Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 11 novembre 2014, n.24001

L’ordinamento italiano – per il quale madre è colei che
partorisce (art. 269, terzo comma, c.c.) – contiene all’art. 12,
comma 6 della legge n. 40 del 2004, un espresso divieto, rafforzato da
sanzione penale, della surrogazione di maternità. Tale divieto
è certamente di ordine pubblico, come suggerisce la previsione
della sanzione penale, di regola posta a presidio di beni giuridici
fondamentali. Vengono infatti qui in rilievo la dignità umana –
costituzionalmente tutelata – della gestante e l'istituto
dell'adozione, con il quale la surrogazione di maternità si
pone oggettivamente in conflitto perché soltanto a tale
istituto l'ordinamento affida la realizzazione di progetti di
genitorialità priva di legami biologici con il nato. In questo
senso, nel caso di specie, sia il certificato di nascita ucraino (sul
quale i genitori basano il rapporto di filiazione con il minore), sia
la stessa legge ucraina sulla maternità surrogata sono contrari
all’ordine pubblico italiano. Al primo, dunque, non può
essere riconosciuta efficacia ai sensi dell’art. 65 della legge
n. 218 del 1995, mentre la seconda non può trovare applicazione
ai sensi dell’art. 16 della medesima legge.

Decreto 21 ottobre 2014

Il matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso
sesso non può essere considerato matrimonio per
l’ordinamento italiano, mancando uno dei requisiti essenziali, e
quindi non può produrre effetti giuridici. La logica
conseguenza è che non è possibile alcuna trascrizione,
non sussistendo alcun matrimonio per l’ordinamento italiano (nel
caso di specie, il Tribunale adito ha ordinato la cancellazione dai
registri dello stato civile della trascrizione dell’atto di
matrimonio contratto in Olanda tra persone dello stesso sesso). [La
Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
Alessandro Ceserani, Università degli Studi di Milano]

Sentenza 27 ottobre 2014, n.5320

Le esenzioni dai contributi concessori spettano nei casi previsti
dalla legge quando è rilasciato un atto abilitativo, comunque
denominato, in attuazione di una previsione urbanistica:
l’autorità che pianifica il territorio, nel prevedere le
varie destinazioni, può così determinare quali somme
possano essere successivamente pagate, nella fase di attuazione dello
strumento urbanistico. Quando invece si è in presenza di un
immobile abusivo, non spetta alcuna esenzione: può spettare una
riduzione degli oneri – in sede di rilascio di una sanatoria o
di un condono – solo nei casi espressamente previsti dalla
legge. Tale principio è stato applicato nel caso di specie
(realizzazione di un edificio, poi destinato al culto, sine titulo
cioè emanato per volontà privata senza alcuna previsione
specifica del piano urbanistico), ritenendo applicabile unicamente la
riduzione prevista dall’art. 34, comma 7, lett. c), della legge
n. 47 del 1985 (ovvero riduzione di un terzo dell’oblazione
qualora l'opera abusiva sia destinata ad attività sportiva,
culturale o sanitaria, o ad opere religiose o a servizio di culto).

Sentenza 18 settembre 2014, n.19691

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha da tempo affermato
(cfr. Cass. civ. sezione i n. 12144 del 9 dicembre 1993) che la
delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della
nullità del matrimonio concordatario per incapacitas (psichica)
assumendi onera coniugalia di uno dei coniugi non trova ostacolo nella
diversità di disciplina dell'ordinamento canonico rispetto
alle disposizioni del codice civile in tema di invalidità del
matrimonio per errore (essenziale) su una qualità personale del
consorte e precisamente sulla ritenuta inesistenza in quest'ultimo
di malattie (fisiche o psichiche) impeditive della vita coniugale
(art. 122, terzo comma, n. 1 cod. civ.), poiché detta
diversità non investe un principio essenziale
dell'ordinamento italiano, qualificabile come limite di ordine
pubblico.