Parere 06 gennaio 2006
LA CIRCONCISIONE RITUALE È UNA PRATICA DEONTOLOGICAMENTE CORRETTA?
Uno dei momenti più coinvolgenti della vita dell’Ordine è quando esso viene chiamato ad esprimere il proprio parere deontologico su argomenti che necessitano di una linea di azione etico-professionale certa e per i quali non è così evidente la strada da seguire nella pratica clinica.
Questo è il caso del parere richiesto dal Collega Sebastiano Cavallaro dell’Azienda Ospedaliera OIRM/S. Anna di Torino, della cui U.O è direttore, su un argomento che, in una società sempre più multietnica e multiconfessionale, come la nostra, è di notevole attualità.
La circoncisione per esclusivi motivi religiosi e/ di costume, praticata principalmente da ebrei e musulmani, se pure con modalità diverse, è un atto deontologicamente lecito dal punto di vista squisitamente medico ?
E se lo è, il medico ha diritto di porre, in nome della propria coscienza, l’obiezione all’atto?
Tale pratica, poi, è opportuno che sia concessa dal servizio sanitario regionale?
Quesiti pesanti e appassionanti che rivestono pratiche religiose e rituali antiche e rispettabili.
Quindi, quesiti complessi da mantenere in una giusta e asettica prospettiva deontologica, senza entrare nel merito di culture differenti dalla nostra.
La Commissione Medici dell’Ordine in una lunga e appassionata seduta del giugno scorso, dopo aver consultato, documenti e pareri autorevoli, è giunta ad una conclusione unanime, che pubblichiamo integralmente di seguito.
Mario Nejrotti
PARERE DEONTOLOGICO DELLA COMMISSIONE MEDICI DELL’OMCEO DELLA PROVINCIA DI TORINO SULLA PRATICA MEDICA DELLA CIRCONCISIONE DI NEONATI E BAMBINI DI CARATTERE RITUALE.
“La Commissione Medici è stata investita del quesito posto dal dr. Sebastiano Cavallaro, il quale ha chiesto un parere deontologico e giuridico circa “la liceità e/o opportunità di sottoporre a circoncisione radicale chirurgica pazienti in età puberale per soli motivi religiosi e/o di costume, senza alcuna indicazione di tipo clinico.”
La richiesta consegue alla deliberazione della Giunta della Regione Piemonte 20.3.2006 . 392418 che ha approvato una sperimentazione relativa alla circoncisione rituale in day surgery presso l’Azienda Ospedaliera OIRM/S. Anna di Torino, della cui U.O l’interrogante è direttore.
1. L’analisi della problematica, che l’interrogante riferisce aver ricevuto pareri estemporanei diversificati, ha portato innanzitutto a rilevare che la circoncisione è stata oggetto di pronunciamenti di autorevoli organi, tra i quali il Comitato Nazionale per la Bioetica che si è espresso il 25 settembre 1998 con un articolato parere (pubblicato in www.governo.it/bioetica/testi/250998.html). Nel parere viene affrontata anche la questione della “circoncisione” in vari suoi aspetti tra i quali anche quello della “circoncisione rituale” maschile, ritenuta compatibile con il vigente ordinamento giuridico.
L’interrogativo sulla “liceità” riproposto dall’interrogante, trova quindi una esaustiva risposta nell’autorevole parere richiamato che, riconducendo la pratica della circoncisione ad un atto di devozione e di culto, ritiene trovi garanzia costituzionale nell’art. 19 della Costituzione sulla libertà di culto, quando le relative pratiche non siano contrarie al buon costume. La circoncisione non sarebbe tale in quanto essa non è compiuta attraverso atti idonei a pregiudicare o a violare la sfera dell’intimità e della decenza della persona, ma è praticata seguendo precise regole di prudenza e di riservatezza. Il parere prosegue poi escludendo che la circoncisione leda il diritto alla tutela dei minori o quello della loro salute, essendo la pratica riconducibile nei margini di discrezionalità educativa riconosciuti anche ai genitori dall’art. 30 della Costituzione ai genitori.
L’interrogativo giuridico sulla “liceità” della pratica della circoncisione rituale può dunque ricevere esaustiva risposta nel richiamato pronunciamento, al quale la Commissione Medici dell’Ordine di Torino non ha motivo, né argomentazioni per non condividerlo.
2. Più delicato è risultato invece l’esame del profilo deontologico del quesito, tenuto conto che l’interrogante non omette di chiedere un pronunciamento anche sulla “opportunità” di sottoporre un minore a circoncisione, tenuto conto che il consenso è condizionato dall’incapacità giuridica del soggetto destinatario di un atto indiscutibilmente cruento ed irreversibile. Sul punto, pur essendo il pronunciamento del Comitato Nazionale lievemente datato rispetto alla evoluzione che il presupposto del “consenso informato” ha avuto negli ultimi anni in materia di interventi medico-chirurgici, la Commissione medica dell’Ordine di Torino è pervenuta al convincimento che pur a fronte di conformazioni nuove e più partecipate anche dei minori nell’atto medico che li interessa direttamente, non vi siano elementi per disattendere le conclusioni cui è pervenuto il CNB. Un atto che comporta comunque una menomazione, seppur lieve, della integrità corporea di un minore, la cui volontà è totalmente assorbita da quella dei genitori che esercitano su di lui la patria potestà, suscita comunque qualche interrogativo nella coscienza medica, specie in ragione del fondamentale principio di beneficialità che presiede qualsiasi intervento medico chirurgico. La circoncisione rituale non è infatti sorretta da alcuna beneficialità in senso proprio della infrazione corporea che potrà anche essere giustificata sul piano giuridico ordinamentale e religioso, ma che nel contesto della beneficialità strictu sensu non ha agganci.
La Commissione, dopo attenta riflessione, è pervenuta a ritenere che, nel contesto di un Paese che va diventando sempre più multietnico, la coscienza medica debba essere coniugata con le nuove realtà sociali, perché anche la medicina non può restare avulsa da esse o, peggio, abdicare ad atti propri, confinandone l’esecuzione fuori della medicina. La circoncisione, anche quella rituale, non può infatti prescindere da una attenta valutazione delle condizioni del soggetto da circoncidere, stanti le potenziali conseguenze negative per la sua salute che essa potrebbe comportare; non può inoltre essere disgiunta dalla necessità di continuità assistenziale da garantire dopo l’intervento o dalla necessità di adeguate informazioni perché tale assistenza possa essere praticata.
A fronte di queste considerazioni, la Commissione ritiene che l’esigenza della tutela della salute, diritto primario garantito dall’ordinamento costituzionale, imponga che la circoncisione sia eseguita da un medico, al quale competerà sempre, innanzitutto, la valutazione delle condizioni del soggetto e la corretta esecuzione dell’intervento, in condizioni di massima garanzia, nel rispetto dei principi etici, deontologici e di buona pratica clinica.
Tra questi rientra anche la libertà di coscienza del singolo medico che non può essere sacrificata sull’altare della prevalenza dell’altrui coscienza religiosa, specie quando si contrappongano valori di paritario rilievo, anche nel contesto di una Stato che ha accolto il principio della laicità. In questi casi, come per altro in analoghi già conosciuti dall’ordinamento, occorre saper coniugare le due esigenze, garantendole nello stesso modo, così da non attribuire all’una la prevalenza sull’altra.
La Commissione Medici ritiene per tanto che l’obiezione di coscienza che il medico può esercitare preventivamente, possa garantire entrambe le esigenze.
3. Un ultima riflessione deve essere svolta sulla esigibilità di queste prestazioni a carico del SSN.
Anche questo profilo è stato oggetto di risposta nel pronunciamento del Comitato Nazionale di Bioetica, ma la Commissione Medici dell’Ordine di Torino ritiene che l’evoluzione
dell’ordinamento giuridico e l’assottigliamento delle risorse porti a rimeditare la questione.
L’intervento di circoncisione rituale che non è giustificata da alcuna esigenza terapeutica, esula, specie in un sistema dove le risorse sono limitate, dalle funzioni di tutela della salute come garantite dall’art. 1 della legge 833/78. Essa poi non può più ritenersi ricompresa tra le prestazioni uniformi ed essenziali che il legislatore ha ridelineato con il D.Lgv. 229/99, del quale i LEA costituiscono estrinsecazione. In questo contesto economico, una prestazione di natura “ rituale” non può gravare sul servizio sanitario nazionale, sottraendo risorse al sistema che la stessa deontologia impone al medico di utilizzare correttamente nel contesto dei compiti ai quali è chiamato.
A conclusione della riflessione la Commissione Medici dell’Ordine di Torino ha quindi pronunciato il seguente parere:
1. L’intervento di circoncisione maschile, anche quello rituale, è atto di competenza medica, stanti le implicanze che esso riveste in ordine alla valutazione delle condizioni del soggetto la corretta esecuzione dell’intervento, in condizioni di massima garanzia, nel rispetto dei principi etici, deontologici e di buona pratica clinica.
2. Sotto questo profilo la circoncisione rituale maschile non può ritenersi atto contrario alla deontologia, ma nello stesso tempo non può mai sovrastare la coscienza soggettiva del medico, al quale deve essere garantito il principio generale giuridico e deontologico del diritto di obiezione di coscienza.
3. L’intervento di circoncisione rituale non assolve alle funzioni di tutela della salute proprie del SSN e non può rientrare tra le prestazioni uniformi ed essenziali come definite dal D. Lgv. 229/99. Di conseguenza non trova giustificazione di carattere etico per essere posto a carico del SSN.