Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 8 Giugno 2008

Ordinanza 28 aprile 2008

Tribunale Civile di Bari. Prima Sezione. Ordinanza 28 aprile 2008: “Onlus e ripartizione del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”.

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BARI – SEZIONE 1A CIVILE

IL GIUDICE

letto il ricorso ex artt. 700, 669 bis e ss. c.p.c., proposto dalla COOPERATIVA SOCIALE S. a r.l. ONLUS nei confronti della AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA; presa visione degli atti; sentite le parti; ha emesso la seguente

ORDINANZA

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

I. Con ricorso depositato il 27.2.2008 la COOPERATIVA SOCIALE S. A R.L. ONLUS esponeva:
• di essere un ente ONLUS iscritto negli elenchi di cui all’art. 10 del D.Lg. n. 460/1997;
• di voler accedere al beneficio dell’attribuzione del 5‰ dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ai sensi dell’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006;
• di avere in data 7.3.2007 proceduto, essendo in possesso dei requisiti prescritti, all’iscrizione nell’elenco dei soggetti di cui all’art. 1 comma 1234° lett. a) della L. n. 296/2006, trasmettendo la relativa domanda per via telematica all’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA – servizio telematico entratel, acquisendo il numero di protocollo 0703711372101394-000001;
• che con missiva racc. a.r. essa ricorrente aveva trasmesso all’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA la dichiarazione sostitutiva come prescritta dal D.P.C.M. 16.3.2007;
• che con comunicazione del 14.11.2007, notificata ad essa ricorrente il 19.11.2007, l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, a seguito di verifiche effettuate, aveva riscontrato che l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007 risultava carente di copia del documento di identità del sottoscrittore nonché di copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione e per tali motivi aveva preannunciato avviso di rigetto dell’istanza ex art. 10 bis della L. n. 241/1990, con termine fino a 10 giorni dalla ricezione per la produzione di osservazioni eventualmente corredate da documenti;
• che con comunicazione del 26-27.11.2007 essa ricorrente, a riscontro del preavviso di rigetto dell’istanza notificato dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, aveva contestato ogni addebito relativo alle presunte carenze riscontrate dall’ente accertatore, in quanto sia la copia del documento di identità del sottoscrittore che la copia della ricevuta telematica di avvenuta trasmissione della domanda erano già state regolarmente inviate in uno all’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007;
• che ad ogni modo essa ricorrente aveva provveduto ad inoltrare nuovamente tutta la documentazione a corredo dell’autocertificazione a suo tempo inviata, con ciò integrando ogni eventuale carenza riscontrata, e nel contempo aveva dato notizia al Garante del Contribuente per la Regione Puglia dell’illegittimo ed arbitrario operato dell’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, il quale, in riscontro, aveva ammonito l’AGENZIA DELLE ENTRATE riconoscendo le legittime ragioni di essa ricorrente;
• che l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, noncurante delle indicazioni fornite dal Garante, ricevute le osservazioni e la documentazione prodotta da essa ricorrente, con nota del 4.12.2007 aveva comunicato la inidoneità della documentazione prodotta a sanare le carenze già riscontrate con precedente nota del 14-19.11.2007, al contempo preannunciando la notifica del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰;
• che con nota prot. n. 5870 del 29.1.2008, notificata il 9.2.2008, l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA aveva definitivamente escluso essa ricorrente dal beneficio del 5‰, adducendo a motivazione carenze di carattere procedurale vizianti l’istanza presentata, in quanto l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007 prodotta da essa ricorrente era sprovvista del documento di riconoscimento del rappresentante, previsto a pena di decadenza dal citato decreto;
• che la stessa AGENZIA DELLE ENTRATE, con circolari nn. 30/E/2007 e 57/E/2007, nello specificare che il provvedimento di diniego era ricorribile dall’interessato, aveva puntualizzato che la questione esulava dalle competenze delle Commissioni Tributarie, trattandosi di materia non contemplata dall’art. 2 del D.Lg. n. 546/1992;
• che la mancanza di un’attività discrezionale, tale da far individuare in capo al destinatario una posizione giuridica di diritto soggettivo (con D.P.C.M. del 20.1.2006 erano stati determinati sia l’an sia il quantum del beneficio), faceva individuare nel Giudice ordinario e non in quello amministrativo l’organo destinatario di eventuali ricorsi avverso i provvedimenti inerenti la cancellazione per mancanza dei presupposti fissati dalla norma, sicché si riteneva radicata la competenza dinanzi al Tribunale di Bari, essendo stato emesso dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA il provvedimento impugnato;
• che, trattandosi di procedimento amministrativo ad istanza di parte, l’Amministrazione avrebbe dovuto conformarsi in pieno al dettato normativo di cui alla L. n. 241/1990 in materia di procedimento amministrativo e non già attenersi unicamente al D.P.C.M. 16.3.2007, che aveva valenza meramente integrativa ed attuativa, nei limiti in cui non contrastasse con disposizioni di legge vigenti;
• che nel caso di specie il diniego era palesemente illegittimo, in quanto adottato in violazione di legge e specificamente:
o dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, poiché nel provvedimento di diniego dell’istanza l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA aveva indicato unicamente l’Autorità Giudiziaria alla quale ricorrere, oltretutto in modo generico, senza specificare l’Autorità competente né soprattutto il termine entro il quale ricorrere;
o dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, poiché l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, con il provvedimento di diniego, non aveva dato giustificazione delle ragioni per cui aveva ritenuto di non accogliere le osservazioni presentate e la documentazione prodotta da essa ricorrente con missiva del 26-27.11.2007 a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto, carenza motivazionale che determinava l’illegittimità del provvedimento;
o dell’art. 18 della L. n. 241/1990, poiché l’AGENZIA DELLE ENTRATE, curando direttamente la tenuta dell’Anagrafe ONLUS ai sensi dell’art. 11 del D.Lg. n. 460/1997, era già in possesso delle notizie richieste con l’autocertificazione, ragione per cui non poteva richiederle ad essa ricorrente, tanto più che il D.P.R. n. 445/2000, recante le norme in materia di autocertificazione, imponeva le formalità dettate all’art. 38 (tra cui, appunto, l’allegazione di copia fotostatica del documento di identità) soltanto in ipotesi di dichiarazione sostitutiva di atti di notorietà di cui all’art. 47, non anche nella diversa ipotesi di dichiarazioni sostitutive di certificazioni di cui all’art. 46, nel cui elenco comparivano proprio le attestazioni relative alla “iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche Amministrazioni”. Né a diversa conclusione poteva portare il D.P.C.M. 16.3.2007 (che aveva fissato un termine per la presentazione della documentazione, senza distinzione alcuna rispetto a quella già in possesso della P.A. ed al contempo aveva previsto l’allegazione di copia fotostatica del documento di identità alle dichiarazioni rese per accedere al beneficio in questione), posto che il riferimento operato dal D.P.C.M. circa l’allegazione fotostatica del documento di identità, accedendo ad un’interpretazione conforme alla L. n. 241/1990 ed al D.P.R. n. 445/2000, non poteva operare nel caso di specie, in cui si richiedeva la autocertificazione del possesso dei requisiti, cioè di fatti, qualità e stati soggettivi di cui l’Amministrazione richiedente era già in possesso, ragione per cui l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA avrebbe dovuto accertare d’ufficio i fatti, le qualità e gli stati soggettivi richiesti ad essa ricorrente, seppure richieste con le modalità della dichiarazione sostitutiva, di tal che le disposizioni del D.P.C.M. 16.3.2007 se di natura regolamentare erano da disapplicare (in quanto contrastanti con le norme di legge) e se interne all’Amministrazione non erano idonee ad incidere sulle posizioni soggettive dei terzi;
• che peraltro la giurisprudenza amministrativa univocamente sosteneva che la mancata allegazione della copia fotostatica del documento di identità del dichiarante non faceva mai discendere la nullità della dichiarazione, essendo sempre consentita la possibilità di regolarizzazione;
• che l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, nel proprio provvedimento di diniego ed esclusione dal beneficio in questione, riteneva che la carenza della copia fotostatica del documento d’identità del dichiarante configurasse una carenza di carattere procedurale grave ed insanabile, dimenticando che la forma era essenziale solo quando la legge (e non un D.P.C.M.) espressamente la considerasse tale;
• che l’art. 38 comma 3° del D.P.R. n. 445/2000 prevedeva in via alternativa che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà fosse sottoscritta in presenza del dipendente addetto o sottoscritta dal dichiarante ed accompagnata da un documento di identità del sottoscrittore e non comminava affatto la nullità, la decadenza o l’irricevibilità della dichiarazione per la mancata allegazione alla dichiarazione sottoscritta della copia del documento d’identità del sottoscrittore, fattispecie che anzi costituiva esempio tipico di regolarizzazione successiva, pacificamente ammessa dalla giurisprudenza amministrativa, attenendo detta regolarizzazione non al contenuto del documento, ma solo alla garanzia della sua provenienza, anche perché il documento di identità (in copia fotostatica) del sottoscrittore attestava esclusivamente la veridicità dei dati anagrafici del medesimo e attraverso essi la identità formale del sottoscrittore, quindi genuina provenienza che non consisteva in un altro e nuovo documento, bensì negli stessi elementi dichiarati pertinenti alla persona che aveva sottoscritto e semmai da identificare aliunde tramite la restante documentazione allegata all’istanza di parte presentata o già in possesso dell’Amministrazione richiedente o, in ultima istanza, appunto mediante la regolarizzazione con il deposito della copia mancante del documento di identità;
• che la copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore della dichiarazione non aveva dunque la funzione di documentare il possesso dei requisiti richiesti per accedere al beneficio del 5‰ dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui alla legge n. 296/2006 e solo l’attestazione del possesso di tali requisiti assumeva rilievo nel procedimento di ammissione al beneficio e solo la mancanza di tali requisiti legittimava un provvedimento di esclusione;
• che essa ricorrente aveva fondato motivo di ritenere che il proprio diritto all’ammissione al beneficio in questione fosse minacciato da un pregiudizio grave ed irreparabile in quanto, ai sensi dell’art. 1 comma 8° del D.P.C.M. 16.3.2007, entro il 31.3.2008 sarebbe stato pubblicato l’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio ai quali sarebbero spettate le quote del 5‰ loro direttamente destinate dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi, con la grave conseguenza che ai sensi dell’art. 6 comma 2° del D.P.C.M. 16.3.2007, ove il contribuente avesse indicato il nominativo di un soggetto non inserito negli elenchi definitivi, le somme corrispondenti al complesso delle quote del 5‰ destinate dai contribuenti con la loro firma sarebbero state ripartite tra i soggetti iscritti in elenco ed in proporzione delle devoluzioni ottenute;
• che dunque sussistevano i presupposti per ottenere il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., quali (1) la mancata ricorrenza di una ipotesi tutelabile mediante una misura cautelare tipica, (2) la necessità di tutelare un diritto soggettivo, (3) il carattere prodromico e strumentale rispetto alla instaurazione di una causa di merito finalizzata, tra l’altro, al risarcimento dei danni subiti dal provvedimento illegittimo di diniego, (4) la presenza di un periculum in mora costituito dalla inevitabile dispersione in danno di essa ricorrente delle quote del 5‰ ad essa devolute dai contribuenti tra i soggetti perseguenti le medesime finalità e risultanti iscritti alla data del 31.3.208 nell’elenco definitivo degli ammessi al beneficio, (5) il fumus boni juris rappresentato dalla documentazione allegata al ricorso nonché da quanto esposto in fatto e diritto;
tutto ciò esposto, chiedeva a questo Ufficio di voler, con decreto inaudita altera parte ovvero previa instaurazione del contraddittorio, così provvedere:
1. accertare la illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰ perché assunto in violazione di legge e segnatamente degli artt. 3 comma 4°, 10 bis, 18 commi 2° e 3° della L. n. 241/1990;
2. previa disapplicazione del medesimo, ordinare all’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA di inserire il nominativo di essa ricorrente nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006;
3. disporre tutte le misure ritenute più adeguate a dare concreta attuazione agli interessi e ai diritti esercitati da essa ricorrente, anche in ordine alle spese di giudizio.
II. Con decreto in data 3.3.2008 l’Ufficio, considerato che dalle circostanze allegate in ricorso e dalla documentazione prodotta dalla ricorrente emergeva, allo stato, la sussistenza del fumus boni juris e che altresì sussistente appariva il periculum in mora [atteso che l’art. 1 comma 8° periodo terzo del D.P.C.M. 16.3.2007 (in Gazz. Uff., 4 giugno, n. 127) prevedeva che “L’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio è pubblicato sul sito dell’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2008” (data la cui vicinanza giustificava l’emanazione del provvedimento inaudita altera parte, ai sensi dell’art. 669 sexies comma 2° c.p.c.)], ordinava alla AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA l’inserimento del nominativo della COOPERATIVA SOCIALE S. A R.L. ONLUS nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006 e fissava l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé per il giorno 17.3.2008, ore 12,15, per la conferma, la modifica o la revoca del provvedimento adottato col decreto, assegnando alla ricorrente termine perentorio fino al 10.3.2008 per la notificazione del ricorso e del decreto.
III. Con memoria difensiva depositata all’udienza del 17.3.2008 si costituiva in giudizio l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, eccependo:
 il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto il provvedimento di diniego di far partecipare un determinato soggetto al riparto della quota del 5‰ del gettito IRPEF si configurava come provvedimento oggettivamente e soggettivamente amministrativo, di tal che, vertendosi in materia di rapporti discrezionali tra cittadini e P.A., la questione era devoluta alla cognizione del Giudice amministrativo (contrariamente a quanto ritenuto nella circolare 30/e/2007 dell’AGENZIA DELLE ENTRATE);
 l’inammissibilità del ricorso per mancanza delle conclusioni di merito, in violazione del carattere di ‘strumentalità’ proprio di ogni provvedimento cautelare, necessario anche dopo la recente riforma del processo cautelare;
 l’insussistenza delle violazioni delle disposizioni della L. n. 241/1990 e più precisamente:
o l’insussistenza della violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, in quanto nel provvedimento di diniego era precisato che l’interessata poteva presentare ricorso all’Autorità Giudiziaria Ordinaria e la mancata indicazione di termini era dovuta al fatto che l’ordinamento non prevedeva alcun termine per la proposizione dell’impugnazione dinanzi al Giudice ordinario;
o l’insussistenza della violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, in quanto nel provvedimento di diniego era specificata la ragione dell’esclusione (la mancata allegazione della copia del documento di riconoscimento del legale rappresentante della ricorrente), senza dimenticare che, a fronte dell’omessa allegazione alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà della copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore (omissione che rendeva giuridicamente inesistente ed inefficace l’autocertificazione di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 445/2000, senza possibilità alcuna di successiva sanatoria), essa resistente non poteva fare altro che escludere la ricorrente dal beneficio, sicché il provvedimento di diniego de quo non era annullabile dal Giudice amministrativo né disapplicabile dal Giudice ordinario in forza del disposto dell’art. 21 octies della L. n. 241/1990 (che appunto non consentiva di annullare un provvedimento amministrativo, anche se adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora fosse a dispositivo ‘vincolato’);
o l’insussistenza della violazione dell’art. 18 commi 2° e 3° della L. n. 241/1990, in quanto la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà concerneva la persistenza (e non semplicemente la sussistenza) in capo ai soggetti istanti dei requisiti ‘soggettivi’ di cui all’art. 1 comma 337° lett. a) della L. n. 266/2005 (si trattava cioè di una dichiarazione finalizzata ad attestare che i soggetti istanti, anche successivamente alla data di presentazione della domanda di iscrizione nell’apposito elenco tenuto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, erano ancora rientranti nella categoria di coloro i quali potevano partecipare al beneficio del 5‰ del gettito IRPEF), sicché l’essere curatore dell’anagrafe ONLUS non consentiva ad essa resistente di verificare il requisito che l’istante era chiamato ad attestare con la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con la conseguenza che l’oggetto della dichiarazione sostitutiva non riguardava atti, fatti, qualità e stati soggettivi in possesso di essa resistente ovvero istituzionalmente detenuti da altre Amministrazioni pubbliche, bensì una circostanza alla quale essa resistente era del tutto estranea ed in relazione alla quale non disponeva di alcun documento;
 l’insussistenza del periculum in mora, sia perché il provvedimento di diniego non aveva modificato in nulla l’attuale situazione della ricorrente (difatti il provvedimento non aveva ristretto facoltà di cui il destinatario era già in possesso, ma aveva solo impedito l’accesso ad un beneficio di cui il destinatario non godeva in precedenza: dunque il provvedimento ledeva solo interessi di natura pretensiva e non interessi di natura oppositiva, rispetto ai quali ultimi gli spazi per la tutela cautelare erano di gran lunga più ristretti) sia perché non poteva parlarsi di pregiudizio irreparabile nelle ipotesi di danno patrimoniale (sempre riparabile adeguatamente mediante congruo risarcimento);
tutto ciò eccepito, chiedeva a questo Ufficio di voler così provvedere:
1. dichiarare il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario;
2. dichiarare inammissibile il ricorso per mancata indicazione delle conclusioni di merito;
3. revocare il decreto emesso inaudita altera parte e per l’effetto cancellare il nominativo della ricorrente dall’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006;
4. rigettare la domanda cautelare perché infondata in fatto e diritto;
5. condannare la ricorrente alla rifusione delle spese processuali.
Al termine dell’udienza l’Ufficio, su richiesta della ricorrente, rinviava il procedimento all’udienza del 31.3.2008.
IV. All’udienza del 31.3.2008 l’Ufficio, sentite le parti, riservava la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

V. Le questioni preliminari.
In via preliminare vanno esaminate le eccezioni di difetto di giurisdizione e di inammissibilità del ricorso sollevate dalla resistente.
V.A. L’eccezione di difetto di giurisdizione è infondata.
Invero non è seriamente discutibile, ad avviso di questo Ufficio, che nella specifica materia qui in esame (pacificamente non rientrante nella giurisdizione del Giudice tributario, stante il tenore dell’art. 2 del D.Lg. n. 546/1992, né del Giudice contabile, ossia dell’altro Giudice amministrativo ‘speciale’) la Pubblica Amministrazione non è dotata di alcun potere discrezionale (difatti il D.P.C.M. 20.1.2006 ed il D.P.C.M. 16.3.2007, decreti entrambi di natura non regolamentare , hanno determinato in modo puntuale sia l’an sia il quantum del beneficio in questione, previsto dapprima dall’art. 1 comma 337° della L. n. 266/2005, in via sperimentale, e poi dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006, sì da rendere completamente vincolata l’azione della P.A.), di tal che, una volta verificata l’oggettiva esistenza dei presupposti fissati per la partecipazione alla ripartizione della quota del 5‰ dell’IRPEF, l’accesso dell’interessato al beneficio non può essere negato dalla Amministrazione pubblica.
Ne consegue che la posizione soggettiva di chi sia interessato a partecipare alla ripartizione del 5‰ dell’IRPEF va giuridicamente qualificata non come interesse legittimo (la cui tutela è devoluta, in via generale, al Giudice amministrativo), bensì come diritto soggettivo (la cui tutela è sempre devoluta al Giudice ordinario, tranne che nelle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, tuttavia non ravvisabile nella specie).
V.B. L’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata.
Invero dal ricorso emerge chiaramente che la domanda cautelare proposta è prodromica e strumentale alla (eventuale) instaurazione di un giudizio di merito avente per oggetto l’accertamento del diritto della ricorrente di percepire le somme rivenienti dalla partecipazione al riparto della quota del 5‰ dell’IRPEF e la condanna della resistente al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della esclusione (in forza di provvedimento illegittimo) dal beneficio de quo.
A ciò deve aggiungersi che la strumentalità necessaria tra fase cautelare e fase di merito è stata oggettivamente attenuata con la recente riforma del codice di rito civile (cfr. novellato art. 669 octies c.p.c., che ha reso la fase di merito solo ‘eventuale’ nel caso di provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c. nonché nei casi di provvedimenti cautelari ex artt. 1171-1172 c.c. e più in generale di provvedimenti “idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito”), sicché, anche sotto tale profilo, le indicazioni contenute nel ricorso introduttivo appaiono più che sufficienti.
VI. Il merito.
Nel merito, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Per ragioni di chiarezza espositiva, le questioni saranno esaminate nel medesimo ordine seguito dalle parti.
VI.A. L’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990.
La ricorrente ha sostenuto l’illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰ emesso in data 29.1.2008 dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA per violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, avendo la resistente omesso per un verso di specificare l’Autorità competente a ricevere il ricorso avverso il provvedimento di diniego e per altro verso omesso di indicare il termine entro il quale ricorrere.
L’asserto non è fondato.
L’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990 recita: “In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere”.
Orbene, nel provvedimento di esclusione del 29.1.2008 la resistente indicò alla ricorrente l’Autorità cui poter ricorrere (il Giudice ordinario), sicché non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, non risultando necessaria, ai fini dell’osservanza della disposizione de qua, anche la specificazione dell’organo giudiziario ‘competente’ a ricevere il ricorso (e senza omettere di considerare che la ricorrente ha correttamente presentato il ricorso al Tribunale di Bari, ossia al Giudice ‘competente’ per materia e per territorio, di tal che il lamentato vizio non ha comunque impedito all’atto di raggiungere lo scopo cui era destinato).
Parimenti non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990 per la mancata indicazione del termine per ricorrere, considerato che chiaramente la disposizione de qua trova applicazione solo nei casi in cui per proporre ricorso sia stabilito un termine perentorio (ossia un termine “a pena di decadenza”): il che, nel caso in esame, non è.
Ne consegue che nella fattispecie non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990.
Ma anche se si volesse diversamente opinare, comunque non potrebbe non rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità e quella amministrativa hanno chiarito (con insegnamento che appare pienamente condivisibile, sicché non vi sarebbe ragione di discostarsene) che la mancata indicazione nell’atto amministrativo del termine d’impugnazione e dell’organo dinanzi al quale può essere proposto ricorso, prevista dall’art. 3 comma 4° della L. n. 241/1990, non inficia la validità dell’atto, ma comporta sul piano processuale il riconoscimento della scusabilità dell’errore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente, con conseguente riammissione in termini per l’impugnativa, ove questa sia stata proposta tardivamente (ipotesi peraltro non ricorrente nella fattispecie, atteso che la ricorrente non è incorsa in errore alcuno né ha agito tardivamente, come già in precedenza evidenziato).
VI.B. L’art. 10 bis della L. n. 241/1990.
VI.B.1. La ricorrente ha sostenuto l’illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio del 5‰ emesso in data 29.1.2008 dall’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA per violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, avendo la resistente omesso, nella motivazione del predetto provvedimento, di dare ragione del mancato accoglimento delle osservazioni presentate da essa ricorrente a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto da parte della resistente.
VI.B.2. L’asserto è fondato.
VI.B.3. L’art. 10 bis della L. n. 241/1990 (inserito dall’art. 6 della L. n. 15/2005) recita: “Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali”.
VI.B.4. Ciò premesso in punto di diritto, si rileva in punto di fatto che dalla documentazione prodotta dalle parti emerge quanto segue:
 con nota in data 14.11.2007 la resistente comunicò alla ricorrente “che a seguito di verifiche effettuate l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. in oggetto [D.P.C.M. 16.3.2007 (N.d.G.)], inviata da codesto Ente, risulta essere:  Carente di copia del documento di identità del sottoscrittore.  Carente di copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione”.
La resistente, con la medesima nota, comunicò alla ricorrente che tale circostanza costituiva “ostacolo all’accoglimento della domanda di attribuzione del 5‰” e che la ricorrente avrebbe potuto “produrre, entro 10 giorni dalla ricezione …, eventuali osservazioni”;
 con missiva in data 26.11.2007 la ricorrente contestò le carenze rilevate dalla resistente con la nota del 14.11.2007, evidenziando che all’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007, inviata alla resistente in data 9.5.2007 con raccomandata a.r. n. 12907602301/5, erano state allegate “sia la copia del documento di identità del sottoscrittore, sia la ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione”. La ricorrente, ad ogni buon conto, allegò alla missiva “copia di tutta la documentazione già inviata e precisamente: ° fotocopia dell’autocertificazione; ° copia della raccomandata nr. 12907602301 e ricevuta di ritorno; ° fotocopia del passaporto del rappresentante legale Sig. Emanuele Napoletano; ° copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione tramite intermediario” e nel contempo sottolineò che l’esclusione del beneficio in oggetto, per le cause sopra evidenziate, era da ritenersi illegittima ed arbitraria “per varie motivazioni: ° trattasi di contribuente Cooperativa Sociale che di diritto è individuata come ONLUS; ° trattasi di contribuente che per il suo status giuridico è già sottoposto annualmente a verifica dei requisiti per le agevolazioni spettanti alle ONLUS da parte di altri organi statali (Regione Puglia – Ispettore del Lavoro); ° la documentazione cartacea che a Voi non risulta allegata è di fatto già in Vs. possesso in quanto la ricevuta telematica è stata rilasciata dalla Vs. Amministrazione tramite l’intermediario dr. Nerina Napoletano; ° l’esclusione dal beneficio inoltre è in netto contrasto con le norme a tutela del Contribuente, così come previsto dallo Statuto del Contribuente art. 6 e 10 e altri”;
 con atto in data 29.1.2008 la resistente adottò il provvedimento finale, del seguente tenore testuale:
o “Vista l’istanza prodotta da codesto Ente tendente ad ottenere l’ammissione al beneficio del 5‰ previsto dall’art. 1, comma 1234, della legge 27.12.2006 n. 296;
o Visto il D.P.C.M. del 16 marzo 2007, attuativo della predetta legge;
o Considerato che l’autocertificazione prevista dal D.P.C.M. 16.3.2007, prodotta da codesto Ente, risulta essere sprovvista del documento di riconoscimento del rappresentante, previsto a pena di decadenza dalla citata normativa;
o Considerato che questo Ufficio ha già fatto presente tale circostanza con comunicazione ritualmente notificata;
o Ritenuta la rilevanza di tale carenza procedurale
DISPONE
l’esclusione dal beneficio del 5‰”.
VI.B.4. Orbene, è sufficiente la semplice lettura degli atti suindicati per rendersi conto agevolmente di come l’AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, nella motivazione del provvedimento reiettivo del 29.1.2008, non diede alcuna ragione del mancato accoglimento delle osservazioni (tempestivamente) presentate dalla COOPERATIVA SOCIALE S. a r.l. ONLUS, in palese violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 (che a tale specifica motivazione la obbligava).
L’omissione appare tanto più grave perché, a fronte delle osservazioni della ricorrente (che nella missiva del 26.11.2007 aveva affermato, contestando recisamente le carenze rilevate dalla resistente nel ‘preavviso’ di esclusione del 14.11.2007, di avere ab origine inviato sia la copia del documento d’identità del sottoscrittore dell’autocertificazione sia la copia della ricevuta telematica dell’avvenuta trasmissione), la resistente, nel provvedimento del 29.1.2008, non spese alcuna parola per spiegare come mai la copia della ricevuta telematica, indicata come “carente” (ossia “mancante”) nella nota del 14.11.2007 (tanto da costituire circostanza ostativa all’accoglimento della domanda di accesso al beneficio, unitamente alla carenza della copia del documento di identità del sottoscrittore), non fosse più da ritenersi motivo di esclusione dal beneficio.
Tale carenza motivazionale appare tutt’altro che marginale, poiché, in mancanza di qualsivoglia chiarimento sul punto da parte della resistente (non solo doveroso ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, ma opportuno proprio per dissipare qualunque equivoco, stante il tenore delle osservazioni presentate dalla ricorrente), non può davvero escludersi che la resistente ‘rinvenne’, dopo averla ‘smarrita’, la ricevuta telematica tempestivamente trasmessa dalla ricorrente: ed è evidente che ciò, se accaduto per la ricevuta telematica, potrebbe essere accaduto anche per la fotocopia del documento di identità del sottoscrittore della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, sì da rendere tutt’altro che inverosimile quanto sostenuto dalla ricorrente (ossia di avere tempestivamente trasmesso alla resistente non solo la ricevuta telematica, ma anche la copia del documento di identità del sottoscrittore della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio), con conseguente illegittimità del provvedimento di esclusione dal beneficio.
Ad ogni buon conto, è indubitabile che la resistente avrebbe dovuto specificamente confutare, nel provvedimento del 29.1.2008, le osservazioni presentate dalla ricorrente, chiarendo non solo il punto oscuro di cui sopra s’è detto, ma spiegando altresì le ragioni per le quali i quattro motivi di illegittimità ed arbitrarietà dell’esclusione dal beneficio evidenziati dalla ricorrente nella propria missiva del 26.11.2007 fossero da ritenersi infondati.
Ma ciò la resistente si guardò bene dal fare, tanto da far persino dubitare che le osservazioni della ricorrente fossero state lette e/o prese in considerazione prima dell’emissione del provvedimento di rigetto (invero nel provvedimento del 29.1.2008 non v’è menzione alcuna, neanche per relationem, tanto della missiva in data 29.11.2007 della ricorrente quanto, comunque, delle osservazioni presentate dalla ricorrente a seguito del ‘preavviso’ di esclusione in data 14.11.2007 ad essa comunicato dalla resistente).
VI.B.5. L’evidenziata carenza motivazionale pone indubbiamente il provvedimento del 29.1.2008 in contrasto con l’art. 10 bis della L. n. 241/1990, con conseguente sua illegittimità per violazione di legge.
VI.B.6. A diversa conclusione non può portare la tesi della resistente, secondo cui, trattandosi di dispositivo di atto a natura ‘vincolata’, il provvedimento non sarebbe annullabile da parte del Giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 21 octies della L. n. 241/1990 (inserito dall’art. 14 comma 1° della L. n. 15/2005), e di conseguenza non sarebbe disapplicabile da parte del Giudice ordinario.
La tesi non appare condivisibile per almeno tre ordini di ragioni.
In primo luogo, perché l’art. 21 octies della L. n. 241/1990 (il quale, dopo avere disposto al comma 1° che “È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”, ha – tra l’altro – precisato al comma 2° che “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”) chiaramente si rivolge esclusivamente al Giudice amministrativo, titolare del potere di “annullare” gli atti amministrativi illegittimi, a differenza del Giudice ordinario, che, escluse talune ipotesi (di carattere ‘eccezionale’), può solo ‘disapplicare’ gli atti amministrativi non conformi alle leggi ai sensi degli artt. 4 e 5 della L. n. 2248/1865 all. E (che poi è la ragione per la quale l’accertamento dell’illegittimità dell’atto amministrativo è condotto principaliter dal Giudice amministrativo e solo incidenter tantum dal Giudice ordinario).
In secondo luogo, perché la circostanza che il provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti non sia ‘annullabile’ (sempre che ricorra la particolare condizione di cui al comma 2° dell’art. 21 octies cit., su cui si tornerà tra poco) non esclude affatto che ci si trovi pur sempre in presenza di un provvedimento ‘illegittimo’ (perché “non conforme alla legge”) , di tal che non v’è ragione alcuna per affermare l’insussistenza in capo al Giudice ordinario, in tal caso, del potere di disapplicazione di cui all’art. 5 della L. n. 2248/1865 all. E (esercitabile in tutti i casi in cui “gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali” non “siano conformi alle leggi”).
In terzo luogo, perché, a fronte delle osservazioni presentate dalla ricorrente (che, è bene ribadire, nella missiva del 26.11.2007 aveva sostenuto di avere regolarmente trasmesso entrambi i due documenti la cui carenza era stata ‘contestata’ dalla resistente con il ‘preavviso’ di esclusione del 14.11.2007), la motivazione serviva proprio a chiarire (tra l’altro) se realmente la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà fosse stata inviata dalla ricorrente senza la copia fotostatica di un documento di identità del sottoscrittore (dunque in violazione del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del D.P.R. n. 445/2000): a ben vedere, quindi, la carenza motivazionale del provvedimento del 29.1.2008 è di tale natura e rilevanza da non consentire affatto di affermare che palesemente “il suo contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, viceversa rimanendo il dubbio, anche alla luce della documentazione prodotta dalla ricorrente, circa la sussistenza di un diverso quadro fattuale (che non può essere escluso con certezza proprio in ragione dell’evidenziato deficit motivazionale), a fronte del quale il contenuto dispositivo del provvedimento del 29.1.2008 sarebbe potuto essere diverso.
VI.C. Alla ‘accertata’ (ovviamente nei limiti della sommarietà della cognizione propri del presente procedimento) illegittimità del provvedimento di esclusione del 29.1.2008 per violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 (accertamento che rende superflua ogni ulteriore verifica in ordine all’eventuale illegittimità dell’atto anche per la dedotta violazione dell’art. 18 commi 2° e 3° della L. n. 241/1990) consegue la disapplicazione del provvedimento, ai sensi dell’art. 5 della L. n. 2248/1865 all. E, di tal che è da ritenersi contra jus la cancellazione della ricorrente dall’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio de quo (da pubblicarsi sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE) posta in essere in esecuzione di detto provvedimento.
VI.D. Ad avviso dell’Ufficio, oltre al fumus boni juris, sussiste anche il periculum in mora.
L’art. 5 del D.P.C.M. 16.3.2007 stabilisce (tra l’altro) che il contribuente può destinare la quota del 5‰ della sua imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma in uno dei tre appositi riquadri presenti nei modelli di dichiarazione, corrispondenti rispettivamente alle tre finalità individuate dall’art. 1 comma 1234° della L. n. 296/2006 .
Il medesimo articolo stabilisce poi che il contribuente, negli appositi riquadri, può indicare altresì il codice fiscale dello specifico soggetto cui intende destinare direttamente la quota del 5‰ della sua imposta sul reddito delle persone fisiche ed in tal caso il codice fiscale è tratto dagli elenchi di cui agli artt. 1 e 2 del medesimo D.P.C.M. (ossia dagli appositi elenchi tenuti dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, l’iscrizione ai quali è subordinata all’adempimento delle formalità previste nei predetti articoli).
L’art. 6 del D.P.C.M. 16.3.2007, a sua volta, stabilisce (tra l’altro): che ai soggetti di cui alla lettera a) del comma 1234 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, definitivamente individuati ai sensi dell’art. 1 comma 8° del medesimo D.P.C.M. (ossia mediante inserimento nell’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio pubblicato sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE entro il 31.3.2008), spettano le quote del 5‰ loro direttamente destinate dai contribuenti che, oltre ad aver apposto la firma ai sensi dell’art. 5 comma 1° del D.P.C.M. 16.3.2007, hanno altresì indicato il codice fiscale dei soggetti ai sensi del comma 2° del medesimo articolo ; che fermo restando quanto previsto al comma 1° (ossia il diritto dei beneficiari di ricevere le quote loro direttamente destinate dai contribuenti mediante apposizione della firma ed indicazione del codice fiscale del soggetto beneficiario) ed all’art. 5 comma 3° del D.P.C.M. 16.3.2007 (ipotesi di cui non v’è qui ragione di occuparsi), ove il contribuente non abbia indicato alcun codice fiscale ai fini della destinazione diretta del 5 per mille ovvero abbia indicato un codice fiscale che risulti errato o riferibile ad un soggetto non inserito nei citati elenchi, le somme corrispondenti al complesso delle quote del 5 per mille destinate dai contribuenti, con la loro firma, ad una delle finalità di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1234 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, sono ripartite, nell’ambito delle medesime finalità, in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del codice fiscale, conseguite da ciascuno dei soggetti presenti negli elenchi .
Orbene, così ricostruito il quadro di riferimento, è di tutta evidenza che la cancellazione della ricorrente dall’elenco di cui all’art. 1 del D.P.C.M. 16.3.2007 costituisce pregiudizio imminente ed irreparabile in quanto idoneo a vanificare, totalmente o parzialmente, la tutela in via ordinaria del diritto della ricorrente di partecipare al riparto del 5‰, per la semplice ragione che l’esclusione dall’elenco renderebbe sostanzialmente impossibile calcolare ex post sia quanti contribuenti avrebbero scelto di destinare direttamente alla ricorrente il 5‰ della loro imposta sul reddito delle persone fisiche (invero è ragionevole pensare che molti contribuenti, verificato il mancato inserimento della ricorrente nell’elenco de quo, consultabile on line, potrebbero decidere di destinare ad altri Enti la quota che, nel caso di presenza della ricorrente nell’elenco, avrebbero invece specificamente destinato a quest’ultima ai sensi degli artt. 5 commi 1° e 2° e 6 comma 1° del D.P.C.M. 16.3.2007) sia, di conseguenza, quale sarebbe stata la ‘parte’, sul totale delle quote del 5‰, spettante alla ricorrente ai sensi dell’art. 6 comma 2° del D.P.C.M. 16.3.2007 (la ripartizione, infatti, è fatta in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette, sicché dalla totale mancanza delle prime discenderebbe la perdita della seconda).
È di tutta evidenza, dunque, che nel provvedimento del 29.1.2008 (con cui fu disposta la esclusione della ricorrente dal riparto delle somme del 5‰ dell’IRPEF, da eseguirsi materialmente depennando il nominativo di detta parte dall’elenco definitivo da pubblicarsi entro il 31.3.2008 ai sensi dell’art. 1 comma 8° periodo terzo del D.P.C.M. 16.3.2007) è ravvisabile un pregiudizio non solo imminente (per le ragioni ‘temporali’ testé spiegate), ma anche irreparabile (in quanto nel giudizio di merito, una volta accertata l’insussistenza dei presupposti per escludere la ricorrente dall’accesso al beneficio de quo, risulterebbe oggettivamente difficile, se non addirittura impossibile, provare in concreto il danno subito, senza dimenticare l’irreparabilità del pregiudizio che la ricorrente potrebbe subire medio tempore a causa del mancato ottenimento delle quote del 5‰ dell’IRPEF, considerato che ciò potrebbe impedire ad essa, cooperativa sociale ONLUS, di raggiungere i propri scopi sociali, danno che appare insuscettibile di ‘ristoro’ attraverso un mero risarcimento patrimoniale).
VI.E. In conclusione, essendo ravvisabili sia il fumus boni juris sia il periculum in mora, il ricorso va accolto, di tal che, a conferma dei provvedimenti emanati inaudita altera parte con decreto in data 3.3.2008, va ordinato alla resistente di non depennare la ricorrente dall’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio della partecipazione al riparto della quota del 5‰ dell’IRPEF, da pubblicarsi sul sito dell’AGENZIA DELLE ENTRATE.
VII. Le spese processuali.
La particolarità della vicenda in esame e l’oggettiva specificità delle questioni sollevate dalle parti in punto di diritto ed in punto di fatto giustificano la compensazione, per intero, delle spese di procedura (su cui, a seguito della riforma dell’art. 669 octies c.p.c. operata dal D.L. n. 35/2005, convertito con modificazioni nella L. n. 80/2005, deve provvedersi, senza fissare un termine perentorio per l’inizio del giudizio di merito, trattandosi di procedimento instaurato successivamente all’1.3.2006), ai sensi dell’art. 92 comma 2° c.p.c.

P.Q.M.

pronunciando sulla domanda cautelare ex artt. 700, 669 bis e ss. c.p.c. proposta dalla COOPERATIVA SOCIALE S. a r.l. ONLUS, con ricorso depositato il 27.2.2008, nei confronti della AGENZIA DELLE ENTRATE / DIREZIONE REGIONALE DELLA PUGLIA, così provvede:

1. accoglie la domanda e, per l’effetto, conferma i provvedimenti emanati con proprio decreto in data 3.3.2008, nei sensi precisati sub VI.E. della parte motiva della presente ordinanza;
2. compensa, per intero, le spese di procedura tra le parti.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.
Bari, 28 aprile 2008.

IL GIUDICE
DOTT. MICHELE PRENCIPE