Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 01 aprile 1996

E’inammissibile l’azione di reintegrazione del possesso proposta nei
confronti di un pastore delle ADI allorquando, pur in presenza di un
atto di revoca del ministero – che non può assumere rilevanza
nell’ordinamento italiano -, è mancata l’evidenza dello spoglio,
ossia la privazione duratura, e non meramente provvisoria, del
possesso.

Ordinanza 07 gennaio 1992

Il suono delle campane che abbia un livello acustico superiore a
quello stabilito dall’art. 2, comma 2º, del D.P.C.M. 1 marzo 1991 e
che quindi ecceda la normale tollerabilità di cui all’art. 844
c.c., cagionando un danno al fondamentale diritto alla salute dei
cittadini non facilmente ed esaurientemente riparabile per
equivalente, legittima l’emanazione di un provvedimento d’urgenza
che vieti il suono suddetto sino alle ore 9.00 di ogni giorno.

Sentenza 24 settembre 2001, n.329

La norma contenuta nell’art. 18 della legge del 1929, che rinvia, per
il matrimonio concordatario dichiarato nullo dal tribunale
ecclesiastico, alla disciplina del matrimonio (civile) putativo può
essere sottoposta al controllo di costituzionalità delle leggi
ordinarie, senza alcuna limitazione. Infatti – contrariamente a quanto
sostenuto dalla difesa della parte costituita – essa non gode di
copertura costituzionale ai sensi dell’art. 7 della Costituzione e
rimane ferma pur dopo l’Accordo (del 1984) modificativo del Concordato
del 1929 tra Stato e Chiesa cattolica, che nulla dispone in proposito,
affidando alla discrezionalità del legislatore la eventuale
disciplina delle conseguenze patrimoniali del matrimonio concordatario
dichiarato nullo in sede ecclesiastica.

Sentenza 22 ottobre 1999, n.390

Non e’ fondata la questione di legittimita’ costituzionale – sollevata
in riferimento all’art. 3 Cost. – degli artt. 5, primo comma, e 6
della legge 5 giugno 1930, n. 824 (Insegnamento religioso negli
istituti medi d’istruzione classica, scientifica, magistrale, tecnica
ed artistica); della legge 25 marzo 1985, n. 121 (Ratifica ed
esecuzione dell’Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il
18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense
dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede),
nella parte in cui da’ esecuzione all’art. 9, numero 2, di tale
Accordo; dell’art. 309, comma 2, del decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
ogni ordine e grado), “laddove prevedono che la nomina degli
insegnanti di religione, su proposta dell’ordinario diocesano, ha
efficacia annuale, senza alcuna possibilita’ di essere inseriti
nell’organico dei docenti, e con possibilita’ di revoca ‘ad libitum’
dell’incarico”. Posto, infatti, che la lesione del principio di
eguaglianza viene denunciata comparando la condizione degli insegnati
di religione rispetto a quella dei docenti di altre discipline, sul
presupposto che solo per i primi, nell’ambito del personale docente
della scuola, sia prevista la annualita’ dell’incarico; tale premessa
e’ inesatta sia relativamente all’assenza di rapporti di lavoro a
tempo determinato per il personale docente, sia relativamente alla
configurazione dell’assoluta precarieta’ degli insegnati di religione.
Invero, sotto il primo aspetto, il conferimento dell’insegnamento per
incarico si inquadra nel sistema delle assunzioni a tempo determinato,
sempre previste dalla comune disciplina scolastica; sotto il secondo
aspetto, proprio tale disciplina (art. 47, commi 6 e 7, del contratto
collettivo nazionale di lavoro del comparto del personale della scuola
di cui al provv. P.C.M. 21 luglio 1995) prevede che l’incarico annuale
degli insegnanti di religione si intende confermato qualora permangano
le condizioni ed i requisiti prescritti, assimilando questo incarico,
con le specificita’ ad esso proprie, al rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, anche quanto alla progressione economica di carriera
(art. 53 della legge 11 luglio 1980, n. 312).

Sentenza 24 dicembre 1991, n.467

La regola della proporzionalità della limitazione di un diritto
inviolabile dell’uomo in riferimento all’adempimento di un dovere
costituzionale inderogabile, impone che il legislatore, nel suo
discrezionale bilanciamento dei valori costituzionali, possa
restringere il contenuto del diritto inviolabile – qual’é, nella
specie, il diritto alla professione della propria fede religiosa –
soltanto nei limiti strettamente necessari alla protezione
dell’interesse pubblico sottostante al dovere costituzionale
contrapposto, qual’é a sua volta, nella specie, l’obbligo di prestare
il servizio militare di leva in tempo di pace. E tali limiti sono
indubbiamente superati con la mancata estensione dell’esonero, a pena
espiata, dalla prestazione del servizio militare – previsto dall’art.
8, terzo comma, legge 15 dicembre 1972, n. 772, per l’obiettore di
coscienza che, senza aderire alla possibilità della prestazione di
servizi alternativi, rifiuti il servizio militare prima
dell’incorporazione – all’obiettore che abbia manifestato tale rifiuto
dopo aver assunto il servizio, data la concreta eventualità che, non
potendo giovarsi dell’esonero, lo stesso obiettore sia esposto ad una
lunga e pesante serie di condanne penali.

Sentenza 06 luglio 1989, n.409

È legittima la tutela dell’obbligatorietà del servizio militare,
quale risulta dalla disciplina dell’ipotesi, di cui al secondo comma
dell’art. 8 della legge n. 772 del 1972, di rifiuto totale, in tempo
di pace, prima di assumerlo, del servizio militare di leva, in quanto
la situazione di chi rifiuta d’adempiere a doveri di solidarietà
sociale costituzionalmente sanciti è ben diversa e non comparabile
con la situazione di chi pur essendo contrario all’uso personale delle
armi per imprescindibili, e giuridicamente controllati, motivi di
coscienza, quei doveri di solidarietà adempie chiedendo (ed
ottenendo) d’essere ammesso al servizio militare non armato od al
servizio civile alternativo.

Sentenza 06 maggio 1985, n.164

Non è esatto che l’obbligo di prestare servizio militare armato sia
un dovere di solidarietà politica inderogabile per tutti i cittadini:
viceversa, inderogabile dovere per tutti i cittadini è la difesa
della Patria, cui il servizio militare obbligatorio si ricollega, pur
differenziandosene concettualmente ed istituzionalmente. Cosicché,
mentre nessuna legge potrebbe esentare dal dovere di difesa della
Patria previsto dall’art. 52, primo comma, Cost., in conformità del
secondo comma dello stesso articolo, il servizio militare è
obbligatorio nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge ordinaria,
purché non siano violati altri precetti costituzionali. E la
normativa di cui alla legge 15 dicembre 1972, n. 772, sul
riconoscimento dell’obiezione di coscienza, prevedendo per gli
obbligati alla leva la possibilità di venire ammessi a prestare, in
luogo del servizio militare armato, servizio militare non armato o
servizio sostitutivo civile, non si traduce in una deroga al dovere di
difesa della Patria, poiché il servizio militare armato può essere
sostituito con altre prestazioni personali di portata equivalente,
riconducibili anch’esse all’idea di difesa della Patria. È
inammissibile la questione di legittimità costituzionale allorché la
prospettazione del thema decidendum appare incoerente, se non
addirittura contraddittoria, con inevitabili riverberi negativi sul
petitum, così da renderne i contorni incerti o, al limite, illogici.
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale che il
giudice a quo si limita a sollevare “nei medesimi termini” di altre
ordinanze dello stesso o di altro giudice, risultando indiscutibile la
carenza di motivazione, non bastando ad assolvere il relativo onere
una motivazione formulata esclusivamente per relationem.

Ordinanza 22 novembre 2001, n.379

Manifesta inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 22, comma 1-bis, della legge 31 dicembre
1996, n. 675, introdotto dall’art. 5, comma 1, del decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 135, sollevata, in riferimento agli
artt. 3, 8, primo comma, e 19 della Costituzione, in quanto il regime
del trattamento dei dati personali degli aderenti ad associazioni od
organizzazioni a carattere religioso sarebbe ingiustamente
differenziato in base alla circostanza che le confessioni religiose
abbiano o non abbiano regolato i loro rapporti con lo Stato tramite
accordi o intese. Infatti la questione – sollevata allo scopo di
rendere applicabile ad un aderente alla Congregazione Cristiana dei
Testimoni di Geova, la disciplina dettata per gli aderenti a
confessioni religiose regolate da intese – non investe la norma
concernente la fattispecie oggetto del giudizio ‘a quo’, bensì la
norma riguardante la disciplina che si vorrebbe estendere, sicché
l’eventuale dichiarazione di incostituzionalità, lungi dal produrre
conseguenze nel giudizio ‘a quo’, avrebbe l’effetto – indesiderato –
di generalizzare la portata della disciplina applicabile nel giudizio
davanti al giudice rimettente.

Sentenza 16 marzo 1999, n.2315

In tema di fecondazione assistita eterologa, il marito che ha
validamente concordato o comunque manifestato il proprio preventivo
consenso alla fecondazione assistita della moglie con seme di donatore
ignoto non ha azione per il disconoscimento della paternità del
bambino concepito e partorito in esito a tale inseminazione.

Sentenza 16 maggio 1995, n.495

L’istituzione pubblica di assistenza e beneficenza può ottenere
l’iscrizione nel registro regionale del volontariato disciplinato
dalla l. 11 agosto 1991, n. 166, e nella regione Lombardia, dalla l.
reg. 24 luglio 1993, n. 22, purché la Regione esamini caso per caso
le richieste per verificare la sussistenza dei requisiti sostanziali
previsti dalle stesse leggi. Tra i quali preminenti risultano
l’attività prestata in modo gratuito spontaneo e personale, senza
fine di lucro, ed esclusivamente per ragioni di solidarietà.