Ordinanza 30 aprile 2008
Tribunale Civile di Bari. Prima Sezione. Ordinanza 30 aprile 2008: “Ripartizione del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e possesso dei requisiti prescritti”.
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BARI – SEZIONE 1A CIVILE
IL GIUDICE
letto il ricorso ex artt. 700, 669 bis e ss. c.p.c., proposto dalla ASSOCIAZIONE CULTURALE ONLUS A. nei confronti della AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA; presa visione degli atti; sentite le parti; ha emesso la seguente
ORDINANZA
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
I. Con ricorso depositato il 10.3.2008 la ASSOCIAZIONE CULTURALE ONLUS A. esponeva:
• di essere un ente ONLUS iscritto negli elenchi di cui all’art. 10 del D.Lg. n. 460/1997;
• di voler accedere al beneficio dell’attribuzione del 5‰ dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ai sensi dell’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006;
• di avere in data 13.3.2007 proceduto, essendo in possesso dei requisiti prescritti, all’iscrizione nell’elenco dei soggetti di cui all’art. 1 comma 1234° lett. a) della L. n. 296/2006, trasmettendo la relativa domanda per via telematica all’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA – servizio telematico entratel, acquisendo il numero di protocollo 07031311474701464;
• che con missiva racc. a.r. essa ricorrente aveva trasmesso, in data 16.5.2007, all’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA la dichiarazione sostitutiva come prescritta dal D.P.C.M. 16.3.2007;
• che con comunicazione del 14.11.2007 l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, a seguito di verifiche effettuate, aveva riscontrato che l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007 risultava carente di copia del documento di identità del sottoscrittore nonché di copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione e per tali motivi aveva preannunciato avviso di rigetto dell’istanza ex art. 10 bis della L. n. 241/1990, con termine fino a 10 giorni dalla ricezione per la produzione di osservazioni eventualmente corredate da documenti;
• che con comunicazione del 29.11.2007 essa ricorrente, a riscontro del preavviso di rigetto dell’istanza notificato dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, aveva contestato ogni addebito relativo alle presunte carenze riscontrate dall’ente accertatore, in quanto sia la copia del documento di identità del sottoscrittore che la copia della ricevuta telematica di avvenuta trasmissione della domanda erano già state regolarmente inviate in uno all’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007;
• che ad ogni modo essa ricorrente aveva provveduto ad inoltrare nuovamente tutta la documentazione a corredo dell’autocertificazione a suo tempo inviata, con ciò integrando ogni eventuale carenza riscontrata, e nel contempo aveva dato notizia al Garante del Contribuente per la Regione Puglia dell’illegittimo ed arbitrario operato dell’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, il quale, in riscontro, aveva ammonito l’AGENZIA DELLE ENTRATE riconoscendo le legittime ragioni di essa ricorrente;
• che l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, noncurante delle indicazioni fornite dal Garante, ricevute le osservazioni e la documentazione prodotta da essa ricorrente, con nota del 5.12.2007 aveva comunicato la inidoneità della documentazione prodotta a sanare le carenze già riscontrate con precedente nota del 14.11.2007, al contempo preannunciando la notifica del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰;
• che con nota prot. n. 5522 del 28.1.2008, notificata l’8.2.2008, l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA aveva definitivamente escluso essa ricorrente dal beneficio del 5‰, adducendo a motivazione carenze di carattere procedurale vizianti l’istanza presentata, in quanto l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007 prodotta da essa ricorrente era sprovvista del documento di riconoscimento del rappresentante, previsto a pena di decadenza dal citato decreto;
• che la stessa AGENZIA DELLE ENTRATE, con circolari nn. 30/E/2007 e 57/E/2007, nello specificare che il provvedimento di diniego era ricorribile dall’interessato, aveva puntualizzato che la questione esulava dalle competenze delle Commissioni Tributarie, trattandosi di materia non contemplata dall’art. 2 del D.Lg. n. 546/1992;
• che la mancanza di un’attività discrezionale, tale da far individuare in capo al destinatario una posizione giuridica di diritto soggettivo (con D.P.C.M. del 20.1.2006 erano stati determinati sia l’an sia il quantum del beneficio), faceva individuare nel Giudice ordinario e non in quello amministrativo l’organo destinatario di eventuali ricorsi avverso i provvedimenti inerenti la cancellazione per mancanza dei presupposti fissati dalla norma, sicché si riteneva radicata la competenza dinanzi al Tribunale di Bari, essendo stato emesso dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA il provvedimento impugnato;
• che, trattandosi di procedimento amministrativo ad istanza di parte, l’Amministrazione avrebbe dovuto conformarsi in pieno al dettato normativo di cui alla L. n. 241/1990 in materia di procedimento amministrativo e non già attenersi unicamente al D.P.C.M. 16.3.2007, che aveva valenza meramente integrativa ed attuativa, nei limiti in cui non contrastasse con disposizioni di legge vigenti;
• che nel caso di specie il diniego era palesemente illegittimo, in quanto adottato in violazione di legge e specificamente:
o dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, poiché nel provvedimento di diniego dell’istanza l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA aveva indicato unicamente l’Autorità Giudiziaria alla quale ricorrere, in modo oltretutto generico, senza specificare l’Autorità competente né soprattutto il termine entro il quale ricorrere;
o dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, poiché l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, con il provvedimento di diniego, non aveva dato giustificazione delle ragioni per cui aveva ritenuto di non accogliere le osservazioni presentate e la documentazione prodotta da essa ricorrente con missiva del 29.11.2007 a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto, carenza motivazionale che determinava l’illegittimità del provvedimento;
o dell’art. 18 della L. n. 241/1990, poiché l’AGENZIA DELLE ENTRATE, curando direttamente la tenuta dell’Anagrafe ONLUS ai sensi dell’art. 11 del D.Lg. n. 460/1997, era già in possesso delle notizie richieste con l’autocertificazione, ragione per cui non poteva richiederle ad essa ricorrente, tanto più che il D.P.R. n. 445/2000, recante le norme in materia di autocertificazione, imponeva le formalità dettate all’art. 38 (tra cui, appunto, l’allegazione di copia fotostatica del documento di identità) soltanto in ipotesi di dichiarazione sostitutiva di atti di notorietà di cui all’art. 47, non anche nella diversa ipotesi di dichiarazioni sostitutive di certificazioni di cui all’art. 46, nel cui elenco comparivano proprio le attestazioni relative alla “iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche Amministrazioni”. Né a diversa conclusione poteva portare il D.P.C.M. 16.3.2007 (che aveva fissato un termine per la presentazione della documentazione, senza distinzione alcuna rispetto a quella già in possesso della P.A. ed al contempo aveva previsto l’allegazione di copia fotostatica del documento di identità alle dichiarazioni rese per accedere al beneficio in questione), posto che il riferimento operato dal D.P.C.M. circa l’allegazione fotostatica del documento di identità, accedendo ad un’interpretazione conforme alla L. n. 241/1990 ed al D.P.R. n. 445/2000, non poteva operare nel caso di specie, in cui si richiedeva la autocertificazione del possesso dei requisiti, cioè di fatti, qualità e stati soggettivi di cui l’Amministrazione richiedente era già in possesso, ragione per cui l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA avrebbe dovuto accertare d’ufficio i fatti, le qualità e gli stati soggettivi richiesti ad essa ricorrente, seppure richieste con le modalità della dichiarazione sostitutiva, di tal che le disposizioni del D.P.C.M. 16.3.2007 se di natura regolamentare erano da disapplicare (in quanto contrastanti con le norme di legge) e se interne all’Amministrazione non erano idonee ad incidere sulle posizioni soggettive dei terzi;
• che peraltro la giurisprudenza amministrativa univocamente sosteneva che la mancata allegazione della copia fotostatica del documento di identità del dichiarante non faceva mai discendere la nullità della dichiarazione, essendo sempre consentita la possibilità di regolarizzazione;
• che l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, nel proprio provvedimento di diniego ed esclusione dal beneficio in questione, riteneva che la carenza della copia fotostatica del documento d’identità del dichiarante configurasse una carenza di carattere procedurale grave ed insanabile, dimenticando che la forma era essenziale solo quando la legge (e non un D.P.C.M.) espressamente la considerasse tale;
• che l’art. 38 comma 3° del D.P.R. n. 445/2000 prevedeva in via alternativa che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà fosse sottoscritta in presenza del dipendente addetto o sottoscritta dal dichiarante ed accompagnata da un documento di identità del sottoscrittore e non comminava affatto la nullità, la decadenza o l’irricevibilità della dichiarazione per la mancata allegazione alla dichiarazione sottoscritta della copia del documento d’identità del sottoscrittore, fattispecie che anzi costituiva esempio tipico di regolarizzazione successiva, pacificamente ammessa dalla giurisprudenza amministrativa, attenendo detta regolarizzazione non al contenuto del documento, ma solo alla garanzia della sua provenienza, anche perché il documento di identità (in copia fotostatica) del sottoscrittore attestava esclusivamente la veridicità dei dati anagrafici del medesimo e attraverso essi la identità formale del sottoscrittore, quindi genuina provenienza che non consisteva in un altro e nuovo documento, bensì negli stessi elementi dichiarati pertinenti alla persona che aveva sottoscritto e semmai da identificare aliunde tramite la restante documentazione allegata all’istanza di parte presentata o già in possesso dell’Amministrazione richiedente o, in ultima istanza, appunto mediante la regolarizzazione con il deposito della copia mancante del documento di identità;
• che la copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore della dichiarazione non aveva dunque la funzione di documentare il possesso dei requisiti richiesti per accedere al beneficio del 5‰ dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui alla legge n. 296/2006 e solo l’attestazione del possesso di tali requisiti assumeva rilievo nel procedimento di ammissione al beneficio e solo la mancanza di tali requisiti legittimava un provvedimento di esclusione;
• che essa ricorrente aveva fondato motivo di ritenere che il proprio diritto all’ammissione al beneficio in questione fosse minacciato da un pregiudizio grave ed irreparabile in quanto, ai sensi dell’art. 1 comma 8° del D.P.C.M. 16.3.2007, entro il 31.3.2008 sarebbe stato pubblicato l’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio ai quali sarebbero spettate le quote del 5‰ loro direttamente destinate dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi, con la grave conseguenza che ai sensi dell’art. 6 comma 2° del D.P.C.M. 16.3.2007, ove il contribuente avesse indicato il nominativo di un soggetto non inserito negli elenchi definitivi, le somme corrispondenti al complesso delle quote del 5‰ destinate dai contribuenti con la loro firma sarebbero state ripartite tra i soggetti iscritti in elenco ed in proporzione delle devoluzioni ottenute;
• che in ragione della prospettata situazione di urgenza lo stesso Tribunale di Bari / sezione 1a civile, nel procedimento speciale sommario iscritto al n. 2443/2008 R.G., avente il medesimo oggetto, aveva ritenuto di dover emettere un decreto inaudita altera parte, ordinando all’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA l’inserimento del nominativo della cooperativa sociale onlus risorrente nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006;
• che dunque sussistevano i presupposti per ottenere il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., quali (1) la mancata ricorrenza di una ipotesi tutelabile mediante una misura cautelare tipica, (2) la necessità di tutelare un diritto soggettivo, (3) il carattere prodromico e strumentale rispetto alla instaurazione di una causa di merito finalizzata, tra l’altro, al risarcimento dei danni subiti dal provvedimento illegittimo di diniego, (4) la presenza di un periculum in mora costituito dalla inevitabile dispersione in danno di essa ricorrente delle quote del 5‰ ad essa devolute dai contribuenti tra i soggetti perseguenti le medesime finalità e risultanti iscritti alla data del 31.3.208 nell’elenco definitivo degli ammessi al beneficio, (5) il fumus boni juris rappresentato dalla documentazione allegata al ricorso nonché da quanto esposto in fatto e diritto;
tutto ciò esposto, chiedeva a questo Ufficio di voler, con decreto inaudita altera parte ovvero previa instaurazione del contraddittorio, così provvedere:
1. accertare la illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰ perché assunto in violazione di legge e segnatamente degli artt. 3 comma 4°, 10 bis, 18 commi 2° e 3° della L. n. 241/1990;
2. previa disapplicazione del medesimo, ordinare all’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA di inserire il nominativo di essa ricorrente nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006;
3. disporre tutte le misure ritenute più adeguate a dare concreta attuazione agli interessi e ai diritti esercitati da essa ricorrente, anche in ordine alle spese di giudizio.
II. Con decreto in data 17.3.2008 l’Ufficio, considerato che dalle circostanze allegate in ricorso e dalla documentazione prodotta dalla ricorrente emergeva, allo stato, la sussistenza del fumus boni juris e che altresì sussistente appariva il periculum in mora [atteso che l’art. 1 comma 8° periodo terzo del D.P.C.M. 16.3.2007 (in Gazz. Uff., 4 giugno, n. 127) prevedeva che “L’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio è pubblicato sul sito dell’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2008” (data la cui vicinanza giustificava l’emanazione del provvedimento inaudita altera parte, ai sensi dell’art. 669 sexies comma 2° c.p.c.)], ordinava alla AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA l’inserimento del nominativo della ASSOCIAZIONE CULTURALE ONLUS A. nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006 e fissava l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé per il giorno 31.3.2008, ore 12,15, per la conferma, la modifica o la revoca del provvedimento adottato col decreto, assegnando alla ricorrente termine perentorio fino al 25.3.2008 per la notificazione del ricorso e del decreto.
III. Con memoria difensiva depositata all’udienza del 31.3.2008 (solo in originale, senza copia per l’Ufficio) si costituiva in giudizio l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, eccependo (previa ricostruzione del quadro normativo di riferimento e più precisamente delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 337° della L. n. 266/2005, al D.P.C.M. 20.1.2006, all’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006 ed al D.P.C.M. 16.3.2007):
che la ricorrente in data 18.5.2007, dunque nel termine di cui al D.P.C.M. 16.3.2007, aveva inviato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ivi prescritta, ma alla stessa non aveva allegato copia del documento di identità del sottoscrittore della stessa;
che per tale carenza essa resistente, in ossequio a quanto previsto dalla circolare 22.5.2007 n. 30, con nota del 14.11.2007 aveva comunicato alla ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento della domanda, nel contempo invitandola a produrre eventuali osservazioni e successivamente, con nota del 28.1.2008, le aveva notificato il provvedimento di esclusione dal beneficio de quo;
che avverso detto provvedimento la ricorrente aveva proposto ricorso cautelare lamentando la violazione degli artt. 3 comma 4°, 10 bis e 18 della L. n. 241/1990;
che il ricorso si appalesava inammissibile, sia perché mancavano le conclusioni di merito (in violazione del carattere di ‘strumentalità’ proprio di ogni provvedimento cautelare, necessario anche dopo la recente riforma del processo cautelare) sia perché la ricorrente aveva richiesto la declaratoria di illegittimità del provvedimento amministrativo di esclusione dal beneficio principaliter e non in via meramente incidentale, ai fini dell’accertamento e del riconoscimento del diritto soggettivo del quale si invocava la tutela (diritto neppure dedotto, oltre che privo di qualsivoglia allegazione probatoria), senza omettere di considerare che era stato richiesto un provvedimento (ordinare l’inserimento nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5 per mille) nei confronti della P.A. (peraltro già concesso con il decreto del 17.3.2008, emesso inaudita altera parte) che veniva a paralizzare l’efficacia dell’atto amministrativo e si sostanziava, in definitiva, in una revoca del provvedimento amministrativo di esclusione, revoca inammissibile alla stregua dell’art. 4 della L. n. 2248/1865 all. E abolitiva del contenzioso amministrativo;
che il ricorso si appalesava altresì infondato, non sussistendo le violazioni delle disposizioni della L. n. 241/1990 lamentate e più precisamente:
o quella dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, in quanto l’inosservanza de qua, per quieta giurisprudenza, non inficiava la validità dell’atto, ma tutt’al più comportava sul piano processuale il riconoscimento della scusabilità dell’errore in cui fosse eventualmente incorso il ricorrente, senza sottacere che nel provvedimento di esclusione in questione era stata indicata l’Autorità cui ricorrere (l’Autorità Giudiziaria Ordinaria, ovvero il Giudice naturale dei diritti, con esclusione quindi dell’Autorità Giurisdizionale Amministrativa, del Giudice Tributario e del Giudice contabile), mentre ovviamente non era stato indicato alcun termine per la proposizione dell’azione non sussistendo in materia alcuna previsione normativa di decadenza della relativa domanda giudiziaria;
o quella dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, atteso che il provvedimento di diniego era stato preceduto dal preavviso di rigetto ex art. 10 bis cit. del 14.11.2007, nel quale erano state già comunicate alla ricorrente le ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza (mancanza di copia del documento di identità del sottoscrittore e della ricevuta telematica della trasmissione della domanda di iscrizione nell’elenco, ossia di atti ben precisi ed individuati che dovevano essere presentati, a pena di decadenza dal beneficio, entro un tempo preciso e determinato); che quindi era evidente che il contraddittorio era limitato al riscontro dell’avvenuta presentazione tempestiva o meno dei ridetti atti ovvero era diretto a consentire alla ricorrente di fornire la prova che effettivamente gli stessi erano stati allegati alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà entro la data prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007; che era altrettanto evidente che il provvedimento finale di diniego del beneficio richiesto, laddove giustificava il rifiuto con riferimento alla mancanza della copia del documento di identità del sottoscrittore della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (la cui allegazione contestuale alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà inviata per posta non era stata provata dall’Ente neanche in sede partecipativa) doveva ritenersi esaustivamente motivato; che, come esattamente sostenuto dalla ricorrente, la situazione giuridica soggettiva era di diritto soggettivo, in quanto il D.P.C.M. 20.1.2006 aveva determinato sia l’an sia il quantum del beneficio (ovvero sia i requisiti di accesso sia i criteri di determinazione), sicché la puntuale indicazione dell’elemento documentale mancante, la cui tempestiva allegazione era richiesta a pena di decadenza del diritto alla ripartizione della quota del 5 per mille sull’IRPEF, integrava esaustivamente le ragioni del mancato accoglimento dell’istanza di parte; che non poteva fondatamente sostenersi che il provvedimento di rigetto avrebbe dovuto specificare la palese inconsistenza e infondatezza delle osservazioni presentate dalla ricorrente il 29.11.2007, posto che la causa dell’esclusione del beneficio era la mancata allegazione della copia fotostatica del documento di identità entro la data prevista dal regolamento e posto che non era consentita una successiva regolarizzazione della documentazione prodotta, tanto più che con la nota del 29.11.2007 la ricorrente aveva formulato osservazioni solo ed esclusivamente sulla ritenuta non necessità di acquisizione della copia della ricevuta telematica ed aveva invocato una pretesa illegittimità dell’emanando provvedimento negativo per contrasto con lo Statuto del contribuente, mentre nulla di specifico aveva affermato e provato sull’avvenuta allegazione della copia del documento di identità, limitandosi a trasmetterla con la ripetuta nota; che, tenuto conto dell’assoluta inconsistenza delle su accennate osservazioni specialmente con riferimento alle norme dello Statuto del contribuente (irrilevanti nella vicenda, non essendovi un vero e proprio rapporto tributario tra la ricorrente ed essa resistente), pretendere che l’atto di esclusione dal beneficio de quo desse contezza delle ragioni di rigetto delle stesse era solo un maldestro tentativo per superare il dato incontrovertibile del mancato assolvimento dell’onere di allegazione documentale richiesto dal D.P.C.M. 16.3.2007; che con nota del 5.12.2007 essa resistente, preso atto della postuma trasmissione della copia del documento di identità e precisato che con il precedente foglio non era stata richiesta alcuna integrazione documentale ma piuttosto la dimostrazione e la prova della tempestiva allegazione del ridetto documento all’atto sostitutivo del provvedimento pubblico, aveva espressamente specificato che l’invio di tale documentazione non sanava la carenza già comunicata con la precedente nota, sicché non poteva dubitarsi che fosse stata data esaustiva contezza delle ragioni della determinazione negativa; che in ogni caso, anche a voler ipotizzare una presunta violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, comunque occorreva ricordare che, per la natura vincolata del provvedimento negativo, era palese che il suo contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (attesa la comminatoria di decadenza e il richiamo all’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 contenuti nell’art. 1 commi 5° e 6° del D.P.C.M. 16.3.2007), sicché, ai sensi dell’art. 21 octies della L. n. 241/1990, il provvedimento non era annullabile in sede giurisdizionale né era disapplicabile da parte del Giudice ordinario;
o quella dell’art. 18 commi 2° e 3° della L. n. 241/1990 e dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000, atteso che l’iscrizione all’Anagrafe ONLUS ex art. 11 del D.Lg. n. 460/1997 era effettuata su mera comunicazione della Organizzazione ed era nel contempo condizione per beneficiare delle agevolazioni previste dal D.Lg. n. 460/1997 e per essa resistente strumento di controllo sulla sussistenza dei requisiti formali per l’uso della denominazione ONLUS e sulla ricorrenza di eventuali cause di decadenza dalle ridette agevolazioni; che l’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000 riguardava solo ed esclusivamente le autocertificazioni relative alle ipotesi ivi tassativamente previste [tra cui quella relativa alla iscrizione in albi o in elenchi tenuti da Pubbliche Amministrazioni riportata alla lett. i) erroneamente invocata dalla ricorrente], mentre invece l’art. 1 comma 5° del D.P.C.M. 16.3.2007 richiedeva una dichiarazione, a pena di decadenza, sulla ‘persistenza’ (e non semplicemente sulla ‘sussistenza’), sino alla data ivi prevista, dei requisiti legislativamente previsti per la qualificazione dell’ente come ONLUS; che era evidente che detta dichiarazione era finalizzata ad attestare che i soggetti istanti, anche successivamente alla data di presentazione della domanda di iscrizione nell’apposito elenco tenuto da essa resistente, erano ancora rientranti nella categoria di coloro i quali, ex art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006, potevano compartecipare al beneficio del 5‰ del gettito IRPEF ed era altrettanto evidente che siffatta attestazione poteva essere rilasciata solo dal legale rappresentante dell’associazione, trattandosi di fatti a diretta conoscenza di questo, e non poteva gravare sull’Amministrazione finanziaria, posto che l’essere curatore dell’anagrafe ONLUS non consentiva ad essa resistente di verificare il requisito che l’istante era chiamato ad attestare con la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (la perdurante sussistenza del requisito soggettivo previsto dal citato art. 1), con la conseguenza che l’oggetto della dichiarazione sostitutiva non riguardava atti, fatti, qualità e stati soggettivi in possesso di essa resistente ovvero istituzionalmente detenuti da altre Amministrazioni pubbliche, bensì una circostanza alla quale essa resistente era del tutto estranea ed in relazione alla quale non disponeva di alcun documento; che dunque la fattispecie de qua rientrava non nell’art. 46 lett. i) del D.P.R. n. 445/2000, bensì nell’art. 47 del medesimo D.P.R., sicché legittimamente l’art. 1 comma 5° del D.P.C.M. 16.3.2007 richiedeva la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ex art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 e legittimamente l’art. 1 comma 6° del D.P.C.M. 16.3.2007 prescriveva l’allegazione della copia fotostatica di un documento di identità del sottoscrittore, rimandando l’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 all’art. 38 comma 3° del medesimo D.P.R., che tale allegazione richiedeva espressamente allorquando la sottoscrizione non fosse apposta in presenza del dipendente addetto (come nel caso di specie, in cui la dichiarazione de qua era stata spedita per posta); che la ricorrente non aveva corredato la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di copia fotostatica di un documento di identità del proprio legale rappresentante, di tal che era decaduta dall’ammissione al riparto della quota IRPEF ex art. 1 comma 6° del D.P.C.M. 16.3.2007; che l’omissione non era qualificabile come mera irregolarità, in quanto, come evidenziato dalla più recente giurisprudenza amministrativa, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà priva dell’allegazione del documento di identità del sottoscrittore era giuridicamente inesistente e non era suscettibile di regolarizzazione o integrazione postuma, di tal che essa resistente, rilevata la mancanza, non poteva fare altro che ritenere giuridicamente inesistente la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e conseguentemente escludere la ricorrente dal beneficio in questione; che la ricorrente aveva omesso di allegare la copia del documento di riconoscimento, poiché dalla stessa documentazione depositata dalla ricorrente poteva ragionevolmente dedursi che mentre la copia della ricevuta telematica era stata effettivamente acquisita agli atti del procedimento nei termini prescritti e che nella fase partecipativa susseguente al preavviso di rigetto la ricorrente aveva fornito la relativa prova, tanto che nel provvedimento finale non veniva fatta più alcuna menzione a siffatta causa di esclusione, ciò non era avvenuto per quanto riguardava la ripetuta copia fotostatica; che era significativo che nella nota del 29.11.2007 la ricorrente, a fronte di una dichiarazione espressa di mancanza di un preciso documento, proveniente da una P.A. e come tale dotata di presunzione sia pur semplice di legittimità e correttezza, si diffondesse sul dovere di integrazione documentale gravante su essa resistente, erroneamente richiamando lo Statuto del Contribuente, ed insistesse sul possesso, da parte di essa resistente, della copia della ricevuta telematica, mentre si limitava a premettere di aver allegato la copia della patente di guida senza circostanziare in alcun modo l’affermazione e a trasmetterne altra copia; che neanche nel giudizio cautelare la ricorrente prendeva una netta posizione sul punto e anziché provare o richiedere mezzi istruttori idonei a dimostrare l’avvenuta presentazione, nei termini, della ripetuta copia fotostatica e superare l’assunto di essa resistente, ammetteva che con la nota del 29.11.2007 aveva provveduto ad inoltrare tutta la documentazione, “con ciò integrando e sanando ogni eventuale carenza riscontrata”, ma con ciò non contestando l’effettiva carenza documentale riscontrata da essa resistente;
l’insussistenza del periculum in mora, sia perché il provvedimento di diniego non aveva modificato in nulla l’attuale situazione della ricorrente (difatti il provvedimento non aveva ristretto facoltà di cui il destinatario era già in possesso, ma aveva solo impedito l’accesso ad un beneficio di cui il destinatario non godeva in precedenza: dunque il provvedimento ledeva solo interessi di natura pretensiva e non interessi di natura oppositiva, rispetto ai quali ultimi gli spazi per la tutela cautelare erano di gran lunga più ristretti) sia perché non poteva parlarsi di pregiudizio irreparabile nelle ipotesi di danno patrimoniale come quello paventato dalla ricorrente (il danno era adeguatamente riparabile mediante congruo risarcimento in sede di giudizio ordinario di cognizione, nel quale sarebbe stato facilmente determinabile l’importo spettante alla ricorrente qualora inserita nell’elenco dei beneficiari, posto che il mancato inserimento in detto elenco non impediva ai contribuenti di indicare l’ente prescelto);
tutto ciò eccepito, chiedeva a questo Ufficio di rigettare la domanda cautelare proposta con il ricorso depositato il 10.3.2008, previa revoca del decreto 17.3.2008, perché inammissibile, infondata e non provata.
Al termine dell’udienza l’Ufficio, sentite le parti, riservava la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
IV. La giurisdizione.
Innanzitutto appare opportuno porre in evidenza che nessun dubbio può esservi sulla giurisdizione del Giudice ordinario (questione, pervero, non sollevata dalla resistente, ma che è comunque opportuno affrontare brevemente, sia perché la sussistenza del difetto di giurisdizione è rilevabile anche ex officio sia perché in altro procedimento pendente dinanzi a questo Ufficio, avente per oggetto vicenda identica ed iscritto pochi giorni prima di questo procedimento , la resistente ha eccepito formalmente il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario).
Invero non è seriamente discutibile, ad avviso di questo Ufficio, che nella specifica materia qui in esame (pacificamente non rientrante nella giurisdizione del Giudice tributario, stante il tenore dell’art. 2 del D.Lg. n. 546/1992, né dell’altro Giudice amministrativo ‘speciale’, ossia del Giudice contabile) la Pubblica Amministrazione non è dotata di alcun potere discrezionale (difatti il D.P.C.M. 20.1.2006 ed il D.P.C.M. 16.3.2007, decreti entrambi di natura non regolamentare , hanno determinato in modo puntuale sia l’an sia il quantum del beneficio in questione, previsto dapprima dall’art. 1 comma 337° della L. n. 266/2005, in via sperimentale, e poi dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006, sì da rendere completamente vincolata l’azione della P.A.), di tal che, una volta verificata l’oggettiva esistenza dei presupposti fissati per la partecipazione alla ripartizione della quota del 5‰ dell’IRPEF, l’accesso dell’interessato al beneficio non può essere negato dalla Amministrazione pubblica.
Ne consegue che la posizione soggettiva di chi sia interessato a partecipare alla ripartizione del 5‰ dell’IRPEF va giuridicamente qualificata non come interesse legittimo (la cui tutela è devoluta, in via generale, al Giudice amministrativo), bensì come diritto soggettivo (la cui tutela è sempre devoluta al Giudice ordinario, tranne che nelle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, tuttavia non ravvisabile nella specie).
Del resto la stessa resistente, in questo procedimento, ha significativamente mostrato di condividere in pieno quanto sopra esposto, affermando che giustamente nel provvedimento di esclusione del 28.1.2008 era stata indicata l’Autorità Giudiziaria Ordinaria come Autorità cui ricorrere, essendo il Giudice ordinario il Giudice naturale dei diritti, con esclusione quindi dell’Autorità Giurisdizionale Amministrativa (T.A.R. e C.d.S.), del Giudice Tributario (Commissioni Tributarie) e del Giudice Contabile (Corte dei Conti) .
V. L’eccezione preliminare.
V.A. Va ora esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla resistente per tre ordini di ragioni: perché nel ricorso mancherebbero le conclusioni di merito (in violazione del carattere di ‘strumentalità’ proprio di ogni provvedimento cautelare, necessario anche dopo la recente riforma del processo cautelare); perché la ricorrente avrebbe chiesto dichiararsi la illegittimità del provvedimento amministrativo principaliter e non in via meramente incidentale, ai fini dell’accertamento e del riconoscimento del tutelando diritto soggettivo (diritto neppure dedotto, oltre che privo di qualsivoglia allegazione probatoria); perché il provvedimento invocato dalla ricorrente nei confronti della P.A. (ordine di inserimento del nominativo nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5 per mille) si sostanzierebbe in una revoca del provvedimento amministrativo (vietata dall’art. 4 della L. n. 2248/1865 all. E abolitiva del contenzioso amministrativo).
V.B. L’eccezione, pur suggestivamente articolata, è infondata.
V.B.1. Dal ricorso emerge chiaramente che la domanda cautelare proposta è prodromica e strumentale alla (eventuale) instaurazione di un giudizio di merito avente per oggetto l’accertamento del diritto della ricorrente di percepire le somme rivenienti dalla partecipazione al riparto della quota del 5‰ dell’IRPEF, oltre alla condanna della resistente al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della esclusione (in forza di provvedimento illegittimo) dal beneficio de quo.
A ciò deve aggiungersi che la strumentalità necessaria tra fase cautelare e fase di merito è stata oggettivamente attenuata con la recente riforma del codice di rito civile (cfr. novellato art. 669 octies c.p.c., che ha reso la fase di merito solo ‘eventuale’ nel caso di provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c. nonché nei casi di provvedimenti cautelari ex artt. 1171-1172 c.c. e più in generale di provvedimenti “idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito”), sicché, anche sotto tale profilo, le indicazioni contenute nel ricorso introduttivo appaiono più che sufficienti.
V.B.2. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità della domanda cautelare sotto gli altri due profili evidenziati dalla resistente [ad avviso della resistente, come sopra ricordato, la ricorrente per un verso avrebbe richiesto la declaratoria di illegittimità del provvedimento amministrativo di esclusione dal beneficio principaliter e non incidenter tantum, ai fini dell’accertamento e del riconoscimento del preteso diritto soggettivo (non provato e nemmeno dedotto), e per altro verso avrebbe richiesto un provvedimento nei confronti della P.A. (ordinare l’inserimento nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰) idoneo a paralizzare l’efficacia dell’atto amministrativo e tale da sostanziarsi in una revoca del provvedimento amministrativo di esclusione (in violazione del divieto di cui all’art. 4 della L. n. 2248/1865 all. E)].
V.B.2.a. Quanto al primo profilo, si osserva che la ricorrente non ha affatto chiesto di dichiarare puramente e semplicemente l’illegittimità del provvedimento amministrativo del 28.1.2008, ma ha solo chiesto di accertare l’illegittimità del provvedimento di esclusione, in via incidentale, ai fini non dell’annullamento dell’atto (tale potere, fatte salve le eccezioni previste dall’ordinamento, spetta in via generale solo al Giudice amministrativo), bensì della sua disapplicazione (perché non conforme alla legge: cfr. art. 5 della L. n. 2248/1865 all. E), in funzione del riconoscimento dell’insussistenza delle condizioni per la propria cancellazione dall’elenco definitivo dei soggetti ammessi al riparto del 5‰ dell’IRPEF e, di conseguenza, della tutela del proprio diritto di percepire le somme rivenienti dalla partecipazione al beneficio de quo.
V.B.2.b. Quanto al secondo profilo, si osserva che esso non appare condivisibile per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo perché con il provvedimento invocato dalla ricorrente non viene a disporsi alcuna ‘revoca’ del provvedimento di diniego del 28.1.2008, ma più semplicemente viene ad ordinarsi alla P.A. di non porre in essere, in esecuzione del provvedimento ‘illegittimo’, un comportamento ‘illecito’ (la cancellazione della ricorrente dall’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ ai sensi dell’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006), tale da vanificare il diritto della ricorrente di partecipare al riparto del 5‰ dell’IRPEF (diritto soggettivo perfetto perché attribuito ai beneficiari direttamente dalla legge, senza attribuzione alla P.A. di ‘poteri discrezionali’).
In secondo luogo perché la stessa resistente, nel provvedimento di diniego del 28.1.2008, testualmente scrisse che “avverso il presente provvedimento di diniego è ammesso ricorso all’Autorità Giudiziaria Ordinaria”: ebbene, se si impedisse al Giudice ordinario, una volta accertata (in via incidentale) l’illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰, di pronunciarsi (in via principale) sull’illiceità del comportamento posto in essere dalla P.A. in esecuzione del provvedimento illegittimo (comportamento consistente nella “materiale cancellazione” del nominativo della ricorrente dall’elenco definitivo pubblicato sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE) e conseguentemente di adottare i provvedimenti idonei a prevenire la lesione del diritto soggettivo dell’istante (è lampante che l’ordine di “inserire” il nominativo della ricorrente nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ ai sensi dell’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006, impartito da questo Ufficio inaudita altera parte con il decreto del 17.3.2008, va più correttamente inteso come ordine di “non cancellare” il nominativo della ricorrente dal predetto elenco prima della prescritta pubblicazione sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE), non è dato comprendere allora in che cosa potrebbe consistere la tutela giurisdizionale del diritto soggettivo della ricorrente davanti al Giudice ordinario (tutela non contestata ed anzi pienamente riconosciuta dalla P.A. nel provvedimento del 28.1.2008 e persino nella memoria difensiva depositata all’udienza del 31.3.2008), considerato che tale tutela, opinando nel senso propugnato dalla resistente, finirebbe con l’essere del tutto fittizia ed apparente (infatti, a tutto voler concedere, essa si risolverebbe in una tutela puramente risarcitoria, tuttavia di difficile – se non addirittura impossibile – attuazione concreta per le ragioni che saranno più oltre evidenziate).
VI. Il merito.
Nel merito, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Per ragioni di chiarezza espositiva, le questioni saranno esaminate nel medesimo ordine seguito dalle parti.
VI.A. L’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990.
La ricorrente ha sostenuto l’illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰ emesso in data 28.1.2008 dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA per violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, avendo la resistente omesso per un verso di specificare l’Autorità competente a ricevere il ricorso avverso il provvedimento di diniego e per altro verso omesso di indicare il termine entro il quale ricorrere.
L’asserto non è fondato.
L’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990 recita: “In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere”.
Orbene, nel provvedimento di esclusione del 28.1.2008 la resistente indicò alla ricorrente l’Autorità cui poter ricorrere (il Giudice ordinario), sicché non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, non risultando necessaria, ai fini dell’osservanza della disposizione de qua, anche la specificazione dell’organo giudiziario ‘competente’ a ricevere il ricorso (e senza omettere di considerare che la ricorrente ha correttamente presentato il ricorso al Tribunale di Bari, ossia al Giudice ‘competente’ per materia e per territorio, di tal che il lamentato vizio non ha comunque impedito all’atto di raggiungere lo scopo cui era destinato).
Parimenti non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990 per la mancata indicazione del termine per ricorrere, considerato che chiaramente la disposizione de qua trova applicazione solo nei casi in cui per proporre ricorso sia stabilito un termine perentorio (ossia un termine “a pena di decadenza”): il che, nel caso in esame, non è.
Ne consegue che nella fattispecie non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990.
Ma anche se si volesse diversamente opinare, comunque non potrebbe non rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità e quella amministrativa hanno chiarito (con insegnamento che appare pienamente condivisibile, sicché non vi sarebbe ragione di discostarsene) che la mancata indicazione nell’atto amministrativo del termine d’impugnazione e dell’organo dinanzi al quale può essere proposto ricorso, prevista dall’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, non inficia la validità dell’atto, ma comporta sul piano processuale il riconoscimento della scusabilità dell’errore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente, con conseguente riammissione in termini per l’impugnativa, ove questa sia stata proposta tardivamente (ipotesi peraltro non ricorrente nella fattispecie, atteso che la ricorrente non è incorsa in errore alcuno né ha agito tardivamente, come già in precedenza evidenziato).
VI.B. L’art. 10 bis della L. n. 241/1990.
VI.B.1. La ricorrente ha sostenuto l’illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰ emesso in data 28.1.2008 dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA per violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, avendo la resistente omesso, nella motivazione del predetto provvedimento, di dare ragione del mancato accoglimento delle osservazioni presentate da essa ricorrente a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto da parte della resistente.
VI.B.2. L’asserto è fondato.
VI.B.3. L’art. 10 bis della L. n. 241/1990 (inserito dall’art. 6 della L. n. 15/2005) recita: “Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali”.
VI.B.4. Ciò premesso in punto di diritto, si rileva in punto di fatto che dalla documentazione prodotta dalle parti emerge quanto segue:
con nota in data 14.11.2007 la resistente comunicò alla ricorrente “che a seguito di verifiche effettuate l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. in oggetto [D.P.C.M. 16.3.2007 (N.d.G.)], inviata da codesto Ente, risulta essere: Carente di copia del documento di identità del sottoscrittore. Carente di copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione”.
La resistente, con la medesima nota, comunicò alla ricorrente che tale circostanza costituiva “ostacolo all’accoglimento della domanda di attribuzione del 5‰” e che la ricorrente avrebbe potuto “produrre, entro 10 giorni dalla ricezione …, eventuali osservazioni”;
con missiva in data 29.11.2007 la ricorrente contestò le carenze rilevate dalla resistente con la nota del 14.11.2007, evidenziando che all’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007, inviata alla resistente in data 16.5.2007 con raccomandata a.r. n. 12999631291-7, erano state allegate “sia la copia del documento di identità del sottoscrittore, sia la ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione”. La ricorrente, ad ogni buon conto, allegò alla missiva “copia di tutta la documentazione già inviata e precisamente: ° fotocopia dell’autocertificazione; ° copia della raccomandata nr. 12999631291-7 e ricevuta di ritorno; ° fotocopia della patente del rappresentante legale Sig. Franco Perna; ° copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione tramite intermediario” e nel contempo sottolineò che l’esclusione del beneficio in oggetto, per le cause sopra evidenziate, era da ritenersi illegittima ed arbitraria “poiché la documentazione cartacea che a Voi non risulta allegata è di fatto già in vostro possesso in quanto la ricevuta telematica è stata rilasciata dalla Vs. Amministrazione tramite l’intermediario dr. Nerina Napoletano” e perché “L’esclusione dal beneficio inoltre è in netto contrasto con le norme a tutela del Contribuente, così come previsto dallo Statuto del Contribuente art. 6 e 10 e altri”;
con atto in data 28.1.2008 la resistente adottò il provvedimento finale, del seguente tenore testuale:
o “Vista l’istanza prodotta da codesto Ente tendente ad ottenere l’ammissione al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1, comma 1234, della legge 27.12.2006 n. 296;
o Visto il D.P.C.M. del 16 marzo 2007, attuativo della predetta legge;
o Considerato che l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007, prodotta da codesto Ente, risulta essere sprovvista del documento di riconoscimento del rappresentante, previsto a pena di decadenza dalla citata normativa;
o Considerato che questo Ufficio ha già fatto presente tale circostanza con comunicazione ritualmente notificata;
o Ritenuta la rilevanza di tale carenza procedurale
DISPONE
l’esclusione dal beneficio del 5‰”.
VI.B.4. Orbene, è sufficiente la semplice lettura degli atti suindicati per rendersi conto agevolmente di come l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, nella motivazione del provvedimento reiettivo del 28.1.2008, non diede alcuna ragione del mancato accoglimento delle osservazioni (tempestivamente) presentate dalla ASSOCIAZIONE CULTURALE ONLUS A., in palese violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 (che a tale specifica motivazione la obbligava).
L’omissione appare tanto più grave perché, a fronte delle osservazioni della ricorrente (che nella missiva del 29.11.2007 – e nelle successive missive – aveva affermato, contestando recisamente le carenze rilevate dalla resistente nel ‘preavviso’ di esclusione del 14.11.2007, di avere ab origine inviato sia la copia del documento d’identità del sottoscrittore dell’autocertificazione sia la copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione), la resistente, nel provvedimento del 28.1.2008, non spese alcuna parola per spiegare come mai la copia della ricevuta telematica, indicata come “carente” (ossia “mancante”) nella nota del 14.11.2007 (tanto da costituire circostanza ostativa all’accoglimento della domanda di accesso al beneficio, unitamente alla carenza della copia del documento di identità del sottoscrittore), non fosse più da ritenersi motivo di esclusione dal beneficio.
Tale carenza motivazionale appare tutt’altro che marginale, poiché, in mancanza di qualsivoglia chiarimento sul punto da parte della resistente (non solo doveroso ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, ma opportuno proprio per dissipare qualunque equivoco, stante il tenore delle osservazioni presentate dalla ricorrente), non può davvero escludersi che la resistente ‘rinvenne’, dopo averla ‘smarrita’, la ricevuta telematica tempestivamente trasmessa dalla ricorrente: ed è evidente che ciò, se accaduto per la ricevuta telematica, potrebbe essere accaduto anche per la fotocopia del documento di identità del sottoscrittore della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, sì da rendere tutt’altro che inverosimile quanto sostenuto dalla ricorrente (ossia di avere tempestivamente trasmesso alla resistente non solo la ricevuta telematica, ma anche la copia del documento di identità del sottoscrittore della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio), con conseguente illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio.
Ad ogni buon conto, è indubitabile che la resistente avrebbe dovuto specificamente confutare, nel provvedimento del 28.1.2008, le osservazioni presentate dalla ricorrente, chiarendo non solo il punto oscuro di cui sopra s’è detto, ma spiegando altresì le ragioni per le quali i motivi di illegittimità ed arbitrarietà dell’esclusione dal beneficio evidenziati dalla ricorrente nella propria missiva del 29.11.2007 fossero da ritenersi infondati.
Ma ciò la resistente si guardò bene dal fare, tanto da far persino dubitare che le osservazioni della ricorrente fossero state lette e/o prese in considerazione prima dell’emissione del provvedimento di rigetto (invero nel provvedimento del 28.1.2008 non v’è menzione alcuna, neanche per relationem, tanto della missiva in data 29.11.2007 della ricorrente quanto, comunque, delle osservazioni presentate dalla ricorrente a seguito del ‘preavviso’ di esclusione in data 14.11.2007 ad essa comunicato dalla resistente).
VI.B.5. L’evidenziata carenza motivazionale pone indubbiamente il provvedimento del 28.1.2008 in contrasto con l’art. 10 bis della L. n. 241/1990, con conseguente sua illegittimità per violazione di legge.
VI.B.6. A diversa conclusione non può portare la tesi della resistente, secondo cui, trattandosi di dispositivo di atto a natura ‘vincolata’, il provvedimento non sarebbe annullabile da parte del Giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 21 octies della L. n. 241/1990 (inserito dall’art. 14 comma 1° della L. n. 15/2005), e di conseguenza non sarebbe disapplicabile da parte del Giudice ordinario.
La tesi non appare condivisibile per almeno tre ordini di ragioni.
In primo luogo, perché l’art. 21 octies della L. n. 241/1990 (il quale, dopo avere disposto al comma 1° che “È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”, ha – tra l’altro – precisato al comma 2° che “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”) chiaramente si rivolge esclusivamente al Giudice amministrativo, titolare del potere di “annullare” gli atti amministrativi illegittimi, a differenza del Giudice ordinario, che, escluse talune ipotesi (di carattere ‘eccezionale’), può solo ‘disapplicare’ gli atti amministrativi non conformi alle leggi ai sensi degli artt. 4 e 5 della L. n. 2248/1865 all. E (che poi è la ragione per la quale l’accertamento dell’illegittimità dell’atto amministrativo è condotto principaliter dal Giudice amministrativo e solo incidenter tantum dal Giudice ordinario).
In secondo luogo, perché la circostanza che il provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti non sia ‘annullabile’ (sempre che ricorra la particolare condizione di cui al comma 2° dell’art. 21 octies cit., su cui si tornerà tra poco) non esclude affatto che ci si trovi pur sempre in presenza di un provvedimento ‘illegittimo’ (perché “non conforme alla legge”) , di tal che non v’è ragione alcuna per affermare l’insussistenza in capo al Giudice ordinario, in tal caso, del potere di disapplicazione di cui all’art. 5 della L. n. 2248/1865 all. E (esercitabile in tutti i casi in cui “gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali” non “siano conformi alle leggi”).
In terzo luogo, perché a fronte delle osservazioni presentate dalla ricorrente (che, è bene ribadire, nella missiva del 29.11.2007 aveva sostenuto di avere regolarmente trasmesso entrambi i due documenti la cui carenza era stata ‘contestata’ dalla resistente con il ‘preavviso’ di esclusione del 14.11.2007), la motivazione serviva proprio a chiarire (tra l’altro) se realmente la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà fosse stata inviata dalla ricorrente senza la copia fotostatica di un documento di identità del sottoscrittore (dunque in violazione del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del D.P.R. n. 445/2000): a ben vedere, quindi, la carenza motivazionale del provvedimento del 28.1.2008 è di tale natura e rilevanza da non consentire affatto di affermare che palesemente “il suo contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, viceversa rimanendo il dubbio, anche alla luce della documentazione prodotta dalla ricorrente, circa la sussistenza di un diverso quadro fattuale (che non può essere escluso con certezza proprio in ragione dell’evidenziato deficit motivazionale), a fronte del quale il contenuto dispositivo del provvedimento del 28.1.2008 sarebbe potuto essere diverso.
VI.C. Alla ‘accertata’ (ovviamente nei limiti della sommarietà della cognizione propri del presente procedimento) illegittimità del provvedimento di esclusione del 28.1.2008 per violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 (accertamento che rende superflua ogni ulteriore verifica in ordine all’eventuale illegittimità dell’atto anche per la dedotta violazione dell’art. 18 commi 2° e 3° della L. n. 241/1990) consegue la disapplicazione del provvedimento, ai sensi dell’art. 5 della L. n. 2248/1865 all. E, di tal che è da ritenersi contra jus la cancellazione della ricorrente dall’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio de quo (da pubblicarsi sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE) posta in essere in esecuzione di detto provvedimento.
VI.D. Ad avviso dell’Ufficio, oltre al fumus boni juris, sussiste anche il periculum in mora.
L’art. 5 del D.P.C.M. 16.3.2007 stabilisce (tra l’altro) che il contribuente può destinare la quota del 5‰ della sua imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma in uno dei tre appositi riquadri presenti nei modelli di dichiarazione, corrispondenti rispettivamente alle tre finalità individuate dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006 .
Il medesimo articolo stabilisce poi che il contribuente, negli appositi riquadri, può indicare altresì il codice fiscale dello specifico soggetto cui intende destinare direttamente la quota del 5‰ della sua imposta sul reddito delle persone fisiche ed in tal caso il codice fiscale è tratto dagli elenchi di cui agli artt. 1 e 2 del medesimo D.P.C.M. (ossia dagli appositi elenchi tenuti dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, l’iscrizione ai quali è subordinata all’adempimento delle formalità previste nei predetti articoli).
L’art. 6 del D.P.C.M. 16.3.2007, a sua volta, stabilisce (tra l’altro): che ai soggetti di cui alla lettera a) del comma 1234 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, definitivamente individuati ai sensi dell’art. 1 comma 8° del medesimo D.P.C.M. (ossia mediante inserimento nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio pubblicato sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE entro il 31.3.2008), spettano le quote del 5‰ loro direttamente destinate dai contribuenti che, oltre ad aver apposto la firma ai sensi dell’art. 5 comma 1° del D.P.C.M. 16.3.2007, abbiano altresì indicato il codice fiscale dei soggetti ai sensi del comma 2° del medesimo articolo ; che, fermo restando quanto previsto al comma 1° (ossia il diritto dei beneficiari di ricevere le quote loro direttamente destinate dai contribuenti mediante apposizione della firma ed indicazione del codice fiscale del soggetto beneficiario) ed all’art. 5 comma 3° del D.P.C.M. 16.3.2007 (ipotesi di cui non v’è qui ragione di occuparsi), ove il contribuente non abbia indicato alcun codice fiscale ai fini della destinazione diretta del 5 per mille ovvero abbia indicato un codice fiscale che risulti errato o riferibile ad un soggetto non inserito nei citati elenchi, le somme corrispondenti al complesso delle quote del 5 per mille destinate dai contribuenti, con la loro firma, ad una delle finalità di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1234 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, sono ripartite, nell’ambito delle medesime finalità, in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del codice fiscale, conseguite da ciascuno dei soggetti presenti negli elenchi .
Orbene, così ricostruito il quadro di riferimento, è di tutta evidenza che la cancellazione della ricorrente dall’elenco di cui all’art. 1 del D.P.C.M. 16.3.2007 costituisce pregiudizio imminente ed irreparabile in quanto idoneo a vanificare, totalmente o parzialmente, la tutela in via ordinaria del diritto della ricorrente di partecipare al riparto del 5‰, per la semplice ragione che l’esclusione dall’elenco renderebbe sostanzialmente impossibile calcolare ex post sia quanti contribuenti avrebbero scelto di destinare direttamente alla ricorrente il 5‰ della loro imposta sul reddito delle persone fisiche (invero è ragionevole pensare che molti contribuenti, verificato il mancato inserimento della ricorrente nell’elenco de quo, consultabile on line, potrebbero decidere di destinare ad altri Enti la quota che, nel caso di presenza della ricorrente nell’elenco, avrebbero invece specificamente destinato a quest’ultima ai sensi degli artt. 5 commi 1° e 2° e 6 comma 1° del D.P.C.M. 16.3.2007) sia, di conseguenza, quale sarebbe stata la ‘parte’, sul totale delle quote del 5‰, spettante alla ricorrente ai sensi dell’art. 6 comma 2° del D.P.C.M. 16.3.2007 (la ripartizione, infatti, è fatta in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette, sicché dalla totale mancanza delle prime discenderebbe la perdita della seconda).
È di tutta evidenza, dunque, che nel provvedimento del 28.1.2008 (con cui fu disposta la esclusione della ricorrente dal riparto delle somme del 5‰ dell’IRPEF, da eseguirsi materialmente depennando il nominativo di detta parte dall’elenco definitivo da pubblicarsi entro il 31.3.2008 ai sensi dell’art. 1 comma 8° periodo terzo del D.P.C.M. 16.3.2007) è ravvisabile un pregiudizio non solo imminente (per le ragioni ‘temporali’ testé spiegate), ma anche irreparabile (in quanto nel giudizio di merito, una volta accertata l’insussistenza dei presupposti per escludere la ricorrente dall’accesso al beneficio de quo, risulterebbe oggettivamente difficile, se non addirittura impossibile, provare in concreto il danno subito, senza dimenticare l’irreparabilità del pregiudizio che la ricorrente potrebbe subire medio tempore a causa del mancato ottenimento delle quote del 5‰ dell’IRPEF, considerato che ciò potrebbe impedire ad essa, cooperativa sociale ONLUS, di raggiungere i propri scopi sociali, danno che appare insuscettibile di ‘ristoro’ attraverso un mero risarcimento patrimoniale).
VI.E. In conclusione, essendo ravvisabili sia il fumus boni juris sia il periculum in mora, il ricorso va accolto, di tal che, a conferma dei provvedimenti emanati inaudita altera parte con decreto in data 17.3.2008, va ordinato alla resistente di non depennare la ricorrente dall’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio della partecipazione al riparto della quota del 5‰ dell’IRPEF, da pubblicarsi sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE.
VII. Le spese processuali.
La particolarità della vicenda in esame e l’oggettiva specificità delle questioni sollevate dalle parti in punto di diritto ed in punto di fatto giustificano la compensazione, per intero, delle spese di procedura (su cui, a seguito della riforma dell’art. 669 octies c.p.c. operata dal D.L. n. 35/2005, convertito con modificazioni nella L. n. 80/2005, deve provvedersi, senza fissare un termine perentorio per l’inizio del giudizio di merito, trattandosi di procedimento instaurato successivamente all’1.3.2006), ai sensi dell’art. 92 comma 2° c.p.c.
P.Q.M.
pronunciando sulla domanda cautelare ex artt. 700, 669 bis e ss. c.p.c. proposta dalla ASSOCIAZIONE CULTURALE ONLUS A., con ricorso depositato il 10.3.2008, nei confronti della AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, così provvede:
1. accoglie la domanda e, per l’effetto, conferma i provvedimenti emanati con proprio decreto in data 17.3.2008, nei sensi precisati sub VI.E. della parte motiva della presente ordinanza;
2. compensa, per intero, le spese di procedura tra le parti.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.
Bari, 30 aprile 2008.
IL GIUDICE
DOTT. MICHELE PRENCIPE
Autore:
Tribunale Civile
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Irpef, Onlus, Autocertificazione, Finanziamenti statali, Enti no profit, Cinque per mille, Imposta sul reddito delle persone fisiche
Natura:
Ordinanza