Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Accordo 17 marzo 2011

TESTO IN ITALIANO: Accordo quadro tra Associatiòn Professional de
Professores de Religiòn en Centros Estatales (APPRECE) e Sindacato
Nazionale Autonomo degli insegnanti di religione (SNADIR)
[/areetematiche/documenti/documents/accordo_quadro_apprece_snadir.pdf] [a
cura di www.snadir.it [http://www.snadir.it]]

Sentenza 14 marzo 2011, n.5924

La laicità dello Stato rappresenta un interesse diffuso e come tale
adespota, perchè facente capo alla popolazione nel suo
complesso. Proprio per la suddetta natura degli interessi diffusi, la
tutela degli stessi è affidata agli enti esponenziali della
collettività nel suo complesso, salvo che la tutela non sia anche
rimessa ad associazioni o enti collettivi in specifiche ipotesi
previste dalla legge (L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 9, L. 8 luglio
1986, n. 349, art. 18). Tuttavia la condivisibile giurisprudenza di
questa Corte (Cass. S.U. n. 2207/1978; Cass. S.U. n. 1463/1979) ha
ritenuto configurabili accanto agli interessi cosiddetti diffusi, da
parte di collettività unitariamente considerate, anche la titolarità
di interessi individuali, da parte dei singoli coinvolti dal
procedimento stesso. In questi casi il titolare di ogni singolo
diritto soggettivo inviolabile leso ha azione per la sua tutela. Da
ciò consegue che, mentre la lesione di un proprio diritto soggettivo
inviolabile può essere fatta valere nell’ambito del rapporto di
impiego anche in via di autotutela, allorchè tale lesione del diritto
soggettivo è esclusa, non può invece essere fatta valere, come causa
giustificante, la lesione di un interesse diffuso.
Nel caso di specie, dunque, poichè la Sezione disciplinare ha
affermato la responsabilità del ricorrente solo in relazione ai
disservizi verificatisi per il rifiuto di tenere udienze in stanze o
aule prive del crocifisso, e quindi in situazioni che – secondo
l’accertamento fattuale della Sezione – non potevano comportare la
lesione del suo diritto di libertà religiosa, di coscienza o di
opinione, non può intentare causa giustificante di tale rifiuto la
pretesa tutela della laicità dello Stato o dei diritti di libertà
religiosa degli altri soggetti che si trovavano nelle altre aule di
giustizia della Nazione, in cui il crocefisso era esposto.
Infine, appare infondata anche la censura secondo cui il rifiuto del
ricorrente di tenere udienza poteva ritenersi giustificato dalla
mancata autorizzazione ad esporre nelle aule giudiziarie la menorah,
simbolo della religione ebraica. Per poter accogliere tale pretesa è
infatti necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo
stato non sussiste. E’ vero infatti che sul piano teorico il principio
di laicità è compatibile sia con un modello di equiparazione verso
l’alto (laicità per addizione) che consenta ad ogni soggetto di
vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria
religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso
(laicità per sottrazione). Tale scelta legislativa, però, presuppone
che siano valutati una pluralità di profili, primi tra tutti la
praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l’esercizio della
libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con
l’analogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte
dell’ateo o del non credente, nonchè il bilanciamento tra garanzia
del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità
religiose tra loro incompatibili.

Sentenza 01 marzo 2010, n.4868

Cass. civ., Sez. I. Sentenza 1 Marzo 2010, n. 4868: "Diniego del visto per ricongiungimento familiare ed istituto della Kafalah". LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE- SEZIONE PRIMA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ADAMO Mario – Presidente – Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere – Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere – Dott. BERNABAI Renato – […]

Decreto 09 febbraio 2011

Il Marocco ha regolato l’istituto della Kafalah con procedura
giudiziaria ovvero un sistema di omologazioni e autorizzazioni
giudiziarie idonee ad assicurarne la funzione istituzionale di
protezione del fanciullo, riconosciuta anche dalla Convenzione di New
York del 1989 (art. 20). Ne consegue che – nel raffronto tra tale
istituto di diritto islamico e il modello dell’affidamento dei minori
previsto dal diritto italiano – prevalgono le analogie, perchè
entrambi gli istituti non hanno effetti legittimanti e non incidono
sullo stato civile del minore.
Nel caso in specie, dunque, la Corte di Appello ritiene dunque
applicabile l’art. 3 c. 2 lett. a ) del d.lgs. n. 30/2007,
nell’interpretazione secondo cui il diritto all’agevolazione
all’ingresso e soggiorno di talune categorie di familiari del
cittadino dell’Unione europea o italiano, diversi dal coniuge, dai
discendenti e ascendenti diretti, cioè quelli a carico o conviventi o
che soffrano di gravi condizioni di salute che rendano indispensabile
l’assistenza da parte del cittadino dell’Unione o italiano, non
può che tradursi nel rilascio del visto di ingresso per motivi di
riunificazione familiare (cfr. Corte di Appello di Venezia, decreto
3.2.2009
[/areetematiche/documenti/documents/corte_appello_venezia_decreto19012009.pdf]).

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In senso difforme: Tribunale di Verona, decreto 9 luglio 2010,
depositato il 12 luglio 2010 (I Grado)
[/areetematiche/documenti/documents/tribunale_verona_decreto_09072010.pdf]

Circolare ministeriale 04 marzo 2011, n.20

Ad ogni buon conto, a mero titolo indicativo e fatta salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche, si ritiene che rientrino
fra le casistiche apprezzabili ai fini delle deroghe previste, le
assenze dovute a: (omissis) adesione a confessioni religiose per le
quali esistono specifiche intese che considerano il sabato come giorno
di riposo (cfr. Legge n. 516/1988 che recepisce l’intesa con la
Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno; Legge n. 101/1989
sulla regolazione dei rapporti tra lo Stato e l’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, sulla base dell’intesa stipulata il 27
febbraio 1987).

Sentenza 26 ottobre 2010, n.29

Ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i), D.Lgs. 504/92 gli immobili
utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c) TUIR,
cioè gli enti che non esercitano attività commerciale, destinati
esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali,
previdenziali, culturali, ecc. nonché, ai sensi dell’art. 16, lett.
a), L. 20.5.85 n. 222, quelli destinati alle attività di religione o
culto e attività connesse, sono esenti da ICI (nel caso di specie,
l’ente ecclesiastico ricorrente documentava in particolare l’utilizzo
dell’immobile per attività di religione, culto e formazione dei
propri membri e di gruppi di laici)

Sentenza 07 dicembre 2010, n.289

Beneficiano dell’esenzione ICI, di cui alla lettera i) dell’art. 7
del D.Lgs. n. 504/1992, le strutture di ricezione a carattere sociale,
che svolgono la propria attività senza fini di lucro nell’ambito
delle rispettive attività istituzionali, quali – nel caso di una
casa per ferie gestita da religiose – “l’opera di apostolato e
formazione cristiana” rivolta non ad un pubblico indeterminato, ma a
categorie di soggetti specifici (studentesse, religiosi e religiose,
nuclei familiari, familiari che prestano assistenza ai propri cari,
gruppi associati, disabili autosufficienti, giovani).

Sentenza 07 gennaio 2011

Rientra nel legittimo esercizio del diritto di critica
l’espressione da parte dell’autore di uno scritto di opinioni e
giudizi anche in termini graffianti con un linguaggio colorito e
pungente, purché vi sia pertinenza della critica, cioè essa avvenga
nell’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto
oggetto di critica, ma dell’interpretazione di quel fatto. Nel caso in
esame, stante l’indiscutibile rilevanza sociale dell’argomento
trattato nel libro oggetto di causa (l’indagine, attraverso la
narrazione della vita personale dell’autore, dei complessi rapporti
tra mondo occidentale e mondo islamico), la notorietà in Italia
dell’autore del libro, nonché il progressivo aumento della presenza
di persone di fede islamica nel territorio italiano, è palese
l’esistenza di un concreto interesse dell’opinione pubblica ad avere
elementi di conoscenza e giudizio su tali argomenti. Né, in tale
fattispecie, può ritenersi travalicato il limite della continenza,
tenuto conto dei contenuti espressivi con i quali la critica è stata
esercitata e del rispetto del parametro della proporzione tra le
modalità di esposizione dei giudizi e la rilevanza sociale dei temi
trattati nel libro.