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Risoluzione 20 settembre 2001
Proposta di direttiva 03 aprile 2001, n.(2001) 181
Risoluzione 05 luglio 2001
Risoluzione 05 settembre 2002
Sentenza 26 marzo 1993, n.3635
Per la dichiarazione di efficacia nella Repubblica italiana delle
sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai Tribunali
ecclesiastici, la sussistenza della doppia pronuncia conforme, ai fini
dell’osservanza del disposto di cui all’art. 797 n. 4 Cod. proc.
civ., può ricavarsi dal decreto di esecutività del Tribunale supremo
della Segnatura apostolica e dalla stessa sentenza di secondo grado,
tenuto conto dei riferimenti alla precedente fase del giudizio in essa
contenuti, mentre non necessario procedere all’esame diretto della
sentenza ecclesiastica di primo grado. In tema di delibazione di
sentenza ecclesiastica di nullità di matrimonio, la circostanza che
detto provvedimento sia redatto in latino non comporta l’obbligo
della sua traduzione nella lingua italiana, ma solo la facoltà per il
giudice di disporla per il caso in cui non conosca la lingua latina,
ovvero sia insorta controversia tra le parti sul significato di
determinate espressioni.
Decreto 09 gennaio 1993
Nel procedimento ex artt. 330 e 333 c.c. ed ai fini della decisione
riguardante la persona del genitore affidatario, l’elemento
confessionale (nella specie, l’appartenenza della madre ai Testimoni
di Geova), pur quando sia per un genitore “strumento di potere” e per
l’altro “oggetto di valutazione critica”, sembra scarsamente
enfatizzabile dovendo prevalere sul determinismo familiare il libero
arbitrio del minore nel senso di assicurare a costui in chiave non
già di certezza (che sarebbe utopistica) ma di realistica
probabilità, una gamma di possibili scelte di libertà.
Sentenza 15 gennaio 1993, n.1
La sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio
per esclusione della indissolubilità del vincolo da parte della donna
non contrasta con l’ordine pubblico italiano (intesa tale accezione
con riferimento alla pluralità degli ordinamenti giuridici che
vengono in considerazione) giacché, pur essendo la perpetuità del
vincolo matrimoniale non solo estranea ma addirittura contraria alla
normativa civile, non può non riconoscersi che i precetti cristiani
(e più propriamente cattolici) sono profondamente radicati nella
collettività nazionale intesa nel suo insieme, quivi compresa la
sacralità ed “indelebilità” dei sacramenti, tra cui va annoverato
anche il matrimonio canonico che il vero, unico e “santo” per i
credenti. Né, d’altra parte, compito della Corte d’Appello
sindacare la genuinità dell’impedimento invocato dalle parti ed
accolto dai giudici ecclesiastici.
Sentenza 29 aprile 1994, n.551
La giurisdizione esclusiva dei Tribunali ecclesiastici nelle cause di
nullità del matrimonio concordatario, alla luce dei chiarimenti
forniti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 421/93, permane
anche dopo la modifica del Concordato lateranense (Accordo 18 febbraio
1984, legge n. 121/85). Non è ravvisabile un contrasto con l’ordine
pubblico italiano ai fini del diniego della delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio per errore causato dal dolo
dell’altro coniuge circa una propria qualità gravemente
perturbativa del consorzio coniugale (nella specie: l’occultamento
volontario della propria epilessia), atteso che il motivo di nullità,
pur nella diversità di disciplina, trova sostanziale corrispondenza
nell’art. 122 del codice civile. Nel procedimento di delibazione di
una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio per errore di un
coniuge causato dal dolo dell’altro circa una propria qualità
gravemente perturbativa del consorzio coniugale, deve essere rigettata
la domanda dell’autore del dolo volta ad ottenere “provvedimenti
economici provvisori”, essendo rilevanti le ragioni che hanno
determinato la nullità ed il lasso di tempo (nella specie, notevole)
intercorso tra la rottura del matrimonio e la proposizione
dell’azione per l’efficacia civile della sentenza medesima. Il
contrasto dottrinale esistente in ordine alla permanenza della riserva
di giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici in materia di nullità
del matrimonio concordatario può costituire giusto motivo ai fini
della compensazione parziale delle spese di giudizio.
Sentenza 26 aprile 1994
Non può essere dichiarata civilmente efficace in Italia, per
contrasto con l’ordine pubblico interno, la disposizione contenuta
in una sentenza di divorzio emessa dal Tribunale rabbinico di Tel Aviv
a tenore della quale la donna “potrà unirsi in matrimonio con
qualsiasi uomo tranne che con persona portante il cognome Cohen dopo
novantadue giorni dalla data della consegna dell’atto di divorzio
(Ghet) alla stessa”, atteso che nel nostro ordinamento, dopo la
dichiarazione di divorzio, non è ammessa alcuna limitazione in ordine
alla data di un nuovo matrimonio, alla scelta del futuro coniuge e
tantomeno in relazione al cognome portato da quest’ultimo. La
sentenza, pertanto, andrà delibata con esclusione di tale
statuizione.