Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 16 luglio 2018

La Corte d'appello di Venezia ha chiarito che la sentenza canadese
che accertava che una coppia di genitori omosessuali fossero i
genitori del minore nato con maternità surrogata possiede i
requisiti per il riconoscimento ai sensi della legge n. 218/1995, in
quanto non contraria all'ordine pubblico. Secondo la Corte, la
circostanza che nel sistema delle fonti interne non sia previsto il
matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, e non sia concesso di
attribuire ad entrambi la responsabilità genitoriale del minore nato
dalla procreazione medicalmente assistita, si risolve
nell’evidenza di una diversità di discipline sostanziali ma non
è di per se indice dell’esistenza di un principio superiore
fondante e irrinunciabile dell’assetto costituzionale. Al
contrario, nella materia in esame, tra i diritti fondamentali rientra
certamente la tutela del superiore interesse del minore e la
continuità e la stabilità del suo status familiare.

Sentenza 18 settembre 2018, n.3413/09

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
ha ravvisato una violazione dell'articolo 9 della Convenzione nel
provvedimento di un giudice belga che aveva imposto a una donna di
allontanarsi dall'aula di tribunale a seguito del suo rifiuto di
rimuovere  l'hijab, il velo islamico che copre esclusivamente
capelli e collo. Secondo la Corte, ciò ha comportato una
evidente restrizione all'esercizio del diritto di libertà
religiosa della donna, dal momento che il provvedimento non poteva
dirsi giustificato da esigenze di ordine pubblico: la condotta della
donna, infatti, non è stata in alcun modo irrispettosa e non ha
costituito alcuna minaccia al regolare svolgimento dell'udienza.
Inoltre, il velo non copriva l’intero volto e la donna non
rappresentava lo Stato nell’esercizio di una funzione pubblica
ma era una cittadina privata, senza obblighi di non mostrare in
pubblico il proprio credo religioso. Le aule di giustizia vanno
sì considerate luoghi pubblici, con la conseguenza che il
principio di neutralità deve essere garantito e prevalere
rispetto alla manifestazione del credo religioso, ma, nel caso di
specie, la motivazione alla base del provvedimento non era la
neutralità quanto il mantenimento dell’ordine che, per la
Corte, non era in alcun modo compromesso dal velo indossato dalla
donna.

Sentenza 06 settembre 2018, n.Case n. 76/2018

La Corte Suprema indiana ha depenalizzato il reato di
omosessualità, punito da più di centocinquant'anni.
La Corte ha infatti chiarito che gli atti sessuali consensuali tra
adulti in luogo privato non possono essere in alcun modo vietati, in
quanto espressione di una libera scelta individuale. La previsione del
codice penale che ancora incriminava i rapporti omosessuali, quindi,
aveva portata discriminatoria e si poneva in contrasto con i principi
costituzionali.

Sentenza 11 settembre 2018, n.40301/18

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di
violenza sessuale con abuso di autorità commesso da un parroco
nei confronti di un minore. Pur non ricorendo una posizione
autoritativa di tipo formale e pubblicistico, infatti, il ricorrente,
per il suo ruolo di parroco, era percepito come un sicuro punto di
riferimento dai giovani che frequentavano l’oratorio, a nulla
rilevando che non rivestisse alcun ruolo formale all’interno
dell’istituto scolastico ospitato dalla casa salesiana di cui
era direttore. La sua veste di parroco era sufficiente a giustificare
l’esistenza della sua posizione di supremazia rispetto ai minori
che si relazionavano con lui in oratorio.

Ordinanza 13 settembre 2018, n.22416/18

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La Corte di Cassazione
ha riconosciuto che, ai fini della concessione della protezione
internazionale, la circostanza per cui l'omosessualità
venga considerata un reato dall'ordinamento giuridico del Paese di
provenienza sia rilevante, costituendo una grave ingerenza nella vita
privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro
libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di
persecuzione. Nel caso di specie, però, atteso che il
ricorrente non ha fornito le prove necessarie allo scopo di conclamare
la circostanza della sua omosessualità e di accertare la
condizione dei cittadini omosessuali nella società del Paese di
provenienza, la Corte ne ha rigettato la domanda.