Lettera circolare 19 marzo 1994
Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa
LE BIBLIOTECHE ECCLESIASTICHE
NELLA MISSIONE DELLA CHIESA
Lettera circolare: Ai vescovi diocesani[1]
Roma, 19 marzo 1994
Eccellenza,
la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa si è impegnata ad attuare il desiderio del Santo Padre Giovanni Paolo II che intende «rafforzare la presenza pastorale della Chiesa»[2] nell’ambito vitale della cultura e dei beni culturali e di realizzare i Suoi orientamenti al riguardo.
A tal fine, partendo dalle consegne affidatele dalla Costituzione Apostolica Pastor bonus – ora ribadite e potenziate dal Motu proprio “Inde a Pontificatus Nostri initio -, la Pontificia Commissione ha cercato di operare affinché tutto il Popolo di Dio – e primariamente i Sacerdoti attuali e futuri – «magis magisque conscius fiat»[3] dell’importanza e della necessità del ruolo dei “Beni Culturali” nell’espressione e nell’approfondimento della fede. Si è pertanto inviato un primo Documento per ridestare la sensibilità dei futuri Presbiteri su tali problemi, durante gli anni della loro formazione teologica e pastorale.[4] E sono in elaborazione tre altri Documenti che intendono approfondire rispettivamente il senso e il valore dell’arte sacra; 1′ importanza della provvida cura degli archivi ecclesiastici; e la ripresa di un rinnovato impegno per la valorizzazione delle Biblioteche nel contesto degli studi e della vita delle comunità ecclesiali.[5]
Vorremmo, pertanto, in questa lettera circolare attirare l’attenzione sulle
Biblioteche ecclesiastiche nella missione della chiesa
«Portami i libri, soprattutto le pergamene» (2 Tim 4, 13). Fu questa la raccomandazione di S. Paolo a Timoteo, mentre egli stava riducendo all’essenziale la sua vita, che sentiva ormai al tramonto e che intendeva utilizzare affinché «tutti i gentili potessero udire il messaggio» (Ibid., 4, 17).
1. La Chiesa, la cultura, i beni culturali, le biblioteche
1.1. Anche la Chiesa, istituita da Cristo per portare il messaggio di salvezza a tutte le genti e per custodirne viva la memoria, dentro le tradizioni delle società e delle culture, in seno alle quali l’assimilazione della fede germoglia, ha cura “dei libri e delle pergamene” perché è animata da un intimo interesse per la cultura di ogni popolo e nazione. Essa, infatti, in tutto l’arco della sua storia, «si è servita delle differenti culture, per diffondere e spiegare il messaggio cristiano…, studiarlo e approfondirlo».[6] In altri termini, l’annunzio del Vangelo, per il tramite della vita e del pensiero della Chiesa, comporta, di sua natura, lo svilupparsi di un processo di “inculturazione” che, in definitiva, altro non è se non l’insieme di quei fatti culturali che vengono generati dall’«incarnazione del Vangelo nelle culture autoctone e dall’introduzione di queste culture nella vita della Chiesa».[7]
Da qui scaturisce anche quell’atteggiamento di estrema attenzione che la Chiesa cattolica riserva a tutte le testimonianze, in special modo quelle mediate dalla scrittura, che incarnano e tramandano i valori della sapienza dei popoli. La semplice esistenza delle Biblioteche ecclesiastiche, non poche delle quali sono di antica costituzione e di straordinario valore culturale, è un attestato decisivo di questo irrinunciabile impegno della Chiesa nei confronti di un patrimonio spirituale documentato da una tradizione libraria che essa, al tempo stesso, concepisce come bene proprio e come bene universale, al servizio della società umana.
1.2. Le Biblioteche di proprietà ecclesiastica, presso le quali sono custoditi e resi accessibili i monumenti della cultura umana e cristiana di ogni tempo, rappresentano un tesoro inesauribile di sapere, dal quale l’intera comunità ecclesiale e la stessa società civile possono attingere, nel presente, la memoria del loro passato.
Ma l’interesse specifico e primario che la Chiesa ha per le cosiddette “Biblioteche ecclesiastiche” è costituito dal fatto che il “fermento del Vangelo” – di cui la Chiesa è a un tempo custode e comunicatrice – nella misura in cui si è inserito nelle diverse discipline del sapere, ha dato origine alla storia cristiana e alla cultura cristiana o cristianamente ispirata, producendo un’incredibile lievitazione del pensiero religioso, letterario, filosofico, giuridico, artistico, psico-pedagogico, ecc.
Perciò le testimonianze librarie, come quelle archivistiche e artistiche, sono per la Chiesa un mezzo insostituibile per porre le generazioni, che si affacciano alla vita e alla fede cristiana, a contatto con tutto ciò che l’evento cristiano ha prodotto nella storia e nella riflessione umana, allo scopo di non privarle dell’esperienza eventualmente già compiuta dalle generazioni precedenti nell’alveo della loro rispettiva cultura. Si può, inoltre, dire che la tradizione cristiana – garantita nella sua indefettibilità per tutte le generazioni – trova nei libri scritti all’interno della Chiesa un contributo costante per la sua diffusione-trasmissione, per il suo approfondimento, per la sua comprensione, per la sua inserzione viva nelle tradizioni dei popoli. Custodire il libro e favorirne la lettura e la diffusione è dunque, per la Chiesa, un’attività assai vicina – per non dire un tutt’uno – alla sua missione evangelizzatrice.
1.3. Trae origine da questa istanza suprema – qual è la missione evangelizzatrice della Chiesa – la cura ininterrotta che la comunità cristiana ha avuto nel creare, custodire, arricchire, difendere, rendere fruibili le proprie Biblioteche. Prova ne sia il continuo richiamo dei Pontefici a ottemperare a tali compiti e la cura esemplare che alcune comunità diocesane e religiose hanno dedicato al libro. Per il medesimo motivo deve essere evitato quanto contrasta con la custodia e la tutela, la cura e l’incremento, la fruibilità e l’accessibilità delle Biblioteche stesse.
Inoltre, ciò che la Chiesa si impegna a conservare nelle sue Biblioteche è in effetti, oggi più che mai, di vitale interesse per lo sviluppo della cultura. E questo non soltanto in ordine alla migliore conoscenza della tradizione religiosa ed ecclesiastica, ma sicuramente anche della storia, delle arti e delle scienze proprie della civiltà alla quale apparteniamo e della quale ancora ci nutriamo. E’ per questo motivo che la Chiesa – mentre offre a tutti i popoli, nei quali essa vive, la possibilità di avvalersi delle proprie Biblioteche – dovendo provvedere ai severi obblighi di tutela e di gestione che ne conseguono, interpella obiettivamente l’operoso concorso della società civile, affinché anch’essa, nel modo che le è proprio, concorra alla salvaguardia, conservazione e valorizzazione di questo immenso patrimonio ecclesiastico di valore universale.
1.4. Naturalmente i criteri precisi e le modalità concrete di reciproco sostegno fra Chiesa e Società civile, in quest’opera di tutela e di promozione dei beni librari, dovranno essere determinati tenendo conto delle diverse situazioni politiche e del diritto vigente nei singoli Stati. La Chiesa cattolica, dal canto suo, consapevole della propria alta e diretta responsabilità al riguardo, è assai sensibile ai molteplici segni di incoraggiamento che provengono dal rinnovato interesse per l’apprezzamento della memoria storica, da parte della cultura odierna, anche quella non strettamente accademica e specialistica. La Chiesa si propone perciò di incrementare e valorizzare adeguatamente, in tale prospettiva, la dimensione pubblica e sociale delle Biblioteche di sua proprietà.
Si tratta insomma di concepire la convergenza e la collaborazione con la società civile, non soltanto in vista della custodia conservativa e dell’organizzazione catalografica delle Biblioteche ecclesiastiche, ma anche in vista di una nuova politica dell’apprezzamento e della fruizione del loro patrimonio librario. Questa convergenza e collaborazione verrà anche facilitata se le Biblioteche ecclesiastiche parteciperanno, tramite le reti informatiche nazionali, alla comunicazione di informazioni bibliografiche con le altre Biblioteche ecclesiastiche e nazionali. E questo perché la memoria storica, scientifica, filosofica, religiosa e letteraria, che le Biblioteche racchiudono, possa rendersi largamente disponibile alla ricerca dei dotti e alla diffusione della cultura, a vantaggio anche delle scienze religiose che così saranno più presenti nel mondo della ricerca e della scienza.
Da parte sua, la Chiesa desidera conservare pienamente la propria responsabilità diretta sulle Biblioteche ecclesiastiche, considerata l’importanza che esse hanno come strumento di evangelizzazione.
2. Il significato e il valore dell’istituzione bibliotecaria nella Chiesa: un centro di cultura universale
2.1. Pur non mancando, nel quadro del suo sviluppo storico, alcune involuzioni, oggi non più condivisibili, la Chiesa ha concorso in modo determinante al plasmarsi delle istituzioni culturali, non raramente con impulso innovativo e con risultati di lunga prospettiva. Ciò è avvenuto, in forma diretta o indiretta, anche per quanto riguarda l’evoluzione specifica della istituzione bibliotecaria.
Così, ad esempio, è a tutti nota l’importanza del passaggio dal “rotolo” al “codice”, nella prospettiva di una più agevole e quindi più vasta distribuzione dei documenti scritti, necessari allo sviluppo della cultura. La peculiare concezione cristiana delle “scritture sacre”, libri venerabili, ma non esoterici, in quanto matrice di un sapere che aspira, per sua natura, a una diffusione “universale”, ha certo influito sul processo di “comunicazione” e di “diffusione” di tutte le forme alte della cultura stessa, imprimendo un impulso epocale, i cui riflessi non hanno mancato di rendersi evidenti anche sul piano delle istituzioni sociali e dei riflessi culturali ad esse omogenei. Basterà qui ricordare l’influsso esercitato dalla tradizione delle Scuole Cattedrali, degli Scriptoria e degli Studia monastici, delle Facoltà teologiche, delle Accademie ecclesiastiche, non solo sullo sviluppo dell’idea di “biblioteca”, ma anche sull’evoluzione delle istituzioni collegate alla produzione e alla diffusione del sapere.
2.2. Nell’ambito più specifico dell’idea di biblioteca, può essere utilmente ricordato il fatto che alcune evoluzioni qualitative nella concezione e nell’organizzazione interna di questa istituzione maturarono in ambiente ecclesiastico. Fu l’Ordine Cistercense, per esempio, a compiere il primo significativo passaggio da una biblioteca di conservazione quantitativa (la massa dei volumi concepita esclusivamente come bene patrimoniale) a una biblioteca di conservazione qualitativa (consistente cioè in una specifica selezione dei libri da raccogliere e da custodire). Un’ulteriore significativa svolta si produsse nell’ambito della tradizione degli Ordini Mendicanti, quando le Biblioteche furono oggetto di un’attenzione sistematicamente rivolta alla razionalizzazione dell’inventario e del deposito, in vista dello studio e della consultazione.
Di fatto si dovrà attendere fino all’Umanesimo e al Rinascimento perché maturino le condizioni destinate ad assumere questi impulsi fino a trasformarli in principi organizzativi e teorici di carattere generale. E anche qui, alcune Biblioteche ecclesiastiche (Vaticana, Ambrosiana) si distingueranno fra le prime e più prestigiose Biblioteche, nell’intento di unire l’interesse per la raccolta di un vasto e prezioso patrimonio librario, organizzato con intenti culturali e scientifici di interesse generale, all’accessibilità da parte di un pubblico cosmopolita, costituito da studiosi interessati alla fruizione e alla valorizzazione del sapere contenuto nei testi e non soltanto alla preziosità degli oggetti raccolti.
Nel contempo, il concetto stesso che presiede all’acquisizione e alla raccolta dei testi si fa più ampio e significativamente enciclopedico: la biblioteca ecclesiastica, accanto ai testi che sono riferiti alle tradizionali discipline teologiche, raccoglie ormai, con uguale assiduità e cura, i classici latini e greci, i testi delle discipline filosofiche e scientifiche, i documenti delle culture e delle religioni, i monumenti della storia e dell’arte dei vari popoli e delle più diverse civiltà.
2.3. E’ possibile così disegnare per la biblioteca ecclesiastica, ripercorrendo le tappe della sua vicenda caratteristica qui appena accennata, una sua significativa “vocazione” a rappresentare un luogo tipico di confronto fra le diverse forme del sapere. Ciò precisamente in ragione dell’impulso universalistico – “cattolico” – che fa da sfondo alla concezione cristiana della ricerca della verità, la quale comporta l’interesse e la frequentazione di ogni area della storia e della cultura in cui l’esperienza di tale ricerca appaia praticata e documentata.
Il ricupero di questa obiettiva “vocazione” storica che la biblioteca ecclesiastica ha avuto – oltre a favorire la rimozione di qualche luogo comune, che ancora alimenta il pregiudizio di chi vuol vedere l’istituzione ecclesiastica chiusa al dialogo e alla frequentazione culturale ampia e scevra da restrizioni – può certamente favorire un più intenso e motivato impegno in coloro che, nella Chiesa, sono chiamati a operare in quei preziosi laboratori di cultura quali sono le Biblioteche ecclesiastiche. Infatti, queste sono state, non rare volte, nel corso della storia della Chiesa, centrali culturali di altissimo profilo e ancora sono in grado di essere validi strumenti per la cultura, in collaborazione con altre analoghe istituzioni.
2.4. Se questa è la verità storica che qualifica l’origine, la fisionomia e l’influenza culturale e metodologica delle Biblioteche ecclesiastiche – specialmente delle grandi Biblioteche sopra ricordate – bisogna pur riconoscere che non sempre è stato voluto ed è stato possibile mantenere tutte le Biblioteche ecclesiastiche a un tale livello. Improvvide alienazioni o la confisca degli immobili dove erano custodite, eventi bellici ripetuti, le avvenute soppressioni di non pochi Ordini religiosi con la conseguente diminuzione della consistenza numerica delle rispettive Biblioteche, certe involuzioni di atteggiamenti culturali, oppure certe trascuratezze e perfino qualche disinteresse hanno reso difficile la sopravvivenza o la funzionalità di molte Biblioteche ecclesiastiche.
E’ sperabile che la risorgente consapevolezza circa i Beni culturali della Chiesa e delle Nazioni producano un rinnovato impulso a ridare vitalità a tali centri di cultura e a renderli collegati per un comune e rispettivo servizio dell’uomo, superando quanto può nuocere in definitiva all’universalità del sapere, contrastando l’impoverimento degli strumenti culturali.
3. La Pontificia Commissione per i Beni Culturali e le Biblioteche Ecclesiastiche
3.1. Come veniva ricordato più sopra, i Sommi Pontefici e la Santa Sede si sono adoperati ad animare l’impegno pastorale e culturale di tutta la Chiesa per la cura delle Biblioteche ecclesiastiche, create a diversi livelli e con scopi differenziati.[8]
Taluni eventi bellici, che hanno reso precarie tante sedi di Biblioteche e la globale trasformazione che ha investito, negli ultimi decenni, ogni istituzione e lo stesso modo di concepire la cultura e i mezzi per assimilarla, hanno aggravato il problema della salvaguardia-fruizione di tali Biblioteche.
E sembra che sia venuto il tempo in cui o si addiviene a un loro recupero e a una rinnovata animazione, oppure è da prevedere un irreparabile declino.
Il Papa Giovanni Paolo II ha colto la delicatezza di questo momento stabilendo che il problema globale della tutela-utilizzazione-promozione di tutti i Beni Culturali della Chiesa, e perciò dei Beni Librari, fosse affidato non soltanto a documenti esortativi o a episodiche decisioni autoritative, ma venisse assunto come oggetto proprio e stabile di un Dicastero della Curia Romana, appositamente e autorevolmente deputato a tale ambito: la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. In tale veste, questa Pontificia Commissione intende, con il presente documento, occuparsi specificamente delle Biblioteche ecclesiastiche.
3.2. Facendo onore al proprio mandato – «Commissio Ecclesiis particularibus et Episcoporum coetitus adiutorium praebet et una cum iis agit» -[9] questa Pontificia Commissione, sapendo di farsi eco della esplicita voce del Sommo Pontefice, si rivolge direttamente agli Ecc.mi Ordinari delle Diocesi e ai Rev.mi Superiori Generali degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, per condividere l’attenzione e la preoccupazione per la sorte di tutte le Biblioteche ecclesiastiche antiche e recenti (Episcopali, Capitolari, Parrocchiali, delle Università, degli Studentati, degli Ordini religiosi, di Istituzioni, di Associazioni e altre).
E’ necessario che, fra le preoccupazioni pastorali, ritorni a esserci in pienezza quella relativa agli strumenti di evangelizzazione e di cultura del popolo di Dio, quali le Biblioteche ecclesiastiche, favorendo, in tal modo, quel “dialogo con l’umanità”, che in questi strumenti trova, tanto spesso, il modo di incontrarsi vitalmente con il “fatto cristiano” e con le radici bimillenarie di una cultura, senza la quale il mondo sarebbe sicuramente più povero.
Non è giustificabile relegare fra le attenzioni minori dei Pastori quella ai Beni culturali o cedere alla semplicistica e superficiale convinzione che la “cura animarum” possa prescindere da tali strumenti, ritenendoli un “lusso” e non uno strumento essenziale per l’evangelizzazione, anche nelle Chiese di recente formazione.[10]
4. Orientamenti per l’attività inerente alle Biblioteche Ecclesiastiche
4.1. E’ necessario che ogni Diocesi e ogni Istituto di vita consacrata provvedano – se già non lo hanno fatto – a redigere un inventario e a individuare la diversa tipologia delle Biblioteche sotto la loro responsabilità, per giungere, possibilmente, a una conseguente pianificazione di interventi, riguardanti gli spazi necessari sia per gli utenti delle Biblioteche, sia per il materiale librario esistente, oltre che le previsioni di un regolare aumento di fondi librari e l’acquisto di attrezzature di lavoro e di sussidio per lo studio.
Quando le distanze costituivano una difficoltà, era evidente che ogni biblioteca ecclesiastica tentasse di avere il massimo di completezza e di adeguatezza alle finalità per cui era sorta. Ora che le distanze sono facilmente superabili e la informatizzazione permette, con grande facilità, aiuti e scambi, è più facile pensare a una pianificazione delle Biblioteche ecclesiastiche, così da renderle più qualificate e più fruibili nel territorio.
Come nei diversi settori della pastorale si tende ad avere operatori qualificati, così deve essere nel settore “Biblioteche”: è necessario che il “ministero del Bibliotecario” ritorni in pieno vigore e onore nella comunità cristiana, perché esso non è solo un prestatore d’opera, bensì un animatore della cultura e, di riflesso, dell’evangelizzazione della Chiesa, quando egli opera per l’incremento del sapere della Comunità ecclesiale cui appartiene e per le ricerche di quanti necessitano di approfondire le proprie conoscenze. Anche la stessa formazione professionale sarà, per lui, un valido aiuto in questa sua missione di comunicare cultura e di accompagnare, nei limiti delle sue possibilità, i tentativi di quanti si accostano alla conoscenza profonda del pensiero cristiano.
4.2. Certamente gli Ecc.mi Vescovi diocesani e i Rev.mi Superiori Generali sono i primi a desiderare tale rinvigorimento delle loro Biblioteche.
Questa Pontificia Commissione vorrebbe indicare l’opportunità di affrettare tale ripresa di interesse e di impegno, favorendo la specializzazione di sacerdoti, religiosi e laici destinati ad assumersi il compito, per quanto possibile in modo stabile, della conduzione delle Biblioteche, così come degli Archivi e dell’animazione dei Beni artistici. Per questo motivo già da tempo operano con successo e competenza la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica e la Scuola Vaticana di Biblioteconomia, istituite, rispettivamente, presso l’Archivio Segreto Vaticano e la Biblioteca Apostolica Vaticana; per lo stesso scopo è stato recentemente istituito il “Corso Superiore per i Beni Culturali della Chiesa” presso la Pontificia Università Gregoriana in Roma;[11] si sta operando per incrementare le Associazioni delle Biblioteche Ecclesiastiche delle varie Nazioni, affinché anch’esse – possibilmente federandosi – possano aiutarsi reciprocamente ad affrontare i problemi che caratterizzano questo settore e a offrire una periodica riqualificazione e aggiornamento a quanti sono già addetti al servizio delle Biblioteche stesse.
4.3. Sembra che in molte Chiese diocesane possa essere venuto il tempo per organizzare una “grande unica biblioteca della Chiesa locale”, che costituisca come il luogo primario più dotato (e più fruibile da tutti) delle principali opere antiche e recenti del pensiero cristiano. Ciò parrebbe riattualizzare lo spirito delle antiche Biblioteche ecclesiastiche, a servizio della Chiesa e della Città, dove attingere le testimonianze più autentiche e documentate della tradizione e dove offrire il messaggio che promana dalla cultura cristiana. Inoltre questo maggiore potenziamento delle risorse bibliografiche, messe insieme a servizio della Chiesa locale, permetterebbe una più attenta e intelligente tutela, conservazione ed eventuale restauro dei libri antichi e di valore; tutela che diventa più difficile quando questi beni preziosi si trovano sparsi qua e là in varie piccole Biblioteche.
Non ci sfuggono i molteplici problemi che tale decisione può provocare; ma pare che, ormai, i tempi reclamino dalla Chiesa questa presenza e questo fermento culturale nella “Città”.
Si aggiunga il fatto che molte ricerche universitarie o specializzate si orientano progressivamente verso il bimillenario Patrimonio culturale della Chiesa.
4.4. Non vanno comunque trascurate le Biblioteche minori quelle parrocchiali o associative – che, spesso, in passato, hanno costituito un vero “doposcuola” di intere generazioni rurali, per le quali non era facile attingere a grandi opere e a grandi fonti culturali, ma che, attraverso le cosiddette “Biblioteche circolanti”, hanno potuto approfondire il pensiero cristiano e formarsi una cultura di base discretamente solida. Oggi il volto di tali Biblioteche sembra evolvere verso una fisionomia di “piccoli centri multimediali”, dove il libro si interseca con gli altri sussidi diffusori di cultura.
Sembra che un “Centro diocesano” efficiente e animato da Operatori per i Beni Culturali – quali la Biblioteca, l’Archivio, le Opere d’arte – dovrebbe saper impegnarsi per la prosecuzione e la trasformazione delle Biblioteche parrocchiali e associative.
A questo riguardo dovrebbe essere favorito un costante e assiduo dialogo fra i Responsabili nazionali delle Associazioni delle Biblioteche Ecclesiastiche e gli Editori librari e multimediali, così da individuare e promuovere quanto si dimostri utile e necessario alla cultura delle comunità cristiane e quanto di positivo il “mondo cattolico” possa mettere in circuito per un contributo alla cultura dei rispettivi Paesi.
Sembra che un’intelligente pianificazione possa recare un positivo incremento sia alla divulgazione, sia all’approfondimento della cultura e della saggia editoria, evitando ripetizioni, colmando vuoti e rimuovendo certe anemie di valori di cui soffre tanta pubblicistica attuale.
4.5. Non può essere trascurato un fatto che investe la vita della Chiesa in alcune Nazioni: cioè la diminuzione del clero e la conseguente minore capillarità di presenza, nelle singole parrocchie o istituzioni, dei Sacerdoti i quali erano i naturali garanti anche della conservazione e dell’animazione delle Biblioteche parrocchiali o di associazione. Ne consegue spesso l’impoverimento o addirittura l’inattività di tali Biblioteche.
Riteniamo che non ci si debba rassegnare alla fatalità di questo processo, ma che si debba far di tutto per custodire ogni patrimonio librario di parrocchie o istituzioni soppresse, non raramente assai prezioso, provvedendo alla sua salvaguardia o mediante l’accorpamento in Biblioteche zonali o di più vasto raggio, di quanto è incustodito o rischia di vanificarsi; oppure mediante la collocazione, in un unico centro diocesano, dei patrimoni librari, diversamente inutilizzabili, affinché, oltre che ad essere salvaguardati, possano continuare ad essere fruibili e utili.
4.6. Nel 1992, come si ricordava, questa Pontificia Commissione ha ritenuto suo compito prioritario indirizzare una lettera cordiale (che era però anche un delicato allarme su quanto in tutta la Chiesa era stato segnalato) riguardante il problema della sensibilizzazione dei futuri sacerdoti circa il ruolo dei Beni Culturali ecclesiastici nell’opera di evangelizzazione e, perciò, circa le responsabilità che li attendono al riguardo.[12]
Sembra conveniente ora ripetere tale appello, rapportandolo più puntualmente:
– alla valorizzazione e conoscenza pratica dell’utilizzazione della Biblioteca durante gli studi filosofici e teologici, che i seminaristi compiono;
– all’importanza delle documentazioni bibliografiche e archivistiche, per formarsi una coscienza sull’identità della propria Chiesa e della Chiesa universale: realtà che il futuro prete non può permettersi di ignorare;
– all’utilità di Biblioteche valide nell’ordinaria attività pastorale del presbitero, ove attingere materia per i propri studi e dove indirizzare quanti, a loro volta, chiedono di approfondire le proprie conoscenze.
Di questa sensibilizzazione dei futuri presbiteri deve farsi carico il Seminario che li sta preparando.
4.7. Sembrerebbe maturo il tempo in cui le Conferenze Episcopali potessero elaborare, per i Bibliotecari ecclesiastici delle rispettive diocesi e per la loro Chiesa Particolare, un “Direttorio delle Biblioteche ecclesiastiche”, mirato a valorizzare dinanzi a tutta la comunità ecclesiale il compito “propriamente pastorale” che i bibliotecari (presbiteri, religiosi o laici che siano) svolgono per la lievitazione della cultura cristiana e per il dialogo con le culture; che orienti la complessa problematica dottrinale, giuridica e pratica che coinvolge le Biblioteche ecclesiastiche; che dia orientamenti nel rapporto con le Biblioteche civiche; che giovi a una ripresa più vigorosa della fruizione delle Biblioteche stesse.
Sembra più conveniente il profilo “nazionale” di tale direttorio, piuttosto che “universale”, al fine di una maggiore aderenza alle situazioni locali.
Ciò non toglie che le Conferenze Episcopali facciano opportunamente presenti i rispettivi problemi e suggerimenti a questa Pontificia Commissione, la quale porrà ogni impegno ulteriore per servire la causa delle Biblioteche ecclesiastiche.
4.8. La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa ritiene suo dovere far presente, agli Ecc.mi Vescovi e ai Rev.mi Superiori Generali operanti in Chiese di antica costituzione e di cristianità consolidata, un problema che potrebbe essere chiamato di “biblioteconomia missionaria”. In molte Diocesi, dove la plantatio Ecclesiae è da poco avvenuta, infatti, non solo non è ancora possibile creare adeguate “Biblioteche diocesane” – come si auspicava più sopra – ma nemmeno “Biblioteche ecclesiastiche nazionali”, in quanto il reperimento di fondi patristici e di grandi collezioni teologiche riesce difficilissimo o impossibile.
Potrebbe allora essere progettato dalle Chiese – che possiedono, a volte, Biblioteche ecclesiastiche non più tanto fruite o fruibili – un invio di “fondi” importanti e fondamentali per il loro contenuto (quali grandi opere filosofiche e teologiche, collane e fonti patristiche) alle Chiese in via di sviluppo?
Sembrerebbe questo uno scambio culturale e pastorale, fra le Chiese, di rilevante significato e capace di ridare valore a certe Biblioteche rese infeconde dal loro uso limitato.
Di tale scambio culturale potrebbero farsi promotrici le Associazioni Nazionali dei Bibliotecari Ecclesiastici, d’intesa con questa Pontificia Commissione.
4.9. Come è noto, il problema che investe la maggior parte delle Biblioteche ecclesiastiche è costituito dai costi delle acquisizioni del sempre nuovo patrimonio librario e di conduzione delle Biblioteche stesse che necessitano di adeguato e competente e quindi stabile personale.
Per le Biblioteche minori – quali quelle parrocchiali e associative – sembra che si debba far ricorso al volontariato, come in altre epoche si faceva lodevolmente, attingendo alla sensibilità ben educata delle comunità cristiane, che avevano creato tali centri, tanto significativi per il loro apporto culturale.
Essendo, però, tali Biblioteche strumenti di cultura per tutti e non a esclusivo uso delle comunità cristiane, sembra che esse abbiano tutti i titoli per partecipare a quei contributi che le Comunità Nazionali e Regionali o locali vanno stanziando per l’incremento delle Biblioteche del territorio.
Per le grandi Biblioteche ecclesiastiche, sembra debba essere delineato – almeno nelle Chiese particolari dove ancora non è stato fatto – un nuovo o più chiaro profilo “pubblico” di esse.
Avviene per le Biblioteche, come per gli altri Beni Culturali ecclesiastici (Archivi e Patrimoni d’arte), che, se essi servono esclusivamente alla comunità ecclesiale, la quale ne resta arbitra assoluta, è difficile pensare che la Comunità Nazionale debba annoverarle fra le istituzioni, cui dare il necessario sostegno.
Ma se la Chiesa – pur rimanendo proprietaria e responsabile delle proprie Biblioteche – apre tale patrimonio a quanti intendono avvalersene, sembra legittimo che tale apporto di strumenti e di animazione culturale venga computato fra i Beni culturali della Nazione, a cui prestare il dovuto sostegno economico e organizzativo.
Riteniamo che questi problemi siano di grande interesse e impegno per i rapporti fra Conferenze Episcopali, Governi Nazionali e Organismi internazionali.[13]
4.10. Rientra, infine, nei compiti di questa Pontificia Commissione promuovere un rapporto sempre più organico con la Comunità Ecclesiale – opportunamente espressa da Associazioni Culturali Internazionali – e gli Organismi Internazionali creati per l’animazione della cultura. Ci permettiamo di chiedere alle Conferenze Episcopali di agevolare tale compito, favorendo la costituzione di Associazioni Nazionali di Biblioteche Ecclesiastiche e la loro adesione a corrispettive Associazioni continentali e internazionali, essendo consapevoli che queste Istituzioni potrebbero talvolta chiedere delle collaborazioni impegnative, per ragioni di corresponsabilità e di tempo da dedicarvi, a cui sarà necessario offrire la dovuta disponibilità.
Eccellenza,
se dovessimo riassumere, in rapide affermazioni, le istanze contenute in questa nostra lettera, potremmo dire che:
– il Santo Padre considera un “segno dei tempi” l’universale rifiorire dell’interesse per i Beni culturali: la Chiesa “esperta in cultura” non può non raccoglierne l’appello;
– abbiamo, in questa occasione, voluto sottolineare la natura, il compito, i problemi principali delle Biblioteche ecclesiastiche non per addossare tutto il peso di tali compiti sulle spalle dei Vescovi diocesani, ma per unirci insieme nel ridare vigore a questo importantissimo settore dell’evangelizzazione e della cultura;
– abbiamo evidenziato alcuni problemi, suggerendo linee di soluzioni, ben consapevoli che le situazioni delle Chiese sono differenti e non possono essere formulati degli orientamenti onnicomprensivi di tutta la problematica e di tutte le situazioni. Riteniamo questa nostra lettera come una “scintilla” che possa accendere l’interessamento e il colloquio all’interno della Sua Conferenza Episcopale;
– riteniamo, ancora una volta, che il problema più urgente e radicale sia quello di ridare sensibilità alle Comunità ecclesiali – e ai loro Pastori – circa il ruolo che i Beni Culturali ecclesiastici hanno di veri e propri “beni pastorali”. Fra essi abbiamo, ora, posto in luce i patrimoni librari che, assieme agli Archivi, sono la memoria della Chiesa circa il proprio progressivo approfondimento della fede e possono essere “memoria” per l’umanità tutta, quando essa voglia scoprire che cosa significhi la cultura cristianamente ispirata:
– riterremmo, perciò, utile che nei temi della Conferenza Episcopale affiorasse, in modo organico, il tema-problema delle Biblioteche ecclesiastiche, per essere poi affrontato, successivamente, a livello delle singole Diocesi. Ci sembra che – precisati i punti sui quali orientare l’impegno – non sia poi difficile provocare un vero movimento di interesse alle Biblioteche ecclesiastiche che muova dall’individuazione e dalla valorizzazione di capaci animatori in questo settore;
– come sempre, saremmo lieti di ricevere un riscontro approfondito a queste nostre considerazioni, così da poter seguirne gli sviluppi e sintonizzare la nostra azione sulle situazioni reali e suggerire iniziative valide, comprovate dall’esperienza.
Vorremmo, infine, far risuonare, ancora una volta, la parola del Santo Padre Giovanni Paolo II: «La fede tende per sua natura ad esprimersi in forme artistiche e in testimonianze storiche aventi un’intrinseca forza evangelizzatrice e valenza culturale, di fronte alle quali la Chiesa è chiamata a prestare la massima attenzione».[14]
A tale auspicio si associa il mio più deferente e fraterno augurio e saluto, mentre mi confermo dell’Eccellenza Vostra Reverendissima devotissimo in G. C.
Francesco Marchisano,
Presidente
Mons. Paolo Rabitti,
Segretario
[1]Prot. n. 179/91/35. La lettera è stata pubblicata in EV 14/610-649.
[2]Inde a Pontificatus, Introduzione (Appendice II).
[3]Pastor Bonus, Art. 3 (Appendice I).
[4]Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio Artistico e Storico della Chiesa, Lettera circolare ai vescovi diocesani sulla formazione dei futuri presbiteri all’attenzione verso i beni culturali della Chiesa, 15 ottobre 1992 (Documento 11).
[5]Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, Lettera ai vescovi diocesani La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici, 2 febbraio 1997 (Documento 24). Il documento sull’arte sacra non è stato ancora realizzato.
[6]Gaudium et spes, n. 58.
[7]Ioannes Paulus II, Epistula encyclica Slavorum Apostoli undecimo transacto saeculo operis evangelici sanctorum Cyrilli et Methodii, 2 iunii 1985, n. 21; Synodus Episcoporum, Relatio finalis Exeunte Coetu Secundo, 7 decembris 1985, II. D. 4.
[8]A titolo esemplificativo si ricordano alcuni documenti del sec. XX: (1) Pius X, Litterae Apostolicae Quoniam in re biblica, 27 martii 1906, n. XVIII; (2) CIC/1917 can. 1495. 1497; (3) Segreteria di Stato, Lettera circolare ai Vescovi d’Italia con Forma di Regolamento per la custodia e l’uso degli Archivi e Biblioteche Ecclesiastiche, 30 settembre 1902; (4) Ead., Lettera circolare per l’Istituzione dei Commissariati diocesani per i monumenti custoditi dal clero, 10 dicembre 1907; (5) Ead., Lettera circolare ai vescovi d’Italia per la conservazione, custodia ed uso degli archivi e delle biblioteche, 15 aprile 1923; (6) Ead., Lettera circolare agli ordinari d’Italia sulla costituzione della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia, 1° settembre 1924; (7) Sacra Congregatio de Seminariis et de Studiorum Universitatibus, Formula servanda in relatione de statu Seminarii, Art. V n. 37, Questionario a seguito del Decreto del 2 febbraio 1924; (8) Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli studi, Lettera agli Ordinari Diocesani d’Italia sulla conservazione degli Archivi e delle Biblioteche dei Seminari, 10 marzo 1927; (9) Pio XI, Allocuzione alla Scuola di Biblioteconomia, 7 maggio 1935 (si tratta del primo discorso programmatico agli alunni della Scuola, inaugurata il 15 novembre 1934); (10) Pius XI, Constitutio apostolica Deus scientiarum Dominus de universitatibus studiorum ecclesiasticorum, 24 maii 1931, art. 48 e Sacra Congregatio de Seminariis et Studiorum Universitatibus, Ordinationes ad Constitutionem apostolicam Deus scientiarum Dominus de universitatibus et facultatibus studiorum ecclesiasticorum rite exequendam, 2 iuniis 1931, art. 45; (11) Congregazione per i Seminari, Corso estivo per bibliotecari dei seminari, Settembre 1938; (12) Archivio Segreto Vaticano, Istruzione circa gli Archivi e le Biblioteche Ecclesiastiche, 1° novembre 1942; (13) Pius XII, Adhortatio apostolica Menti nostrae de sacerdotalis vitae sanctitate promovenda, 23 septembris 1950, parte III; (14) Presbiterorum ordinis, n. 19; (15) Sacra Congregatio pro Clericis, Litterae circulares ad Conferentiarum Episcopalium Praesides Inter ea de permanenti cleri institutione et formatione, 4 novembris 1969, n. 22; (16) Sacra Congregatio pro Institutione Catholica, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 6 ianuarii 1970, n. 27 e 94; (17) Ioannes Paulus II, Constitutio apostolica Sapientia christiana de Studiorum Universitatibus et Facultatibus ecclesiasticis, 29 aprilis 1979, Parte I, Tit. VIII, Art. 52-54; (18) CIC can. 822-832 (Lib. III, Tit. IV: De instrumentis communicationis socialis et in specie de libris); (19) Pastor bonus, Art. 99-104; (20) Inde a Pontificatus.
[9]Pastor Bonus, Art. 102.
[10]Ad gentes, n. 21.
[11]Cfr il Documento 5.
[12]Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio Artistico e Storico della Chiesa, Lettera sulla formazione dei futuri presbiteri, cit. (Documento 11).
[13]A titolo esemplificativo e limitatamente alla realtà italiana, si segnala: Conferenza Episcopale Italiana e Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Intesa per la conservazione e la consultazione degli archivi di interesse storico e delle biblioteche appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche, firmata il 18 aprile 2000.
[14]Inde a Pontificatus, Introduzione.
Autore:
Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa
Dossier:
Biblioteche ecclesiastiche
Parole chiave:
Archivi, Biblioteche, Santa Sede, Beni culturali, Teologia, Vescovi, Testimonianza, Pastorale, Arte sacra, Patrimonio spirituale
Natura:
Lettera circolare