Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Circolare 19 novembre 2010

Circolare ministeriale 19 novembre 2010: "Registri per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di trattamento". Sono pervenute a questi Ministeri alcune richieste di parere, formulate dai Comuni, relativamente alla possibilità che gli stessi possano istituire appositi registri destinati alla raccolta delle dichiarazioni anticipate di volontà, per i trattamenti medici che ciascun cittadino intenda ricevere o rifiutare […]

Decisione 21 settembre 2010

L’associazione francese “Association Les Témoins
de Jéhovah” (Associazione cristiana dei Testimoni di Geova di
Francia) lamenta un trattamento discriminatorio riguardo al regime
fiscale francese applicabile agli enti di culto.
L’Associazione rifiuta di dichiarare l’entità delle donazioni
ricevute, chiedendo, invece, l’esenzione fiscale concessa
alle associazioni religiose; di conseguenza, il governo francese ha
imposto una tassa del 60 per cento su tutte le offerte religiose, con
effetto retroattivo relativo a un periodo di quattro anni, dal 1993
al 1996. Il governo ha inizialmente richiesto un pagamento
complessivo di circa 45 milioni di euro. Durante tutti i procedimenti
giudiziari in Francia, i ricorrenti hanno sostenuto che la
tassazione contestata fosse un attacco diretto alla loro libertà
religiosa. Infatti era stata loro imposta nell’ambito della “lotta”
del governo francese contro le cosiddette “sette”. I Testimoni di
Geova hanno sostenuto che da quando la tassa retroattiva del 60 per
cento è stata applicata a tutte le donazioni ricevute nel periodo
dei quattro anni, tale imposta sia impossibile da pagare in quanto le
donazioni sono già state utilizzate per le spese di gestione
correnti dell’associazione. La Corte Europea ha stabilito
all’unanimità che sotto il profilo dell’art. 9 l’istanza è
ammissibile: è necessario infatti l’esame del merito della causa,
per determinare se il regime fiscale del governo francese abbia
interferito oppure no con la libertà religiosa dei Testimoni di
Geova in Francia. Inammissibile, invece, la censura sotto il profilo
dell’art. 14 della CEDU, in quanto le vie di ricorso interne a questo
riguardo non sono state esaurite.

Sentenza 15 novembre 2010, n.33433

Non è condivisibile l’interpretazione secondo cui la presenza del
docente di religione nello scrutinio finale, in quanto incidente sul
credito scolastico, sia idonea a determinare una situazione di
discriminazione nei riguardi degli studenti che decidono di non
avvalersi di detto insegnamento, e in particolare di quelli che
decidono di non partecipare ad attività alternative e di assentarsi
dalla scuola. Invero, atteso che, in forza dell’accordo con la Santa
Sede, la Repubblica italiana si è obbligata ad assicurare
l’insegnamento di religione cattolica, e che, in omaggio al
principio di laicità dello Stato, detto insegnamento è facoltativo,
con la conseguenza che “solo l’esercizio del diritto di
avvalersene crea l’obbligo scolastico di frequentarlo” (Corte
cost., sent. n. 203 del 12 aprile 1989
[https://www.olir.it/documenti/?documento=370]), non è irragionevole
che il titolare di quell’insegnamento, divenuto obbligatorio in
seguito ad un’opzione liberamente espressa, partecipi alla
valutazione sull’adempimento dell’obbligo scolastico. In buona
sostanza, e come condivisibilmente sul punto ritenuto di recente dal
giudice d’appello, “se si parte dal presupposto (non seriamente
dubitabile alla luce…delle sentenze costituzionali [intervenute
sulla materia]) secondo cui l’insegnamento della religione (o di
altro corso alternativo) diviene obbligatorio dopo che è stata
effettuata la scelta, allora non si vede la ragione per la quale la
valutazione dell’interesse e del profitto con il quale l’alunno ha
seguito l’insegnamento della religione non debba essere valutato”
(CdS, VI, 7 maggio 2010, n. 2749
[https://www.olir.it/documenti/?documento=5336]).

Sentenza 03 novembre 2008, n.9540

Ai sensi dell’art. 1 della l. n. 831 del 1973 per la nomina a
magistrato di cassazione devono essere valutati i seguenti elementi:
“1) preparazione e capacità tecnico-professionale; 2) laboriosità
e diligenza dimostrate nell’esercizio delle funzioni; 3) precedenti
relativi al servizio prestato” (1° comma), potendo peraltro essere
assunto, “nelle forme e con le modalità più idonee ed anche con
accertamenti diretti”, “ogni ulteriore elemento di giudizio che
sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato”.
La giurisprudenza amministrativa ha al riguardo chiarito che la
valutazione negativa dell’aspirante può derivare anche da singoli
elementi, purché atti a denotare un difetto grave sia pure in uno
solo degli ambiti previsti dalla legge. Tra questi elementi vanno
certamente considerati i precedenti disciplinari (v. la sent. n. 7124
del 2003 di questa Sezione, nonché Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno
2005, n. 2921).
Secondo l’orientamento in disamina, “il giudizio affidato
all’Organo di autogoverno dalla legge n. 831/1973 può e deve
estendersi […] al vaglio di ogni elemento utile a formulare la
migliore valutazione complessiva della professionalità del singolo,
onde non si vedono ragioni per dubitare che tra gli aspetti meritevoli
di rilievo possano essere incluse anche le eventuali condotte
individuali che in precedenza abbiano formato oggetto di un
provvedimento disciplinare”, potendo i fatti già colpiti da
sanzione disciplinare rilevare anche in questo diverso contesto
valutativo, non configurando “una inammissibile duplicazione di
sanzione (vietata dal canone del _ne bis in idem_), in quanto non
viene effettuata con una prestabilita finalità punitiva, ma
costituisce un accertamento proteso al ben diverso scopo di un
completo apprezzamento obiettivo della personalità professionale del
magistrato, attraverso la disamina di tutti gli elementi atti a
ricostruirla” (così la citata sent. n. 7124/03).

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Per approfondire in OLIR.it:
Consiglio Superiore della Magistratura. Ordinanza 23 novembre 2006
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4012]

Sentenza 05 luglio 2010, n.4250

In sede di valutazione della idoneità per la nomina a magistrato di
Cassazione il giudizio del C.s.m. può e deve estendersi al vaglio di
ogni elemento utile a formulare la migliore valutazione complessiva
della professionalità dell’interessato. Del tutto correttamente, tra
gli aspetti meritevoli di rilievo, sono incluse anche le eventuali
condotte individuali che in precedenza siano state accertate ed
abbiano formato oggetto di un procedimento penale, disciplinare, o di
trasferimento per incompatibilità ambientale. L’arco della carriera
del magistrato interessato dalla valutazione è tutto quello
precedente, con il limite dei periodi esterni, a seconda dei casi,
all’ultimo settennio o triennio di scrutinio. I fatti già colpiti
da sanzione (nel caso di specie, tra gli altri, il rifiuto di tenere
udienze in aule di giustizia ove fosse presente il crocifisso non
accompagnato da simboli di altre religioni) ben possono rilevare
anche in un diverso contesto valutativo non configurando una
inammissibile duplicazione di sanzione in ragione della mancanza di
una prestabilita finalità punitiva, bensì costituendo un
accertamento inteso al ben diverso scopo di un completo apprezzamento
obiettivo della personalità professionale del magistrato, attraverso
la disamina di tutti gli elementi atti a ricostruirla.

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Per approfondire in OLIR.it:

* TAR Lazio. Sezione Prima. Sentenza 3 novembre 2008, n. 9540
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=5530&prvw=1](I
grado)
* Consiglio Superiore della Magistratura. Ordinanza 23 novembre 2006
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4012]

Legge regionale 18 gennaio 2010, n.1

Legge regionale Lombardia 18 gennaio 2010, n. 1: "Sostegno alle attività di studio e memoria sui fondamenti e lo sviluppo dell’assetto democratico della Repubblica". ARTICOLO 1 (Finalità) 1. Con la presente legge la Regione Lombardia sostiene interventi finalizzati allo scopo di studiare, approfondire e mantenere viva la memoria dei fatti che hanno segnato la collettività […]

Sentenza 02 marzo 2010, n.90

L’art. 7 comma 1 lett. i) del D.Lgs 504/92 relativo all’esenzione
dell’ICI, nella sua originaria formulazione, concedeva tali beneficio
agli immobili destinati esclusivamente ad “attività assistenziali,
previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative
e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera
a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”. Successivamente la legge
248/05 ha disposto che l’esenzione “si intende applicabile alle
attività indicate nelle medesima lettera a prescindere dalla natura
commerciale delle stesse”. Dal tenore letterale della legge “si
intende” è evidente la natura interpretativa della stessa, per cui
nessuna eccezione di applicazione retroattiva della norma può essere
condivisa.

In OLIR.it: Commissione tributaria provinciale di Napoli. Sezione 41.
Sentenza 16 aprile 2009, n. 115
[/areetematiche/documenti/documents/sentenza%20n.115-41-09%20commissione%20provinciale%20di%20napoli%20.pdf]
(I grado)

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Documento inserito per gentile concessione del Dott. Francesco Nania
– Studio Nania, Via Alabardieri n. 1, 80121 Napoli

Sentenza 17 settembre 2010, n.642

L’esenzione dal pagamento della imposta ICI è possibile in presenza
di due condizioni: l’appartenenza dell’immobile ad ente non
commerciale, nonche’ la destinazione dello stesso ad una delle
attivita’ di cui all’art. 7, comma 1 lett. i), del d.lgs. 504/1992.

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Documento inserito per gentile concessione del Dott. Francesco Nania
– Studio Nania, Via Alabardieri n. 1, 80121 Napoli