Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 8 Novembre 2005

Ordinanza 29 luglio 2005, n.347

Ordinanza 29 luglio 2005, n. 347: “Adozione internazionale da parte di persone non coniugate”.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

– Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
– Guido NEPPI MODONA Giudice
– Annibale MARINI Giudice
– Franco BILE Giudice
– Giovanni Maria FLICK Giudice
– Francesco AMIRANTE Giudice
– Ugo DE SIERVO Giudice
– Romano VACCARELLA Giudice
– Paolo MADDALENA Giudice
– Alfio FINOCCHIARO Giudice
– Alfonso QUARANTA Giudice
– Franco GALLO Giudice

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 29 bis (introdotto dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476), 31, secondo comma, 35 primo comma, 36 primo e secondo comma, e 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), promosso con ordinanza del 1° ottobre 2003 dal Tribunale per i minorenni di Cagliari sul ricorso proposto da D.A., iscritta al n. 647 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale dell’anno 2004.

Udito nella camera di consiglio del 25 maggio 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto

che il Tribunale per i minorenni di Cagliari, nel corso di un procedimento promosso da D.A. e tendente ad ottenere la dichiarazione di idoneità alla adozione della minore R.N., di nazionalità bielorussa, ai sensi dell’art. 44, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), con ordinanza 1° ottobre 2003 (reg. ord. n. 647 del 2004) ha nuovamente sollevato, d’ufficio, questione di legittimità costituzionale dell’art. 29-bis della predetta legge, come introdotto dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri) e delle norme collegate, individuate negli artt. 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44 della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui escludono la possibilità di ottenere la idoneità alla adozione internazionale, in casi particolari, alle persone singole e, quindi, di perfezionare la adozione internazionale in Italia, per violazione degli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione;

che il Tribunale ha premesso che questa Corte, pronunziandosi su identica questione sollevata nella stessa controversia, con ordinanza n. 85 del 2003, l’aveva dichiarata manifestamente inammissibile sulla base del rilievo che il generico richiamo, nell’ordinanza di rimessione, a “norme collegate” da dichiarare incostituzionali, senza possibilità di individuarle sulla base dell’ordinanza stessa, determinava la violazione dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non risultando sufficiente a dare ingresso all’esame della questione sollevata;

che la Signora D.A. intende adottare la minore R.N., di nazionalità bielorussa, con la quale è affettivamente legata ormai da molti anni;

che la minore, dell’età dodici anni, si trova in stato di abbandono in un orfanotrofio della Repubblica di Belarus, per essere stata tolta ai genitori la potestà genitoriale; che ha due fratelli, di sedici e diciassette anni, l’uno detenuto e l’altro in orfanotrofio; che è bisognosa di serie e tempestive cure, anche chirurgiche, per grave patologia dell’udito;

che dalla certificazione rilasciata il 24 settembre 2001 dal Centro nazionale di adozioni della Repubblica bielorussa, non risultano pervenute richieste di adozione della minore da parte di cittadini bielorussi;

che, secondo l’ordinamento di quel Paese, il decreto di adozione potrebbe essere emesso dal competente Tribunale della Repubblica bielorussa, a condizione che gli aspiranti adottanti non richiedano che sia conservata la segretezza dell’adozione e che non siano impediti i contatti con i fratelli;

che, in sostanza, l’adozione della minore potrebbe avvenire in Bielorussia con le forme dell’adozione italiana in casi particolari, che non rompe i rapporti con la famiglia di origine, e non conserva la segretezza (art. 44, lettera d, della legge n. 184 del 1983);

che l’adozione potrebbe dunque avvenire in Bielorussia, come in Italia, qualora la minore fosse cittadina italiana residente in Italia, considerando che lo stato di salute della minore ed il rapporto consolidato con la richiedente renderebbe impossibile l’affidamento preadottivo a terzi;

che in Italia, come in Bielorussia, tale adozione potrebbe avvenire anche a favore di persone singole;

che, a tale proposito, la ricorrente, pur non coniugata, è stata ritenuta dai competenti servizi sociali in possesso di risorse personali e familiari per accudire un minore in stato di abbandono ed offrirgli valide opportunità di crescita in ambiente accogliente e ricco di stimoli;

che la Bielorussia richiede la dichiarazione di idoneità all’adozione, della ricorrente, ai sensi dell’art. 5 della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993, trattandosi di adozione che deve avere effetti all’estero;

che la questione appare rilevante perché, se l’art. 29-bis della legge n. 184 del 1983 prevedesse la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale a favore di singoli anche nelle ipotesi dell’art. 44, lettera d), della stessa legge, la ricorrente potrebbe dar corso alle pratiche di adozione nei confronti della minore bielorussa;

che la possibilità di dichiarare la ricorrente idonea non appare possibile operando in via interpretativa, non essendo la stessa coniugata, dal momento che l’art. 6 della legge 184 del 1983 richiede chiaramente che i coniugi siano uniti in matrimonio da più di tre anni, ovvero che abbiano convissuto stabilmente prima del matrimonio per almeno tre anni;

che, secondo la Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993, non vi è riserva assoluta di adozione a favore di coniugi;

che, con la legge di ratifica della Convenzione da parte dello Stato italiano (legge 31 dicembre 1998, n. 476), la possibilità di adozione da parte di singoli è stata però limitata – secondo il giudice a quo – alle sole ipotesi di cui all’art. 44, primo comma, lettera a) della legge 184 del 1983, e cioè all’ipotesi di adozione di minori orfani da parte di parenti o di persona che abbia avuto con il minore rapporti stabili o duraturi prima di morire (art. 31, secondo comma, della legge n. 184 del 1983, come sostituito dalla legge n. 476 del 1998), e non anche ai casi particolari di cui all’art. 44, lettera d);

che la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale resta conseguentemente limitata dall’art. 29-bis della legge n. 184 del 1983, come modificato dalla legge n. 476 del 1998, ai coniugi, salvo la limitata eccezione dei minori orfani;

che, ferma restando la preferenza dell’adozione a favore di coppie sposate, la soluzione legislativa potrebbe apparire irragionevole ove si tratti di bambini in stato di abbandono per cui non vi sia possibilità concreta di adozione se non a favore di persone singole (art. 3 della Costituzione), nonché in contrasto con il diritto del minore in stato di abbandono, italiano e straniero, ad essere allevato in ambiente idoneo (art. 30 della Costituzione);

che il diritto del minore abbandonato ad avere una famiglia in difetto di quella di sangue riguarda anche gli stranieri, e che limitare l’adozione internazionale alle coppie comporterebbe una discriminazione contro i bambini stranieri, sottraendoli così alle garanzie offerte dalla legge italiana (art. 2 della Costituzione);

che la Corte costituzionale (sentenza n. 199 del 1986) ha già affermato che la sottrazione dei minori stranieri alla garanzia della legge italiana, valida anche per lo straniero ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, viola i diritti umani, tra i quali c’è anche il diritto dell’abbandonato ad avere una famiglia in difetto di quella di sangue;

che l’ulteriore declaratoria di incostituzionalità delle norme collegate consentirebbe il perfezionamento in Italia della procedura straniera di adozione, non apparendo di ostacolo l’art. 32 della legge n. 184 del 1983, che prevede l’intervento della Commissione adozioni internazionali, poiché l’interesse del minore consente il perfezionamento dell’adozione straniera non legittimante in Italia sia attraverso la conversione in adozione legittimante, sia comunque attraverso una pronuncia di adozione legittimante o non legittimante in Italia direttamente da parte del giudice italiano, una volta che il minore sia stabilmente entrato in Italia a scopo di adozione.

Considerato

che il Tribunale per i minorenni di Cagliari dubita che l’art. 29-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come introdotto dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta all’Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri), e le norme collegate, individuate negli art. 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, 44 della stessa legge n. 184 del 1983, siano costituzionalmente legittimi, nella parte in cui escludono la possibilità di ottenere la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale, in casi particolari, a favore di singoli, e quindi di perfezionare l’adozione internazionale in Italia, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, per irragionevole preclusione dell’adozione da parte di singoli a favore di bambini in stato di abbandono, dell’art. 30 della Costituzione, per violazione del diritto del minore in stato di abbandono, italiano e straniero, ad essere allevato in ambiente idoneo, dell’art. 2 della Costituzione per sottrazione del minore straniero alle garanzie offerte dalla legge italiana, e discriminazione rispetto al minore italiano;

che il giudice rimettente ritiene che l’adozione internazionale ammetterebbe l’adozione in casi particolari, non legittimante (e quindi consentibile anche a persone non coniugate ai sensi dell’art. 44, terzo comma), solo nel caso previsto dall’art. 44, primo comma, lettera a), della legge n. 184 del 1983, e ciò sulla base del richiamo operato dall’art. 31, secondo comma, individuando, in una disposizione di esclusivo carattere procedurale, il presupposto implicito dell’ammissibilità di una sia pur limitata adozione internazionale “in casi particolari”;

che il rimettente solleva la questione di legittimità su un presupposto interpretativo erroneo;

che le norme di protezione valide per il minore italiano non possono non valere per lo straniero (sentenza n. 199 del 1986);

che l’adozione in casi particolari, che ha effetti più limitati dell’adozione legittimante, non presenta aspetti di eccezionalità o almeno peculiarità tali da impedirne l’estensione agli stranieri;

che da nessuna disposizione del capo I del titolo III della legge n.184 del 1983, come integralmente sostituito dall’art. 3 della legge n. 476 del 1998, è desumibile la preclusione esplicita all’adozione “in altre ipotesi” ritenuta dal Tribunale per i minorenni di Cagliari: non in particolare per l’ipotesi di cui alla lettera d) (“quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”), nella quale il rimettente sembra voler inquadrare, in via interpretativa, la fattispecie, in cui la minore straniera, in stato di abbandono, priva della tutela dei genitori, nonché di parenti che la possano accudire, e con gravi problemi di salute, non è stata richiesta in adozione da alcuno;

che l’art. 44, di per sé, regolando l’adozione in casi particolari in altra parte della legge (titolo IV) rispetto all’adozione legittimante (titolo II), non si occupa di adozione internazionale, che è regolata nel titolo III, con la conseguenza che il silenzio di tale norma, riguardo all’adozione internazionale, non può essere interpretato come inammissibilità dell’adozione di minori stranieri in casi particolari;

che l’art. 36, primo comma, si richiama, in generale, al rispetto delle procedure e degli effetti della legge n. 184 del 1983, all’interno della quale è pure prevista l’adozione in casi particolari;

che l’art. 35, primo comma, che attribuisce all’adozione pronunciata all’estero gli effetti dell’adozione legittimante, per definizione, non contempla l’adozione in casi particolari, senza che questo significhi che la escluda;

che proprio l’art. 31, secondo comma, che è l’unica disposizione in cui si incrociano adozione particolare e adozione internazionale, dettando una procedura agevolata per l’adozione internazionale in uno dei quattro casi di adozione particolare, implicitamente riconosce l’ammissibilità dell’adozione internazionale in casi particolari; dal momento che non ci sarebbe stato bisogno di precisare che nell’ipotesi di cui all’art. 44, lettera a), la procedura è semplificata, se in generale la procedura non fosse stata possibile, neppure in forma completa;

che, quindi, dalla normativa vigente non è evincibile il divieto del rilascio del certificato di idoneità all’adozione di stranieri in casi particolari, con la conseguenza che tale rilascio deve ritenersi consentito ogni qualvolta sussistano le condizioni di cui all’art. 44;

che tale idoneità è finalizzata ai casi particolari di adozione – secondo l’ordinamento italiano – descritti dall’art. 44 e che, in fase di dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero di adozione, deve essere compiuta la valutazione dei presupposti dell’adozione in casi particolari, come regolati dal titolo IV, capo I, della legge n. 184 del 1983;

che questa interpretazione, costituzionalmente corretta, riconduce ad unità il sistema, consentendo di ritenere ammissibile l’adozione internazionale negli stessi casi in cui è ammessa l’adozione nazionale legittimante o in casi particolari;

che, pertanto, la questione è manifestamente infondata, in quanto è erronea l’interpretazione del sistema normativo sulla cui base essa è stata sollevata (v. sentenza n. 301 del 2000; ordinanze n. 388 del 2002; n. 369 del 2000).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis, introdotto dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476, 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Cagliari con l’ordinanza indicata in epigrafe.