Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 02 luglio 2018

Il Tribunale di Pordenone ha sollevato questione di legittimità
costituzionale avente ad oggetto gli articoli 5 e 12 commi 2°,
9° e 10° della legge n. 40/2004. In particolare,
l'esclusione dall'accesso alle tecniche di procreazione
medicalmente assistita delle coppie composte da soggetti dello stesso
sesso, nonché la correlata applicazione di sanzioni a chi non
rispetti tale divieto, si porrebbero in contrasto con gli articoli 2,
3, 31 comma 2°, 32 comma 1° e 117 comma 1° della
Costituzione.

Sentenza 04 luglio 2018, n.145/18

La Corte d'Appello di Napoli ha riconosciuto il diritto di una
donna di adottare il figlio biologico della compagna, con cui è
unita civilmente, in quanto accettò e condivise il progetto
della procreazione medicalmente assistita. Il nato da p.m.a, infatti,
ha lo stato di figlio della coppia che ha espresso la volontà
di ricorrere alle terapie, laddove l'elemento consensuale prevale
rispetto al mero dato della derivazione genetico-biologica. Certo
è vero che la l. 40/2004 riserva le pratiche di p.m.a. alle
coppie di sesso diverso, ma il principio del superiore interesse
del minore riveste una tale rilevanza da poter temperare, o persino
disapplicare, talune norme che sui minori incidono.

Si
ringrazia per la segnalazione il Dottor Simone Baldetti
dell'Università di Pisa.

Ordinanza 13 giugno 2018, n.15569/2018

La Corte di Cassazione ha escluso la possibilità di concedere
protezione internazionale a un cittadino nigeriano che sosteneva di
aver lasciato il proprio Paese perchè, dopo aver rifiutato di
ereditare il ruolo sacerdotale del padre, era tormentato da un
oracolo. Il ricorrente, infatti, non ha mal dedotto di essere stato
minacciato di morte o violenza da qualcuno, essendo, quindi, il suo
timore che lo avrebbe spinto alla fuga non basato su effettive
persecuzioni o minacce.

Sentenza 10 luglio 2018, n.C-25/17

L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 95/46/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla
tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati
personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, letto
alla luce dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel
senso che la raccolta di dati personali da parte dei membri di una
comunità religiosa nell’ambito di
un’attività di predicazione porta a porta e i trattamenti
successivi di tali dati non costituiscono né trattamenti di
dati personali effettuati per l’esercizio di attività di
cui all’articolo 3, paragrafo 2, primo trattino, di tale
direttiva, né trattamenti di dati personali effettuati da
persone fisiche per l’esercizio di attività a carattere
esclusivamente personale o domestico, ai sensi dell’articolo 3,
paragrafo 2, secondo trattino, di detta direttiva.
L’articolo 2, lettera c), della direttiva 95/46 deve essere
interpretato nel senso che la nozione di «archivio», di
cui a tale disposizione, include l’insieme di dati personali
raccolti nell’ambito di un’attività di predicazione
porta a porta, contenente nomi, indirizzi e altre informazioni
riguardanti le persone contattate porta a porta, allorché tali
dati sono strutturati secondo criteri specifici che consentono, in
pratica, di recuperarli facilmente per un successivo impiego.
Affinché il suddetto insieme rientri in tale nozione, non
è necessario che esso comprenda schedari, elenchi specifici o
altri sistemi di ricerca.
L’articolo 2, lettera d), della
direttiva 95/46, letto alla luce dell’articolo 10, paragrafo 1,
della Carta dei diritti fondamentali, dev’essere interpretato
nel senso che esso consente di considerare una comunità
religiosa, congiuntamente ai suoi membri predicatori, quale
responsabile dei trattamenti di dati personali effettuati da questi
ultimi nell’ambito di un’attività di predicazione
porta a porta organizzata, coordinata e incoraggiata da tale
comunità, senza che sia necessario che detta comunità
abbia accesso a tali dati o che si debba dimostrare che essa ha
fornito ai propri membri istruzioni scritte o incarichi relativamente
a tali trattamenti.

Sentenza 18 giugno 2018, n.16031/18

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’essere
un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale
(Onlus) non dimostra necessariamente la natura non imprenditoriale
dell’organizzazione; infatti, laddove l’organizzazione di
tendenza eserciti un’attività strutturata a modo di
impresa, alla stregua dei parametri fissati dall'art. 2082 c.c.,
essa finisce per non essere dissimile da qualunque altro datore di
lavoro, così che un trattamento privilegiato, di esclusione
dell’operatività della tutela reale per i lavoratori in
caso di licenziamento, non sarebbe giustificabile. 

Sentenza 15 giugno 2018, n.2018 SCC 33

La Corte Suprema canadese ha stabilito che la Law Sociey
dell'Ontario (precedentemente, "Law Society of Upper
Canada") può legittimamente negare la sua approvazione ad
un'università, necessaria perché i laureati di
questa possano accedere alla professione legale, se quell'ateneo
impone ai suoi studenti codici di condotta religiosamente orientati
che vietano rapporti sessuali fuori dal matrimonio tra uomo e donna.

Sentenza 15 giugno 2018, n.2018 SCC 32

La Corte Suprema canadese ha stabilito che la Law Sociey della British
Columbia può legittimamente negare la sua approvazione ad
un'università, necessaria perché i laureati di
questa possano accedere alla professione legale, se quell'ateneo
impone ai suoi studenti codici di condotta religiosamente orientati
che vietano rapporti sessuali fuori dal matrimonio tra uomo e donna.