Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 02 settembre 2014, n.4460

La decisione terapeutica ha nel consenso informato e
nell’autodeterminazione del paziente il suo principio e la sua
fine, poiché è il paziente, il singolo paziente, e non
un astratto concetto di cura, di bene, di
“beneficialità”, il valore primo ed ultimo che
l’intervento medico deve salvaguardare. Ciò non deve
naturalmente comportare un pericoloso soggettivismo curativo o un
relativismo terapeutico nel quale è “cura” tutto
ciò che il singolo malato vuole o crede, perché
nell’alleanza terapeutica è e resta fondamentale
l’insostituibile ruolo del medico nel selezionare e
nell’attuare le opzioni curative scientificamente valide e
necessarie al caso, ma solo ribadire che la nozione statica e
“medicale” di salute, legata cioè ad una dimensione
oggettiva e fissa del benessere psicofisico della persona, deve cedere
il passo ad una concezione soggettiva e dinamica del concreto
contenuto del diritto alla salute, che si costruisce nella continua e
rinnovata dialettica medico-­paziente, di modo che tale contenuto,
dal suo formarsi, al suo manifestarsi sino al suo svolgersi,
corrisponda effettivamente all’idea che di sé e della
propria dignità, attraverso il perseguimento del proprio
benessere, ha il singolo paziente per realizzare pienamente la sua
personalità, anzitutto e soprattutto nelle scelte, come quelle
di accettare o rifiutare le cure, che possono segnarne il destino.
Indubbiamente l’affermazione di un principio, come quello del
diritto alla salute e del consenso informato, non può non tener
conto che esso, oltre ad essere un diritto assoluto e inviolabile e,
come tale, efficace erga omnes e, in particolare, nei riguardi del
medico, è anche un diritto soggettivo pubblico o diritto
sociale che, nella dinamica del suo svolgersi e del suo concreto
attuarsi, ha per oggetto una prestazione medica che ha quali necessari
e primari interlocutori le strutture sanitarie e, in primo luogo, il
Servizio Sanitario Nazionale. Esso ha una natura ancipite, per
così dire, ed è un diritto che ha una indubbia valenza
privatistica, in quanto massima ed inviolabile espressione della
personalità individuale, ma anche una innegabile connotazione
pubblicistica, perché può e deve, se lo richiede la sua
soddisfazione, trovare adeguata collocazione e necessaria attuazione
all’interno del servizio sanitario, non potendo dimenticarsi che
la salute, anche nella declinazione personalistica che è venuta
ad assumere nel nostro ordinamento, è pur sempre, insieme,
diritto fondamentale dell’individuo e interesse della
collettività (art. 32 Cost.). Ora proprio la vicenda qui in
esame è esemplare di tale stretta e vitale interrelazione,
interrelazione che radica la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. A fronte del diritto, inviolabile, che il paziente ha,
e – nel caso di specie – si è visto dal giudice
ordinario definitivamente riconosciuto, di rifiutare le cure,
interrompendo il trattamento sanitario non (più) voluto, sta
correlativamente l’obbligo, da parte dell’amministrazione
sanitaria, di attivarsi e di attrezzarsi perché tale diritto
possa essere concretamente esercitato, non potendo essa contrapporre a
tale diritto una propria nozione di prestazione sanitaria né
subordinare il ricovero del malato alla sola accettazione delle cure.
Non può dunque l’Amministrazione sanitaria sottrarsi al
suo obbligo di curare il malato e di accettarne il ricovero, anche di
quello che rifiuti un determinato trattamento sanitario nella
consapevolezza della certa conseguente morte, adducendo una propria ed
autoritativa visione della cura o della prestazione sanitaria che, in
termini di necessaria beneficialità, contempli e consenta solo
la prosecuzione della vita e non, invece, l’accettazione della
morte da parte del consapevole paziente.

IN
OLIR.it: Sentenza TAR Lombardia 26 gennaio 2009, n. 214

Sentenza 26 giugno 2014, n.26587/07

The European Court of Human Rights (ECHR) ruled in favor of
Jehovah’s Witnesses and their right to worship without unlawful
interference from the Russian authorities. In its unanimous judgment,
the Court found that Russia violated Articles 5 (right to liberty and
security) and 9 (freedom of thought, conscience, and religion) of the
European Convention on Human Rights (Convention) when police
overwhelmed a religious service with an illegal raid on the night of
April 12, 2006.

Accordo 09 maggio 2014

Con questo accordo transattivo (“settlement agreement”) il
Dipartimento della Giustizia statunitense ed il Distretto Scolastico
di Filadelfia hanno risolto il procedimento, avanti alla District
Court for the Eastern District of Pennsylvania, col quale il Governo
aveva contestato la violazione del titolo VII del Civil Rights Act del
1964, lamentando che il Distretto Scolastico non aveva provveduto a
trovare un accomodamento con il credo e le osservanze religiose di
alcuni suoi dipendenti. Nel 2010 il Distretto Scolastico di Filadelfia
ha adottato un regolamento relativo all’igiene personale che
vieta ai funzionari di polizia addetti alla scuola – quali sono
i dipendenti in questione – di portare la barba più lunga
di un quarto di pollice (6,35 millimetri) ed aveva rifiutato di
trovare un accomodamento tra questa prescrizione e le esigenze
religiose espresse dai dipendenti, di fede musulmana, i quali
portavano una barba più lunga di quanto prescritto, senza che
ciò avesse dato luogo ad una diminuzione della prestazione
lavorativa.Con l’accordo transattivo il Distretto Scolastico di
Filadelfia si è impegnato a rivedere il proprio regolamento,
includendo una procedura con la quale sia possibile richiedere un
accomodamento delle esigenze religiose, nonché a comunicare a
tutti i funzionari di polizia addetti alla scuola che le domande di
accomodamento saranno valutate su base individuale e personalizzata e
che in relazione a ciascuna di esse sarà avviato un processo
interattivo. Il Distretto Scolastico, inoltre, sottoporrà tutti
i dirigenti e funzionari addetti alla risorse umane, chiamati a
valutare tali domande di accomodamento, ad una specifica formazione e
si è obbligato a corrispondere un risarcimento ai dipendenti
cui era stato negato l’accomodamento e non considerare la
vicenda ai fini disciplinari [Si ringrazia per la segnalazione del
documento ed il relativo Abstract Mattia F. Ferrero, Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano].

Ordinanza 03 settembre 2014, n.18627

Il recepimento materiale, nell’Accordo di modifica del
Concordato, della disciplina dettata dagli artt. 796 e 797 c.p.c.
comporta che, nell’ambito regolato da tale Accordo, le predette
disposizioni codicistiche continuino ad operare in tutta la loro
ampiezza (nonostante l'entrata in vigore della l.n. 218/1995).
Secondo il Giudice adito resta dunque fermo il principio, già
enunciato da Cass. n. 3345/97 e n. 12671/99, secondo cui i rapporti
fra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile sono
disciplinati sulla base di un "principio di prevenzione" in
favore di quest’ultima.