Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 29 dicembre 1988

I mutamenti del costume e la riduzione della sensibilità della
pubblica opinione nei confronti dei comportamenti integranti il reato
di vilipendio della religione inducono a dubitare della permanente
legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 403 c.p.:
questa infatti, non permettendo la esatta preindividuazione del
contenuto del precetto penale, appare in contrasto con gli artt. 2, 3,
I e 11 comma, 25, II comma e 27, I e III comma Cost.

Ordinanza 05 febbraio 1996

Pretura di Tirano. Ordinanza 5 febbraio 1996: “Turbamento di funzioni religiose”. Pret. Licitra – Imp. D. (Omissis) Motivazione — All’esito dell’esperita istruttoria, l’imputato veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati di cui in epigrafe. In sede dibattimentale, veniva aggiunta la contestazione di cui agli artt. 403 e 406 c.p. Venivano assunte varie testimonianze e, […]

Sentenza 04 giugno 1969

È manifestamente infondata la qttestione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 724, primo comma, cod. pen.,
sollevata in rapporto agli artt. 3, 7 e 8 della Costituzione. Ricorre
il reato di cui all’art. 724 cod. pen., quando la bestemmia sia
stata proferita, in presenza di varie persone, in una caserma di
carabinieri, in quanto un pubblico ufficio.

Sentenza 28 gennaio 1963

L’offesa generica rivolta a tutti coloro che professano un culto
ammesso dallo Stato non integra il reato di vilipendio del culto né
quello di diffamazione delle persone che lo professano (nella specie,
gli ebrei era stati qualificati deicidi, incapaci a giudicare e
carenti di moralità qualsiasi).

Ordinanza 03 ottobre 1980

Per la punibilità del delitto di vilipendio della religione dello
Stato considerata quale entità astratta ed indipendentemente dallo
sue manifestazioni esteriori è necessario che l’agente sia
consapevole della idoneità della sua condotta e si proponga proprio
il raggiungimento di siffatto scopo. (Nel caso di specie, il Pretore
ha peraltro assolto gli imputati in quanto non ha ritenuto sussistenti
nella fattispecie gli elementi psicologici indispensabili per ritenere
commesso il reato previsto e punito dall’art. 402 del codice penale,
e cioè sia il dolo generico, inteso come volontà libera e cosciente
nonché intenzione di commettere il fatto e sia il dolo specifico,
inteso come fine di vilipendere espressamente il patrimonio dogmatico
della religione cattolica).

Ordinanza 20 aprile 1971

Poiché nell’ampia sfera delle libertà di pensiero e di culto
costituzionalmente protette e garantite nei confronti di tutti
indistintamente deve essere compresa qualunque manifestazione verbale
e scritta che comunque contrasti al pensiero religioso, salvo i limiti
riguardanti il buon costume previsti dalla stessa Costituzione, è
logico concludere che anche le espressioni con contenuti oltraggiosi o
irriverenti o che abbiano l’idoneità a vilipendere una qualunque
religione vanno inclusi nell’ambito dell’estrinsecazione della
libertà di pensiero nel campo religioso. Pertanto, nella fattispecie,
malgrado la sussistenza e la pubblicità del reato di bestemmia e la
sussistenza nella sua entità materiale del reato di vilipendio alla
religione dello Stato, deve applicarsi l’esimente prevista
dall’art. 51 cod. pen. per avere l’imputato agito nell’esercizio
di un diritto garantito dalla Costituzione.

Ordinanza 06 novembre 1996

Il fatto di aver bestemmiato in pubblico contro la Madonna non è più
previsto dalla legge come reato dopo la modificazione dell’art. 724
I comma cp. da parte della Corte costituzionale con la sentenza n. 440
del 1995, perciò l’imputato deve essere assolto con la formula
secondo la quale “il fatto non è previsto dalla legge come reato”
non potendo tale offesa rientrare nel reato di turpiloquio (art. 726
c.p.) in quanto il disvalore penale di siffatta condotta rientra
esclusivamente nell’ambito del modificato art. 724 c.p.

Ordinanza 20 marzo 1970

Il legislatore, inserendo in bestemmia tra le contravvenzioni
concernenti la polizia dei costumi, non ha inteso tutelare la
religione cattolica, bensì solo il sentimento religioso dei cittadini
cattolici, che non deve essere turbato dall’altrui leggerezza o
cattiva educazione. L’art. 724, 1 comma, codice penale punisce non
colui che bestemmiando intenda dileggiare la religione cattolica
tramite i suoi simboli (fattispecie che configura il reato di
vilipendio previsto dall’art. 402 cod. pen.), ma solo il soggetto
che, incurante del sentimento religioso dei cattolici, inveisce contro
la Divinità e i simboli della religione da costoro professata. Tale
disciplina opera una non giustificata discriminazione tra i cittadini
poiché lascia indifeso il sentimento religioso dei cittadini
professanti altra religione diversa dalla cattolica. Si deve perciò
ritenere che la norma in questione si pone in evidente contrasto con
l’art. 3 della Costituzione.

Sentenza 23 novembre 1967

Il delitto di vilipendio della religione cattolica si concreta
attraverso un giudizio offensivo, in una manifestazione dispregiativo
dei valori etico—spirituali di tale religione nella sua interezza od
in rapporto ad almeno una delle componenti fondamentali. Questi valori
si identificano con le credenze fondamentali, i dogmi, i Sacramenti ed
i riti, tenendo presente che in questi ultimi rientrano le preghiere e
le benedizioni. Non può disconoscersi al magistero della Chiesa
cattolica il concreto esercizio dei riti, ed in particolare la
facoltà, connessa al culto, d’indirizzare il potere propiziatorio a
determinate situazioni umane e terrene, quale quella del
cittadino-soldato (anche in relazione ai mezzi bellici posti a sua
disposizione). Pertanto, qualunque sia l’applicazione che dei riti
viene fatta nell’esplicazione del magistero ecclesiastico, la
critica espressa in forma dispregiativa di tale manifestazione
spirituale investe necessariamente l’essenza stessa del rito e,
quindi, la religione cattolica ed integra perciò il delitto di
vilipendio della religione dello Stato.

Sentenza 11 maggio 1967

È responsabile di turbamento di funzioni religiose del culto
cattolico chi, con cosciente volontà di compiere atti produttivi di
turbamento, interrompa il sacerdote celebrante durante una predica,
esortandolo a non trattate argomenti di natura sindacale che a suo
vedere non gli competono.