Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 13 dicembre 1994, n.1104

Nel procedimento di delibazione di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio, il decesso di uno dei coniugi avvenuto dopo
la costituzione in giudizio non produce l’interruzione del processo
qualora il contraddittorio si sia ripristinato attraverso la
costituzione volontaria degli eredi (a norma dell’art. 300, 2º
comma c.p.c.), i quali sono pienamente legittimati a proseguire
l’esercizio dell’azione volta a far dichiarare l’efficacia
civile della sentenza medesima.

Sentenza 04 marzo 1996, n.479

Deve essere negata l’efficacia civile della sentenza ecclesiastica
di nullità del matrimonio canonico contratto all’estero da
cittadini italiani (nella specie in Nuova Zelanda), e trascritto in
Italia nella parte del registro dello stato civile riservato ai
matrimoni celebrati all’estero (parte 2″, serie C), richiesta a’
sensi dell’art. 8 dell’Accordo 18 febbraio 1985 (Legge n. 121/85),
in quanto la normativa presuppone che si tratti di matrimonio
concordatario; e tale non è il matrimonio che, per essere stato
celebrato dinanzi ad un ministro di culto in uno Stato diverso da
quello italiano, non può essere stato accompagnato e/o seguito dalle
formalità prescritte dalla stessa disposizione (lettura degli
articoli del Codice civile riguardanti i diritti e doveri dei coniugi;
redazione dell’atto di matrimonio in doppio originale, invio di uno
di essi all’ufficiale di stato civile, e trascrizione nella parte
II, serie A dei registri dello stato civile).

Sentenza 04 maggio 1995, n.1181

Nel procedimento di delibazione di una sentenza ecclesiastica “pro
validitate”, la certezza legale dello stato di due soggetti che hanno
contratto matrimonio concordatario dichiarato nullo e risultante dal
passaggio in giudicato del provvedimento della Corte d’Appello con
il quale sia stata dichiarata esecutiva la precedente sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio, non costituisce un ostacolo
insuperabile alla delibazione, poiché il principio della certezza
sullo stato delle persone (di cui quello dell’immutabilità
dell’accertamento della nullità del matrimonio derivante da una
sentenza passata in giudicato costituisce uno dei corollari) è di
ordine pubblico, ma non ha carattere assoluto in quanto
l’ordinamento giuridico italiano conosce il rimedio generale della
revocazione nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 395
c.p.c. La Corte d’appello cui sia richiesta la dichiarazione di
esecutività agli effetti civili di una sentenza ecclesiastica “pro
validitate”, ha il potere di accertare, ai fini del sindacato
sull’ordine pubblico italiano, se le ragioni che determinarono la
nullità del processo canonico siano astrattamente riconducibili ad
alcuna delle ipotesi previste dall’ordinamento giuridico italiano
nell’art. 395 c.p.c. per la revocazione delle sentenze (nella
specie: la sussistenza del “dolo revocatorio”).

Sentenza 20 ottobre 1994, n.2359

La delibazione della sentenza del Tribunale ecclesiastico dichiarativa
della nullità del matrimonio concordatario per esclusione unilaterale
dell’indissolubilità del vincolo, non è contraria all’ordine
pubblico interno quando la riserva mentale è stata manifestata all
altro coniuge. In sede di delibazione della sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio, stante la completa parificazione tra
matrimonio civile e matrimonio canonico anche per quanto concerne gli
effetti della dichiarazione di nullità, sono applicabili le
disposizioni di cui agli artt. 129 e 129 bis del Codice civile,
sicché deve essere negata l’emanazione dei provvedimenti economici
provvisori previsti dall’Accordo 18 febbraio 1984 quando entrambi i
coniugi siano stati in malafede per avere l’uno contratto il vincolo
nella piena consapevolezza del vizio che inficiava la volontà
dell’altro.

Sentenza 03 dicembre 1993, n.2857

La sentenza ecclesiastica di nullità di un matrimonio religioso
celebrato a Madrid tra un cittadino italiano e una cittadina spagnola
e trascritto in Italia, non può essere dichiarata civilmente efficace
ai sensi dell’art. 8 legge n. 121/85 poiché non si tratta di
matrimonio contratto in conformità del predetto articolo e, pertanto,
non può essere riconosciuta al giudice ecclesiastico spagnolo la
competenza di cui al punto 2 lett. a) della richiamata normativa
concordataria.

Sentenza 04 agosto 1993, n.2106

La sentenza del Tribunale ecclesiastico che dichiari la nullità del
matrimonio “ob metum gravem actori incussum” non contrasta con i
principi di ordine pubblico del nostro ordinamento e può quindi
essere delibata, non riscontrandosi in tali ipotesi una contrarietà
ai canoni essenziali cui si ispira il diritto dello Stato ed alle
regole fondamentali che definiscono la struttura dell’istituto
matrimoniale. La domanda di risarcimento del danno proposta nel
procedimento per l’efficacia civile di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio “ob metum gravem actori incussum” sul
presupposto della estraneità del richiedente al vizio del consenso
che ha determinato la nullità medesima, inammissibile in quanto
relativa a questioni che esulano dalla competenza della Corte di
Appello in sede di delibazione.

Sentenza 17 settembre 1993, n.1336

Nel procedimento di delibazione di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio per “incapacità di assumere gli obblighi
matrimoniali” da parte della donna, devono intendersi rispettati i
principi della difesa e del contraddittorio nel caso in cui costei sia
evocata in giudizio in proprio e non nella persona di un curatore
speciale e si accerti che, vuoi nel giudizio canonico, vuoi nel
giudizio di delibazione, la sua capacità di agire rimasta integra
(nella specie: non risultava interdetta né inabilitata). La
delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio
per “defectus discretionis iudicii”, o per “incapacitas assumendi
onera coniugalia” non contraria all’ordine pubblico che non di per
sé leso dalla mera diversità tra le cause di nullità nei due
ordinamenti, ma assume portata impeditiva solo qualora sia superato
quel margine di discrezionalità che il nostro ordinamento si imposto
per la specialità del diritto canonico. Tali cause, peraltro, non si
discostano sostanzialmente dalla previsione di cui all’art. 120
c.c., né dato alla Corte di Appello il potere di esaminare il merito.
Nell’ipotesi di esecutività di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio applicabile la disciplina prevista dall’art.
129 c.c. non essendo riscontrabile alcuna differenza di regime tra gli
effetti personali e patrimoniali della nullità del matrimonio
concordatario rispetto a quella del matrimonio civile. Nel
procedimento di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità
del matrimonio, ed ai fini della emanazione di provvedimenti economici
ex art. 8 n. 2 dell’Accordo 18 febbraio 1984, le conclusioni di
carattere patrimoniale assunte nella causa di cessazione degli effetti
civili pendente tra le stesse parti non hanno alcuna influenza, data
la diversa natura sia delle domande nei due giudizi, sia della
sentenza che li conclude, sia degli effetti che ne conseguono.

Sentenza 19 gennaio 1993, n.59

Nel giudizio di delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità
del matrimonio canonico sussiste la legittimazione ad agire nella
persona degli eredi del coniuge defunto che siano state parti nel
processo canonico in quanto, tenuto conto delle norme che regolano la
materia e della natura del procedimento (assimilato a quello
disciplinato dagli artt. 796 e ss. c.p.c.), devesi ritenere operante
anche in questa sede il principio secondo il quale la legittimazione
attiva e passiva spetta a tutti e solo a coloro che presero parte al
giudizio davanti al giudice a quo. Non contraria all’ordine pubblico
e può quindi essere dichiarata esecutiva la sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio per l’esistenza dell’”impedimentum
ligaminis” poiché la causa della nullità identificata nel vincolo
del precedente matrimonio coincide perfettamente con quella prevista
dalle norme vigenti nell’ordinamento italiano. Non può trovare
ingresso nell’ordinamento italiano la sentenza ecclesiastica di
nullità di un matrimonio nel caso in cui la domanda di delibazione
sia stata proposta dagli eredi del coniuge defunto, su iniziativa dei
quali era stata pronunziata la nullità, giacché costituisce
principio di ordine pubblico ostativo alla delibazione quello che
limita la legittimazione delle azioni di nullità matrimoniali ai
soggetti specificamente identificati per ciascuna azione, con
esclusione degli eredi (eccettuata l’ipotesi di cui all’art. 127
c.c., nella specie non verificatasi); né rileva il rispetto per la
specificità dell’ordinamento canonico (art. 8.2 dell’Accordo tra
lo Stato e la Chiesa cattolica del 18/2/1984) atteso che tale limite
dettato in considerazione della scelta liberamente compiuta dalle
parti al momento della celebrazione e, di conseguenza, destinato ad
operare unicamente nell’ambito della sfera soggettiva di costoro.

Sentenza 18 aprile 1994, n.548

La pendenza tra le parti di un giudizio di separazione personale non
rende improponibile la domanda di delibazione di una sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio, attesa l’autonomia dei due
procedimenti, diversi quanto a petitum e a causa petendi, e non fra
loro incompatibili. Ai fini della delibazione di una sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio e per quanto concerne
l’accertamento del rispetto del diritto di difesa, la professione di
fede di Testimone di Geova che aveva determinato una parte a non
costituirsi nel processo canonico, non può valere ad integrare la
violazione del principio del contraddittorio, giacché la contumacia
non era dipesa dalla inosservanza di regole processuali, bensì da una
scelta personale ancorché ispirata ad un credo religioso. Nel
giudizio di delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del
matrimonio per esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii,
l’indagine diretta a stabilire se la riserva mentale sia stata
manifestata all’altro coniuge o sarebbe stata da questi conoscibile
ed a verificare se, in tal modo, risulti osservato il limite della
compatibilità con l’ordine pubblico, deve essere condotta con
esclusivo riferimento alla pronuncia delibanda (intesa l’espressione
come comprensiva di entrambe le pronunzie del giudizio ecclesiastico)
ed agli atti del processo canonico, escludendosi, invece, la
possibilità di un’apposita integrazione delle prove con istruttoria
da compiersi nella fase della delibazione.

Sentenza 21 luglio 1993, n.657

Nel giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità
del matrimonio per esclusione unilaterale di uno dei “bona matrimonii”
l’indagine sul limite di compatibilità con l’ordine pubblico non
può arrestarsi alla verifica della mancanza di una manifestazione
espressa della riserva, ma deve spingersi ad accertare se questa fosse
o potesse essere conosciuta dall’altro coniuge con l’uso della
normale diligenza. Ai fini della delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio per simulazione unilaterale
del consenso, la verifica di compatibilità con l’ordine pubblico
deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronunzia
delibanda e agli atti del processo canonico, ma con la possibilità di
utilizzare tali atti al solo scopo di superare eventuali dubbi di
interpretazione della pronunzia medesima. In sede di delibazione di
sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio inammissibile la
domanda riconvenzionale di risarcimento del danno – che non possa
essere giuridicamente qualificata come di assegno provvisorio ex art.
8 n. 2 l. 25 marzo 1985 n. 121 – in quanto la speciale competenza per
materia della Corte d’appello in unico grado non può attrarre
quella sulle questioni patrimoniali anche eventualmente connesse.