Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 3 Marzo 2004

Parere 20 dicembre 1995, n.3575

Consiglio di Stato. Sezione Prima. Parere 20 dicembre 1995, n. 3575.

Considerato:

Il Ministero dell’Interno riferisce che nei procedimenti per l’autorizzazione degli acquisti degli enti ecclesiastici, a norma dell’art. 17 del codice civile, si verificano frequentemente inconvenienti dovuti al ritardo con cui gli uffici tecnici erariali rendono i loro pareri sul valore dei beni.

In proposito, il regolamento approvato con d.P.R. 13 febbraio 1987, n. 33, contenente le norme di attuazione della legge n. 222/85 in materia di enti e beni ecclesiastici, all’art. 9 dispone, fra l’altro, che nell’istruire la domanda di autorizzazione il prefetto “acquisisce il parere dei competenti uffici tecnici erariali… in ordine al valore dei beni”; e aggiunge che il parere in discorso dev’essere comunicato al prefetto entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta. La norma, peraltro, nulla dice riguardo alle conseguenze della mancata osservanza del termine.

In questa situazione, osserva il Ministero, si può ricorrere alla legge generale sul procedimento amministrativo, n. 241/90, e specificamente al suo art. 17, il quale dispone che “ove… sia previsto che per l’adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi od enti non provvedano nei termini prefissati… il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell’amministrazione pubblica o ad altri enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari”.

Neppure tale espediente, osserva tuttavia il Ministero, è risolutivo, perché anche gli organi interpellati in via sostitutiva si mostrano spesso incapaci di esprimere un parere in breve tempo, e la legge non sembra offrire ulteriori rimedi.

Ciò premesso, il Ministero pone il quesito se l’inconveniente possa essere superato con lo strumento della “conferenza di servizi”, che a norma dell’art. 14 della legge n. 241/90 può essere indetta “quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche”. Il vantaggio del ricorso a tale strumento sarebbe dato, ad avviso del Ministero, della possibilità di far valere la disposizione per cui “si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione la quale, regolarmente convocata, non abbia partecipato alla conferenza… salvo che essa non comunichi all’amministrazione procedente il proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa”. Ed il Ministero dell’Interno precisa che il parere dell’U.T.E., nella fattispecie considerata, può essere anche configurato come “assenso” in quanto all’ufficio tecnico viene chiesto, in buona sostanza, se concordi o meno sul valore dei beni, dichiarato dalla parte istante.

La Sezione ritiene di dover rispondere negativamente.

Non si nega che, in linea di massima, il Prefetto possa anche convocare una “conferenza di servizi” quante volte ciò sembri opportuno per facilitare una sollecita acquisizione dei pareri, grazie alla concentrazione ed alla semplicità delle forme. Ma si deve escludere che possa farsi valere come silenzio-assenso, a norma dell’art. 14 comma 3, l’eventuale mancata partecipazione dell’U.T.E. e il silenzio da esso serbato nei venti giorni successivi.

Nel sistema della legge n. 241/90 sono ben differenziate le ipotesi trattate, rispettivamente, negli articoli 14, 16 e 17. L’art. 14 riguarda l’acquisizione di “intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati”; l’art. 16 l’acquisizione di “pareri di organi consultivi”; l’art. 14 l’acquisizione di “valutazioni tecniche di organi od enti appositi”. Il contesto dimostra chiaramente che il legislatore ha inteso mantenere distinti i tre tipi di atto e di mantenere altrettanto distinti, correlativamente, i rimedi contro l’inerzia degli organi competenti ad esprimere, rispettivamente, le intese (ovvero concerti, nulla osta, assensi), i pareri e le valutazioni tecniche. E così, se in altri contesti è possibile che la parola “parere” sia usata per indicare, cumulativamente, ciò che l’art. 16 chiama “parere” e ciò che l’art. 17 chiama “valutazione tecnica”, sta di fatto che nel sistema della legge n. 241/90 i due concetti sono distinti: con la conseguenza, fra l’altro, che alle “valutazioni tecniche” non è applicabile ciò che l’art. 16 comma 2 dispone con riferimento ai “pareri”.

Lo stesso Ministero dell’interno, in effetti, sembra condividere quest’ultima opinione: infatti, partendo dal presupposto (corretto) che nel sistema della legge n. 241/90 la pronuncia dell’U.T.E. sia una “valutazione tecnica” e non un “parere”, ritiene (altrettanto correttamente) che ad essa non sia applicabile l’art. 16 comma 2.

Se questo è vero, peraltro, è inevitabile concludere che alle “valutazioni tecniche” non si applica neppure il meccanismo, assimilabile ad un silenzio-assenso, di cui all’art. 14, comma 3.

Conviene sottolineare che gli atti di intesa, concerto, nulla osta, assenso, e via dicendo, cui si riferisce l’art. 14, sono accomunati per il fatto di essere manifestazioni di volontà, espressioni di potestà discrezionali inerenti alla tutela degli interessi pubblici settoriali affidati all’autorità interpellata. Sicché il silenzio di quest’ultima – formatosi in presenza di determinati presupposti – lascia intendere che essa non ravvisa motivi per contrastare il progetto dell’autorità interpellante e viene equiparato dal legislatore ad un assenso esplicito.

La valutazione tecnica, invece, è prevista dall’ordinamento non in funzione dell’interesse dell’organo che detta valutazione deve esprimere, bensì in funzione dell’interesse alla cui soddisfazione tende il procedimento. Pertanto la valutazione tecnica, una volta che l’ordinamento ne abbia stabilito la necessità, non può essere surrogata dal silenzio dell’organo tecnico. Coerentemente l’art. 17 offre un rimedio diverso dal silenzio-assenso, conferendo all’autorità procedente la possibilità di procurarsi aliunde quella valutazione tecnica che resta comunque necessaria.

E’ vero che il legislatore, dettando l’art. 17, sembra non essersi dato carico dell’ipotesi che rimanga inadempiente lo stesso organo interpellato in via sostitutiva. Ma non pare che in ciò si debba ravvisare una mancanza della legge, tale da giustificare, in ipotesi, il ricorso a forzature interpretative. Verosimilmente il legislatore ha considerato che mentre l’organo tecnico titolare della competenza ordinaria (nella specie: l’U.T.E.) è individuato preventivamente dalla norma, quello interpellato in via sostitutiva è scelto a propria discrezione dall’autorità procedente, ed è pertanto verosimile che quest’ultima si rivolga a quell’ufficio o istituto che, insieme alla necessaria idoneità tecnica, dà l’affidamento di una sollecita evasione dell’incombente. Peraltro nulla vieta che l’autorità procedente fissi un termine anche all’organo interpellato in via sostitutiva, riservandosi, all’occorrenza, d’interpellare un terzo organismo.

In conclusione, non si ravvisano spazi per ritenere applicabile l’art. 14, comma 3, della legge n. 241/90 all’acquisizione delle valutazioni dell’U.T.E.

P.Q.M.

nelle suesposte considerazioni è il parere.