Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 19 giugno 2009, n.4044

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche
corrisponde ad un impegno assunto dallo Stato rispetto ad altro Ente
sovrano, al cui magistero resta direttamente connessa una dottrina –
il cui apprendimento è comunque facoltativo – ritenuta attinente al
patrimonio storico e culturale del popolo italiano, con modalità di
selezione del personale docente del tutto peculiari, dovendo
l’idoneità del medesimo essere riconosciuta dalla competente
autorità ecclesiastica, non estranea nemmeno alla scelta dei testi di
apprendimento e delle altre modalità organizzative per finalità di
approfondimento e diffusione dell’ortodossia cattolica (artt. 2 e 3
D.P.R. n. 751/1985 cit.; cfr. anche, Cons. St., sez. VI^, 27.8.1988,
n. 1006). Un percorso formativo il cui valore culturale e morale
giustifica la pari dignità del relativo personale docente, rispetto a
quello addetto ad altre discipline. Quanto precede, tuttavia, non
implica possa razionalmente escludersi una diversa valutazione
dell’esperienza didattica in questione in rapporto a normative
eccezionali di favore, attraverso le quali l’Amministrazione intenda
agevolare l’immissione nei ruoli di personale precario, che sia
stato reclutato e abbia svolto attività di insegnamento secondo le
regole dettate dallo Stato stesso, per finalità strettamente inerenti
alla formazione culturale e scientifica degli studenti. Il carattere
di specialità della posizione degli insegnanti di religione ha
trovato del resto conferma nella successiva evoluzione normativa, ove
si consideri che con legge 18.07.2003, n. 186, sono state dettate
apposite norme sullo stato giuridico di detti docenti, prevedendo
l’istituzione di dotazioni di organico a livello regionale ed uno
speciale concorso riservato per titoli ed esami per l’immissioni in
ruolo.

Legge 23 dicembre 1998, n.448

Legge 23 dicembre 1998, n. 448: “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”. (Da Supplemento Ordinario n. 210/L del 29 dicembre 1998 alla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 302 del 29 dicembre 1998) (omissis) Art.45 Disposizioni e interventi vari di razionalizzazione (…) 7. La quota dell’otto per mille dell’IRPEF, di cui […]

Legge 12 gennaio 1991, n.13

Legge 12 gennaio 1991, n. 12: “Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica”. Art. 1. 1. Il Presidente della Repubblica, oltre gli atti previsti espressamente dalla Costituzione o da norme costituzionali e quelli relativi all’organizzazione e al personale del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, emana i seguenti […]

Sentenza 05 gennaio 1977, n.1

Stante la sostanziale (e quasi letterale) corrispondenza di
proposizioni normative tra l’art. 17 della legge 27 maggio 1929, n.
847 (Disposizioni per l’applicazione del Concordato tra la Santa Sede
e l’Italia, nella parte relativa al matrimonio), ed i commi quarto e
seguenti dell’art. 34 del Concordato stesso (reso esecutivo con l’art.
1 della legge 27 maggio 1929, n. 810) – per cui e’ da escludere che la
rinunzia dello Stato all’esercizio della giurisdizione a favore
dell’ordinamento canonico nelle cause matrimoniali sia stata resa
operante dall’art. 17, essendosi gia’ prodotta la riserva a favore del
giudice ecclesiastico con la inserzione nel nostro ordinamento
dell’art. 34 Concordato, cosi’ come disposta in forza del citato art.
1 legge 810 del 1929 -, finisce per risultare priva di effetti una
eventuale declaratoria di illegittimita’, con conseguente caducazione,
dell’art. 17 poiche’ rimarrebbe ugualmente ferma l’applicabilita’ dei
precetti contenuti nei predetti commi quarto e seguenti dell’art. 34,
cosi’ come sono stati immessi nell’ordinamento italiano dall’art. 1
della legge 810 del 1929. Pertanto, e’ inammissibile per difetto di
rilevanza la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 17
della legge n. 847 del 1929, sollevata – in riferimento agli artt. 2,
3, 7, 24, 25, 101 e seguenti Cost. – sotto il profilo che, per effetto
della rinunzia alla giurisdizione, verrebbero resi esecutivi
nell’ordinamento italiano sentenze e provvedimenti di tribunali ed
autorita’ ecclesiastiche, emessi in violazione dei principi supremi
del nostro ordinamento costituzionale.

Sentenza 11 dicembre 1973, n.175

L’art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810, nella parte in cui da’
esecuzione all’art. 34, commi quattro, cinque e sei del Concordato,
riservando alla giurisdizione ecclesiastica le cause di nullita’ dei
matrimoni concordatari, non contrasta con i principi supremi
dell’ordinamento costituzionale italiano, i quali non possono essere
lesi dalle norme esecutive dei Patti Lateranensi, che pure hanno una
copertura costituzionale. Invero, pur rappresentando la giurisdizione
elemento costitutivo della sovranita’, un’inderogabilita’ assoluta
della giurisdizione statale non risulta da norme espresse della
Costituzione ne’ e’ deducibile, nella materia civile, dai principi
generali del nostro ordinamento, nel quale ipotesi di deroga sono
stabilite da leggi ordinarie (art. 2 c.p.c.; Cost. art. 80).

Sentenza 29 dicembre 1972, n.195

I requisiti dell’indipendenza e della sovranita’ riconosciuti
dall’art. 7 della Costituzione sia allo Stato che alla Chiesa
riflettono il carattere originario dei due ordinamenti. Ma la
separazione e la reciproca indipendenza non escludono che un
regolamento dei rapporti dei due ordinamenti sia sottoponibile a
disciplina pattizia, alla quale legittimamente puo’ risalire la
rilevanza di atti promananti da una delle due parti, purche’ non siano
tali da porre in essere nei confronti dello Stato italiano situazioni
giuridiche incompatibili con i principi supremi del suo ordinamento
costituzionale, ai quali le norme pattizie non possono essere
contrarie. L’art. 38 del Concordato, che sottopone al nulla osta della
S. Sede la nomina dei professori della Universita’ cattolica,
sollevata per presunta violazione dell’art. 7 Cost. sotto il profilo
della violazione della sovranita’ dello Stato che deriverebbe dalla
subordinazione al “placet” dell’Autorita’ ecclesiastica nella materia
dell’insegnamento, non contrasta col menzionato principio
costituzionale.

Sentenza 01 marzo 1971, n.31

Corte Costituzionale. Sentenza 1 marzo 1971, n. 31 LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori giudici: Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente Prof. Michele FRAGALI Prof. Costantino MORTATI Prof. Giuseppe CHIARELLI Dott. Giuseppe VERZÌ Dott. Giovanni Battista BENEDETTI Prof. Francesco Paolo BONIFACIO Dott. Luigi OGGIONI Dott. Angelo DE MARCO Avv. Ercole ROCCHETTI Prof. Enzo CAPALOZZA Prof. Vincenzo Michele […]

Sentenza 01 marzo 1971, n.30

L’art. 7 della Costituzione non sancisce solo un generico principio
pattizio da valere nella disciplina dei rapporti fra lo Stato e la
Chiesa cattolica, ma contiene altresi’ un preciso riferimento al
Concordato in vigore e, in relazione al contenuto di questo, ha
prodotto diritto; tuttavia, giacche’ esso riconosce allo Stato e alla
Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di
sovranita’, non puo’ avere forza di negare i principi supremi
dell’ordinamento costituzionale dello Stato. E pertanto la predetta
norma non preclude il controllo di costituzionalita’ delle leggi che
immisero nell’ordinamento interno le clausole dei Patti lateranensi,
potendosene valutare la conformita’ o meno ai principi supremi
dell’ordinamento costituzionale.