Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 01 marzo 2010, n.4868

Cass. civ., Sez. I. Sentenza 1 Marzo 2010, n. 4868: "Diniego del visto per ricongiungimento familiare ed istituto della Kafalah". LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE- SEZIONE PRIMA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ADAMO Mario – Presidente – Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere – Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere – Dott. BERNABAI Renato – […]

Decreto 09 febbraio 2011

Il Marocco ha regolato l’istituto della Kafalah con procedura
giudiziaria ovvero un sistema di omologazioni e autorizzazioni
giudiziarie idonee ad assicurarne la funzione istituzionale di
protezione del fanciullo, riconosciuta anche dalla Convenzione di New
York del 1989 (art. 20). Ne consegue che – nel raffronto tra tale
istituto di diritto islamico e il modello dell’affidamento dei minori
previsto dal diritto italiano – prevalgono le analogie, perchè
entrambi gli istituti non hanno effetti legittimanti e non incidono
sullo stato civile del minore.
Nel caso in specie, dunque, la Corte di Appello ritiene dunque
applicabile l’art. 3 c. 2 lett. a ) del d.lgs. n. 30/2007,
nell’interpretazione secondo cui il diritto all’agevolazione
all’ingresso e soggiorno di talune categorie di familiari del
cittadino dell’Unione europea o italiano, diversi dal coniuge, dai
discendenti e ascendenti diretti, cioè quelli a carico o conviventi o
che soffrano di gravi condizioni di salute che rendano indispensabile
l’assistenza da parte del cittadino dell’Unione o italiano, non
può che tradursi nel rilascio del visto di ingresso per motivi di
riunificazione familiare (cfr. Corte di Appello di Venezia, decreto
3.2.2009
[/areetematiche/documenti/documents/corte_appello_venezia_decreto19012009.pdf]).

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In senso difforme: Tribunale di Verona, decreto 9 luglio 2010,
depositato il 12 luglio 2010 (I Grado)
[/areetematiche/documenti/documents/tribunale_verona_decreto_09072010.pdf]

Circolare ministeriale 04 marzo 2011, n.20

Ad ogni buon conto, a mero titolo indicativo e fatta salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche, si ritiene che rientrino
fra le casistiche apprezzabili ai fini delle deroghe previste, le
assenze dovute a: (omissis) adesione a confessioni religiose per le
quali esistono specifiche intese che considerano il sabato come giorno
di riposo (cfr. Legge n. 516/1988 che recepisce l’intesa con la
Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno; Legge n. 101/1989
sulla regolazione dei rapporti tra lo Stato e l’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, sulla base dell’intesa stipulata il 27
febbraio 1987).

Sentenza 26 ottobre 2010, n.29

Ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 504/92 gli immobili
utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c) TUIR,
cioè gli enti che non esercitano attività commerciale, destinati
esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali,
previdenziali, culturali, ecc. nonché, ai sensi dell’art. 16, lett.
a), L. 20.5.85 n. 222, quelli destinati alle attività di religione o
culto e attività connesse, sono esenti da ICI (nel caso di specie,
l’ente ecclesiastico ricorrente documentava in particolare l’utilizzo
dell’immobile per attività di religione, culto e formazione dei
propri membri e di gruppi di laici)

Sentenza 07 dicembre 2010, n.289

Beneficiano dell’esenzione ICI, di cui alla lettera i) dell’art. 7
del D.Lgs. n. 504/1992, le strutture di ricezione a carattere sociale,
che svolgono la propria attività senza fini di lucro nell’ambito
delle rispettive attività istituzionali, quali – nel caso di una
casa per ferie gestita da religiose – “l’opera di apostolato e
formazione cristiana” rivolta non ad un pubblico indeterminato, ma a
categorie di soggetti specifici (studentesse, religiosi e religiose,
nuclei familiari, familiari che prestano assistenza ai propri cari,
gruppi associati, disabili autosufficienti, giovani).

Sentenza 07 gennaio 2011

Rientra nel legittimo esercizio del diritto di critica
l’espressione da parte dell’autore di uno scritto di opinioni e
giudizi anche in termini graffianti con un linguaggio colorito e
pungente, purché vi sia pertinenza della critica, cioè essa avvenga
nell’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto
oggetto di critica, ma dell’interpretazione di quel fatto. Nel caso in
esame, stante l’indiscutibile rilevanza sociale dell’argomento
trattato nel libro oggetto di causa (l’indagine, attraverso la
narrazione della vita personale dell’autore, dei complessi rapporti
tra mondo occidentale e mondo islamico), la notorietà in Italia
dell’autore del libro, nonché il progressivo aumento della presenza
di persone di fede islamica nel territorio italiano, è palese
l’esistenza di un concreto interesse dell’opinione pubblica ad avere
elementi di conoscenza e giudizio su tali argomenti. Né, in tale
fattispecie, può ritenersi travalicato il limite della continenza,
tenuto conto dei contenuti espressivi con i quali la critica è stata
esercitata e del rispetto del parametro della proporzione tra le
modalità di esposizione dei giudizi e la rilevanza sociale dei temi
trattati nel libro.