Ordinanza 22 dicembre 2006, n.444
Corte Costituzionale, ordinanza 22 dicembre 2006, n. 444: “Legittima l’espulsione dello straniero legato ad una donna in stato di gravidanza da una relazione di fatto”.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Franco BILE Presidente
– Giovanni Maria FLICK Giudice
– Francesco AMIRANTE ”
– Ugo DE SIERVO ”
– Romano VACCARELLA ”
– Paolo MADDALENA ”
– Alfio FINOCCHIARO ”
– Alfonso QUARANTA ”
– Franco GALLO ”
– Gaetano SILVESTRI ”
– Sabino CASSESE ”
– Maria Rita SAULLE ”
– Giuseppe TESAURO ”
– Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del 12 ottobre 2005 dal Giudice di pace di Genova, sul ricorso proposto da V.G.G.M. contro il Prefetto di Genova, iscritta al n. 195 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 22 novembre 2006 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto che il Giudice di pace di Genova, con ordinanza depositata il 12 ottobre 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 30, 31 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui prevede che il decreto di espulsione debba essere eseguito anche nei confronti dello straniero extracomunitario legato da vincolo affettivo con una donna in stato di gravidanza;
che il giudizio a quo ha ad oggetto l’opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Genova nei confronti di V.G.G.M., cittadino extracomunitario, in quanto questi, entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, non aveva richiesto il permesso di soggiorno entro i termini di legge;
che il rimettente, in punto di fatto, rileva che il ricorrente risulta legato affettivamente, sulla base di una dichiarazione scritta dall’interessata, con una cittadina ecuadoriana in stato di gravidanza e in attesa del permesso di soggiorno per motivi di salute;
che, a parere del giudice a quo, l’art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e l’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), nel prestare tutela alla famiglia, prescindono dal fatto che la stessa sia fondata o meno sul vincolo del matrimonio;
che, secondo il rimettente, la norma impugnata violerebbe gli artt. 2 e 30 della Costituzione, in quanto impedirebbe l’esercizio del diritto fondamentale di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, nonché priverebbe di tutela e assistenza materiale il nascituro;
che l’art. 19, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 286 del 1998, sarebbe, altresì, in contrasto con l’art. 31 della Costituzione, che attribuisce allo Stato il compito di agevolare, nell’ambito della famiglia, l’istruzione e l’educazione dei figli;
che, ad avviso del rimettente, il decreto di espulsione impugnato violerebbe anche l’art. 32 della Costituzione, in quanto limita il dovere inderogabile di solidarietà connesso alla tutela del diritto alla salute;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di manifesta infondatezza della questione;
che l’esecuzione del provvedimento di espulsione, a parere della difesa erariale, non pregiudica il diritto-dovere del ricorrente di adempiere ai suoi doveri di padre del nascituro una volta che quest’ultimo, venuto al mondo, venga dallo stesso riconosciuto;
che, secondo l’Avvocatura, l’ordinamento non prevede situazioni soggettive tutelabili in capo al presunto padre, prima della nascita del concepito, «fino al punto di sottrarlo al trattamento sanzionatorio derivante dalla violazione di leggi»;
che, a parere della difesa erariale, in favore del ricorrente, in quanto convivente e non unito in matrimonio con la madre del nascituro, non si può invocare l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 286 del 1998 sulla base della sentenza n. 376 del 2000, con la quale questa Corte, al fine di assicurare un’adeguata tutela alla famiglia, ha dichiarato illegittima la norma citata nella parte in cui non prevedeva il divieto di espulsione nei confronti del marito convivente con donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio;
che, comunque, i valori dell’unità familiare e dell’interesse dei figli minori devono essere bilanciati con altri valori aventi uguale dignità costituzionale, quali quelli garantiti e protetti dalla normativa in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri nel territorio nazionale;
che, infine, la parte pubblica ritiene non applicabile al giudizio a quo la legge 8 marzo 2000, n. 52 [recte: n. 53] (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città), che ha introdotto una disciplina a tutela della funzione genitoriale a prescindere dall’esistenza del rapporto di coniugio, attesa la presenza irregolare nel territorio dello Stato del ricorrente.
Considerato che il Giudice di pace di Genova ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 30, 31 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui prevede che il decreto di espulsione debba essere eseguito anche nei confronti dello straniero extracomunitario legato da una relazione affettiva con una donna in stato di gravidanza e in attesa del permesso di soggiorno, impedendo così a costui di assicurare alla donna stessa e al nascituro assistenza materiale e morale;
che il rimettente, in altro procedimento, ha sollevato analoga questione dichiarata dalla Corte manifestamente infondata (ordinanza n. 192 del 2006);
che la Corte con l’indicata pronuncia ha affermato che l’art. 19, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 286 del 1998, non viola gli artt. 2 e 30 della Costituzione, in quanto la previsione della temporanea sospensione del potere di espulsione «delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono», estesa, per effetto della sentenza n. 376 del 2000 di questa Corte, al rispettivo marito convivente, presuppone una certezza dei rapporti familiari che non è dato riscontrare – e tanto meno è dato verificare nel giudizio a quo – nel caso di una relazione di fatto che, come tale, non può che essere affermata dagli interessati;
che, sempre con la medesima pronuncia, la Corte ha escluso che l’art. 19, comma 2, lett. d), del d.lgs. n. 286 del 1998, violi l’art. 32 della Costituzione, in quanto «le ragioni della solidarietà umana non sono di per sé in contrasto con le regole in materia di immigrazione previste in funzione di un ordinato flusso migratorio e di un’adeguata accoglienza ed integrazione degli stranieri»;
che, come questa Corte ha già precisato, l’art. 31 della Costituzione è volto a salvaguardare la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e non può, quindi, essere invocato in riferimento ad una situazione quale quella prospettata dal rimettente (sentenza n. 70 del 1999);
che, pertanto, la questione è manifestamente infondata in quanto nessuno dei parametri evocati risulta violato dalla norma impugnata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 30, 31 e 32 della Costituzione, dal Giudice di pace di Genova con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2006.
Autore:
Corte Costituzionale
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Salute, Immigrazione, Stranieri, Espulsione, Paternità, Gravidanza, Frontiere, Famiglia di fatto, Cura della prole
Natura:
Ordinanza