Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 21 Febbraio 2005

Lettera apostolica 24 gennaio 2005

Lettera apostolica, Il rapido sviluppo, del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ai responsabili delle comunicazioni sociali
(24 gennaio 2005)

1. Il rapido sviluppo delle tecnologie nel campo dei media è sicuramente uno dei segni del progresso dell’odierna società. Guardando a queste novità in continua evoluzione, appare ancor più attuale quanto si legge nel Decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II Inter mirifica, promulgato dal mio venerato predecessore, il servo di Dio Paolo VI, il 4 dicembre 1963: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto ai nostri giorni, l’ingegno umano, con l’aiuto di Dio, ha tratto dal creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d’ogni genere».[1]

I. Un fecondo cammino sulla scia del Decreto Inter mirifica

2. Ad oltre quarant’anni dalla pubblicazione di quel documento appare quanto mai opportuno tornare a riflettere sulle «sfide» che le comunicazioni sociali costituiscono per la Chiesa, la quale, come fece notare Paolo VI, «si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi».[2] La Chiesa, infatti, non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella ‘nuova cultura’ che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano. Essa avverte che l’uso delle tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea fa parte integrante della propria missione nel terzo millennio.

Mossa da questa consapevolezza, la comunità cristiana ha compiuto passi significativi nell’uso degli strumenti della comunicazione per l’informazione religiosa, per l’evangelizzazione e la catechesi, per la formazione degli operatori pastorali del settore e per l’educazione ad una matura responsabilità degli utenti e destinatari dei vari strumenti della comunicazione.

3. Molteplici sono le sfide per la nuova evangelizzazione in un mondo ricco di potenzialità comunicative come il nostro. In considerazione di ciò nella Lettera enciclica Redemptoris missio ho voluto sottolineare che il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, capace di unificare l’umanità rendendola — come si suol dire — «un villaggio globale». I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. Si tratta di un problema complesso, poiché tale cultura, prima ancora che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con tecniche e linguaggi inediti.

La nostra è un’epoca di comunicazione globale, dove tanti momenti dell’esistenza umana si snodano attraverso processi mediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi. Mi limito a ricordare la formazione della personalità e della coscienza, l’interpretazione e la strutturazione dei legami affettivi, l’articolazione delle fasi educative e formative, l’elaborazione e la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica.

In una visione organica e corretta dello sviluppo dell’essere umano, i media possono e devono promuovere la giustizia e la solidarietà, riportando in modo accurato e veritiero gli eventi, analizzando compiutamente le situazioni e i problemi, dando voce alle diverse opinioni. I criteri supremi della verità e della giustizia, nell’esercizio maturo della libertà e della responsabilità, costituiscono l’orizzonte entro cui si situa un’autentica deontologia nella fruizione dei moderni potenti mezzi di comunicazione sociale.

II. Discernimento evangelico e impegno missionario

4. Anche il mondo dei media abbisogna della redenzione di Cristo. Per analizzare con gli occhi della fede i processi e il valore delle comunicazioni sociali può essere di indubbio aiuto l’approfondimento della Sacra Scrittura, la quale si presenta come un «grande codice» di comunicazione di un messaggio non effimero ed occasionale, ma fondamentale per la sua valenza salvifica.

La storia della salvezza racconta e documenta la comunicazione di Dio con l’uomo, comunicazione che utilizza tutte le forme e le modulazioni del comunicare. L’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, per accogliere la rivelazione divina e per intessere un dialogo d’amore con Lui. A causa del peccato, questa capacità di dialogo a livello sia personale che sociale si è alterata, e gli uomini hanno fatto e continuano a fare l’amara esperienza dell’incomprensione e della lontananza. Dio però non li ha abbandonati e ha inviato loro il suo stesso Figlio (cfr Mc 12, 1-11). Nel Verbo fatto carne l’evento comunicativo assume il suo massimo spessore salvifico: è così donata all’uomo, nello Spirito Santo, la capacità di ricevere la salvezza e di annunciarla e testimoniarla ai fratelli.

5. La comunicazione tra Dio e l’umanità ha raggiunto dunque la sua perfezione nel Verbo fatto carne. L’atto d’amore attraverso il quale Dio si rivela, unito alla risposta di fede dell’umanità, genera un dialogo fecondo. Proprio per questo, facendo nostra, in un certo modo, la richiesta dei discepoli «insegnaci a pregare» (Lc 11,1), possiamo domandare al Signore di guidarci a capire come comunicare con Dio e con gli uomini attraverso i meravigliosi strumenti della comunicazione sociale. Ricondotti nell’orizzonte di tale comunicazione ultima e decisiva, i media si rivelano una provvidenziale opportunità per raggiungere gli uomini in ogni latitudine, superando barriere di tempo, di spazio e di lingua, formulando nelle modalità più diverse i contenuti della fede ed offrendo a chiunque è in ricerca approdi sicuri che permettano di entrare in dialogo con il mistero di Dio rivelato pienamente in Cristo Gesù.

Il Verbo incarnato ci ha lasciato l’esempio di come comunicare con il Padre e con gli uomini, sia vivendo momenti di silenzio e di raccoglimento, sia predicando in ogni luogo e con i vari linguaggi possibili. Egli spiega le Scritture, si esprime in parabole, dialoga nell’intimità delle case, parla nelle piazze, lungo le strade, sulle sponde del lago, sulle sommità dei monti. L’incontro personale con Lui non lascia indifferenti, anzi stimola ad imitarlo: «Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti» (Mt 10,27).

Vi è poi un momento culminante in cui la comunicazione si fa comunione piena: è l’incontro eucaristico. Riconoscendo Gesù nella «frazione del pane» (cfr Lc 24,30-31), i credenti si sentono spinti ad annunciare la sua morte e risurrezione e a diventare coraggiosi e gioiosi testimoni del suo Regno (cfr Lc 24,35).

6. Grazie alla Redenzione, la capacità comunicativa dei credenti è sanata e rinnovata. L’incontro con Cristo li costituisce nuove creature, permette loro di entrare a far parte di quel popolo che Egli si è conquistato con il suo sangue morendo sulla Croce, e li introduce nella vita intima della Trinità, che è comunicazione continua e circolare di amore perfetto e infinito tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

La comunicazione permea le dimensioni essenziali della Chiesa, chiamata ad annunciare a tutti il lieto messaggio della salvezza. Per questo essa assume le opportunità offerte dagli strumenti della comunicazione sociale come percorsi dati provvidenzialmente da Dio ai nostri giorni per accrescere la comunione e rendere più incisivo l’annuncio.[3] I media permettono di manifestare il carattere universale del Popolo di Dio, favorendo uno scambio più intenso e immediato tra le Chiese locali, alimentando la reciproca conoscenza e la collaborazione.

Rendiamo grazie a Dio per la presenza di questi potenti mezzi che, se usati dai credenti con il genio della fede e nella docilità alla luce dello Spirito Santo, possono contribuire a facilitare la diffusione del Vangelo e a rendere più efficaci i vincoli di comunione tra le comunità ecclesiali.

III. Cambiamento di mentalità e rinnovamento pastorale

7. Nei mezzi della comunicazione la Chiesa trova un sostegno prezioso per diffondere il Vangelo e i valori religiosi, per promuovere il dialogo e la cooperazione ecumenica e interreligiosa, come pure per difendere quei solidi principi che sono indispensabili per costruire una società rispettosa della dignità della persona umana e attenta al bene comune. Essa li impiega volentieri per fornire informazioni su se stessa e dilatare i confini dell’evangelizzazione, della catechesi e della formazione e ne considera l’utilizzo come una risposta al comando del Signore: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15).

Missione certamente non facile in questa nostra epoca, in cui va diffondendosi la convinzione che il tempo delle certezze sia irrimediabilmente passato: per molti l’uomo dovrebbe imparare a vivere in un orizzonte di totale assenza di senso, all’insegna del provvisorio e del fuggevole.[4] In questo contesto, gli strumenti di comunicazione possono essere usati «per proclamare il Vangelo o per ridurlo al silenzio nei cuori degli uomini».[5] Ciò rappresenta una sfida seria per i credenti, soprattutto genitori, famiglie e quanti sono responsabili della formazione dell’infanzia e della gioventù. Con prudenza e saggezza pastorale vanno incoraggiati nella comunità ecclesiale coloro che hanno particolari doti per operare nel mondo dei media, perché diventino professionisti capaci di dialogare con il vasto mondo mass-mediale.

8. Valorizzare i media non tocca però solamente agli «addetti» del settore, bensì a tutta la Comunità ecclesiale. Se, come è stato già rilevato, le comunicazioni sociali interessano diversi ambiti dell’espressione della fede, i cristiani devono tenere conto della cultura mediatica in cui vivono: dalla liturgia, somma e fondamentale espressione della comunicazione con Dio e con i fratelli, alla catechesi che non può prescindere dal fatto di rivolgersi a soggetti che risentono dei linguaggi e della cultura contemporanei.

Il fenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge la Chiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturale così da essere in grado di affrontare in modo adeguato il passaggio epocale che stiamo vivendo. Di questa esigenza devono farsi interpreti anzitutto i Pastori: è infatti importante adoperarsi perché l’annuncio del Vangelo avvenga in modo incisivo, che ne stimoli l’ascolto e ne favorisca l’accoglimento.[6] Una particolare responsabilità, in questo campo, è riservata alle persone consacrate, che dal proprio carisma istituzionale sono orientate all’impegno nel campo delle comunicazioni sociali. Formate spiritualmente e professionalmente, esse «prestino volentieri il loro servizio, secondo le opportunità pastorali […] affinché da una parte siano scongiurati i danni provocati dall’uso viziato dei mezzi e dall’altra venga promossa una superiore qualità delle trasmissioni, con messaggi rispettosi della legge morale e ricchi di valori umani e cristiani».[7]

9. È proprio in considerazione dell’importanza dei media che già quindici anni or sono giudicavo inopportuno lasciarli all’iniziativa di singoli o di piccoli gruppi, e suggerivo di inserirli con evidenza nella programmazione pastorale.[8] Le nuove tecnologie, in particolare, creano ulteriori opportunità per una comunicazione intesa come servizio al governo pastorale e all’organizzazione dei molteplici compiti della comunità cristiana. Si pensi, ad esempio, a come internet non solo fornisca risorse per una maggiore informazione, ma abitui le persone ad una comunicazione interattiva.[9] Molti cristiani stanno già utilizzando in modo creativo questo nuovo strumento, esplorandone le potenzialità nell’evangelizzazione, nell’educazione, nella comunicazione interna, nell’amministrazione e nel governo. Ma a fianco di internet vanno utilizzati altri nuovi media e verificate tutte le possibili valorizzazioni di strumenti tradizionali. Quotidiani e giornali, pubblicazioni di varia natura, televisioni e radio cattoliche rimangono molto utili in un panorama completo della comunicazione ecclesiale.

Mentre i contenuti vanno naturalmente adattati alle necessità dei differenti gruppi, il loro scopo dovrebbe sempre essere quello di rendere le persone consapevoli della dimensione etica e morale dell’informazione.[10] Allo stesso modo, è importante garantire formazione ed attenzione pastorale ai professionisti della comunicazione. Spesso questi uomini e queste donne si trovano di fronte a pressioni particolari e a dilemmi etici che emergono dal lavoro quotidiano; molti di loro «sono sinceramente desiderosi di sapere e di praticare ciò che è giusto in campo etico e morale», e attendono dalla Chiesa orientamento e sostegno.[11]

IV. I media, crocevia delle grandi questioni sociali

10. La Chiesa, che in forza del messaggio di salvezza affidatole dal suo Signore è anche maestra di umanità, avverte il dovere di offrire il proprio contributo per una migliore comprensione delle prospettive e delle responsabilità connesse con gli attuali sviluppi delle comunicazioni sociali. Proprio perché influiscono sulla coscienza dei singoli, ne formano la mentalità e ne determinano la visione delle cose, occorre ribadire in modo forte e chiaro che gli strumenti della comunicazione sociale costituiscono un patrimonio da tutelare e promuovere. È necessario che anche le comunicazioni sociali entrino in un quadro di diritti e doveri organicamente strutturati, dal punto di vista sia della formazione e della responsabilità etica che del riferimento alle leggi ed alle competenze istituzionali.

Il positivo sviluppo dei media a servizio del bene comune è una responsabilità di tutti e di ciascuno.[12] Per i forti legami che i media hanno con l’economia, la politica e la cultura, è necessario un sistema di gestione che sia in grado di salvaguardare la centralità e la dignità della persona, il primato della famiglia, cellula fondamentale della società, ed il corretto rapporto tra i diversi soggetti.

11. S’impongono alcune scelte riconducibili a tre fondamentali opzioni: formazione, partecipazione, dialogo.

In primo luogo occorre una vasta opera formativa per far sì che i media siano conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato. I nuovi linguaggi da loro introdotti modificano i processi di apprendimento e la qualità delle relazioni umane, per cui senza un’adeguata formazione si corre il rischio che essi, anziché essere al servizio delle persone, giungano a strumentalizzarle e condizionarle pesantemente. Questo vale, in modo speciale, per i giovani che manifestano una naturale propensione alle innovazioni tecnologiche, ed anche per questo hanno ancor più bisogno di essere educati all’utilizzo responsabile e critico dei media.

In secondo luogo, vorrei richiamare l’attenzione sull’accesso ai media e sulla partecipazione corresponsabile alla loro gestione. Se le comunicazioni sociali sono un bene destinato all’intera umanità, vanno trovate forme sempre aggiornate per rendere possibile un’ampia partecipazione alla loro gestione, anche attraverso opportuni provvedimenti legislativi. Occorre far crescere la cultura della corresponsabilità.

Da ultimo, non vanno dimenticate le grandi potenzialità che i media hanno nel favorire il dialogo, divenendo veicoli di reciproca conoscenza, di solidarietà e di pace. Essi costituiscono una risorsa positiva potente, se messi a servizio della comprensione tra i popoli; un’«arma» distruttiva, se usati per alimentare ingiustizie e conflitti. In maniera profetica il mio venerato predecessore, il Beato Giovanni XXIII, nell’Enciclica Pacem in terris, aveva già messo in guardia l’umanità da tali potenziali rischi.[13]

12. Grande interesse desta la riflessione sul ruolo «dell’opinione pubblica nella Chiesa» e «della Chiesa nell’opinione pubblica». Incontrando gli editori dei periodici cattolici, il mio venerato predecessore Pio XII ebbe a dire che qualcosa mancherebbe nella vita della Chiesa se non vi fosse l’opinione pubblica. Questo stesso concetto è stato ribadito in altre circostanze,[14] e nel Codice di Diritto Canonico è riconosciuto, a determinate condizioni, il diritto all’espressione della propria opinione.[15] Se è vero che le verità di fede non sono aperte ad interpretazioni arbitrarie e il rispetto per i diritti degli altri crea limiti intrinseci all’espressione delle proprie valutazioni, non è meno vero che in altri campi esiste tra i cattolici uno spazio per lo scambio di opinioni, in un dialogo rispettoso della giustizia e della prudenza.

Sia la comunicazione all’interno della comunità ecclesiale che quella della Chiesa con il mondo richiedono trasparenza e un modo nuovo di affrontare le questioni connesse con l’universo dei media. Tale comunicazione deve tendere a un dialogo costruttivo per promuovere nella comunità cristiana un’opinione pubblica rettamente informata e capace di discernimento. La Chiesa ha la necessità e il diritto di far conoscere le proprie attività, come altre istituzioni e gruppi, ma al tempo stesso, quando necessario, deve potersi garantire un’adeguata riservatezza, senza che ciò pregiudichi una comunicazione puntuale e sufficiente sui fatti ecclesiali. È questo uno dei campi dove maggiormente è richiesta la collaborazione tra fedeli laici e Pastori, giacché, come opportunamente sottolinea il Concilio, «da questi familiari rapporti tra i laici e i Pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si è fortificato nei laici il senso della loro responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei Pastori. E questi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e più giustamente sia in materia spirituale che temporale, così che tutta la Chiesa, sostenuta da tutti i suoi membri, possa compiere con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo».[16]

V. Comunicare con la forza dello Spirito Santo

13. Per i credenti e per le persone di buona volontà la grande sfida in questo nostro tempo è sostenere una comunicazione veritiera e libera, che contribuisca a consolidare il progresso integrale del mondo. A tutti è chiesto di saper coltivare un attento discernimento e una costante vigilanza, maturando una sana capacità critica di fronte alla forza persuasiva dei mezzi di comunicazione.

Anche in questo campo i credenti in Cristo sanno di poter contare sull’aiuto dello Spirito Santo. Aiuto ancor più necessario se si considera quanto amplificate possano risultare le difficoltà intrinseche della comunicazione a causa delle ideologie, del desiderio di guadagno e di potere, delle rivalità e dei conflitti tra individui e gruppi, come pure a motivo delle umane fragilità e dei mali sociali. Le moderne tecnologie aumentano in maniera impressionante la velocità, la quantità e la portata della comunicazione, ma non favoriscono altrettanto quel fragile scambio tra mente e mente, tra cuore e cuore, che deve caratterizzare ogni comunicazione al servizio della solidarietà e dell’amore.

Nella storia della salvezza Cristo si è presentato a noi come «comunicatore» del Padre: «Dio, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,2). Parola eterna fatta carne, Egli, nel comunicarsi, manifesta sempre rispetto per coloro che ascoltano, insegna la comprensione della loro situazione e dei loro bisogni, spinge alla compassione per la loro sofferenza e alla risoluta determinazione nel dire loro quello che hanno bisogno di sentire, senza imposizioni o compromessi, inganno o manipolazione. Gesù insegna che la comunicazione è un atto morale: «L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio, poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,35-37).

14. L’apostolo Paolo ha un chiaro messaggio per quanti sono impegnati nella comunicazione sociale — politici, comunicatori professionisti, spettatori: «Bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri […] Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano» (Ef 4,25.29).

Agli operatori della comunicazione, e specialmente ai credenti che operano in questo importante ambito della società, applico l’invito che fin dall’inizio del mio ministero di Pastore della Chiesa universale ho voluto lanciare al mondo intero: «Non abbiate paura!».

Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono «tra le cose meravigliose» — «inter mirifica» — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno.

Non abbiate paura dell’opposizione del mondo! Gesù ci ha assicurato «Io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33).

Non abbiate paura nemmeno della vostra debolezza e della vostra inadeguatezza! Il divino Maestro ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Comunicate il messaggio di speranza, di grazia e di amore di Cristo, mantenendo sempre viva, in questo mondo che passa, l’eterna prospettiva del Cielo, prospettiva che nessun mezzo di comunicazione potrà mai direttamente raggiungere: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo: queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1Cor 2,9).

A Maria, che ci ha donato il Verbo della vita e di Lui ha serbato nel cuore le imperiture parole, affido il cammino della Chiesa nel mondo d’oggi. Ci aiuti la Vergine Santa a comunicare con ogni mezzo la bellezza e la gioia della vita in Cristo nostro Salvatore.

A tutti la mia Benedizione!

Dal Vaticano, 24 gennaio 2005, memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

IOANNES PAULUS II

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NOTE

[1] Decr. Inter mirifica, 1.

[2] Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975): AAS 68 (1976), 35.

[3] Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 18-24: AAS 81 (1989), 421-435; cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 10: AAS 84 (1992), 454-455.

[4] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14settembre 1998), 91: AAS 91 (1999), 76-77.

[5] Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 4: AAS 84 (1992), 450.

[6] Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale, Pastores gregis, 30: L’Osservatore Romano, 17 ottobre 2003, p.6.

[7] Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale, Vita consecrata (25 marzo 1996), 99: AAS 88 (1996), 476.

[8] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 37: AAS 83 (1991), 282-286.

[9] Cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002), 6, Città del Vaticano, 2002, pp.13-15.

[10] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Inter mirifica, 15-16; Pont. Commissione per le Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio (23 maggio 1971), 107: AAS 63 (1971), 631-632; Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 18: AAS 84 (1992), 460.

[11] Cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Aetatis novae (22 febbraio 1992), 19: AAS 84 (1992), 460.

[12] Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2494.

[13] Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la 37a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2003): L’Osservatore Romano, 25 gennaio 2003, p.6.

[14] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 37; Pont. Commissione per le Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio (23 maggio 1971),114-117: AAS 63 (1971), 634-635.

[15] Can. 212, §3: «In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità della persona»; cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 15, §3.

[16] Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 37.