Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 29 settembre 2010, n.32600

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche
corrisponde non a scelte squisitamente didattiche, ma ad un impegno
assunto dallo Stato rispetto ad altro Ente sovrano, al cui magistero
resta direttamente connessa una dottrina – il cui apprendimento è
comunque facoltativo – ritenuta attinente al patrimonio storico e
culturale del popolo italiano, con modalità di selezione del
personale docente del tutto peculiari, dovendo l’idoneità del
medesimo essere riconosciuta dalla competente autorità ecclesiastica,
non estranea nemmeno alla scelta dei testi di apprendimento e ad altre
modalità organizzative (artt. 2 e 3 D.P.R. n. 751/1985 cit.; cfr.
anche, Cons. St., sez. VI, 27.8.1988, n. 1006). Un siffatto percorso
formativo, i cui contenuti morali e culturali giustificano la pari
dignità del relativo personale docente, rispetto a quello addetto ad
altre discipline, nell’ambito di quanto attenga allo svolgimento
dell’anno scolastico, senza che ciò possa razionalmente escludere
una diversa valutazione dell’esperienza didattica in questione, in
rapporto a normative eccezionali di favore (nel caso di specie,
l’ O.M. n. 153 del 15 giugno 1999, integrata dalla O.M. n. 33 del 7
febbraio 2000), attraverso le quali l’amministrazione intenda
agevolare l’immissione nei ruoli di personale precario, che sia
stato reclutato e abbia svolto attività di insegnamento secondo le
regole dettate dallo Stato stesso, per finalità strettamente inerenti
alla formazione culturale e scientifica degli studenti.

Sentenza 23 settembre 2010, n.425/03

Nel caso di un dipendente di una confessione religiosa, licenziato per
motivi riguardanti la sfera privata (nel caso di specie: aver avuto
una relazione extra-coniugale), occorre operare un bilanciamento tra i
diritti delle parti: l’esigenza di lealtà all’organizzazione di
tendenza, da un lato, e il diritto alla vita privata e familiare,
dall’altro. Nel caso di specie, il licenziamento appare giustificato
se si considera la peculiarità delle mansioni esercitate dal
ricorrente, responsabile delle pubbliche relazioni in Europa per la
Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (Chiesa Mormone),
e la particolare importanza attribuita dalla Chiesa in questione alla
fedeltà matrimoniale. Si trattava, perciò, di un licenziamento reso
necessario dalla esigenza di preservare la credibilità della Chiesa
Mormone e il dovere di lealtà da parte dei dipendenti risultava
chiaramente dal contratto stipulato tra la Chiesa e il ricorrente; non
risulta violato l’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata
e familiare).
Con questa sentenza (insieme alla “Schüth c. Germania
[https://www.olir.it/documenti/index.php?argomento=&documento=5491]”,
23 settembre 2010) la Corte europea dei diritti dell’Uomo si è
pronunciata per la prima volta su un caso relativo a un contrasto tra
organizzazioni di tendenza e dipendenti per motivi legati alla vita
privata di questi ultimi.

Sentenza 23 settembre 2010, n.1620/03

Nel rapporto di lavoro con un ente ecclesiastico (nella specie, una
parrocchia cattolica), il dipendente, firmando il suo contratto di
lavoro, accetta un dovere di lealtà verso la Chiesa e una
certa limitazione del proprio diritto al rispetto della vita privata
(sancito dall’art. 8 CEDU). Tale limitazione, tuttavia,
risulta consentita ai sensi della CEDU se liberamente accettata. Nel
caso di specie, la Corte ritiene che il dovere di lealtà non si
spinga fino al punto di obbligare il ricorrente (un organista in una
parrocchia di Essen) ad un impegno a vivere in astinenza in caso di
separazione o di divorzio; inoltre, a differenza del caso Obst c.
Germania (dove il dipendente licenziato aveva compiti di
rappresentanza e diffusione del credo della Chiesa Mormone), il
ricorrente non appare tenuto, in forza delle mansioni esercitate, a un
dovere di fedeltà particolarmente stringente. Risulta perciò violato
l’art. 8 della CEDU. Nelle sue conclusioni, la Corte ha tenuto conto
anche della difficoltà del ricorrente a trovare un nuovo impiego dopo
il licenziamento da parte della parrocchia cattolica, visto il
carattere specifico del suo lavoro. 
Con questa sentenza (insieme alla “Obst c. Germania
[https://www.olir.it/documenti/index.php?argomento=&documento=5492]”,
23 settembre 2010) la Corte europea dei diritti dell’Uomo si è
pronunciata per la prima volta su un caso relativo a un contrasto tra
organizzazioni di tendenza e dipendenti per motivi legati alla vita
privata di questi ultimi.

Sentenza 27 luglio 2010, n.4915

Ai sensi dell’art. 107, comma 5, della L.P. n. 13 del 1997 gli
impianti per la raccolta, conservazione e lavorazione di prodotti
agricoli e le aziende zootecniche industrializzate esistenti nel verde
agricolo non possono essere adibiti ad altre destinazioni, salvo che
tutta l’area asservita all’impianto venga destinata nel piano
urbanistico comunale a zona per insediamenti produttivi o a zona
residenziale o ad opere o impianti di pubblico interesse. Finché non
è intervenuto il cambiamento di destinazione d’uso nel piano
urbanistico comunale le costruzioni non possono essere utilizzate per
altre attività che per quelle per le quali sono state realizzate.
Posto tale divieto nella normativa vigente sin dal 1980, in assenza di
prova circa la preesistenza di diversa destinazione di un edificio, si
incorre nel divieto in questione (Nel caso di specie, veniva respinto
il ricorso del proprietario di un immobile, adibito in parte a luogo
di culto musulmano, che asseriva come il cambio della destinazione
d’uso di tale edificio fosse avvenuto del tutto legittimamente,
essendo detta attività di culto ricomprendibile nell’ambito
dell’attività terziaria svolta, già prima del 1992, in tale
edificio).

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In OLIR.it: TAR Trentino Alto Adige – Sezione Autonoma per la
Provincia di Bolzano. Sentenza 30 marzo 2009, n. 116 (I grado)
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4975]

Sentenza 13 aprile 2010, n.6669

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane non
universitarie di ogni ordine e grado è impartito in adempimento
dell’impegno assunto dallo Stato italiano con l’art. 36 del Concordato
del 1929 che ha trovato conferma nell’art. 9 comma 2 legge n. 121 del
1985, di ratifica delle modificazioni introdotte dal Concordato
medesimo. Quanto ai soggetti abilitati ad impartire il predetto
insegnamento l’art. 2 comma 5 dell’intesa tra Autorità scolastica
italiana e Conferenza episcopale italiana, resa esecutiva con D.P.R.
16/12/1985 n. 761, ha stabilito che ” l’insegnamento della religione
cattolica è impartito da appositi docenti che siano sacerdoti oppure
religiosi oppure laici riconosciuti idonei dall’ordinamento diocesano,
nominati dall’Autorità italiana competenti d’intesa con l’Ordinariato
stesso ” (cfr. Parere Sez.II C.d.S 243/07 del 20/12/2007). In tale
ottica la giurisprudenza del Consiglio di Stato, lungi da scorgere una
totale ed incondizionata equiparazione fra insegnamento della
religione cattolica e gli altri insegnamenti, ha quanto ai soggetti
abilitati ad impartire il primo, costantemente rilevato la
pecularietà della posizione di “status ” dei docenti di religione in
rapporto ai differenziati profili di abilitazione professionale
richiesti, alle distinte modalità di nomina e di accesso ai compiti
didattici, nonché alla specificità dell’oggetto dell’insegnamento
che non ne consentono l’omologazione agli insegnanti in posizione
ordinaria (cfr, già citato C.d.S. Sez. II parere 243/07 e la
giurisprudenza ivi richiamata).

Comunicato 27 agosto 2010

Comunicato 27 agosto 2010: "Fac-simile di modulo per l’iscrizione dei minorenni alle attività di Oratorio (anno 2010-2011)". [dal sito www.chiesadimilano.it, sezione Avvvocatura] Per organizzare l’attività ordinaria di Oratorio le parrocchie chiedono ai genitori dei minorenni una serie di dati attraverso la predisposizione del modulo di iscrizione. A tal proposito è opportuno richiamare l’attenzione a quanto […]

Legge regionale 10 novembre 2009, n.52

L.R. Liguria 10 novembre 2010, n. 52: "Norme contro le discriminazioni determinate dall'orientamento sessuale o dall'identita' di genere". (in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 38 del 25 settembre 2010 ) Art. 1. (Finalità) 1. La Regione Liguria adotta, in attuazione dell'articolo 3 della Costituzione, politiche finalizzate a consentire a ogni persona la libera espressione e […]

Sentenza 10 giugno 2010

Il rifiuto di concedere il riconoscimento giuridico alla
congregazione dei Testimoni di Geova di Mosca costituisce
un’ingerenza nel diritto dell’organizzazione religiosa alla
libertà di associazione (art. 11 CEDU) e nel suo diritto alla
libertà di religione (art. 9 CEDU). La legge russa sulle confessioni
religiose limita, infatti, la facoltà delle associazioni religiose
prive di personalità giuridica di svolgere svariate attività
religiose e di organizzarsi secondo un proprio statuto. Tale
ingerenza deve essere giustificata, secondo la Corte, da motivazioni
particolarmente serie e pressanti; le autorità civili, invece, hanno
mostrato di non essere imparziali nei confronti della comunità
ricorrente e di aver negato il riconoscimento, e successivamente
disposto lo scioglimento della comunità religiosa dei testimoni di
Geova, al fine di vietare le attività dell’intera comunità
ricorrente.

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:: Traduzione non ufficiale in italiano
[/areetematiche/documenti/documents/echr-testimonigeova-russia-it.pdf]
(a cura della Congregazione Cristiana dei testimoni di Geova, Roma)