Ordinanza 09 maggio 2011
Estensore Tedeschi
I medesimi ricorrenti hanno depositato, in data 1.04.2011, altro ricorso di analogo contenuto e nel quale – pag. 28 – hanno dettagliato l’oggetto della domanda di merito indicandolo nell’accertamento dell’”illegittimo comportamento posto in essere alla Parrocchia Regina Pacis”, nella conseguente “inibitoria delle intollerabili immissioni acustiche patite dagli istanti, violative del diritto costituzionale alla salute ed alla tutela della proprietà dei medesimi” e nel risarcimento dei conseguenti danni; il relativo procedimento è stato iscritto al n. 21795/2001.
Con istanza depositata in data 7.04.2001 i ricorrenti hanno chiesto la riunione dei detti procedimenti cui si è provveduto all’udienza già fissata per la comparizione delle parti nel presente procedimento riunente iscritto al n. 17976/2011 R.G.
Si è costituita la “Parrocchia S.M. Regina Pacis” impersonata dal suo parroco p.t., padre L. E. ed ha contestato l’avverso ricorso eccependo:
– la carenza di legittimazione attiva degli attori conseguente alla omessa prova della proprietà delle unità abitative facenti parte dello stabile di “via Felice Cavallotti n. 99” di Roma;
– la carenza, nel ricorso propulsivo del procedimento riunito iscritto al n. 21795/2001, dell’oggetto della domanda di merito che ne determinava inammissibilità;
– l’insussistenza dei presupposti per l’invocata tutela cautelare in ragione della preesistenza delle strutture sportive parrocchiali, sua pure con parziale differente conformazione, alle abitazioni dei ricorrenti che erano state ricavate, nell’anno 2007, da un ex edificio scolastico, così come anche la campana, oggetto di doglianza, ivi insisteva sia dall’anno 1942, con conseguente esistenza di un preuso – anche per quel che concerne l’utilizzo dei fari di illuminazione degli impianti – rispetto al successivo impiego delle dette abitazioni;
– che, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, l’utilizzo dei campi sportivi era limitato dal lunedì al venerdì, dalle ore 16,00 alle ore 20,00 e, sempre in detta fascia oraria, erano organizzati, nei periodi novembre-dicembre e gennaio-aprile, per due sabati al mese, tornei di calcio; che i campi di calcio erano, poi, locati a parrocchiani per due volte la settimana e saltuariamente dalle ore 20,00 alle 22,00, nel mentre il campo di basket non era mai utilizzato oltre le ore 20,00;
– che, contrariamente a quanto adombrato dai ricorrenti, i campi di calcio non erano utilizzati dai boy scout che ivi si riunivano alle ore 8,00 delle giornate di sabato e di domenica poiché – come pubblicizzato anche via web – le relative riunioni erano programmate alle ore 9,00 della domenica mattina, erano tenute nei locali parrocchiali e quindi, dalle 9,30 e sino alle 10,30 i partecipanti si intrattenevano in tale campo prima di recarsi a messa; che, ancora, nelle aree parrocchiali e limitatamente al periodo 15-30 giugno era organizzato – su richiesta dei genitori che avevano sollecitato assistenza ai propri figli dopo la chiusura delle scuole – il “campo scuola grest” che vedeva un limite massimo di duecento partecipanti, si svolgeva dal lunedì al venerdì e, per solo due giorni, vedeva l’impiego del campo di basket alle ore 8 per la riunione e la preghiera comune, con successivo trasferimento negli altri locali parrocchiali e solo nel pomeriggio il cortile era utilizzato quale area gioco per così rimediare alla calura estiva;
– che i rintocchi della campana, regolamentati elettronicamente, si prolungavano per circa 45 secondi con cadenza regolare infrasettimanale alle ore 7, 8, 45, 12, 18 e 20 e la domenica alle ore 7, 8, 45, 10, 15 e 12, tali preesistenti all’insediamento in zona dei ricorrenti;
– che l’avversa istanza cautelare era carente di prova e che l’esistenza, nella zona di “Monteverde Vecchio”, di strutture ed uffici pubblici, otre che la sua contiguità con altre strade trafficate, escludeva che il fenomeno immissivo in contestazione potesse assumere il connotato della intollerabilità e della connessa illiceità;
per tali ragioni, in rito ed in merito, hanno conclusivamente chiesto il rigetto dell’avversa domanda e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese della procedura e al ristoro del danno per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Con atto depositato all’odierna udienza hanno spiegato intervento volontario M. P., D.G, C.G., S.R., L.M., G.M., D.G.A., R.N., B.R. C.R., I.A., I.M., F.C., R.C:, D’A.m:, M.S., M.A., C.G., G.L., T.O., V.P., in proprio e quali esercenti la potestà sui figli minori nominativamente pure indicati, che, dichiarando di agire per la tutela del diritto proprio e dei propri figli all’esercizio della libertà religiosa e di associazione e di aggregazione negli spazi in disponibilità della parrocchia resistente, hanno aderito alle ragioni difensive opposte dalla detta parrocchia ed hanno chiesto il rigetto dell’avverso ricorso, con salvezza delle spese di procedimento.
Con autonomo atto ha spiegato ulteriore intervento adesivo R.U. che ha sostenuto le ragioni opposte dalla parrocchia resistente.
Quanto al ricorso propulsivo del procedimento riunito iscritto al n. 21795/2001, come evidenziato nella superiore parte descrittiva, la cautela con esso azionata era finalizzata nell’ottica del successivo giudizio di merito, alla condanna della parrocchia al “risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali”, che, era dedotto, derivavano dal fenomeno immissivo ascritto a detto ente per effetto dell’utilizzo degli impianti e delle strutture in sua disponibilità. Sul punto, va motivatamente osservato che la procedura cautelare innominata ex art. 700 c.p.c. costituisce, com’è noto, un rimedio di portata residuale, esperibile solamente laddove altri istituti non si appalesino funzionali ad apprestare la medesima tutela che si intende, con essa, perseguire, come può desumersi dalla chiara lettera delle legge che, nell’incipit della formulazione della norma e con espresso richiamo alle alte procedure cautelari tipiche e nominate, esclude che possa farsi ricorso alla forma atipica laddove ricorrano le condizioni per l’esperimento di altro rimedio tipizzato. Nel caso di specie, in riferimento a detta istanza di contenuto esclusivamente risarcitorio- e che secondo la prospettazione della parte proponente costituiva la situazione giuridica soggettiva e interinale tutela della quale sarebbe dovuta intervenire la postulata cautela d’urgenza – deve rilevarsi che lo strumento apprestato dall’ordinamento per la sua salvaguardia e preservazione è costituito dal sequestro conservativo, ex artt. 1905 e 1906 c.c., che ha la finalità ontologica di mantenere intatto il patrimonio del debitore di modo da garantire la fruttuosità di eventuali azioni poste in essere per conseguire l’adempimento dell’obligatio ex delicto cui la prospettata domanda risarcitoria deve giuridicamente ricondursi, sicchè, il difetto della condizione di residualità, la cui sussistenza legittima l’esperimento della cautela innominata azionata, determina il rigetto del detto ricorso.
Quanto allo scrutinio dell’ulteriore ricorso, propulsivo del procedimento riunente iscritto al n. 17976/2011 R.G. in relazione al quale, per le ragioni motivate dinanzi espresse, non si ravvisa la ragione di inammissibilità che afferisce l’omologo atto propulsivo del procedimento riunito, l’istanza di cautela atipica con esso postulata appare meritevole di riscontro nei limiti di seguito evidenziati.
Va preliminarmente escluso che l’omessa dimostrazione, da parte dei ricorrenti della proprietà delle abitazioni facenti parte dello stabile condominiale di “via Felice Cavallotti n. 99” in Roma, oggetto delle immissioni di cui è stata chiesta l’inibitoria in via d’urgenza, possa tradursi in motivo di reiezione della detta istanza cautelare, non è contestato che i ricorrenti occupino ed abitino immobili ed avendo, costoro, lamentato, da detti fenomeni immissivi, un nocumento, oltre che agli immobili di cui hanno (meramente)asserito la titolarità dominicale, anche alla propria persona nelle sue forme di estrinsecazione nel pertinente contesto abitativo e considerato che l’art. 844 c.c., norma che disciplina l’istituto della immissione qualificandone i pertinenti profili di illiceità, secondo l’assestata lettura giurisprudenziale elaborata in corretta esegesi del pertinente sistema normativo, interviene a presidio sia del diritto di proprietà in relazione al bene che risente in tale fenomeno lesivo che delle persone di coloro che comunque si trovino rispetto ad esso in una relazione qualificata, quanto meno nell’ambito della sommaria cognitio che strutturalmente caratterizza il rito cautelare uniforme, tale (non contestata) allegazione appare sufficiente a radicare la legittimazione attiva dei ricorrenti.
Ciò posto, e muovendo dalla ricostruzione della conformazione dei luoghi di causa, non è contestato che le strutture sportive richiamate nello scrutinando ricorso si trovino in immediata contiguità ed adiacenza con gli appartamenti occupati dai ricorrenti; le relative rappresentazioni mappali e fotografiche (all. 1 e 14 produzione parte ricorrente) – che, quanto a tale efficacia rappresentativa, non sono state oggetto di confutazione alcuna – rendendo proceduralmente accertato tale fatto. Alla stregua di tali risultanze trovano, così, dimostrativa conferma le deduzioni rassegnate dai ricorrenti relative alla esistenza di immissioni luminose e di rumori che da tali impianti possono derivare ai luoghi da loro abitati. Quanto alle prime, considerato il posizionamento dei pali e la luce che risulta promanare dai riflettori su di essi installati, detta interferenza appare assistita da adeguata e sufficiente verosimiglianza; quanto alle seconde, considerato il numero minimo di avventori che in base sia alle regole proprie di ciascuna disciplina sportiva caratterizza ogni competizione e considerato, inoltre il soddisfacimento del bisogno aggregativo, sotteso alla pratica ludica di gruppo, richiede il concorso di più soggetti, anche tale deduzione appare validamente suffragata e, poi, confermata anche da quanto evidenziato in dette fotografie.
Tanto premesso, e tenuto conto che, alla stregua della formulazione letterale del richiamato articolo 844 c.c., l’immissione, di qualunque matura essa sia, assume connotato illecito laddove essa travalichi la “normale tollerabilità” e che detto giudizio di tollerabilità deve elaborarsi tenendo in considerazione la “condizione dei luoghi” e comparando le contrapposte esigenze (riferibili alla causa del fatto immissivo e a colui che le subisce), la pretesa dei ricorrenti, volta, in via cautelare d’urgenza, all’adozione di un provvedimento di interdizione dell’utilizzo parziale di tali impianti appare accoglibile laddove temporalmente circoscritta, quanto alle ore mattutine prima delle ore 10,00 e non oltre le ore 13,00 e quanto alle ore serali prima delle ore 16,00 e non oltre le ore 20,00.
Deve, invero, ritenersi, in ciò risolvendosi la delibazione sulla sussistenza del fumus boni iuris della pretesa cautelanda, che l’accertata vicinanza tra tali impianti e le abitazioni dei ricorrenti, secondo una valutazione già improntata all’id quod plerumque accidit suffragata dalle esposte considerazioni circa il numero non esiguo dei relativi utilizzatori, appare tale da rendere concreta, effettiva ed attuale la possibilità che il rumore generato dalla compresenza di tali avventori – e determinato dal vociare ovvero anche dall’impiego di toni di voce elevati, come solitamente accade nelle competizioni sportive, soprattutto amatoriali – possa diffondersi nel contesto circostante e “invadere” gli immobili posti in immediata adiacenza.
Va, nel contempo, considerato che l’ambito prettamente residenziale in cui lo stabile abitato dai ricorrenti è urbanisticamente inserito non può condurre a ritenere, detta zona, esente da influenza alcuna di rumore cittadino; l’esistenza della contigua strutture parrocchiale evidenzia, invero, la presenza di un polo aggregativo tale da determinare afflusso di persone e, inoltre, non sono state contestate le deduzioni dell’ente convenuto in merito alla compresenza, in zona, anche di uffici e servizi pubblici (postale e commissariato di P.S.).
La rappresentazione aerea del sito (all. 1 produzione parte ricorrente) rafforza tale inferenza e legittima, pertanto, la conclusione per la quale, al di fuori delle fasce orarie dinanzi dettagliate, la causa dei fenomeni immessivi lamentati non appare ascrivibile alla sola attività aggregativa e ludica gestita dalla parrocchia resistente nelle proprie strutture.
Valutazione differente interviene per quel che concerne le fasce orarie oggetto della pronunciando interdizione, durante le quali non si registra, di regola, concomitante attività sociale, trattandosi – in particolare le ore tra le 13,00 e le 16,00 – di spazi temporali di regola destinati al riposo pomeridiano (e, per tale ragione, anche presi in considerazione dai regolamenti locali per escludere, in loro costanza, l’esecuzione di lavori possibili fonti di rumore, quali quelli edili) ovvero postume all’esercizio delle quotidiane incombenze sicchè, in loro ricorrenza, lì’utilizzo delle strutture sportive, con le modalità e per le ragioni in precedenza evidenziate, rende possibile ed attuale la derivazione, in danno dei ricorrenti, di un fenomeno immissivo che non appare assistito dal carattere della tollerabilità – considerata anche l’assenza del c.d. rumore di fondo, prodotto dalle concorrenti fonti di rumore e che deve essere considerato nel caso di verifica tecnica dell’entità del fenomeno sonoro – ben potendo, le concomitanti esigenze aggregative di cui la parrocchia è indubbiamente espressione, trovare attuazione nelle ore precedenti durante le quali l’eventuale vulnus a aliene ragioni non appare corroborato dall’attributo della illiceità per carenza di “intollerabilità” del pertinente fatto immissivo.
Va, altresì, ulteriormente rilevato che, in corrispondenza dell’approssimarsi degli orari serali e/o notturni, si rende necessaria, per la materiale fruizione di detti impianti, anche l’impiego degli apparati di illuminazione posti a loro servizio e dai quali, s’è detto, promanano, in danno delle prospicienti abitazioni, immissioni luminose.
Quanto, poi, alle campane in dotazione alla parrocchia resistente che parte ricorrente ha dedotto essere utilizzate per oltre settantaquattro secondi ogni mattina alle ore 7,00, in concomitanza con la celebrazione liturgica, e di cui ne ha, quindi, sollecitato inibizione, la circostanza che ne ha, però, ristretto la durata dello scampanio a soli 45 secondi (pag. 19 memoria di costituzione).
Deve, al riguardo, rilevarsi che la vicinanza tra le strutture parrocchiali e l’immobile abitato dai ricorrenti, agevolmente evincibile anche dalla rappresentazione aerea dei luoghi (all. 1 produzione parte ricorrente) e l’orario mattutino dello scampanio sono circostanze valorizzabili per inferire una valenza immissiva del conseguente suono che, in ragione della sua protrazione, anche se estesa – secondo l’assunto di parte resistente – per circa quarantacinque secondo al detto orario indubbiamente mattutino, appare travalicare la tollerabilità; le concorrenti esigenze, di tranquillità dei ricorrenti e di richiamo della parrocchia (estrinsecazione, quest’ultima, del diritto all’esercizio del culto, assistito da garanzia sia costituzionale (art. 7) che legislativa, espressa, quest’ultima, dall’art. 2 della legge 25.03.1985 n. 121, recante le modifiche al Concordato Lateranense dell’11 febbraio 1929) appaiono contemperabili ed entrambe perseguibili nella presente sede cautelare restringendo temporalmente lo scampanio delle ore 7,00 entro i venti secondi di rintocchi.
In riferimento al periculum in mora, le deduzioni proposte dai ricorrenti appaiono condivisibili, atteso che l’espressione continuativa a situazioni lesive determinate da rumori di differente natura e provenienza che precludono il pieno godimento della propria situazione abitativa appaiono lesive di diritti fondamentali assistiti anche da garanzia costituzionale (artt. 14 costituzione) e si traducono in fonte di possibili nocumenti di natura esistenziale nella più ampia e giudiricamente apprezzabile eccezione del termine, tali da determinare, per effetto ed in conseguenza dello stato di disagio psico-fisico che ne consegue, pregiudizio alla salute. Pertanto, soprattutto in una ottica di finalità preventiva, l’adozione dei patrocinai rimedi inibitori, poiché funzionali ad impedire la protrazione delle situazioni accertate e ritenute cause di tali danni la cui verificazione, anche secondo un apprezzamento di c.d. senso comune, si profila effettiva e concreta, si appalesa quale misura utili per precludere la verificazione di un danno avente indubbia connotazione di irreparabilità in ragione della sua inerenza alla persona.
Quanto, infine, alle deduzioni rassegnate dalle parti resistenti ed intervenienti in merito alla cronologica anteriorità dell’uso delle strutture oggetto di lamento da parte dei ricorrenti rispetto al loro insediamento abitativo nelle abitazioni adiacenti, deve, al riguardo, osservarsi che nell’enucleazione di trascritti criteri che l’art. 844 c.c. detta per disciplinare la liceità del fenomeno immissivo, quello della “priorità di un determinato uso” costituisce un parametro di carattere facoltativo e sussidiario il cui impiego deve, pertanto, ritenersi escluso laddove – come nel caso in esame – si ritenga, in applicazione degli altri, ravvisata l’intollerabilità (e la conseguente illiceità) del fatto immissivo (c. Cass. 11.05.2005 n. 9865; Cass. 10.01.1996 n. 161).
In tali limiti il ricorso può accogliersi.
Le spese della procedura possono compensarsi tenuto conto, a fronte del parziale accoglimento del ricorso propulsivo del procedimento riunito iscritto al n. 17976/2001 R.G. la declaratoria di inammissibilità che interviene quanto all’ulteriore con cui ha avuto avvio il procedimento riunente iscritto al n. 21795/2001.
rigetta, poichè inammissibile, il ricorso propulsivo del procedimento riunente;
in parziale accoglimento del ricorso propulsivo del procedimento iscritto al n. (omissis),
di astenersi da fare utilizzo delle aree sportive costituite dai due campi di calcetto e dal campo di basket, quanto alle ore mattutine prima delle ore 10,00 e oltre le ore 13,00 e quanto alle ore serali prima delle ore 16,00 e oltre le ore 20,00;
– di limitare lo scampanio delle ore 7,00 a un tempo massimo di venti secondi di rintocchi;
compensa integralmente tra tutte le parti le spese della presente procedura;
manda alla cancelleria per gli adempimenti conseguenti.
Autore:
Tribunale Civile
Dossier:
Enti religiosi, Italia, CESEN
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Parrocchia, Suono delle campane, Normale tollerabilità, Immissioni, Impianti sportivi
Natura:
Ordinanza