Parere 02 febbraio 1995, n.1039/90
Consiglio di Stato. Sez. I. Parere 2 febbraio 1995, n. 1039/90.
Considerato
Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica di cui all’oggetto, il sig. Carbonatto deduce, in sostanza, il vizio di violazione di legge, ed in particolare dell’art. 3 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, per avere il Ministero dell’interno negato l’approvazione della nomina dello stesso Carbonatto a ministro di culto della religione ortodossa in ragione della “esiguità del numero dei fedeli appartenenti alla comunità”. E ciò in violazione del citato art. 3, che invece non stabilisce il numero dei fedeli che la comunità religiosa deve avere perché la nomina del proprio ministro di culto sia approvata dall’autorità statale.
Il ricorso è infondato.
Va premesso, in proposito, che a norma dell’art. 3 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, le nomine dei ministri dei culti ammessi nello Stato devono essere notificate all’autorità statale e che “nessun effetto civile può essere riconosciuto agli atti del proprio ministero compiuti da tali ministri di culto, se la loro nomina non abbia ottenuto l’approvazione governativa”.
La notificazione della nomina e la conseguente approvazione da parte dello Stato non condizionano, quindi, lo svolgimento delle funzioni di ministro dei culti ammessi nello Stato. La professione di tali culti resta, infatti, subordinata al presupposto che tali culti “non seguano riti contrari all’ordine pubblico o al buon costume” (art. 1 della stessa legge n. 1159 del 1929). E tale presupposto è coerente con le affermazioni di principio contenute nella citata legge: la non incidenza della differenza di culto nel godimento dei diritti civili e politici (art. 4) e la libertà di discussione in materia religiosa (art. 5).
L’approvazione governativa condiziona, invece, la possibilità che agli atti del proprio ministero, compiuti dai ministri dei culti ammessi, siano ricollegati effetti civili. In particolare, il matrimonio celebrato avanti ad un ministro di culto la cui nomina sia stata approvata dall’autorità governativa “produce dal giorno della celebrazione gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile” (art. 7).
L’approvazione, pertanto, non limita la professione del culto, né la celebrazione del relativo culto, né l’assistenza spirituale ai fedeli. Essa amplia, invece, come riconosciuto dalla dottrina, la sfera dei poteri del ministro di culto, ricollegando agli atti compiuti da quest’ultimo nell’esercizio del suo ministero effetti diretti nell’ordinamento dello Stato, secondo un modulo proprio degli atti di concessione.
Tale premessa, ed in particolare la considerazione che si tratta di conferire poteri di natura pubblicistica non spettanti alla generalità dei cittadini, porta a ritenere che l’approvazione dei ministri di culto ha natura discrezionale, quanto meno nella verifica, oltre che della personalità morale di colui che e nominato ministro di culto, della serietà del fine perseguito e delle esigenze che con l’approvazione della nomina si intendono perseguire.
2. In tale valutazione discrezionale può effettivamente assumere rilievo anche la effettiva esistenza di una comunità di fedeli che professano quel culto.
Vero è, infatti, che la citata legge non pone un numero minimo di fedeli affinché l’approvazione della nomina del relativo ministro di culto possa essere approvata. Ma è altresì vero che il numero dei fedeli può costituire elemento di valutazione della rispondenza della richiesta approvazione al fine cui la norma stessa è rivolta, tanto piú che è in riferimento a detti fedeli che si produrranno gli effetti civili ricollegati agli atti del ministro di culto, una volta approvata la relativa nomina.
Ora, nel caso di specie, l’amministrazione ha ritenuto significativo, a seguito di una adeguata istruttoria, il numero assolutamente esiguo dei fedeli della comunità di cui il sig. Carbonatto è ministro di culto, quantificandolo in poco meno di dieci unità (nota 12 dicembre 1989, n. 224/A/32045/2^DIV.), non contestato dal ricorrente.
Tale valutazione, che tende ad evitare la proliferazione di ministri di culto cui si ricollegano i menzionati poteri pubblicistici eventualmente in difetto di reali esigenze della comunità religiosa e solo al fine del godimento dei benefici che alla approvazione della nomina si ricollegano, non appare illegittima, né sprovvista di adeguata motivazione.
Va aggiunto, inoltre, che dall’istruttoria svolta dall’amministrazione sono emersi fatti idonei a dare una particolare colorazione alla rilevata esiguità del numero di fedeli.
Il sig. Carbonatto aveva, infatti, già in precedenza (5 maggio 1989) richiesto l’esenzione dal servizio militare sulla base di una attestazione, richiesta alla Prefettura di Cuneo, della insostituibilità nella cura dei fedeli. Dopo il rilascio di detta attestazione (in data 18 maggio 1989), peraltro, l’amministrazione aveva riaperto l’istruttoria (in data 15 settembre 1989), essendo venuta in possesso di elementi tali da far seriamente dubitare della serietà dell’intenzione del sig. Carbonatto.
Successivamente, in data 30 novembre 1989, il sig. Carbonatto chiedeva l’approvazione della nomina a ministro di culto.
In tale contesto appare corretto l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione della verifica della serietà dell’intento perseguito con la richiesta di autorizzazione. Sicché legittimo risulta essere l’impugnato provvedimento negativo.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.
Autore:
Consiglio di Stato
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Ministri di culto, Fedeli, Rifiuto, Nomina, Numero, Approvazione, Religione ortodossa, Esiguità
Natura:
Parere