Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 2 Maggio 2005

Ordinanza 26 marzo 2005

Tribunale civile di Napoli. Decima Sezione. Ordinanza 26 marzo 2005: “Rigettata la richiesta di emissione di provvedimento cautelare avente ad oggetto la rimozione del crocifisso dai seggi elettorali”.

TRIBUNALE DI NAPOLI – X SEZIONE CIVILE
ORDINANZA EX ARTT. 669 bis e 700 c.p.c.

Il G.D. dott. Massimo Pignata

letto il ricorso proposo il 16.2.2005 (proc. n. 5130/05 R.G.) dall’avv. U.F. “in proprio”;

letta – all’esito della disposta comparizione delle part i- la memoria difensiva depositata dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro p.t.;

letti gli atti;

sciogliendo la riserva di cui al verbale che precede, in data 22.3.2005;

osserva:

il ricorso va rigettato.

Il ricorrente espone: che, sulla scorta della sentenza della Corte di Cassazione, IV Sez. Penale, 1.3.2000 n. 4273 (con la quale, in virtù del principio supremo della laicità dello Stato, era stata assolta una persona cui era stato contestato il reato di cui all’art. 108 D.P.R. 30.3.1957 n. 361, per aver rifiutato di assumere l’ufficio di scrutatore a causa della presenza del crocifisso nel seggio elettorale), verso la fine del 2000 l’U.A.A.R. (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) aveva chiesto al Ministero dell’Interno di rimuovere dai seggi, in occasione delle future elezioni, il simbolo del crocifisso; che il Segretario particolare del Ministro aveva opposto un rifiuto a tale richiesta, con nota del 27.1.2001, evidenziando -con motivazioni ritenute dal ricorrente illogiche e non condivisibili- che la citata pronuncia della S.C. non aveva fatto obbligo alla P.A. di procedere a tale rimozione e che le leggi vigenti e la Costituzione non prevedevano alcun divieto in tal senso; che l’attuale presenza dei crocifissi nelle aule giudiziarie, nelle scuole e negli edifici pubblici deriva dall’ “illiberale privilegio” accordato alla religione cattolica dal regime fascista, in contrasto con il principio della laicità dello Stato come riconosciuto dalla vigente Costituzione; che non esiste alcuna norma di legge e/o regolamentare che autorizzi l’Amministrazione dell’Interno ad esporre il crocifisso nei seggi elettorali; che il comportamento del Ministero comporta la violazione dei principi costituzionali della libertà religiosa (art. 19), della libertà di pensiero (art. 21), della riservatezza (art. 4, lett. d, 20 e 22 D. L.vo 30.6.2003 n. 196), dell’eguaglianza dei cittadini senza distinzione di religione (art. 3 Cost. e art. 3 L. 13.10.1975 n. 654) e della libertà di coscienza in relazione all’adesione al principio supremo della laicità dello Stato e dell’imparzialità della P.A. (artt. 2,3,7,8,19,20 e 97 Cost.); che la lesione del suddetto principio della laicità dello Stato è ancora più evidente in riferimento ai requisiti referendari relativi alla procreazione assistita; che nella fattispecie sussiste la giurisdizione dell’A.G.O., ai sensi dell’art. 2 L. 20.3.1865 n. 2248, all. E, trattandosi proprio di controversia su un “diritto civile e politico”, suscettibile di tutela anche in sede cautelare.
Tanto esposto, il ricorrente chiede, ex art. 700 c.p.c., “sussistendo il fumus boni juris, nonché il pericolo che durante il tempo necessario per ottenere il riconoscimento dei propri diritti con sentenza esecutiva il sottoscritto ricorrente subisca il pregiudizio al proprio diritto di voto per le oramai prossime elezioni regionali del 3-4 aprile 2005, nonché per il referendum sulla procreazione assistita…..che il Tribunale di Napoli, in persona del Giudice Monocratico designato, inaudita altera parte o previa convocazione delle parti, voglia ordinare al Prefetto di Napoli e al Ministro dell’Interno pro-tempore….. di rimuovere da tutti i seggi elettorali italiani o, in subordine, da tutti i seggi elettorali della Campania, il simbolo religioso del crocifisso.”
Con memoria depositata il 3.3.2005, il ricorrente ha chiesto anche, in via subordinata, la rimozione del crocifisso quantomeno dalla sezione elettorale dove dovrebbe votare.
Costituitosi, il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., ha impugnato il ricorso eccependo: l’inammissibilità di quest’ultimo per omessa indicazione della causa di merito instauranda; la mancanza di prova in ordine alla qualità di elettore del ricorrente; il difetto di legittimazione passiva del Ministero resistente per essere legittimato, per contro, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca; nel merito, l’esistenza di norme regolamentari che autorizzano la presenza del crocifisso nei seggi elettorali; le differenze tra il caso esaminato dalla S.C. in sede penale e quello oggetto del presente procedimento; l’assenza delle condizioni per configurare le violazioni dei principi costituzionali e di legge come denunciate da parte ricorrente.
L’Amministrazione resistente ha quindi concluso per il rigetto del ricorso e la vittoria delle spese di lite.
Tanto premesso, si osserva che non sussistono le condizioni per l’emissione dell’invocato provvedimento cautelare, trattandosi di questione non rientrante nella giurisdizione di questa A.G.O.
Ed invero, a fronte della disciplina da parte ricorrente, di cui all’art. 2 L. 20.3.1865 n. 2248, all. E, (“Sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa”), va posta in rilievo la sopravvenienza della disciplina ex art. 7 L. 31.7.2000, n. 205, che, nell’apportare modifiche al D. L.vo 31.3.1998, n. 80, ha sostituito l’art. 33 di tale ultimo D. L.vo, la cui attuale formulazione è la seguente: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi….(1° comma); “Tali controversie sono, in particolare, quelle…..e) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell’espletamento del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidità” (2° comma).
Orbene, pur aderendo all’orientamento della S.C. in materia (cfr., tra le altre, Cass. civ., Sez. Unite, 9.8.2000, n. 558, in Giust. civ. Mass., 2000, 1470, secondo la quale tra le controversie relative a “rapporti individuali di utenza con i soggetti privati” sono da includere quelle promosse da singoli utenti di un determinato servizio pubblico per ottenere le prestazioni cui lo stesso è istituzionalmente preposto, relativamente alle quali l’individuazione del giudice fornito di giurisdizione deve avvenire non in base al criterio della materia ma in base a quello della consistenza della situazione giuridica di cui si domanda la tutela: giurisdizione ordinaria quanto ai diritti soggettivi, giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo quanto agli interessi legittimi), appare evidente che nel caso di specie la giurisprudenza appartiene al giudice amministrativo: ed infatti, come è stato correttamente chiarito (cfr. Trib. L’Aquila, 20.11.2003, in Foro Italiano, 2004, I, 1262), la controversia sulla vigenza delle norme che prevedono, tra le altre disposizioni di carattere generale ed organizzativo, la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche e, quindi, spiegano i loro effetti verso una platea indifferenziata di soggetti (alunni di tutte le scuole pubbliche) non attiene ad un rapporto esclusivamente “individuale” di utenza ai sensi dell’art. 33, 2° comma, lett. e), D. L.vo n. 80/98.
Tale principio è certamente applicabile alla fattispecie in esame: in realtà, in quest’ultima non viene in rilievo una controversia instaurata dal singolo utente di un servizio (come nell’ipotesi della pretesa giudiziale di rimborso, azionata nei confronti del servizio sanitario, di spese sostenute per prestazioni chirugiche indifferibili: cfr. il caso sottoposto all’esame della S.C. di cui alla massima poco sopra riportata), né può dirsi che il rapporto oggetto del presente procedimento abbia una fonte regolatrice di diritto privato negoziale (Cass. civ., Sez. Un., 8.7.2004, n. 12.607, in Giust. civ. Mass., 2004) o abbia una natura esclusivamente patrimoniale, senza alcuna connessione funzionale con l’ordinamento del servizio pubblico, inteso come funzione economico-pratica destinata alla soddisfazione di un interesse generale (Cass. civ., Sez. Un., 16.4.2004, n. 7265, in Giust. civ. Mass., 2004 a proposito della domanda di restituzione del canone per il servizio di depurazione delle acque reflue, proposta dal singolo utente in caso di inadempimento del Comune); per contro, in riferimento al “pubblico servizio” in questione (quale quello connesso all’organizzazione delle consultazioni elettorali e referendarie e, comunque, alla dotazione delle aule scolastiche anche in occasione di tali consultazioni), assume carattere decisamente assorbente la circostanza secondo cui la gestione di tale servizio ed il complesso delle norme regolamentari che lo disciplinano sono rivolti ad un numero indeterminato di soggetti (gli elettori) e non si risolvono certo nella regolamentazione di uno specifico, esclusivo rapporto di utenza, connotato da una particolare situazione soggettiva indifferente rispetto alle parallele posizioni soggettive di tutti gli altri elettori.
Si osserva in ogni caso, anche a volere ritenere configurabile la giurisdizione del giudice adito, che mancano le condizioni per accogliere la suddetta domanda cautelare, pur ammissibile – ed in tal senso vanno rigettate le relative eccezioni come sollevate dall’Amministrazione resistente – sia sotto il profilo dell’indicazione dell’instauranda causa di merito (“….condanna del Prefetto e del Ministro dell’Interno a rimuovere permanentemente i crocifissi da tutti i seggi elettorali in occasione della libera espressione del voto in qualsiasi futura elezione o referendum”), sia quanto alla qualità di elettore del ricorrente (non è stato dedotto, e tanto meno provato, qualsivoglia elemento specifico ostativo in tale senso), sia in riferimento alla legittimazione passiva del Ministero dell’Interno convenuto (trattandosi di questione attinente all’organizzazione delle consultazioni elettorali e referendarie).
La domanda, si diceva, va comunque rigettata sulla scorta delle seguenti considerazioni:
1°) come si evince chiaramente dal contenuto del ricorso (non a caso il ricorrente richiama l’istanza avanzata nel 2000 dall’associazione U.A.A.R. nei confronti del Ministero dell’Interno), la richiesta di rimozione del crocifisso dai seggi elettorali corrisponde ad un’esigenza già avvertita da tempo dall’istante medesimo, il che impone di ritenere – anche in riferimento alle prossime elezioni del 3 e 4 aprile 2005 – insussistente il requisito del “periculum in mora” con specifico riguardo all'”irreparabilità” del pregiudizio, essendo evidente che quest’ultimo non può definirsi “irreparabile” allorché l’interessato non proceda tempestivamente alla tutela dei propri diritti nell’ordinaria sede di merito e non nella residuale sede deputata alla trattazione dei procedimenti d’urgenza;
2°) in aggiunta a tale assorbente considerazione, va osservato, in ogni caso, che il crocifisso è incluso tra gli arredi delle aule scolastiche, dall’art. 118 del R.D. 30.4.1924 n. 965 (ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media) e dall’art. 119 (ed allegata tabella C) del R.D. 26.4.1928, n. 1297 (approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), laddove nessuna norma successiva, di legge o regolamentare, vieta la presenza del crocifisso stesso nelle suddette aule scolastiche, né sono state invocate disposizioni specifiche relative a queste ultime, ove siano adibite a seggi elettorali;
3°) la sentenza della S.C., più volte citata da parte ricorrente (cfr. Cass. Pen., Sez. IV, 1.3.2000 n. 4273, in Foro It., 2000, II, 521) non consente di aderire alla tesi di quest’ultima, essendo evidente che le questioni ivi trattate attenevano essenzialmente alla sussistenza o meno delle condizioni per configurare la responsabilità penale di chi si era rifiutato di svolgere l’ufficio di scrutatore in occasione delle consultazioni elettorali: non a caso, la “libertà di coscienza”, dell’imputato e la sua adesione al “principio supremo della laicità dello Stato” erano state poste a fondamento del ravvisato “giustificato motivo di rifiuto” a svolgere detto ufficio;
4°) nel caso in esame, considerato anche l’ambito del presente procedimento avente natura sommaria, non è ravvisabile innanzitutto alcuna violazione dei principi costituzionali invocati dal ricorrente (con particolare riferimento alla libertà religiosa e di pensiero, al principio di eguaglianza ed al diritto alla riservatezza), trattandosi – a prescindere anche dalle norme regolamentari sopra richiamate – della mera esposizione di un simbolo nel quale notoriamente si identifica ancora oggi, sotto il profilo spirituale, la larga maggioranza dei cittadini italiani, sicché, in assenza di qualsivoglia divieto normativo, la presenza dello stesso nelle aule scolastiche, anche ove siano adibite a seggi elettorali, costituisce semplicemente la testimonianza di tale diffuso sentimento, senza alcuna valenza “discriminatoria” nei confronti delle altre religioni, la cui libera professione è senza alcun dubbio consentita e garantita dallo Stato (è appena il caso di evidenziare che ogni diversa determinazione circa l’esposizione del crocifisso o la contestuale esposizione di simboli di altre religioni, sulla scorta eventuale di una differente lettura del rapporto tra le diverse religioni nell’ambito di una società multietnica, spetta al legislatore e non certo al giudice ordinario, tanto meno nella presente sede cautelare);
5°) quanto sopra, in particolare, non permette di ravvisare una violazione della libertà di religione e del diritto alla riservatezza, costituendo invero una personale scelta di qualche elettore quella segnalata dal ricorrente, di chiedere la rimozione del crocifisso prima di votare, laddove la mera presenza di tale simbolo, nella prospettiva di cui sopra, non si comprende in che modo possa impedire all’elettore stesso – tanto più se non credente e, quindi, indifferente rispetto a quella presenza – di esprimere liberamente il proprio voto;
6°) soprattutto, ed in ultima prospettiva va nuovamente posto in rilievo l’ambito sommario del presente procedimento con particolare riferimento alle condizioni di legge prescritte per l’emanazione degli invocati provvedimenti cautelari (fumus boni iuris” e “periculum in mora”), non pare configurabile alcuna violazione e/o condizionamento quanto al libero esercizio del diritto di voto da parte sia dell’odierno ricorrente che della platea indeterminata di elettori, dovendosi in primo luogo ricondurre ancora una volta la presenza di tale simbolo alla radicata – francamente incontestabile – tradizione religiosa e culturale del Paese, senza necessariamente dedurne un’interferenza, anche solo indiretta, rispetto alle varie consultazioni (politiche, amministrative o referendarie);
7°) inoltre, è ragionevole ritenere che la presenza del crocifisso nei seggi elettorali, a prescindere anche dalla prova circa l’effettiva collocazione dello stesso in ogni singola aula all’uopo adibita, non sia nemmeno avvertita, o lo sia in maniera sommaria, da chi vi si rechi per esibire il proprio documento identificativo per poi esprimere il voto nelle cabine ivi predisposte;
8°) infine, non è ragionevolmente sostenibile, e comunque manca ogni significativa prova al riguardo, che l’espressione del proprio voto, nell’attuale contesto sociale e culturale, possa addirittura essere condizionato dalla presenza di tale simbolo; diversamente opinando, dovrebbe ritenersi che gli elettori accedono ai vari seggi senza precisi convincimenti politici e, pertanto, possano essere concretamente influenzati dalla visione di un’immagine religiosa, tale da eliminare o ridurre apprezzabilmente la loro libertà di coscienza e, quindi, la loro libera determinazione in favore dell’uno o dell’altro partito e/o candidato: Ma di tanto non vi è alcuna prova.

Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il G.D., pronunciando sul ricorso ex art. 700 c.p.c. di cui in premessa, proposto in data 16.2.2005 dall’avv. U. F. “in proprio” nei confronti del Prefetto di Napoli e del Ministro dell’Interno p.t., così provvede:

1° rigetta il ricorso;
2° condanna il ricorrente avv. U. F. al pagamento, in favore del resistente Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., delle spese del giudizio, che liquida in complessivi euro 770,00, di cui euro 20,00 per spese, euro 250,00 per diritti ed euro 500,00 per onorario, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge;
3° manda la cancelleria per le comunicazioni di rito.

Così deciso in Napoli il 26 marzo 2005.
Il G. D.
dott. Massimo Pignata