Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 15 Maggio 2005

Progetto di legge 01 agosto 2002

Progetto di modifica dei reati di vilipendio presentato al Ministro della Giustizia dalla Commissione di studio per la riforma del codice penale istituita con D.I. 23 novembre 2001.

IL PROGETTO DI MODIFICA DEI REATI DI VILIPENDIO

Sommario: I. Relazione. – 2. Articolato.

l. Relazione

Il Codice Penale del 1930 ha previsto una molteplicità di fattispecie che contemplano condotte incriminatrici qualificate espressamente di vilipendio, la cui definizione non è tuttavia contemplata in alcuna norma e, di conseguenza, è rimessa all’elaborazione interpretativa di dottrina e giurisprudenza.
Tutte le fattispecie di vilipendio espressamente richiamate possono essere classificate, per materie omogenee, in due distinti gruppi:
– vilipendio in materia di delitti contro la personalità dello Stato (di cui al titolo 1 del libro Il del Codice);
– vilipendio in materia di sentimento religioso e pietà dei defunti (di cui al titolo IV del libro II del Codice).
In tutti i casi, salvo l’ipotesi di cui all’art. 410 c.p., la condotta è descritta dalle singole norme incriminatrici con la generica terminologia: chiunque vilipende (art. 290: vilipendio della Repubblica, delle Assemblee Legislative, del Governo, della Corte Costituzionale, dell’Ordine Giudiziario, delle Forze Armare dello Stato o della Liberazione; art. 291: vilipendio alla Nazione Italiana; art. 292: vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato; art. 299: vilipendio alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero; art. 402: vilipendio della religione dello Stato), ovvero chiunque commette vilipendio (art. 408: vilipendio delle tombe; art. 406: vilipendio contro i culti ammessi nello Stato), chiunque offende mediante vilipendio (art. 403: offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone; art. 404: offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose); così come la rubrica dell’art. 327 c.p. (ora abrogato dall’art. 18 della L. 25 giugno 1999, n. 205) recava l’espressione eccitamento al vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell’Autorità.
Si deve precisare che l’art. 402 c.p., che incriminava il vilipendio alla religione dello Stato, è stato dichiarato incostituzionale con sentenza n. 508 in data 13.11.2000, in esito ad un complesso dibattito dottrinale e travaglio giurisprudenziale. Anche l’offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose (dopo le modifiche al concordato del 1984, deve intendersi la sola religione cattolica) è stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 329 del 14.11.1997, nella parte in cui prevede un trattamento sanzionatorio più grave rispetto all’analoga previsione di offesa nei confronti degli altri culti, di cui all’art. 406 c.p.
Tutte le ipotesi di vilipendio richiamate sono a condotta libera. Essa cioè può concretarsi tanto in manifestazioni verbali (ingiurie, contumelie, volgarità, bestemmie) di palese disprezzo, tali da esporre l’oggetto della tutela giuridica al ludibrio ed allo scherno pubblico, quanto con scritti, disegni, atti o gesti oltraggiosi.
Si deve rilevare come, nelle ipotesi di richiamo di condotte oltraggiose o di bestemmia, la tutela penale apprestata dal codice ai beni oggetto di offesa con vilipendio appaia distinta ed anche più intensa dal punto di vista sanzionatorio rispetto alle ipotesi di reato di oltraggio (residuano le ipotesi di cui agli artt. 342 e 343 c.p.), di offesa all’Autorità (art. 345 c.p.: ora semplice illecito amministrativo) e bestemmia (art. 724 c.p., parimenti ridotto ad illecito amministrativo). Ciò dipende dall’esigenza di impedire lo svolgimento delle Istituzioni pubbliche, delle Autorità religiose, nonché del sentimento nazionale, religioso e di pietà per i defunti, fortemente radicati nella popolazione, per il tramite di ogni manifestazione che, travalicando la critica ragionata, ne vulneri l’immagine, il prestigio, il senso simbolico di valori condivisi.
Ciò non ha escluso un lungo dibattito in ordine all’incompatibilità di tali fattispecie con il principio costituzionale di libertà di manifestazione del pensiero, ad oggi sostanzialmente risolto dalla giurisprudenza nel senso di non ammettere la liceità di quelle condotte offensive che, pur limitandosi a semplici espressioni verbali o di pensiero, non siano rappresentative di ragionamenti critici o comunque motivati, ma si risolvano in gratuite denigrazioni od esposizioni al pubblico ludibrio dei beni e dei valori tutelati.
Tuttavia tale orientamento si è prestato e si presta a profili di soggettività interpretativa. La problematica, peraltro, era già ben presente anche al redattore del codice, che ha voluto limitare, nell’ipotesi di vilipendio di cadavere, le ipotesi punibili a tale titolo ai soli atti di vilipendio, con ciò restando escluse, come evidenziato anche in dottrina, le semplici parole e i discorsi oltraggiosi. L’esclusione, in verità, era originariamente giustificata dal fatto che le mere espressioni verbali ricadevano nell’ipotesi di cui all’art. 724 c.p., oggi depenalizzata. Ma la scelta del legislatore era significativa.
Dopo ampia discussione, e con il dissenso minoritario di chi avrebbe voluto una depenalizzazione più radicale, la Commissione ha ritenuto che tale previsione limitatrice debba costituire il modello ed il fondamento di modifica di tutte le vigenti residue ipotesi di vilipendio. A tal fine le espressioni vilipendio e consimili, sopra richiamate, vengono sostituite con il richiamo alla commissione materiale di atti di vilipendio, così eliminando ogni dubbio interpretativo circa l’esclusione delle semplici manifestazioni verbali, attualmente non più considerate penalmente rilevanti neppure nelle forme semplici delle previgenti ipotesi di bestemmia e turpiloquio e rimesse, salvo i due casi di oltraggio mantenuti, all’iniziativa privata nelle ipotesi di ingiuria e diffamazione.
Per meglio evidenziare e sottolineare la limitazione delle condotte incriminabili a quelle materiali -rispetto all’interpretazione precedente- si e ritenuto di rafforzare la portata descrittiva della norma, raggruppando in un articolo unico le previsioni di vilipendio di cui agli artt. 290, 291, 292, 292 bis e 293 del codice penale.
Nel nuovo art. 290 c.p. si definisce la condotta incriminatrice quale offesa ai valori costituzionalmente tutelati della solidarietà ed unità nazionale, recata mediante atti di vilipendio pubblicamente commessi contro tutte le Istituzioni già contemplate nelle norme previgenti. Si tratta di condotte volte in danno della bandiera, dei simboli ed emblemi, sottolineate nella loro materialità offensiva dall’uso delle preposizioni su o sulla, con ciò volendosi evitare l’estensione dell’incriminazione alle mere manifestazioni del pensiero.
Con la nuova fattispecie si è, pertanto, valorizzata la tutela della Nazione attraverso il richiamo espresso al sentimento di solidarietà ed unità nazionale quale valore giuridico tutelato; si è evidenziato il carattere di necessaria pubblicità anche del vilipendio alla bandiera nazionale; si è semplificata la previsione sanzionatoria, prevista per tutte le ipotesi in quella della reclusione da sei mesi a tre anni, escludendosi le circostanze aggravanti di cui agli artt. 292 bis e 293; resta intatta, invece, la possibilità di applicare la circostanza diminuente della lieve entità del fatto, genericamente prevista per tutti i delitti del titolo I del libro II dall’art. 311 c.p.
L’ipotesi di vilipendio alla bandiera od altro emblema di uno Stato estero di cui all’art. 299 c.p. è stata rimodellata secondo l’impostazione generale accolta per l’intera novellazione, evidenziandosi per tale fattispecie il valore giuridico tutelato nel prestigio dello Stato estero ed estendendosi, inoltre, la tutela anche all’Unione Europea.
Nell’ambito del titolo IV, escluso ogni intervento sull’art. 402, perché già dichiarato incostituzionale, mantenuto senza modifiche il testo dell’art. 410, si è intervenuti sugli artt. 403, 404, 405 secondo l’impostazione correttiva generale in ordine alla descrizione della condotta incriminatrice richiesta per le ipotesi di vilipendio, parificando peraltro in tutti tali casi la religione cattolica (espressione così utilizzata in luogo di religione dello Stato) agli altri culti ammessi, tanto sotto il profilo materiale che del trattamento sanzionatorio, così accogliendosi l’orientamento già evidenziato dalla Corte Costituzionale con la richiamata sentenza n. 329 del 1997; per effetto, si è prevista l’abrogazione dell’art. 406 c.p.; in coerenza con l’impostazione complessiva della novella, infine, è la modifica dell’art. 408.

2. Articolato

Art. 1. – Gli articoli 290, 291, 292, 292 bis, 293 del codice penale sono sostituiti dal seguente:
«Art. 290. Atti di vilipendio contro lo Stato, le Istituzioni ed i simboli che li rappresentano. – Chiunque pubblicamente offende il sentimento di solidarietà e di unità nazionale mediante atti di vilipendio sulla bandiera nazionale o su emblemi o simboli dello Stato, delle sue Assemblee Legislative, del Governo, della Corte Costituzionale, dell’Ordine giudiziario, delle Forze armate dello Stato o della Liberazione è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Agli effetti della legge penale per «bandiera nazionale» s’intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali».

Art. 2. – L’art. 299 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero. – Chiunque nel territorio dello Stato pubblicamente offende il prestigio di uno Stato estero o dell’Unione Europea mediante atti di vilipendio sulla bandiera ufficiale o altro emblema o simbolo, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».

Art. 3. – L’art. 403 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Offese alla religione mediante vilipendio di persone. – Chiunque pubblicamente offende la religione cattolica od altro culto ammesso nello Stato mediante atti di vilipendio in danno a chi li professa e punito con la reclusione fino a due anni.
Si applica la reclusione da uno a tre anni qualora gli atti di vilipendio siano commessi in danno di un ministro del culto».

Art. 4. – L’art. 404 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Offese alla religione mediante vilipendio di cose. – Chiunque in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione cattolica od altro culto ammesso nello Stato mediante atti di vilipendio su cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, è punito con la reclusione fino a due anni.
La stessa pena si applica a chi commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in un luogo privato da un ministro del culto».

Art. 5. – L’art. 405 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Turbamento di funzioni religiose. – Chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto cattolico o di altro culto ammesso nello Stato, le quali si compiano con l’assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione fino a tre anni».

Art. 6. – L’art. 406 del codice penale è soppresso.

Art. 7. – L’art. 408 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Vilipendio delle tombe. – Chiunque, in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette atti di vilipendio su tombe, sepolcri o urne o cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa e ad ornamento dei cimiteri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».