Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 28 maggio 2002, n.4422

Non risulta essere valutabile, ai fini dell’ammissione alla sessione
riservata di abilitazione all’insegnamento, disciplinata dall’art. 2,
quarto comma, della legge n. 124 del 3 maggio 1999, l’attività
prestata dal gestore di una scuola privata.

Sentenza 29 ottobre 2003, n.5131

Nell’ipotesi di attività di insegnamento presso scuole private
legalmente riconosciute espletata da soggetti non forniti di
abilitazione all’insegnamento, atteso che la suddetta abilitazione è
requisito di validità del contratto di lavoro (ai sensi degli art. 3
e 6, legge n. 86 del 1942), per il tempo in cui il rapporto ha avuto
esecuzione si producono gli effetti secondo il disposto dell’art. 2126
c.c. ma, stante la nullità del contratto, in caso di dedotta
illegittimità della risoluzione del rapporto, non può darsi luogo
alla reintegrazione e al risarcimento del danno, riferendosi all’art.
18, legge n. 300 del 1970 per illegittimo recesso del datore di
lavoro.

Decreto ministeriale 25 maggio 2005

Decreto ministeriale 25 maggio 2005: “Modalita’ operative per la determinazione dei trasferimenti erariali compensativi ai comuni per imposta comunale sugli immobili (ICI), previsti dall’articolo 2, comma 2, della legge 1° agosto 2003, n. 206”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 151 del 1 luglio 2005) IL CAPO DEL DIPARTIMENTO per le politiche fiscali del […]

Sentenza 18 giugno 2003, n.19606

In relazione ai contratti collettivi prevedenti la concessione ai
lavoratori di permessi retribuiti per la partecipazione a corsi
organizzati da istituti pubblici o “legalmente riconosciuti” (nella
specie, c.c.n.l. per i dipendenti del settore alimentare), deve
ritenersi che rientrino tra gli istituti “legalmente riconosciuti” gli
istituti privati che svolgono attività di istruzione nell’ambito
della competenza regionale in materia di istruzione artigiana e
professionale ai sensi dell’art. 117 Cost. e che siano convenzionati
dalla regione Lombardia, legge n. 95 del 7 giugno 1980, che prevede
che le iniziative di formazione professionale possano (in presenza di
determinate condizioni) essere svolte anche da istituti privati
convenzionati i cui corsi siano omologati (quanto alla validità degli
studi effettuati) a quelli gestiti direttamente dalla regione.

Sentenza 08 marzo 2004, n.4645

In tema di imposta comunale sugli immobili (i.c.i.), l’esenzione
prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 504, spetta a condizione che gli immobili –
appartenenti ai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c, del
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 –
siano destinati esclusivamente allo svolgimento di una delle attività
contemplate nella norma medesima, tra le quali, nel caso degli enti
ecclesiastici, anche quelle indicate nel richiamato art. 16, lett. a),
l. 20 maggio 1985 n. 222 (attività di religione o di culto, cioè
dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla
formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla
catechesi, all’educazione cristiana). Ne consegue che il beneficio
dell’esenzione dall’imposta non spetta in relazione agli immobili,
appartenenti ad un ente ecclesiastico – come pure agli enti di
istruzione e beneficenza, ai quali quelli ecclesiastici aventi fine di
religione o di culto sono, ai fini tributari, equiparati ex art. 7 l.
25 marzo 1985 n. 121 – che siano destinati allo svolgimento di
attività oggettivamente commerciali (nella fattispecie, gestione di
pensionati con pagamento di rette).

Ordinanza 13 maggio 2004, n.152

Deve essere disposta la restituzione al giudice remittente degli atti
relativi alla q.l.c., sollevata in riferimento agli art. 3 e 53 cost.,
dell’art. 2 comma 5 del decreto legge 23 gennaio 1993, n. 16,
convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo 1993, n. 75, nella
parte in cui limita l’agevolazione fiscale ai fini i.c.i. ai soli
immobili di interesse storico o artistico ai sensi dell’art. 3 legge 1
giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni, con esclusione
dunque di quelli appartenenti ad enti pubblici o persone giuridiche
private senza fini di lucro, di cui all’art. 4 della stessa legge, in
quanto, successivamente all’ordinanza di rimessione, è stata
dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 comma 5 d.l. 23
gennaio 1993 n. 16, convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo
1993, n. 75, proprio nella parte in cui non si applica agli immobili
di interesse storico o artistico di cui all’art. 4 legge 1 giugno
1939, n. 1089, ora art. 5 decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490,
a sua volta sostituito, a decorrere dall’1 maggio 2004, dall’art. 10
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sicché si rende
necessaria la verifica della perdurante rilevanza della questione.

Sentenza 24 novembre 2003, n.345

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5,
d.l 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui
redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di
termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze
tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi
ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari,
nonché altre disposizioni tributarie), convertito con modificazioni
nella legge 24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui non si applica,
ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, agli immobili di
interesse storico o artistico di cui all’art. 4 legge 10 giugno 1939,
n. 1089 (Tutela delle cose d’interesse artistico e storico; ora art. 5
d.lg. 29 ottobre 1999 n. 490, recante il testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali)
per la manifesta irragionevolezza della limitazione della norma ai
soli immobili di proprietà privata.

Sentenza 10 gennaio 2003, n.786

L’art. 50, comma 1, del decreto legislativo n. 490 del 1999 concerne
il potere autorizzatorio del Soprintendente e si riferisce ad un
ambito oggettivo da identificarsi sostanzialmente con gli edifici ed i
luoghi di interesse storico-artistico e le loro adiacenze e vicinanze;
relativamente ai cartelli o mezzi pubblicitari che si intende
installare sugli edifici o sui luoghi di interesse storico-artistico o
nelle loro adiacenze e vicinanze, il soprintendente, esercitando un
potere proprio, può egli stesso autorizzare la collocazione,
superando il divieto della norma, quando da essa non derivi
pregiudizio all’aspetto, al decoro o al pubblico godimento degli
edifici o dei luoghi soggetti a tutela. Diverso è invece, l’ambito
oggettivo preso in considerazione dall’art. 50 comma 2 d.lg. n. 490
del 1999, che stabilisce il generale divieto di collocare senza
autorizzazione cartelli o altri mezzi di pubblicità, “lungo le strade
site nell’ambito e in prossimità di edifici o di luoghi di interesse
storico e artistico”. Tale disposizione riguarda un ambito oggettivo
più ampio di quello preso in considerazione dal comma 1, che concerne
invece gli edifici e i luoghi di interesse storico-artistico, e le
loro immediate vicinanze; pertanto il potere autorizzatorio si radica
in capo all’autorità indicata dall’art. 23 comma 4 d.lg. n. 285 del
1992, mentre il Soprintendente interviene solo attraverso
l’espressione di un parere.

Sentenza 13 marzo 2003, n.6898

L’immobile di proprietà di un Comune, che, sebbene non iscritto
nell’elenco di cui all’art. 4, comma 1, legge 1 giugno 1939, n. 1089,
sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico ad
opera della competente sovrintendenza ai monumenti, è soggetto, ai
sensi del combinato disposto degli art. 822 e 824 c.c., al regime del
demanio pubblico, con la conseguenza che il suo godimento da parte di
terzi non può avvenire in base a contratti di diritto privato, ma è
possibile soltanto sulla base di concessioni alla cui categoria devono
ricondursi i rapporti concretamente instaurati, indipendentemente dal
“nomen iuris” effettivamente usato nella relativa convenzione ed anche
se con questa sia stato fatto riferimento alla locazione. Pertanto, le
controversie attinenti al suddetto godimento – quando non abbiano ad
oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi – sono riservate
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi
dell’art. 5, legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

Sentenza 13 marzo 2003, n.8804

Il diritto sul sepolcro già costituito è un diritto soggettivo
perfetto, assimilabile al diritto di superficie, suscettibile di
possesso nonché di trasmissione “inter vivos” o di successione
“mortis causa”, e come tale opponibile agli altri privati, atteso che
lo stesso nasce da una concessione amministrativa avente natura
traslativa – di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un
cimitero pubblico di carattere demaniale – che, in presenza di
esigenze di ordine pubblico o del buon governo del cimitero, può
essere revocata dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di un
potere discrezionale che determina l’affievolimento del diritto
soggettivo ad interesse legittimo. In difetto di una diversa espressa
volontà del fondatore, il sepolcro deve presumersi destinato “sibi
familiaeque suae”.