Negli ordinamenti musulmani, il dovere di fratellanza e di
solidarietà, cui esorta il Corano [ivi versetto 5], è assolto, nei
confronti dei minori illegittimi, orfani o comunque abbandonati,
attraverso lo strumento – di tutela e protezione dell’infanzia –
definito “Kafalah”, mediante il quale il minore, per il quale non sia
possibile attribuire la custodia ed assistenza (hadana) nell’ambito
della propria famiglia (legittima), può essere accolto da due coniugi
od anche da un singolo affidatario (kafil), che si impegnano a
mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un figlio proprio,
fino alla maggiore età, senza però che l’affidato (makful) entri a
far parte, giuridicamente, della famiglia che così lo accoglie. Ciò
premesso, si può dunque rilevare come tra la Kafalah islamica e il
modello dell’affidamento nazionale italiano prevalgano, sulle
differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti, a
differenza dell’adozione, effetti legittimanti, e non incidendo, sia
l’uno che l’altro, sullo stato civile del minore; ed essendo anzi la
Kafalah, più dell’affidamento, vicina all’adozione, in quanto, mentre
l’affidamento ha natura essenzialmente provvisoria, la Kafalah
(ancorché ne sia ammessa la revoca) si prolunga tendenzialmente fino
alla maggiore età dell’affidato.