Ordinanza 13 febbraio 2009
Tribunale di Prato. Ordinanza 13 febbraio 2009: "Affido esclusivo del figlio minore al genitore in grado di assicurargli un modello educativo predominante idoneo a garantirne un regolare processo di socializzazione".
(omissis)
Fatto.
D.E. e C.G. contraevano matrimonio in data 18 agosto 2001 e, in data 13 ottobre 2003, nasceva il figlio G.; il 22 febbraio 2008, la E. depositava ricorso per separazione giudiziale; a seguito di comparizione delle parti davanti al presidente del tribunale, veniva disposto l’affidamento congiunto del minore G. ad entrambi i genitori, individuando la residenza principale presso la madre e disponendo le modalità di visita del padre ed il pagamento, a carico dello stesso, della somma di euro 300 mensili, oltre al cinquanta per cento delle spese straordinarie.
Nel corso del giudizio, G.C. presentava istanza ai sensi degli art. 155 c.c., 709, ultimo comma, e 709 ter c.p.c. chiedendo l’affidamento esclusivo del minore al padre con previsione di incontri con la madre in presenza di operatori del servizio sociale o altri qualificati; la ragione della richiesta veniva individuata nella circostanza che la E., in concomitanza ad una grave depressione, aveva abbracciato la religione dei testimoni di Geova, alla quale educava anche il minore, così distogliendolo dalla religione cattolica alla quale i genitori avevano, di comune accordo durante il matrimonio, deciso di educare G.; la scelta aveva ripercussioni negative sul minore. La E. si opponeva alla richiesta di affidamento esclusivo al padre argomentando che ella negava che la religione dei testimoni di Geova potesse influenzare negativamente il bambino e non si opponeva a che il padre, ove lo desiderasse, avvicinasse il figlio anche alla religione cattolica.
Disposta la comparizione personale delle parti, il giudice prendeva atto della disponibilità della E. a cambiare i giorni di visita del minore al padre, così da evitare di portarlo alla sala del regno alle adunanze dei testimoni di Geova; ella riferiva che non intendeva festeggiare con il figlio compleanni o Natale; C., invece, dava atto che, laddove avesse avuto l’affidamento del figlio minore, questi avrebbe vissuto con lui e con i suoi genitori; il giudice disponeva c.t.u. volta ad accertare a) il modello educativo che ciascuno dei coniugi intende applicare al figlio; b) la conciliabilità dei modelli educativi scelti dai genitori; c) l’idoneità dei genitori a portare avanti l’educazione del minore secondo i principî dell’affidamento condiviso.
Le risultanze della c.t.u. erano oggetto di osservazioni da entrambe le parti; C. insisteva per l’affidamento esclusivo, la E. chiedeva il mantenimento dell’affidamento condiviso, la modifica delle condizioni in atto nel senso di poter tenere con sé il figlio nei giorni in cui egli è affidato al padre, qualora egli fosse impegnato per motivi di lavoro, l’aumento dell’assegno di mantenimento a euro 600; nell’ipotesi di conferma dell’assegno attuale, chiedeva l’autorizzazione del C. o, in difetto, quella del giudice a trasferirsi con il minore a Potenza presso la madre o, in alternativa, a Bologna dove vivono dei parenti e, di conseguenza, una nuova disciplina nelle modalità di visita da parte del padre.
La c.t.u. — Deve, innanzitutto, darsi atto che la consulente nominata dal giudice ha operato un attento esame dei coniugi e del minore dal quale, in via estremamente sintetica, emerge quanto segue:
Il padre: appare deluso e arrabbiato con la moglie che lo ha lasciato, la accusa di essere cambiata dopo la nascita del figlio, da quando ha avuto una forte depressione, alla quale imputa l’adesione alla religione dei testimoni di Geova; contesta che il figlio sia educato secondo i dettami di questa confessione, che lo impauriscono.
La madre: chiude un matrimonio perché sente di non essere stata compresa nel proprio modo di essere e nella propria sofferenza; ha abbracciato la fede dei testimoni di Geova e sta compiendo un percorso di formazione religiosa al quale sta avvicinando anche il figlio, caricandolo del peso della responsabilità connessa all’obbedienza divina; non si oppone a che il padre proponga al figlio un altro modo di sentire, anche sotto il profilo religioso.
G.: è un bimbo di cinque anni, sofferente per la separazione dei genitori i quali, impegnati a definire i limiti della frequentazione dei testimoni di Geova, hanno trascurato il suo dolore, cercando di manipolarlo e portarlo ognuno dalla propria parte. La madre lo ha indotto a rinnegare le principali feste familiari, che rappresentano per lui il ricordo della famiglia unita e gli propone di seguire i dettami dei testimoni di Geova, cosa che egli fa, un po’ per compiacerla e un po’ temendo il giudizio divino; il padre lo considera un’estensione di sé stesso e lo inibisce nel percorso di crescita e differenziazione e, in più, denigra continuamente sua madre.
La coppia genitoriale: tra C. e la E. è sempre mancata la comunicazione, nessuno dei due è in grado di parlare di un progetto di genitorialità.
La c.t.u. conclude: «Ritengo che entrambi presentino profondi limiti nell’esercizio della loro genitorialità e non credo che singolarmente siano in grado di agire per il meglio, garantendo il clima ottimale che permetta una crescita armoniosa del piccolo G. Ritengo piuttosto che entrambi funzionino meglio insieme, in particolare credo che D. trovi in G. un punto di riferimento che possa aiutarla a comprendere quanto i messaggi religiosi finiscano per turbare il bambino che ha bisogno di ritrovare la sua dimensione ludica. D’altra parte G. trova in D. un limite alla propria onnipotenza anche nei confronti del figlio. È innegabile che la signora permetta un maggior accesso psicologico al padre rispetto a quanto avviene nei suoi confronti, pertanto, ritengo che il sig. C. necessiti di un aiuto nella gestione della propria separazione mentre la sig. E. ha senza dubbio ancora bisogno di un valido supporto psicologico per recuperare pienamente il proprio equilibrio».
Diritto
La nuova disciplina relativa ai «provvedimenti riguardo ai figli» di cui agli art. 155 e 155 bis c.c., come modificata dalla l. 54/06, è improntata alla tutela del minore alla c.d. bigenitorialità, intesa come diritto dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre, e con le loro rispettive famiglie, anche dopo la separazione; in questa ottica, si pone la norma che dispone come regola generale l’affidamento condiviso, che comporta l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi e una condivisione delle decisioni di maggiore importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore; la soluzione dell’affidamento esclusivo rappresenta l’eccezione tanto che alla regola dell’affidamento condiviso si può derogare, con provvedimento motivato, soltanto quando esso risulti «pregiudizievole nell’interesse del minore» (cfr. Cass. 16593/08, Foro it., 2008, I, 2446; Trib. Roma 18 aprile 2007).
Ciò premesso, e richiamato quanto sopra riportato e la c.t.u. nel suo complesso, il giudice ritiene che, nel caso di specie, si versi in un’ipotesi in cui l’affidamento congiunto possa rappresentare un pregiudizio per il minore.
G. si trova ad affrontare la separazione dei genitori in un’età in cui è ancora troppo piccolo per capirne le motivazioni ma sufficientemente grande per vederne gli effetti; come tutti i figli di separati non convive più con entrambi i genitori, per vedere il padre deve stare lontano da casa, interrompere i propri giochi anche quando non ne ha voglia.
A sostenerlo in questo percorso di sofferenza G. trova due genitori che, a parere della psicologa, devono ancora risolvere loro problemi personali e non sono in grado di fargli comprendere la nuova situazione.
È un dato di comune esperienza che questa situazione è comune a molti figli di coppie separate perché, è evidente, il generare un figlio non equivale di per sé ad aver raggiunto una piena maturità emotiva né a possedere la capacità di allevarlo nel migliore dei modi; alle normali difficoltà di tutti i figli, tuttavia, per G. si aggiunge un altro elemento destabilizzante; improvvisamente, infatti, la madre ha una nuova religione che non è solo un’esperienza interiore ma che ha un impatto dirompente sulla sua vita quotidiana; non si festeggia più il Natale, non si va più ai compleanni, si cambiano i cartoni animati, bisogna ubbidire a Geova perché i piccoli errori possono portare a non superare il giudizio divino; dall’altro lato, il papà non intende in alcun modo osservare i precetti di Geova e, anzi, ne ostenta la contrarietà cosicché con il padre si festeggia il compleanno, il Natale e la Pasqua; secondo l’opinione della mamma il papà non passerà il giudizio divino.
La riprova dell’inevitabile stato di confusione e disagio in cui si trova il piccolo G. è il disegno 1 allegato alla c.t.u. nel quale il bambino ha disegnato la madre in mezzo a due alberi di Natale; la c.t.u. spiega il disegno evidenziando che l’assenza del padre e del bambino denotano che la figura preferenziale è la madre e che il concetto di famiglia è racchiuso in quell’immagine ma, dall’altro, vi è una sensazione di appartenenza al mondo del padre al quale si sente più simile.
Lo stato del bambino richiede senz’altro un intervento forte volto a far ritrovare a G. un modello educativo predominante che gli consenta di acquisire quelle certezze che gli sono indispensabili per una crescita equilibrata.
Certamente sarebbe ottimale che i genitori, insieme, riuscissero a far confluire le loro idee in un unico modello educativo da presentare a G.; la sostanziale inconciliabilità delle idee tra i coniugi, tuttavia, porta questo giudice ad escludere che, al momento, ciò possa accadere, a meno che la E. rinunci ai testimoni di Geova o il C. ne abbracci la fede, circostanze che appaiono entrambe remote.
Si impone, pertanto, al giudice di individuare un genitore al quale affidare in via esclusiva il piccolo G.
A questo proposito non si può non evidenziare che, come rilevato dalla psicologa nella c.t.u., la madre rappresenta per G. il principale punto di riferimento affettivo; tuttavia, non è possibile trascurare che ella ha dichiarato che non intende accompagnare il figlio ai compleanni, che non desidera che egli canti in classe le canzoni di Natale, che, in caso di necessità, non gli farà fare trasfusioni di sangue o, eventualmente, chiederà a lui (a cinque anni!) se vuol commettere un’infrazione per salvare la vita terrena. Osserva il giudice che la E., madre affettuosa e presente, prospetta, tuttavia, un modello educativo che certamente porrà G. fuori dalla possibilità di una regolare convivenza con i suoi coetanei; ed infatti, il canto di Natale, il compleanno e le altre feste pagane rappresentano le più importanti modalità di incontro e socializzazione per i bambini della sua età. Non può tacersi, peraltro, del rischio della vita al quale G. verrebbe esposto in caso di necessità di trasfusioni di sangue, qualora il genitore esercente la potestà vi negasse il consenso.
Dall’altro lato, il modello educativo del padre emerge per lo più in negativo, nel senso che il C. è interessato soprattutto a che il figlio non frequenti i testimoni di Geova; quanto al resto, egli pare volerlo far vivere «in modo normale», con ciò intendendo secondo le regole del comune vivere civile, senza che altro emerga in ordine ad una precisa direzione educativa. La c.t.u. ha comunque rilevato che il minore è in armonia con il padre, nonostante che questi tenda a dominarlo.
Ciò premesso, la tenera età del minore induce il giudice a scegliere per quello che può definirsi il minore dei mali; appare, infatti, determinante agevolare l’educazione da parte di quel genitore che tenda a garantire un regolare processo di socializzazione di G., presupposto indispensabile per il suo sviluppo e la formazione di una piena capacità di giudizio; è, dunque, al padre che dovrà essere concesso l’affidamento esclusivo di G.
Al di là del precetto giuridico, è evidente che C., con la richiesta di affidamento esclusivo, si è assunto una grande responsabilità che è quella di crescere un figlio di cinque anni senza la guida della madre; egli dovrà, dunque, avere la consapevolezza dell’importanza del ruolo che si troverà a svolgere con il figlio giacché, come ha sostenuto anche nelle proprie difese, i bambini non si educano con i precetti ma con l’esempio quotidiano. Allo scopo di conseguire il risultato sperato, egli dovrà, pertanto, essere presente nella vita e nell’educazione del figlio e, soprattutto, dovrà in ogni modo favorire il mantenimento di uno stretto legame affettivo di G. con la madre.
Dal canto suo, la E. potrà continuare a vedere il figlio secondo le modalità indicate nel dispositivo; è escluso che ella debba vedere G. in presenza dei servizi sociali perché ciò equivarrebbe, nella sostanza, a toglierle la possibilità di essere madre mentre la c.t.u. ha posto in evidenza lo stretto legame affettivo esistente tra la madre e il piccolo G.; certamente, ella dovrà svolgere il proprio ruolo comprendendo, per il momento, l’importanza di non accrescere nel figlio lo stato di confusione introducendo nella sua vita concetti che non è in grado di comprendere e facendo un passo indietro con riferimento all’educazione religiosa di G.
È convinzione del giudice, peraltro, che l’armonioso sviluppo della personalità di G. non dipenda tanto da questo provvedimento, peraltro suscettibile di modifiche, bensì dalla capacità che i genitori avranno di superare sé stessi e la conflittualità esistente tra loro per agire nell’interesse del minore; è per questo motivo che non vengono imposte alla E. limitazioni specifiche con riferimento alla possibilità che G. frequenti persone appartenenti ai testimoni di Geova, obbligazione di tipo puramente morale, peraltro insuscettibile di dar luogo ad applicazione di misure coercitive (cfr. Trib. Prato 25 ottobre 1996, id., Rep. 1997, voce Separazione di coniugi, n. 82).
Si ritiene, peraltro, opportuno, che i coniugi richiedano l’aiuto nei termini indicati dalla c.t.u. in atti.
L’affidamento esclusivo di G. al padre richiede, infine, la revoca dell’assegno di mantenimento del minore in favore della madre disposto dal presidente del tribunale in sede di comparizione dei coniugi.
Autore:
Tribunale Civile
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Matrimonio, Religione, Testimoni di Geova, Separazione, Affidamento, Famiglia, Figli minori
Natura:
Ordinanza