Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Decreto legislativo 05 marzo 2004, n.2

Real Decreto n. 2/2004, de 5 de marzo, por el que se aprueba el texto refundido de la ley reguladora de las haciendas locales. (Omissis) Subsección 2.a Impuesto sobre Bienes Inmuebles (Omissis) 62. Exenciones. 1. Estarán exentos los siguientes inmuebles: a) Los que sean propiedad del Estado, de las comunidades autónomas o de las entidades […]

Ordinanza ministeriale 08 marzo 2005, n.ECI/935/2005

Secretario General Técnico del Ministerio de Educación y Ciencia. Orden ECI/935/2005, de 8 de marzo 2005, por la que se inscribe en el registro de fundaciones la fundación Pluralismo y Convivencia. (BOE de 13 de abrile de 2005) Examinado el expediente incoado a instancia de doña Mercedes Rico Carabias, solicitando la inscripción de la Fundación […]

Sentenza 16 gennaio 2003, n.5075

Incorre in responsabilità disciplinare l’avvocato che, designato
dalla Commissione per il gratuito patrocinio per l’incarico di
difensore di una parte ammessa al beneficio, adducendo “motivi di
coscienza personale”, alquanto pretestuosi, si rifiuti di difenderla,
in quanto tale comportamento, in considerazione del fatto che
l’incarico affidato al professionista è obbligatorio ed ufficioso,
non fiduciario, viola il dovere di difesa stabilito dall’art. 11 del
codice deontologico forense. Infatti l’indicazione di “motivi di
coscienza personale” da parte dell’avvocato designato, senza alcuna
ulteriore esplicazione, non è idonea ad integrare quei “motivi gravi
e giustificati” che rendono legittimo il rifiuto del professionista.

Sentenza 05 marzo 2004, n.17664

Non è configurabile l’aggravante di cui all’art. 61 comma 10 c.p.,
allorché il reato sia stato commesso in danno di un ministro di culto
non già a causa delle funzioni da questi svolte, ma per altre ragioni
(nella specie, un sacerdote cattolico era stato aggredito a causa di
una lite per questioni di proprietà; la Corte di Cassazione ha
escluso la sussistenza della suddetta aggravante).

Sentenza 12 febbraio 2002, n.4893

La riammissione in servizio di un pubblico dipendente costituisce il
frutto di una valutazione ampiamente discrezionale della Pubblica
Amministrazione circa la rispondenza della reintegrazione del
dipendente alle esigenze dell’apparato burocratico, valutazione che
sfugge al sindacato di legittimità, purché non inficiata da vizi
logici. Stando così le cose, ne discende che il giudizio della
Commissione per il personale del ruolo degli agenti ed assistenti
della Polizia di Stato, di cui all’art.69 del D.P.R. 24 aprile 1982
n.335, non va valutato nel merito, bensì nella sua logicità. Da tale
punto di vista, deve, anzitutto, rilevarsi che la P.A. può certamente
escludere la riammissione in servizio di un ex dipendente che si
presenti quale “elemento instabile e con idee non molto chiare sul
proprio futuro”, giacché sarebbe nociva al servizio e contraria
all’interesse pubblico la riammissione di siffatti elementi fra le
file dei dipendenti pubblici, tanto più nel caso di appartenenti alla
Polizia di Stato. (Nel caso di specie l’Amministrazione, pertanto, ha
non illogicamente escluso la riammissione in servizio dell’ex
dipendente in questione in quanto instabile).

Sentenza 04 marzo 2003, n.3038

Il passaggio da un ufficio all’altro, nell’ambito della stessa sede
territoriale della polizia di Stato, non costituisce trasferimento in
senso tecnico, ma integra soltanto una modalità organizzativa del
servizio stesso e non esige le stesse garanzie procedimentali previste
per i trasferimenti in senso stretto. In merito al trasferimento,
perché l’amministrazione possa destinare un dipendente ad altro
incarico rispetto a quello cui era stato originariamente assegnato,
non è necessario raggiungere la piena prova di un poco ortodosso
comportamento (rilevante, magari, unicamente in sede disciplinare), ma
solo il convincimento dell’inopportunità dell’ulteriore permanenza
del soggetto in un particolare settore operativo. (Nel caso di specie
l’Amministrazione si è decisa ad allontanare il S. dalla D.I.A. a
seguito di un insieme di circostanze in base alle quali risultava
opportuno evitare che presso la D.I.A. prestassero servizio persone
per varie ragioni caratterizzate da una reputazione non perfettamente
soddisfacente, tenuto conto delle peculiarità dell’attività
investigativa ivi svolta).

Sentenza 08 aprile 2003, n.4002

L’art. 16 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, stabilisce
che quando il trattamento dei dati concerne dati idonei a rilevare lo
stato di salute o la vita sessuale, questo è consentito se il diritto
da far valere o da difendere è di rango almeno pari a quello
dell’interessato; tale previsione non risolve in astratto il conflitto
tra l’interesse del terzo a conseguire l’accesso e quello alla
riservatezza dell’interessato, ma consente all’amministrazione che
detiene i dati sensibili, ed, in sostituzione, al giudice
amministrativo, di valutare in concreto ciascuna fattispecie al fine
di stabilire se l’accesso sia necessario o meno per far valere o
difendere un diritto almeno pari a quello dell’interessato.

Sentenza 09 luglio 2002, n.44179/98

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Sezione terza. Sentenza 9 luglio 2002, n. 44179/98: “Divieto di trasmettere messaggi pubblicitari con fini di propaganda religiosa e diritto alla libertà di espressione”. Chamber composed of: Mr G. Ress, President, Mr I. Cabral Barreto, Mr L. Caflisch, Mr P. Kūris, Mr R. Türmen, Mr J. Hedigan, Mrs H.S. Greve, […]

Sentenza 25 settembre 2003, n.2915

In base all’articolo 7 della legge 11 giugno 1974, n. 252, gli
istituti, enti e ospedali che eroghino prestazioni del Servizio
sanitario nazionale hanno diritto all’esonero dal pagamento dei
contributi dovuti alla Cassa unica assegni familiari, purché non
perseguano fini di lucro e assicurino ai dipendenti un trattamento per
carichi di famiglia non inferiore a quello previsto per gli assegni
familiari dal d.P.R. n. 797 del 1955. L’assenza del fine di lucro,
quale requisito per l’esonero dal pagamento dei contributi dovuti alla
Cassa Unica Assegni Familiari, ai sensi dell’art. 23 bis d.l. 30
dicembre 1979, n. 663, convertito in legge 29 febbraio 1980, n. 33,
sussiste nel caso in cui un ente, pur esercitando attività di
carattere imprenditoriale, destini gli eventuali profitti al
conseguimento delle finalità istituzionali perseguite.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva
ritenuto sussistenti i requisiti per l’esonero in favore di una casa
di cura di proprietà di una congregazione religiosa, avendo accertato
che eventuali avanzi di gestione non venivano incamerati dall’ente
quale profitto dell’attività di cura, ma venivano destinati dall’ente
al miglior conseguimento delle proprie finalità istituzionali).

Sentenza 01 luglio 2003, n.18008

Ai dipendenti delle comunità ebraiche, anche dopo la privatizzazione
del loro rapporto di lavoro, si applica il regime assicurativo
pubblicistico precedente, ed inoltre sono dovuti all’Inps i contributi
per il Servizio sanitario nazionale per la quota parte di essi
afferenti alle prestazioni di malattia nonché (in via di
anticipazione) i contributi Gescal previsti dalla lett. b) dell’art.
10 legge 14 febbraio 1963, n. 60 a carico dei lavoratori, dovuti a
prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro. Le
comunità ebraiche non sono invece debitrici dell’Inps per i
contributi per il fondo di garanzia t.f.r., perchè il legislatore
presuppone che nel caso di lavoratori coperti dall’Inadel (ora Inpdap)
non vi sia il rischio di mancato pagamento delle indennità legate
alla cessazione del servizio, e per contributi Tbc, dai quali sono
esclusi i soggetti pubblici tra cui, ai limitati fini dell’art 38
r.d.l. n. 1827 del 1935, rientra la Comunità ebraica di Venezia.
Peraltro i dipendenti della Comunità ebraica di Venezia, assunti
prima della entrata in vigore della legge n. 101 del 1989, conservano
il regime assicurativo pubblicistico, presso la Cassa previdenza
dipendenti enti locali e l’Inadel (ora Inpdap), in quanto la
trasformazione delle Comunità ebraiche in persone giuridiche private,
al pari di analoghe trasformazioni degli enti da pubblici a privati,
non preclude la permanenza del regime pubblicistico del previgente
sistema previdenziale e della relativa contribuzione; infatti la
sentenza della Corte cost. n. 259 del 1990 (che ha dichiarato
costituzionalmente illegittimo il regime pubblicistico stabilito per
le Comunità israelitiche dal r.d. n. 1731 del 1930) stabilisce che
non siano travolte retroattivamente le disposizioni relative al
trattamento previdenziale pubblico dei dipendenti, ispirato a principi
del tutto diversi da quelli posti a base della pronunzia di
incostituzionalità.