Ordinanza 06 febbraio 2008, n.2656
Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili. Ordinanza 6 febbraio 2008, n. 2656: Diritto all’educazione dei genitori e libertà di insegnamento.
RILEVATO IN FATTO
Con atto di citazione notificato il 22 aprile 2002 A. M., esercente la potestà genitoriale sul figlio minore W., alunno della quinta classe della scuola elementare di Bronzolo, afferente all’ Istituto Comprensivo Scolastico di lingua tedesca di Laives, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bolzano detto Istituto, la direttrice R. H. Q., l’insegnante H. H. V. e l’intendente scolastico di Bolzano W.S., chiedendo che si dichiarasse che i medesimi non avevano il diritto di svolgere lezioni di educazione sessuale in classe senza il consenso dei genitori di detto alunno e che quindi si vietasse lo svolgimento di tali lezioni durante l’orario dell’obbligo, con condanna al risarcimento del danno nel caso di avvenuta effettuazione.
Si costituivano in giudizio i convenuti e la Provincia autonoma di Bolzano, intervenuta spontaneamente, i quali deducevano tra l’altro il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di attività tipicamente discrezionale dell’ Amministrazione scolastica relativa alla organizzazione del servizio.
Il M. proponeva quindi ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo la declaratoria di giurisdizione del giudice ordinario.
Resisteva con controricorso illustrato da successiva memoria la Provincia autonoma di Bolzano. Le altre parti intimate non svolgevano attività difensiva.
Il pubblico ministero nelle sue conclusioni scritte chiedeva dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
Ritenuto in diritto:
Va in primo luogo rilevata l’infondatezza dell’ eccezione proposta dalla Provincia di Bolzano di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura.
Ed invero detta procura risulta ritualmente apposta in calce all’ originale del ricorso depositato dal ricorrente, notificato alle parti del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Bolzano. Peraltro la prova della sua anteriorità rispetto alla notificazione è agevolmente desumibile dalla dichiarazione dell’ ufficiale giudiziario attestante la provenienza della richiesta di notifica dalla parte e dal suo difensore avvocato Hofer di Bolzano.
Per quanto attiene alla questione di giurisdizione, va osservato che, come risulta dalla esposizione in fatto che precede, il M. ha chiesto in via principale una statuizione di carattere inibitorio, consistente nel divieto di impartire lezioni di educazione sessuale al figlio durante V orario dell’ obbligo, a tutela del proprio diritto, cui attribuisce il carattere della esclusività, alla educazione della prole, ed in via subordinata, per 1′ ipotesi di avvenuta effettuazione di dette lezioni, la condanna al risarcimento del danno.
La domanda così proposta investe in via diretta ed immediata il potere dell’ Amministrazione in ordine all’ organizzazione ed alle modalità di prestazione del servizio scolastico, nel cui ambito trova esplicazione la decisione della direttrice dell’ istituto e dei docenti di inserire 1′ educazione sessuale nel programma di insegnamento delle scienze naturali, e quindi attiene ad una scelta riconducibile, pur nella complessità delle implicazioni e nella rilevanza e delicatezza degli interessi coinvolti, alla potestà organizzatoria della istituzione scolastica, esercitata con disposizioni riconducibili alla pubblica amministrazione autorità.
Trova pertanto applicazione ai fini della giurisdizione 1′ art. 33 del d.lgs. 31marzo 1998, n. 80, sostituito dall’ art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel testo risultante dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale ( e con le puntualizzazioni contenute nella successiva sentenza n. 191 del 2006), che nella materia dei pubblici servizi attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo, ovvero si avvale della facoltà riconosciutale dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo. Nell’alternativa tra 1′ esercizio di un potere inesistente da parte della pubblica amministrazione quale fonte di lesione di un diritto del privato ed oggetto della giurisdizione ordinaria e l’erroneo esercizio del potere quale oggetto di giurisdizione amministrativa ove fonte di pregiudizio, la situazione dedotta in controversia si colloca nella seconda sfera, non potendo contestarsi il potere dell’ amministrazione scolastica di interferire con la sfera giuridica dell’ attore, in relazione alla funzione essenziale della scuola non solo di istruire, ma anche di formare ed educare i fanciulli, in una prospettiva non antagonista, ma complementare a quella della famiglia.
A fronte dei provvedimenti adottati dall’ istituto il ricorrente invoca principi costituzionali correlati a diritti fondamentali del cittadino, ed in particolare al diritto – dovere dei genitori, sancito dagli artt. 29 e 30 Cost, di provvedere all’ educazione dei figli, così assumendo che una regola giuridica di ordine costituzionale imponga di escludere la sussistenza di un potere dell’ amministrazione in grado di incidere sul bene protetto, secondo una prospettiva volta a configurare il fatto in sé dell’ educazione sessuale come espressione di immoralità ed ateismo, ossia di valori antitetici a quelli coltivati nell’ambito familiare, e prima ancora ad attribuire al nucleo familiare una funzione esclusiva e totalizzante nel processo di crescita, educazione e maturazione dei figli.
Tale tesi difensiva non solo muove dall’ erroneo presupposto che esista nell’ordinamento un principio o una norma che riservi esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente protetti, ma soprattutto non considera che il diritto fondamentale dei genitori di provvedere alla educazione ed alla formazione dei figli trova il necessario componimento con il principio di libertà dell’ insegnamento dettato dall’ art. 33 Cost. e con quello di obbligatorietà dell’ istruzione inferiore affermato dall’ art. 34 Cost. Il quadro costituzionale di riferimento pone con chiarezza, in relazione al processo formativo degli alunni della scuola pubblica, una esigenza di bilanciamento e coordinamento tra i diritti e doveri della famiglia e quelli della scuola, i quali peraltro trovano esplicazione nell’ambito dell’ autonomia delle istituzioni scolastiche, che all’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 sulla semplificazione amministrativa inserisce al primo comma nel processo di realizzazione dell’ autonomia e della riorganizzazione dell’ intero sistema formativo e che al nono comma identifica nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità dì opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale.
E’ pertanto certamente ravvisabile un potere della amministrazione scolastica di svolgere la propria funzione istituzionale con scelte di programmi e di metodi didattici potenzialmente idonei ad interferire ed anche eventualmente a contrastare con gli indirizzi educativi adottati dalla famiglia e con le impostazioni culturali e le visioni politiche esistenti nel suo ambito non solo nell’approccio alla materia sessuale, ma anche nell’insegnamento di specifiche discipline, come la storia, la filosofia, F educazione civica, le scienze, e quindi ben può verificarsi che sia legittimamente impartita nella scuola una istruzione non pienamente corrispondente alla mentalità ed alle convinzioni dei genitori, senza che alle opzioni didattiche così assunte sia opponibile un diritto di veto dei singoli genitori.
Peraltro la verifica in concreto della legittimità delle determinazioni operate dalla istituzione scolastica nell’articolazione dei programmi e nella assunzione di metodi didattici, nel quadro dei principi costituzionali richiamati ed in attuazione del principio generale di autonomia affermato dalla legge statale, nonché, in relazione alla fattispecie in esame, nel rispetto dei limiti della libertà di insegnamento riaffermata dall’ art. 18 della legge provinciale 29 giugno 1987, n. 12 e delle direttive specificamente attinenti alla materia sessuale contenute nella successiva legge provinciale 30 dicembre 1988, n. 64, di approvazione dei programmi didattici per la scuola primaria della Provincia di Bolzano, inerendo alla materia della organizzazione del servizio pubblico, appartiene – come già osservato- alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Tale giurisdizione si estende alla consequenziale domanda risarcitoria proposta, secondo il disposto del primo comma dell’ art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, sostituito dall’ art. 7 della legge n. 205 del 2000. Sussistono giusti motivi, in relazione alla natura della controversia ed alla peculiarità degli interessi coinvolti, per compensare integralmente tra le parti le spese processuali di questo giudizio di cassazione e di quello pendente dinanzi al Tribunale di Bolzano.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, a sezioni unite, pronunciando sul ricorso, dichiara la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Compensa le spese dell’ intero giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle sezioni unite civili il 15 gennaio 2008.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 6 FEBBRAIO 2008
Autore:
Corte di Cassazione - Sezioni Unite
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Consenso, Libertà di insegnamento, Famiglia, Genitori, Educazione sessuale, Lezioni, Potestà organizzatoria, Istituzione scolastica, Diritto all'educazione e alla formazione
Natura:
Ordinanza