Ordinanza 05 febbraio 1996
Pretura di Tirano. Ordinanza 5 febbraio 1996: “Turbamento di funzioni religiose”.
Pret. Licitra – Imp. D.
(Omissis)
Motivazione — All’esito dell’esperita istruttoria, l’imputato veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati di cui in epigrafe.
In sede dibattimentale, veniva aggiunta la contestazione di cui agli artt. 403 e 406 c.p.
Venivano assunte varie testimonianze e, al termine, PM e difesa concludevano come in atti.
Può dirsi provata la penale responsabilità dell’imputato in ordine a tutte le fattispecie contestate. In particolare, la moglie separata del D. ha riferito, in modo attendibile e coerente, delle minacce e delle ingiurie patite ad opera del marito, mentre si apprestava ad andare alla funzione dei testimoni di Geova, nella «sala del regno» di Valdisotto. Il movente originava dalla visita fatta poco prima dalla T. al consulente dell’ex marito, che aveva avuto ad oggetto informazioni relative ai beni ancora in comune.
La querelante ha narrato di come il D. sia entrato nella sala, mentre la funzione stava iniziando, armato di coltello, inveendo contro di lei e contro gli altri fedeli, inter¬rompendo la cerimonia ed avventandosi contro uno dei partecipanti, M. A.,
puntandogli l’arma alla pancia; veniva, infine, respinto dallo stesso M. al di fuori,
seguitando ad inveire, armato stavolta di rastrello, battendo contro le imposte della sala ove si trovavano i fedeli. M. A. e B. D., che a loro volta sono apparsi credibili e coerenti, hanno reso versioni combacianti tra loro e con quella della T.. Va qui, per inciso, rilevato come non sia emerso motivo veruno per cui tali testimoni potessero aver reso falsa testimonianza. I testimoni presentati dalla difesa sono apparsi, per converso, poco credibili: mentre i primi hanno riferito (si ripete, con coerenza ed attendibilità) circostanze di cui non potevano non conservare memoria, trattandosi di fatti particolari di non consueto accadimento, i secondi, inverosimilmente, ricordavano che proprio un certo giorno (e non un altro), proprio in quel certo posto, in presenza di quelle certe persone… non era accaduto nulla! I testimoni della difesa sono, in altri termini, venuti a dire in sede dibattimentale, che proprio l’11 maggio 1993 avevano notato il D. vicino alla sala del regno di Valdisotto ma non era accaduto assolutamente nulla, Si pensi che la testimonianza è stata resa a due anni e mezzo di distanza dai fatti!
Il teste Pera ha riferito qualcosa di più, contraddicendosi peraltro, come laddove affermava di aver visto uno dei fedeli uscito dalla sala del regno che «correva» mentre il D. lo seguiva a distanza, per poi avere con lo stesso una discussione… sulla dichiarazione dei redditi!
Tornando alla disamina delle versioni dei testimoni dell’accusa, il M. ha narrato le stesse circostanze riferite dalla T., pur ammettendo di non aver notato la presenza del coltello nelle mani dell’odierno imputato; questo non rende certo meno verosimile la veridicità della deposizione, dimostrando, anzi, l’assoluta serenità del testimone. Quest’ultimo ha peraltro ricordato le pesanti minacce subite all’interno della sala ed altresì che, una volta all’esterno, il D. lo inseguiva armato di coltello.
Altrettanto coerente con le altre due testé viste la deposizione particolareggiata del testimone Brusco Dario, al quale non era sfuggito che l’imputato portasse il coltello all’interno della sala in cui erano riuniti a pregare.
Il porto del coltello, va qui rilevato, non era affatto giustificato, come emerge anche dalla deposizione resa dal carabiniere C.
La testimonianza dell’altro carabiniere intervenuto, A. V., vale a corroborare ancor pio la tesi accusatoria, posto che anche davanti al militare, come da quest’ultimo riferito, il D. seguitava a minacciare la moglie e gli altri.
I carabinieri hanno poi confermato che l’imputato aveva in mano un rastrello, come riferito dagli altri testi dell’accusa, ed aveva con sé il coltello.
Nessun dubbio, infine, che si sia realizzata la fattispecie di cui all’art. 406 c.p., date le cariche rivestite dal M. e dal B., che stavano officiando allorquando il D. ha posto in essere le condotte sopra descritte.
Alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p., pena equa stimasi quella di mesi orto di reclusione per il reato contestato sub E, da reputarsi il più grave e da ritenersi collegato dal vincolo della continuazione con le fattispecie di cui ai capi A, C e D, nonché assorben¬te rispetto alla fattispecie contestata sub B.
In virtù del disposto di cui all’art. 81 c.p., alla pena sopra quantificata verrà; così, aggiunta la multa di lire 600.000.
I1 coltello sarà confiscato in virtù del disposto di cui all’art. 240 c.p.
L’imputato dovrà tenere indenne la parte civile dalle spese di causa sostenute nonché risarcire il danno subito da T. C. e M. A., un danno di natura morale, quantificabile in lire 3.000.000 per la prima ed in lire 4.500.000 per il secondo il quale, pur non avendo notato il coltello in mano all’imputato, nondimeno è stato vittima di pesanti minacce alla persona.
(Omissis)
Autore:
Pretura
Dossier:
Tutela penale
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Testimoni di Geova, Turbamento di funzioni religiose, Interruzione di funzione religiosa
Natura:
Ordinanza