Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 28 Marzo 2018

Ordinanza 09 marzo 2018

 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE – 1

(omissis)

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso proposto da
(omissis)
– ricorrente –

nei confronti di
(omissis)
– controricorrente –

avverso la sentenza n. (omissis) della Corte di appello di (omissis) emessa il (omissis) e depositata il (omissis) R.G. n. (omissis);
sentita la relazione in camera di consiglio del cons. (omissis);

Rilevato che
1. Il Tribunale di (omissis) con sentenza n. (omissis) ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da (omissis) e (omissis) il (omissis). Ha posto a carico del (omissis) un assegno mensile di mantenimento di 800 euro e compensato integralmente le spese di lite.
2. La Corte di appello di (omissis), con sentenza n. (omissis), ha confermato la decisione di primo grado e condannato l’appellante (omissis) al pagamento delle spese processuali.
3. Ricorre per cassazione (omissis) deducendo: violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c.; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; b) motivazione apparente.
4. Si difende con controricorso (omissis).
5. Il ricorrente deposita memoria difensiva.

Ritenuto che
6. Il primo motivo deve essere respinto alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui il motivo di ricorso per cassazione con il quale si denunzi la violazione del diritto del coniuge, quale cattolico praticante, a sottoporre esclusivamente al tribunale rotale la questione dello scioglimento del suo matrimonio, è inammissibile, atteso che nell’ordinamento giuridico italiano non sussiste alcun diritto di tal fatta, né un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di nullità del matrimonio concordatario e quello avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili dello stesso, trattandosi di procedimenti autonomi, sfocianti in decisioni di natura diversa ed aventi finalità e presupposti distinti (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 17969 dell’11 settembre 2015; Cass. civ. sez. VI-1 n. 2089 del 30 gennaio 2014).
7. Il secondo motivo è anch’esso inammissibile perché non conforme ai requisiti richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per la proposizione del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. civ. Sezioni Unite n. 8053 del 7 aprile 2014).

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi euro 3.100, di cui 100 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del (omissis).

Il Presidente
(omissis)