Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 25 Agosto 2005

Ordinanza 30 maggio 2005, n.11426

Corte di Cassazione Civile. Sezione Tributaria. Ordinanza 30 maggio 2005, n. 11426: “Esenzione ICI, ex art. 7, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 504 del 1992: possibili profili di illegittimità costituzionale dell’art. 59, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446”.

(Omissis)

La I. S. S. S.p.A., con sede in Sassuolo, impugnava in sede giurisdizionale l’avviso, notificatole in data 21.12.2001, con il quale il Comune di Sassuolo rettificava la denuncia ICI, relativa all’anno 1997, afferente due unità immobiliari site in Sassuolo, Via […], classificate in categoria D6 e che, invece, erano state esposte a valore contabile e dichiarate esenti da imposizione ex art. 7, comma 1°, lett. i) del D.Lgs. n. 504/1992.
Deduceva di avere titolo alla chiesta esenzione, sussistendo i requisiti per accedere al beneficio, trattandosi di immobili locati ad un ente non commerciale e dallo stesso utilizzati.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale di Modena, con sentenza n. 268/03/2002 rigettava il ricorso affermando che, poiché soggetto passivo d’imposta non poteva che essere il proprietario dell’immobile che nel caso, pacificamente, espletava attività di natura commerciale, il chiesto beneficio fiscale non poteva essere riconosciuto.
L’impugnazione della contribuente, che riproponeva le doglianze formulate con il ricorso di prime cure, ribadendo che l’esenzione competeva malgrado il proprietario avesse locato a terzi l’immobile, alla semplice condizione che i requisiti per godere del beneficio fossero presenti in capo al locatario, veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale con la sentenza in epigrafe indicata.
Opinavano, in particolare, i Giudici di Appello che solo a partire dal 1998 l’art. 59 del D.Lgs. n. 446/1997 ha attribuito agli enti locali il potere di limitare l’esenzione da imposizione agli immobili che oltre che utilizzati fossero pure posseduti dall’ente non commerciale, sicché per il periodo pregresso, e quindi anche per l’anno 1997 di che trattasi, il beneficio doveva essere riconosciuto, pur non essendovi identità tra il soggetto proprietario del bene e quello utilizzatore.
Con ricorso notificato il 16 gennaio 2004 ed affidato a due mezzi, il Comune di Sassuolo ha chiesto la cassazione della decisione di appello.
Con controricorso notificato il 18 febbraio 2004, la società ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo, il Comune censura l’impugnata decisione per violazione dell’art. 36, comma 1° n. 4 del d.lgs. n. 546/1992, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 3 e 7, comma 1° lett i), del d.lgs 30.12.1992 n. 504 e dell’art. 59, comma 1° lett. c), del d.lgs 15.12.1997 n. 446, nonché per omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 504/1992 e degli artt. 18, 19, 23, 36 comma 1°, 53, 56 del d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 112 cpc, nonché omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.
Il Procuratore Generale, in sede di discussione della causa, ha, fra l’altro, rilevato l’incoerenza costituzionale dell’art. 59, comma I° lett. c) del D.Lgs. 15.12.1997 n. 446, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce “che l’esenzione di cui all’art. 7, comma I°, lett. i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504, concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall’ente non commerciale utilizzatore”.
Osserva in proposito il Collegio:
1) che, ai sensi dell’art. 3, comma I° del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504, nel testo vigente ed applicabile ratione temporis, “Soggetti passivi dell’imposta sono il proprietario di immobili di cui al comma 2° dell’art. 1, ovvero il titolare del diritto di usufrutto, uso o abitazione sugli stessi, anche se non residenti nel territorio dello Stato o se non hanno ivi la sede legale o amministrativa o non vi esercitano l’attività”;
2) che il richiamato art. 1 del D. Lgs. n. 504/1992 al comma 2° dispone che “Presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”;
3) che con l’art. 7, comma I° del medesimo D.Lgs. 30.12.1992 n. 504, il Legislatore ha individuato i casi di esenzione dall’ICI, prevedendo, fra l’altro, alla lett. i), che la stessa compete per “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma I°, lett. c) del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985 n. 222”;
4) che, a sua volta, l’art. 87 del TUIR, al comma I°, lett. c) individua tali soggetti, negli “enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”, ed al comma II° chiarisce che “tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma I°, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo”;
5) che alla stregua della richiamata normativa, del collegamento sistematico delle disposizioni citate e dell’orientamento giurisprudenziale in termini (Cass. V, n. 18549 del 4.12.2003; Cass. V, n. 4645 dell’8.03.2004), posta la previsione di generale imponibilità, desumibile dagli artt. 1 e 3, l’esenzione d’imposta, oggetto della specifica disposizione contenuta nell’art. 7, era dunque, prevista solo per alcuni immobili e per i soggetti indicati nella citata disposizione dell’art. 87 del TUIR, ed esigeva la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari, rilevanti socialmente ed improduttive di reddito.
Tale impianto normativo, in buona sostanza, nel prevedere un regime di generale imponibilità e nello individuare, in deroga, una serie di casi eccettuati, consentiva per questi ultimi, di individuarne la ratio nel fatto che l’immobile venisse utilizzato da una categoria di soggetti, aventi specifico titolo sul bene, per lo svolgimento di particolari attività di notevole rilevanza sociale, e, come tali, ritenute meritevoli di trattamento incentivante. Ne derivava che il diritto a godere dell’esenzione era riconosciuto solo ai soggetti indicati dall’art. 87, comma I°, lett. c) del TUIR, quindi con espressa esclusione delle società, e sempre che gli stessi utilizzassero direttamente l’immobile per lo svolgimento delle attività indicate nell’art. 7, comma I°, lett. i) del D.Lgs. n. 504/1992.
Questo assetto, ritiene il Collegio che abbia subito modifiche per effetto della citata disposizione dell’art. 59, comma I°, lett. c) del D.Lgs. N. 446/1997, dalla cui formulazione si deduce che solo a partire dall’1.1.1998, data di entrata in vigore di detto D.Lgs., i Comuni possono stabilire che il diritto all’esenzione dal tributo competa solo ove i fabbricati “oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall’ente non commerciale utilizzatore”.
Ne discende che, in base alla normativa previgente, applicabile sino al 31.12.1997, deve, invece, ritenersi che l’esenzione dall’ICI, spetti anche a soggetti diversi da quelli indicati nell’art. 87 citato TUIR, essendo sufficiente che gli stessi abbiano dato in locazione i beni ad alcuno di tali soggetti, e che costoro li utilizzino per l’espletamento di una delle attività previste dalla precitata disposizione dell’art. 7.
Ciò posto, la Corte ritiene rilevante in causa e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 59, comma I°, lett. c) del Decreto Legislativo 15.12.1997 n. 446, per contrasto con gli artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione.
La precedente esposizione dell’iter processuale della causa ed il quadro normativo, anzitutto, rendono evidente che la questione di legittimità delineata, per la sua pregiudizialità, è rilevante nel giudizio di che trattasi, dovendosi, alla relativa stregua, riconoscere che il beneficio dell’esenzione impositiva competa a soggetti privi dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dall’originaria previsione legislativa.
La sopravvenuta disposizione dell’art. 59, infatti, impone una irragionevole rilettura dell’art. 7, comma I°, lett. i), che impinge nei principi di eguaglianza e di capacità contributiva desumibili dagli artt. 3 e 53 della Costituzione, in quanto esonera taluni soggetti dal concorso alla spesa pubblica, prescindendo dalla manifestazione di ricchezza e di capacità economica espressa dal bene posseduto ed avendo riguardo a requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti da terzi, ed in quanto vulnera la riserva di legge, desumibile dall’art. 23, assegnando agli enti locali il potere di stabilire con norme regolamentari presupposti impositivi e casi di esenzione.
Infatti, l’esonero dal generale regime impositivo si rivela manifestamente irragionevole, in quanto viene accordato senza che la situazione di fatto oggetto di tassazione realizzi la diversità di capacità contributiva idonea a giustificare l’attribuzione del beneficio, essendo evidente che la percezione del canone da parte del proprietario, ancora quando alla relativa corresponsione provveda uno dei soggetti indicati nell’art. 87 citato, che nell’immobile condotto in locazione eserciti una delle attività contemplate dall’art. 7, costituisce una inequivoca manifestazione di ricchezza e di capacità economica che giustifica, in base ai richiamati principi costituzionali, un concreto apporto contributivo alla spesa pubblica.
Confligge, in vero, con il principio di ragionevolezza e coerenza, in relazione al presupposto dell’imposizione, quale desumibile dall’impianto costituzionale e dal quadro normativo, una disposizione che, ammettendo la possibilità di estendere l’esonero dall’ICI a chi, pur realizzando un reddito dalla locazione del bene, pur non essendo incluso tra i soggetti espressamente indicati dall’art. 87 del TUIR citato e pur non espletando direttamente una delle attività ritenute meritorie, possa egualmente fruire dell’esonero mediante l’escamotage della concessione del relativo uso ad altri soggetti che siano in possesso sia del requisito soggettivo (ente pubblico e privato non commerciale) sia, pure, di quello oggettivo (espletamento di una delle attività indicate nell’art. 7, comma I° lett. i) del D.Lgs. n. 504/1992).
Ritiene, in buona sostanza, il Collegio che detti requisiti debbano essere posseduti esclusivamente dal soggetto destinatario della disposizione premiale e che sia, quindi, manifestamente irragionevole, e contraria ai richiamati principi, una disposizione di legge che viene a riconoscere il beneficio fiscale dell’esenzione impositiva al proprietario del bene, sulla base di requisiti che lo stesso non possiede e che concernano altro soggetto giuridico.
Peraltro, il Collegio ritiene che la disposizione in questione si ponga, pure, in contrasto con il principio desumibile dall’art. 23, atteso che il potere che la norma attribuisce ai comuni, consentendo loro di restringere o di ampliare la portata delle esenzioni dall’imposta, incidendo sugli stessi presupposti impositivi, finisce per violare la riserva di legge ivi prevista.
La Corte ritiene, altresì, che la questione di costituzionalità si ponga anche in relazione ai principi desumibili dagli artt. 76 e 77 della Costituzione, per eccesso di delega.
Ed, in vero, con l’art. 3, comma 143 della Legge 23.12.1996 n. 662, il Governo era stato delegato ad emanare uno o più decreti legislativi al fine di semplificare e razionalizzare gli adempimenti dei contribuenti, nel rispetto dei principi costituzionali del concorso alle spese pubbliche, in ragione della capacità contributiva e dell’autonomia politica e finanziaria degli enti territoriali.
Il medesimo articolo al comma 149 fissava, con specifico riferimento alla finanza locale, i principi ed i criteri direttivi, cui doveva essere informata la revisione della disciplina dei tributi locali, prevedendo espressamente l’abolizione dei tributi locali indicati sotto la lettera e) del precitato comma 143, riconoscendo ai Comuni, giusta il disposto della lettera g) del medesimo comma 149, il potere di escludere l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità, ma nulla statuendo con riferimento all’ICI.
In particolare, il Governo, per quanto in questa sede può rilevare, veniva delegato ad emanare una disciplina che attribuisse ai Comuni ed alle Province il potere di regolamentare tutte le fonti delle entrate locali “nel rispetto dell’art. 23 della Costituzione, per quanto attiene alle fattispecie imponibili, ai soggetti passivi e all’aliquota massima, nonché alle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti”.
Nel caso, il Governo non si è attenuto ai limiti posti dalla delega, con la prescritta riserva di legge, nell’individuazione delle materie imponibili e dei soggetti passivi, avendo esonerato da imposizione soggetti (società) che la legge aveva espressamente escluso dal beneficio e beni, agli stessi
appartenenti, di inequivoca rilevanza fiscale sulla base della vigente normativa.
Conclusivamente la Corte ritiene che l’esaminata questione di illegittimità costituzionale sia rilevante e non manifestamente infondata, e che, pertanto, debba disporsi l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del giudizio.

P.q.m.

La Corte dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 59, comma I°, lett. c) del Decr. Leg.vo n. 446 del 15.12.1997, in relazione all’art. 7, comma I°, lett. i) del Decr. Leg.vo n. 504 del 1992, per contrasto con gli artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione.
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione della causa.
Ordina la notifica alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.