Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 3 Ottobre 2003

Provvedimento 17 settembre 1994, n.323

Commissione Tributaria Primo Grado, Venezia – Undicesima Sezione. Provvedimento 17 settembre 1994, n. 323

(Chiozzi; Giantin)

(omissis)

Alla Commissione sembra doversi argomentare quanto segue:

é fuori luogo il riconoscimento legislativo delle Comunità e degli Enti Ebraici, per finalità di religione o di culto; la loro equiparazione agli enti con scopo di beneficenza o di istruzione e il regime tributario totalmente parificato: anche l’Ufficio del Registro è concorde avendo ritenuto che l’Imposta Straordinaria INVIM sia dovuta nella misura ridotta stabilita dall’art. 25 4º comma.
La problematica essenziale rimane comunque la chiesta equiparazione di trattamento tributario (INVIM Straordinario) del patrimonio di dotazione al dine istituzionale della Comunità, con quello dei benefici ecclesiastici, che quale ne sia la loro destinazione e utilizzazione godono di esonero, mentre immobili similari, ma appartenenti a confessioni religiose ammesse dallo Stato, ma diverse dalla cattolica, ne sono esclusi.
Questa distinzione ha portato anche la Corte di cassazione (decisione 7759 del 1990 e 3721 del 1992) a ritenere la esclusione dall’esonero totale e soltanto a riconoscere il beneficio della agevolazione parziale (art. 25 d.P.R. 643 del 1972) quando gli immobili non siano destinati ad attività dirette ed immediate di culto o di religione.
Tuttavia benché la stessa Corte costituzionale precedentemente ne abbia confermato questo indirizzo (sent. n. 85 del 1985) contestandolo alla esigenza di interesse pubblico a prendere parte della gestione degli esercizi ecclesiastici congruabili, questa interpretazione è stata capovolta dalla sentenza n. 5 del 1991 della Corte di cassazione, intravedendosi ivi che il principio di salvaguardare l’esonero degli immobili ecclesiastici giovava indiscriminatamente per i benefici poveri ai quali la congrua era necessaria, quanto di benefici ricchi per i quali la congrua non era necessaria, per cui l’istruzione dell’esonero andava ricercata nella esigenza di favorire "il buon funzionamento degli organi fondamentali della Chiesa Cattolica" e non aliunde.
Ne è conseguito dopo questa interpretazione il facile richiamo ai princìpi della eguaglianza religiosa e della libertà di culto per tutte le formazioni che perseguono fini di religione e di culto quale che sia la confessione di appartenenza, devono godere lo stesso trattamento.
Il valore degli accordi intervenuti nel 1984 – tra lo Stato italiano e la Santa Sede – fra cui quello privativo di ogni finanziamento del clero da parte dello Stato, rappresenta un rafforzativo della tesi contraria rispetto a quella sostenuta dalla Corte costituzionale nella citata sentenza 1985.
Detti accordi, esentando lo Stato dal versamento delle congrue presupponevano il concreto realizzo delle finalità di religione e di culto della Chiesa Cattolica e quindi per le confessioni riconosciute in relazione ai princìpi costituzionali per l’acquisizione alle confessioni medesime di benefici economici atti a perseguire la concretezza di tali scopi. Da ciò è derivata la ininfluenza della destinazione di beni immobili vincolati e destinati a finalità della confessione in via diretta od indiretta, dovendosi ricercare il requisito dell’interesse pubblico al mantenimento della confessione o della religione consentita in tutti quei mezzi che ne favoriscono la permanenza ed il funzionamento.
Una interpretazione piú penetrante dei princìpi costituzionali, del valore del riconoscimento, nello Stato, delle confessioni religiose parificate, quantunque di diversa struttura ed impostazione, alla luce delle disposizioni normative intervenute, specie con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane di cui la legge 8 marzo 1989 n. 101, recettizia della intesa tra la Repubblica Italiana e la citata Unione delle Comunità Ebraiche 27 febbraio 1987 nonché della interpretazione della Cassazione anzi citata, induce la Commissione a ritenere la fondatezza dei presupposti di esonero della imposta straordinaria INVIM decennale sugli immobili appartenenti alla Comunità Ebraica di Venezia, allorché i medesimi risultino vincolati e destinati al perseguimento dei fini religiosi e di culto della Comunità medesima ancorché non direttamente, ma indirettamente finalizzati quanto allo sfruttamento alle esigenze di religione e di culto; ciò nell’ampio concetto valutativo della impossibilità di sostenere ineguaglianza tra il trattamento riservato ai beni ecclesiastici della Chiesa Cattolica come in premessa valorizzati ed esentati a confronto di medesimi beni appartenenti a comunità religiose e di culto finalizzati come sopra.
La questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Comunità ricorrente non appare pertanto pregiudiziale alla interpretazione che questa Commissione intende adottare per la materia che ce ne occupa, apparendo dalla attuale normativa e dalle interpretazioni conseguenti la applicabilità dell’esonero in virtú dei princìpi costituzionali anzi cennati.

(omissis).