misure dell’Unione europea contro la discriminazione, e ad organizzare una conferenza di ampio respiro che riunisca tutti gli attori interessati, segnatamente i rappresentanti politici e i rappresentanti di istituzioni pubbliche a livello nazionale, regionale e locale, di ONG e di associazioni attive in questo settore;
63. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, dei paesi in via di adesione e dei paesi candidati.
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(1) Quando il trattato che adotta una Costituzione per l’Europa entrerà in vigore, il termine “minoranze” apparirà per la prima volta nel diritto primario, in due disposizioni:
nell’articolo 21 della Carta (art. II-81 della Costituzione), che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata su “l’appartenenza ad una minoranza nazionale”; nell’articolo I-2 della Costituzione, che annovera i “diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a una minoranza” fra i valori su cui “l’Unione si fonda”. La Costituzione afferma altresì che l’Unione “combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore” (articolo I-3, paragrafo 3, secondo comma).
(2) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.
(3) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.
(4) GU L 269 del 5.10.2002, pag. 15.
(5) GU C 104 E del 30.4.2004, pag. 408.
(6) Uno dei tre criteri di Copenaghen prevede la stabilità della democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto e la protezione delle minoranze.
(7) La Commissione ha già avviato nei confronti di un certo numero di Stati membri procedure d’infrazione per “non comunicazione” delle misure nazionali di recepimento delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE. Altre procedure d’infrazione per “non conformità” (recepimento incompleto o non corretto) non tarderanno probabilmente ad essere avviate.
(8) La Commissione è preoccupata in relazione alla mancata istituzione, in un certo numero di Stati membri, di organismi di parità operativi, quali richiesti dalla direttiva 2000/43/CE. Anche laddove detti organismi sono stati istituiti, vi è, in alcuni casi, motivo di preoccuparsi quanto alla loro indipendenza e capacità di operare in modo efficace.
(9) Tra gli esempi di odio fondato sull’omofobia si annoverano la bomba a chiodi di Londra (1999), gli attacchi contro le “marce dell’orgoglio” di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali in Polonia e in Bosnia (2004) e la violenta aggressione subita da Sebastien Nouchet, bruciato vivo nella sua città natale in Francia (2004).
(10) GU C 75 E del 26.3.2002, pag. 269.
(11) GU C 271 E del 12.11.2003, pag. 558.
Autore:
Parlamento europeo
Dossier:
_Lotta alla discriminazione_
Parole chiave:
Diritti umani, Libertà di circolazione, Apolidi, Disabilità, Frontiere, Dialogo interconfessionale, Cooperazione internazionale, Rom, Xenofobia, Etnia, Razza, Omosessualità, Dignità umana, Appartenenza confessionale, Terrorismo, Libertà fondamentali, Unione europea, Tolleranza, Razzismo, Antisemitismo, Integrazione, Discriminazione religiosa, Lavoro, Minoranze, Immigrazione, Pari opportunità, Uguaglianza, Discriminazione
Natura:
Risoluzione