Sentenza 08 luglio 2009, n.16051
Le situazioni di vizio psichico assunte dal giudice ecclesiastico come
comportanti inettitudine del soggetto, al momento della manifestazione
del consenso, a contrarre il matrimonio non si discostano
sostanzialmente dall’ipotesi di invalidità contemplata dall’art. 120
cod . civ., cosicché deve escludersi che il riconoscimento
dell’efficacia di una tale sentenza, in sede di delibazione, trovi
ostacolo nei principi fondamentali dell’ordinamento italiano (Cass. 10
maggio 2006, n. 10796; 7 aprile 2000, n. 4387). In particolare, non è
ravvisabile sotto il difetto di tutela dell’affidamento della
controparte, essendo a tal fine sufficiente rilevare che, mentre la
disciplina generale dell’incapacità naturale dà rilievo, in tema di
contratti, alla buona o alla mala fede dell’altra parte (art. 428,
secondo comma, cod. civ.), tale aspetto è invece del tutto ignorato
nella disciplina dell’ incapacità naturale vista quale causa di
invalidità del matrimonio, essendo preminente, in tal caso,
l’esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio
psichico (Cass. 7 aprile 1997, n. 3002) .