Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 22 Febbraio 2016

Risoluzione 04 febbraio 2016

Risoluzione del Parlamento europeo sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte dell'ISIS, 4 febbraio 2016.

Il Parlamento europeo,

– viste le sue precedenti risoluzioni sull'Iraq e sulla Siria, l'ISIS/Daesh e sulla persecuzione religiosa,

– viste le conclusioni del Consiglio del 16 marzo 2015 sulla strategia regionale dell'UE per la Siria e l'Iraq, anche a fini di contrasto della minaccia dell'ISIS/Daesh, del 20 ottobre 2014 sulla crisi dovuta all'ISIL/Daesh in Siria e in Iraq, del 30 agosto 2014 su Iraq e Siria, del 14 aprile 2014 e del 12 ottobre 2015 sulla Siria, nonché del 15 agosto 2014 sull'Iraq,

– vista la decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell'8 maggio 2003, relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra,

– visti: gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo; gli orientamenti dell'Unione europea per favorire l'osservanza del diritto internazionale umanitario; gli orientamenti dell'UE sulle violenze contro le donne e la lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti; gli orientamenti per una politica dell'UE nei confronti dei paesi terzi in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti; gli orientamenti dell'Unione europea sui bambini e i conflitti armati; gli orientamenti dell'UE in materia di promozione e tutela dei diritti del bambino; e gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani per la libertà di espressione online e offline,

– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) sull'Iraq e sulla Siria e la minaccia dell'ISIS/DAESH,

– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

– visto il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,

– visti la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 e il relativo protocollo opzionale sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati del 2000,

– vista la dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione o sul credo del 1981,

– vista la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 1984,

– vista la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, del 9 dicembre 1948,

– visto lo statuto di Roma della Corte penale internazionale e, in particolare, gli articoli da 5 a 8,

– visto il quadro di analisi da parte dell'Ufficio del Consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione in materia di genocidio (OSAPG),

– vista la relazione dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani in Iraq, alla luce degli abusi commessi dal cosiddetto "Stato islamico dell'Iraq e del Levante" e dai gruppi ad esso associati, del 27 marzo 2015, in particolare il paragrafo 16 sulle "Violazioni perpetrate dall'ISIL", Attacchi contro i gruppi religiosi ed etnici",

– vista la dichiarazione rilasciata il 25 agosto 2014 dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, Navi Pillay, sulle diffuse e sistematiche persecuzioni "raccapriccianti" subite dai civili iracheni,

– viste le recenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull'Iraq e la Siria, in particolare la risoluzione n. 2249 (2015) in cui si condannano i recenti attentati terroristici dell'ISIS,

– vista la risoluzione n. S-22/1, adottata il 3 settembre 2014 dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, sulla situazione dei diritti umani in Iraq alla luce delle violazioni commesse dal cosiddetto "Stato Islamico dell'Iraq e del Levante" e dai gruppi ad esso associati,

– vista la dichiarazione del Consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio e del Consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla responsabilità di proteggere, rilasciata il 13 ottobre 2015 in merito all'escalation di istigazione alla violenza in Siria per motivi religiosi,

– vista la relazione dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo sulla "assistenza tecnica per assistere nella promozione e nella tutela dei diritti umani in Iraq", del 27 luglio 2015, in particolare il paragrafo 18,

– vista la relazione della commissione d'inchiesta internazionale indipendente sulla Repubblica araba di Siria, presentata in sede di Consiglio dei diritti umani il 13 agosto 2015, in particolare i punti da 165 a 173,

– visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,

A. considerando che lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, firmato e ratificato da tutti gli Stati membri dell'UE, dichiara che i crimini più gravi che costituiscono motivo di maggiore preoccupazione per la comunità internazionale nel suo complesso, ivi compresi, in particolare, il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, non devono rimanere impuniti e che la loro effettiva repressione deve essere garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale e attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale;

B. considerando che la definizione giuridica internazionale di genocidio, ai sensi dell'articolo II della convenzione delle Nazioni Unite del 1948 sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, comprende la seguente formulazione: "ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come: a) l'uccisione di membri appartenenti al gruppo; b) danni fisici o mentali gravi ai membri del gruppo; c) l'imposizione deliberata al gruppo di condizioni di vita programmate per provocare la sua distruzione fisica totale o parziale; d) l'imposizione di misure miranti ad impedire le nascite all'interno del gruppo ed e) il trasferimento forzato dei bambini appartenenti al gruppo in un altro gruppo"; e che l'articolo III della summenzionata convenzione considera perseguibile non soltanto il genocidio stesso ma anche la cospirazione e l'incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio nonché la complicità nello stesso;

C. considerando che, stando a numerose relazioni delle Nazioni Unite, nei territori sotto il controllo dell'ISIS/Daesh vengono perpetrati crimini di guerra, crimini contro l'umanità e probabile genocidio nei confronti dei cristiani, dei yazidi e di altre minoranze;

D. considerando ad esempio che, il 15 luglio 2014, la rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Zainab Hawa Bangura, ha dichiarato che in Iraq si segnalano violenze fisiche, anche sessuali, contro minoranze etniche e religiose; che il 3 agosto 2015 il rappresentante speciale dell'ONU, in occasione del primo anniversario della tragedia di Sinjar, ha dichiarato che nei giorni successivi, tra orrende uccisioni, l'ISIL ha dato la caccia, poi catturandole, a centinaia di donne e ragazze appartenenti a minoranze etniche e religiose, dando vita a un modello di violenza sessuale, schiavitù, sequestro e traffico di esseri umani che continua tuttora, e che tali orribili reati di violenza sessuale nei conflitti, che possono configurarsi come crimini di guerra, crimini contro l'umanità e/o atti di genocidio, non saranno dimenticati;

E. considerando che, il 13 agosto 2014, la rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Zainab Hawa Bangura, e il rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per l'Iraq, Nikolay Mladenov, hanno rilasciato una dichiarazione comune che conferma che circa 1 500 donne cristiane e yazide sarebbero state rapite dall'ISIL e successivamente costrette in schiavitù sessuale; considerando che, in tale dichiarazione, entrambi i rappresentanti speciali hanno riconosciuto "il fatto che le donne e i bambini siano deliberatamente presi di mira e gli atti di barbarie che lo 'Stato islamico dell'Iraq e del Levante' ha perpetrato contro le minoranze nelle zone sotto il suo controllo";

F. considerando che il consigliere speciale del Segretario generale dell'ONU sulla prevenzione del genocidio e il consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sulla responsabilità di proteggere, hanno dichiarato, il 12 agosto 2014, in merito alla situazione in Iraq, che "le relazioni che abbiamo ricevuto di atti commessi da parte dello 'Stato islamico' possono anche evidenziare il rischio di genocidio";

G. considerando che, nel rapporto del 13 marzo 2015 della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, elaborato su richiesta del governo iracheno, si afferma che "i gruppi etnici e religiosi bersaglio dell'ISIL comprendono yazidi, cristiani, turcomanni, sabei-mandei, kakai, curdi e sciiti" e che "è ragionevole concludere che alcuni degli incidenti [in Iraq nel 2014-2015] (…) possono costituire un genocidio";

H. considerando che, nella relazione sulla protezione dei civili nei conflitti armati in Iraq: 1° maggio – 31 ottobre 2015, sulla situazione in Iraq dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e della missione di assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq – Ufficio per i diritti umani, pubblicata il 19 gennaio 2016, si afferma che "la violenza subita dalle popolazioni civili dell'Iraq è tuttora enorme. Il cosiddetto 'Stato islamico dell'Iraq e del Levante' (ISIL) continua a commettere violenze diffuse e sistematiche e abusi dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario. Tali atti possono, in alcuni casi, equivalere a crimini di guerra, crimini contro l'umanità ed eventualmente genocidio";

I. considerando che la relazione dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani in Iraq, alla luce degli abusi commessi dal cosiddetto "Stato islamico dell'Iraq e del Levante" e dai gruppi ad esso associati, del 27 marzo 2015, afferma al paragrafo 16 sulle "Violazioni perpetrate dall'ISIL. Attacchi contro i gruppi religiosi ed etnici", che alcuni degli "atti di violenza perpetrati contro i civili a causa della loro affiliazione o presunta appartenenza a un gruppo etnico o religioso (…) alla luce delle informazioni raccolte nel complesso (…) possono costituire un genocidio";

J. considerando che, secondo la relazione sulla protezione dei civili nei conflitti armati in Iraq (11 dicembre 2014 – 30 aprile 2015) della missione di assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq, "l'ISIL continua a commettere diffuse e sistematiche violazioni e abusi del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. In alcuni casi, queste possono costituire crimini di guerra, crimini contro l'umanità ed eventualmente genocidio";

K. considerando che, nella relazione dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo sulla "assistenza tecnica per assistere nella promozione e nella tutela dei diritti umani in Iraq", del 27 luglio 2015, si afferma, al paragrafo 18, che "l'UNAMI/OHCHR ha continuato a ricevere numerose denunce credibili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani e di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale perpetrati dall'ISIL contro i civili in maniera diffusa o sistematica apparente. In alcuni casi, queste possono costituire crimini di guerra, crimini contro l'umanità ed eventualmente genocidio";

L. considerando che, nella relazione del relatore speciale sulla promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nell'ambito della lotta contro il terrorismo, del 16 giugno 2015, si afferma, al paragrafo 11, che "è evidente che l'ISIL ha commesso gravi violazioni del diritto internazionale, tra cui genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e gravi violazioni del diritto in materia di diritti umani";

M. considerando che il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra sono fonte di preoccupazione per tutti gli Stati membri, i quali sono determinati a collaborare per prevenire tali crimini e porre termine all'impunità degli autori degli stessi, conformemente alla posizione comune 2003/444/CFSP del Consiglio del 16 giugno 2003;

N. considerando che, come riconosciuto dalla risoluzione 2249 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'ideologia dell'estremismo violento del cosiddetto "ISIS/Daesh", i suoi atti terroristici, i suoi attacchi incessanti, palesi, sistematici e diffusi ai danni di civili, gli abusi dei diritti umani e le violazioni del diritto umanitario internazionale da esso perpetrati, compresi quelli di matrice religiosa ed etnica, la sua opera di distruzione del patrimonio culturale e il traffico di beni culturali costituiscono una minaccia globale e senza precedenti per la pace e la sicurezza internazionali;

O. considerando che i cristiani, in particolare, sono fuggiti dall'Iraq e dalla Siria in gran numero e hanno assistito ad una drastica riduzione delle loro comunità, in termini sia assoluti sia relativi; che, in particolare nel caso dell'Iraq, tale esodo era già iniziato nel 2003, molto prima dell'avvento dell'ISIS/Daesh; che vi è un flusso costante di cristiani che lasciano la maggior parte degli altri paesi del Medio Oriente, poiché non vedono più un futuro per sé in tali paesi; che, se la tendenza attuale continua, ampie porzioni del Medio Oriente non avranno più alcuna presenza cristiana e le comunità e le culture, alcune delle quali sono antiche di 2 000 anni, andranno perdute per sempre;

P. considerando che di recente sono giunte notizie che segnalano un deteriorarsi della situazione per le minoranze religiose nelle aree controllate dai curdi;

1. condanna con la massima fermezza il cosiddetto "ISIS/Daesh" e le gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale commesse nell'ambito della sua campagna intesa a stabilire un "califfato" ed a sterminare tutti i musulmani non sunniti, eliminando ogni traccia della loro cultura e storia, nelle aree sotto il suo controllo e nella più ampia regione del Medio Oriente;

2. ritiene che siano stati forniti elementi di prova sufficienti da parte delle Nazioni Unite e relativi organi, di diversi Stati membri delle Nazioni Unite, delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dei mezzi di comunicazione, che consentono di concludere ragionevolmente che l'ISIS/Daesh commette o tenta di commettere crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio nei confronti di cristiani (caldei, assiri, siriaci, melchiti, armeni), yazidi, turcomanni, shabak, sabei-mandei, kakai, curdi, sciiti, sunniti moderati e non credenti;

3. ritiene che coloro che aiutano l'ISIS/Daesh in qualsiasi modo, anche offrendo sostegno finanziario, logistico o politico, promuovendo quest'organizzazione terroristica e la sua ideologia online o offline, o ostacolando un'efficace risposta internazionale, siano colpevoli di contribuire ai suddetti reati;

4. invita l'UE e i suoi Stati membri, in particolare la Francia e il Regno Unito, in qualità di membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a chiedere una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a norma del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, per deferire la situazione nei territori sotto il controllo dell'ISIS/Daesh alla CPI a fini di indagine e perseguimento di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;

5. esorta la Siria e l'Iraq ad accettare la giurisdizione della Corte penale internazionale;

6. esorta tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a migliorare i loro sistemi giuridici e giurisdizionali al fine di evitare che i propri cittadini aderiscano all'ISIS/Daesh e partecipino ai suoi crimini; esorta tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a perseguire i loro cittadini qualora partecipino a tali crimini;

7. riconosce, sostiene ed esige il rispetto, da parte di tutti, del diritto inalienabile di tutte le minoranze etniche e religiose, indigene e di altro tipo, che vivono in Iraq e in Siria di continuare a vivere in quelle che storicamente e tradizionalmente sono le loro terre natie in condizioni di dignità, uguaglianza e sicurezza, e praticare la loro religione in piena libertà, senza alcun tipo di coercizione, violenza o discriminazione; ritiene che, per porre fine alla sofferenza e all'esodo di massa dei cristiani e di altre popolazioni indigene della regione, sia necessaria una dichiarazione chiara e inequivocabile da parte di tutti i leader politici e religiosi della regione a sostegno della loro presenza continua e dei loro pieni e pari diritti in quanto cittadini dei loro paesi d'origine;

8. esorta tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, in particolare gli Stati membri dell'UE, a raddoppiare i loro sforzi per salvare e tutelare i popoli perseguitati e il loro patrimonio fino a quando non potranno fare ritorno a casa;

9. ritiene che rifugi sicuri, protetti da forze sotto il mandato delle Nazioni Unite, potrebbero far parte della risposta all'enorme sfida di fornire una protezione temporanea a milioni di rifugiati in fuga dal conflitto in Siria e in Iraq;

10. condanna e respinge qualsiasi interpretazione del messaggio dell'Islam che spiani la strada ad un'ideologia violenta, crudele, totalitaria, oppressiva ed espansionistica che legittimi lo sterminio sistematico dei cristiani e di altre minoranze; esorta l'Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC) e i suoi organi, la Lega araba, il Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Consiglio di cooperazione del Golfo, GCC) e i leader musulmani di tutto il mondo a condannare pienamente e a identificare le atrocità commesse dal cosiddetto "ISIS/Daesh" contro cristiani, yazidi e altre minoranze religiose indigene con la terminologia a loro spettante: "crimini contro l'umanità", "crimini di guerra" e "genocidio";

11. ritiene che l'occupazione permanente del territorio da parte di gruppi terroristici in qualsiasi parte del mondo sia assolutamente inaccettabile e intollerabile e invita le Nazioni Unite e la NATO a esaminare strategie per contrastare la creazione di tali entità da parte di organizzazioni terroristiche come l'ISIS/Daesh, Boko Haram e i talebani;

12. invita la coalizione contro l'ISIS/Daesh a sostenere specificamente e direttamente tutte le entità minoritarie fra i suoi partner attuali, al fine di includere le minoranze nella sicurezza, protezione e liberazione delle loro patrie e di evitare la ricomparsa della dipendenza, dell'impotenza e del soggiogamento; ricorda che le forze di difesa multietniche e multireligiose dell'Autoamministrazione democratica (DSA) sono tra le forze più efficaci in guerra contro l'"ISIS/Daesh"; invita la Turchia a porre termine alle ostilità nei confronti della DSA e delle sue forze dato che non rappresentano una minaccia per la Turchia;

13. sottolinea la necessità che yazidi, turcomanni e caldeo-siriaci-assiri svolgano un ruolo attivo e siano abilitati a determinare il futuro politico del loro paese, nonché la ricostruzione e la futura sicurezza dei loro paesi, in particolare le pianure di Sinjar, Tal Afar e Ninive; sollecita la partecipazione attiva del SEAE nella ricerca di una soluzione politica per ripristinare l'unità e la pace nel Sinjar; chiede il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile, come l'Unione siriaca europea, e dei rappresentanti religiosi come intermediari tra le minoranze e il governo regionale curdo e il governo dell'Iraq;

14. è preoccupato per le recenti notizie di discriminazioni nei confronti delle minoranze nelle zone controllate dai curdi; invita il governo regionale curdo in Iraq e le forze curde in Siria a continuare a fornire rifugio a coloro che fuggono da guerre e persecuzioni; elogia le iniziative quali l'Autoamministrazione democratica multietnica nella Siria settentrionale e considera che questo sia un esempio di cooperazione e di risoluzione dei conflitti;

15. invita l'UE e i suoi Stati membri a intraprendere misure tese a garantire che gli aiuti siano erogati alle categorie più vulnerabili e chiede che la Turchia e il governo regionale curdo in Iraq aprano immediatamente le loro frontiere all'Autoamministrazione democratica nella Siria settentrionale e revochino le restrizioni sugli aiuti umanitari, la ricostruzione, i mezzi di comunicazione, gli scambi politici e della società civile dato che l'Autoamministrazione democratica offre protezione a un crescente numero di sfollati interni e che il suo isolamento è negativo per le minoranze che vivono in tali zone;

16. invita la Commissione e il SEAE a includere le organizzazioni di aiuto alle minoranze basate in Siria e in Iraq nel fornire aiuti agli sfollati interni; ritiene che vi siano molti esempi positivi meritevoli di sostegno, come ad esempio la "Croce siriaca" in Siria e gli sforzi compiuti sotto la guida dell'arcivescovo cattolico caldeo, Bashar Matti Warda;

17. sottolinea che colloqui di pace efficaci sul futuro della Siria possono avere successo solo se tutte le parti sono incluse e invita il VP/AR a garantire che una delegazione multietnica e multireligiosa del Consiglio democratico per la Siria sia inclusa nei colloqui di pace;

18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al parlamento della Siria, al governo e al Consiglio dei rappresentanti dell'Iraq, al governo regionale del Kurdistan, alle istituzioni dell'Organizzazione della cooperazione islamica (OIC), del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Consiglio di cooperazione del Golfo, GCC), al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.