Parere 09 settembre 1999
Garante per la protezione dei dati personali. Esame del ricorso presentato al Garante per ottenere la cancellazione dei dati personali dai registri dei battezzati, 9 settembre 1999.
Il Garante per la protezione dei dati personali
[omissis]
PREMESSO:
Il ricorrente lamenta la mancata cancellazione dei propri dati personali dai registri dei battezzati conservati presso l’archivio parrocchiale (omissis) riferendo in particolare:
a) di aver richiesto con lettera raccomandata all’arciprete (omissis) e, per conoscenza, al Vescovo (omissis) la cancellazione dagli elenchi parrocchiali dei battezzati del proprio nominativo e della data del battesimo ricevuto, motivando tale richiesta con le proprie “convinzioni ateistiche”;
b) che l’arciprete (omissis) si è limitato ad assicurare il ricorrente di aver allegato la predetta nota al suo atto di battesimo, assicurazione reiterata dal Vescovo (omissis) che ha dichiarato l’impossibilità di dar corso alla richiesta di cancellazione sulla base dell’assunto che “non è possibile annullare un fatto realmente accaduto”;
c) che tale comportamento lederebbe il primo luogo il disposto dell’art. 13, comma 1, lett. c), n. 3 della legge 675/1996 che garantisce all’interessato il diritto di ottenere “l’aggiornamento, la rettificazione, ovvero, quando via abbia interesse, l’integrazione dei dati”, lesione tanto più grave in quanto riferita a dati di carattere “sensibile”. Secondo il ricorrente, infatti, la mancata cancellazione dei suoi dati personali violerebbe da un lato il suo “diritto all’oblio”, inteso come “diritto di essere lasciato solo” e, dall’altro, il suo diritto ad “avere un’immagine di sé in cui riconoscersi e violando così quell’aspetto della privacy che ne fa uno strumento di tutela dell’identità personale (art. 1 comma 1, legge 675/1996);
d) che tale comportamento violerebbe altresì l’art. 13 comma 1, lett c), n. 2 della legge n. 675/1996, che garantisce all’interessato la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati”. Il ricorrente, infatti, avrebbe interrotto ogni rapporto con la Chiesa cattolica da oltre quaranta anni e non vi sarebbe alcuna ragione tale da giustificare la conservazione dei suoi dati;
e) che l’obiezione della parte inisistente secondo la quale il battesimo come fatto storico non può essere cancellato sarebbe “soltanto uno pseudo argomento” dato che “ogni registrazione si riferisce a fatti accaduti e comunque essa stessa, in quanto tale, è un fatto storico”, d’altronde il ricorrente non chiederebbe di considerare il fatto come non avvenuto, ma solo di cancellarne le tracce, cosa che, a suo dire, sarebbe peraltro già avvenuta in altri casi analoghi;
f) che se anche si volesse riconoscere la pertinenza del dato registrato rispetto allo scopo della raccolta, il comportamento della parte resistente violerebbe comunque il diritto dell’interessato di opporsi, per motivi legittimi, al trattamento dei dati personali che lo riguardano ancorché pertinenti allo scopo della raccolta (art. 13, comma 1 lett. d) della legge 675/1996); i motivi legittimi in questione sarebbero da rinvenirsi nelle esposte convinzioni filosofiche e religiose del ricorrente che, a suo avviso, dovrebbero essere ritenute prevalenti in un eventuale bilanciamento di interessi, all’interesse storico-archivistico della conservazione completa dei dati registrati negli archivi parrocchiali;
g) che l’esclusione dagli elenchi delle persone battezzate risponderebbe ad una esigenza profondamente sentita da moltissimi atei ed agnostici, in relazione anche al desiderio di evitare che i dati aggregati relativi alla popolazione cattolica siano “falsati” da informazioni non più rispondenti alla reale volontà degli interessati.
Il ricorrente chiede quindi al Garante di ordinare la cessazione del comportamento illegittimo “da parte dei responsabili e degli incaricati del trattamento”.
TUTTO CIO’ PREMESSO:
il ricorso in esame è infondato.
E’ anzitutto infondato il rilievo secondo cui sarebbe violato l’art. 13, comma 1, lett. c), n. 3, della legge n. 675/1996, per il quale l’interessato ha diritto a ottenere “l’aggiornamento, la rettificazione, ovvero qualora via abbia interesse, l’integrazione dei dati”, ciò in quanto la questione sollevata non riguarda (salvo quello che si dirà nel prosieguo) né dati non aggiornati, né dati inesatti o incompleti, essendo piuttosto riferita a dati che si intenderebbe eliminare sotto il profilo della loro materiale esistenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. c), n. 2, della legge n. 675/1996, poi, la cancellazione dei dati può essere richiesta solo quando questi siano trattati in violazione di legge o la loro conservazione non sia necessaria in relazione agli scopi per i quali essi sono stati raccolti e trattati.
Verificato che la pretesa del ricorrente non è fondata sotto questo primo profilo in quanto i dati relativi all’avvenuto battesimo del ricorrente non risultato trattati in violazione di legge e rientrano nelle pertinenti attività della confessione religiosa, un eventuale fondamento giuridico della pretesa del ricorrente potrebbe semmai risiedere nelle motivazioni che sono alla base della loro conservazione.
Tuttavia, a tale proposito, precisato che il battesimo non è solo un atto di carattere confessionale, ma anche un atto giuridico costitutivo che segna “ingresso di una persona nella Chiesa cattolica, va osservato che la sua registrazione non costituisce solo un dato relativo all’aderente, ma rappresenta un aspetto della vita (ed anche un dato) del soggetto o dell’organismo che lo detiene. In altre parole, la Chiesa, al pari, ad esempio, di quanto può avvenire per varie entità associative, non può cancellare la traccia di un avvenimento che storicamente l’ha riguardata se non a costo di modificare la stessa rappresentanza della propria realtà.
La questione assume peraltro un rilievo particolare, tenuto conto del fatto che i registri dei battezzati rientrano fra i registri ufficiali della Chiesa cattolica e, quindi, di un ordinamento “indipendente e sovrano” rispetto a quello dello Stato italiano, così come previsto dall’art. 7 della Costituzione.
L’aspirazione degli interessati a veder correttamente rappresentata la propria immagine in relazione alle proprie convinzioni originarie o sopravvenute, può semmai essere idoneamente soddisfatta da misure diverse dalla pura cancellazione, con le quali gli stessi possono ottenere dai titolari o dai responsabili che i dati da essi detenuti acquistino un diverso significato.
In questa prospettiva, tenuta ferma la necessità di rendere comunque inequivocabilmente la volontà dell’interessato, per quanto riguarda le modalità pratiche attraverso le quali soddisfare le richieste di rettificazione, deve farsi riferimento alla specifica tipologia degli atti che vengono in esame. In alcuni casi, ad esempio, potrà ritenersi praticabile, ad esempio, una semplice annotazione a margine del dato da rettificarsi, mentre, in altri, può essere più idoneo inserire o allegare la richiesta di rettifica degli atti in questione.
Una volta preso atto della volontà dell’interessato di abbandonare una determinata comunità, ne discende l’impossibilità di continuare a considerare la persona in questione come ancora appartenente al gruppo, all’associazione o, nel caso specifico, alla confessione religiosa.
Tale considerazione impedisce, ad esempio, per eventuali attività (anche statistiche) che dovessero compiersi successivamente a detta manifestazione di volontà, di continuare a considerare la persona fra gli aderenti alla comunità. Viceversa, per quanto riguarda eventuali rilevazioni statistiche già effettuate, la lettura complessiva del dettato normativo dei decreti di completamento della disciplina sulla riservatezza, induce a ritenere sufficiente la semplice annotazione delle modifiche ed integrazioni richieste dal l’interessato, sempre che tali operazioni non producano effetti significativi sul risultato statistico o della ricerca (per una recente tendenza dell’ordinamento in tal senso, si veda, ad esempio, l’art. 21-bis, comma 2, legge n. 675/1996, introdotto dall’art. 9 del dgl 30 luglio 1999, n. 281; l’art. 6-bis, comma 8, d. lgs. 6 settembre 1989, n. 322, introdotto dallo stesso d. lgs. n. 281/1999; l’art. 5, comma 2, d.lgs. 30 luglio 1999, n. 282).
In conclusione, il registro di battesimo, in riferimento ad una persona che si professi atea, non contiene dati trattati illecitamente, né notizie inesatte o incomplete, documentando il registro un fatto correttamente rappresentato, da considerare nella sua singolarità e cioè come rappresentazione di un evento (il battesimo) realmente avvenuto.
Il diritto di opposizione per motivi legittimi potrebbe essere semmai esercitato nei riguardi di specifiche, ulteriori, utilizzazioni dei dati relativi all’appartenenza religiosa dalle quali l’opponente ritenga di ricevere pregiudizio, tenendo peraltro presenti le regole interne e le idonee garanzie che talune confessioni religiose determinano al proprio interno in relazione ai trattamenti effettuati (art. 5 del dgl. 11 maggio 1999, n. 135, che ha modificato la precedente formulazione dell’art. 22 della legge 675/1996).
Resta peraltro impregiudicato il diritto del ricorrente di far integrare a sua richiesta la complessiva documentazione che lo riguarda, anche senza che sia necessaria una specifica indicazione delle relative ragioni che sono alla base di tale istanza.
PER QUESTI MOTIVI:
il Garante dichiara infondato il ricorso.
Autore:
Garante per la protezione dei dati personali
Dossier:
Tutela dati personali
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Chiesa cattolica, Cancellazione, Battesimo, Privacy, Registri parrocchiali, Annotazione, Idonee garanzie, Fatto storico, Archivi parrocchiali
Natura:
Parere